INTERVISTA:
Domanda 1
La storia del giornalismo, a partire dalla fondazione dei giornali in Inghilterra, è una
storia anche di lotte per la libertà di stampa, una libertà che fu poi sancita come
diritto nel nostro paese da un editto dello Statuto del 1848. Però, contemporaneamente a
questa apertura, a questa dichiarazione di libertà di stampa, furono prese dai governi,
di pari passo, anche delle misure in qualche modo restrittive che limitarono l'attuazione
di questa libertà. L'intervento dei governi sulla libertà di stampa è un fenomeno del
passato o è un leit motiv della storia della stampa?
Risposta
La storia del buon giornalismo è legata alle battaglie per la libertà, io considero un
cattivo giornalismo quello che si svolge in paesi sotto la dittatura. Noi abbiamo avuto,
in questo senso, l'esperienza del fascismo.
La storia del buon giornalismo è legata alla rivoluzione francese e a tutti gli sviluppi
che sono venuti con i moti successivi.
In Italia fondamentale, naturalmente, fu il Quarantotto e lo Statuto Albertino a partire
dai quali si cominciò ad avere una certa libertà di stampa, almeno in alcuni Stati.
Contemporaneamente, però, in quegli anni dell'unità d'Italia, mi riferisco agli anni
Sessanta, Settanta e Ottanta dello scorso secolo i giornali, la stampa, quotidiana e
periodica, entrò in una fase di modernizzazione con la creazione di macchine che prima
non esistevano come la rotativa per stampare il giornale velocemente. Quindi il giornale,
oltre che un fatto in rapporto con la politica, come veicolo di lotte politiche, creatore
di dissenso o di consenso, perché i giornali possono essere anche organi del dissenso, in
quel momento comincia a diventare un prodotto. Naturalmente negli Stati Uniti, in
Inghilterra e nei paesi più sviluppati questo avviene prima che in Italia, quando appunto
questo processo inizia solo con l'unità. Rimane comunque il fatto che una delle
caratteristiche più antiche del giornalismo sia proprio un particolare rapporto con la
politica, che è un rapporto non di distacco ma di coinvolgimento.
Domanda 2
Questo può essere legato proprio al periodo del fascismo come lei citava all'inizio? Il
modo un po' arrogante e protervo con cui il fascismo controllava, censurava e guidava la
stampa italiana può essere considerato il retroterra culturale del giornalismo italiano?
Risposta
Secondo me è precedente al periodo del fascismo, anche se il fascismo lo ha perfezionato,
lo ha praticamente dogmatizzato, se così si può dire. Lo ha incasellato nelle leggi,
nelle norme, nei contratti di lavoro, nella creazione dell'albo dei giornalisti. Questo
rapporto del giornalismo con la politica è, ad ogni modo, più antico del fascismo.
D'altronde i giornali moderni italiani sono nati in un periodo in cui la loro principale
funzione era la funzione politica; non c'erano i partiti prima della fine dell'Ottocento,
e questa funzione, ai giornali italiani gli è un po' rimasta. Tutti citiamo il famoso
caso di Albertini e del Corriere della Sera che intorno al 1915 fu il vessillifero di una
campagna interventista contro Giolitti e contro la neutralità. Quindi faceva politica,
pero' era anche un grande giornale, fatto molto bene e ricco di informazioni.
Domanda 3
L'agenzia Stefani e L'Eiar erano strutture private che però seguivano rispettosamente le
direttive del regime. La differenza fra pubblico e privato nella storia del giornalismo in
generale, italiano in particolare, ha provocato delle differenze, o il buon giornalismo è
indifferente rispetto alla proprietà sia nelle Agenzie che sul giornalismo in generale?
Risposta
Bisogna sempre tenere presente che il fautore dell'Agenzia Stefani è stato Cavour, un
politico, non è stato il Signor Stefani, che come imprenditore, mirava a fare un affare.
Con il telegrafo infatti le notizie erano più facilmente gestibili, quindi l'Agenzia
almeno in Italia nasce come un interesse politico, poi il fascismo la irreggimenta, la
inserisce. In seguito le Agenzie diventeranno sempre più importanti. Oggi le Agenzie in
Italia hanno possibilità straordinarie di diffondere le informazioni in tutto il mondo.
Le grosse Agenzie di notizie come l'americana Society Press , ma anche la Reuter inglese,
la France Press e anche l'Ansa italiana sono ormai diffuse in vari paesi. L'Ansa, sebbene
sia stata fondata da alcuni editori che si erano consorziati in una cooperativa nel 1944
subito dopo la liberazione di Roma, è stata , per molti anni, vicina al governo con cui
aveva rapporti di affari e di lavoro.
Domanda 4
Dal fascismo ad oggi sono cambiate tante cose, la formula dei quotidiani in cosa è
cambiata e in cosa, invece, è rimasta la stessa?
Risposta
Le formule dei quotidiani moderni risentono ovviamente delle tradizioni culturali di
ciascun Paese. L'Italia per esempio è un Paese di cultura soprattutto letteraria e con un
mercato di lettura molto ristretto. In America invece nel 1830 avevano sia il giornale
popolare, venduto a un cent, sia il giornale di qualità. In Italia invece il ristretto
mercato di lettura ha creato le premesse per la cosiddetta formula "omnibus",
che vuol dire giornale per tutti, cioè un giornale che contiene argomenti che possono
interessare non solo tutti i membri di una famiglia, magari i figli attraverso lo sport e
lo spettacolo e i genitori attraverso altre cose, ma anche ceti diversi. Per parlare della
formula "omnibus" degli anni passati a partire dagli anni Venti, uso sempre
questa immagine: il giornale veniva fatto pensando al maestro delle elementari, il
professore di ginnasio o altre persone colte, però, dentro quello stesso giornale, c'era
anche qualcosa per la loro portinaia. A quei tempi gli stabili avevano quasi tutti la
portinaia che s'interessava ai grandi processi, che allora facevano grande clamore, come
alle piccole notizie di cronaca cittadina.
Il professore, o gli altri lettori, avevano la terza pagina. Questa pagina, creata in
Italia, che adesso è praticamente scomparsa e cambiata rispetto a quello che è stata
fino agli anni Cinquanta e Sessanta, quando era una pagina di impronta letteraria.
L'articolo di apertura che veniva chiamato elzeviro, dalla famiglia Elzevier che era una
dinastia di tipografi olandesi che avevano inventato un carattere molto elegante. Questo
articolo tutto culturale fuori dal tempo, che poteva uscire a marzo o a settembre, in un
anno o nell'altro anno, fu chiamato elzeviro perché veniva composto in questi caratteri.
Oggi la formula è cambiata però la ricetta è ancora una ricetta "omnibus".
Questa formula anzi si è allargata in questi anni, con l'aggiunta degli inserti,
l'arricchimento delle pagine, l'aumento degli spettacoli, dello sport, del varietà e con
i rotocalchi. I primi due quotidiani, i più diffusi in Italia, danno due inserti alla
settimana adesso che è chiuso il ciclo dei film in video cassetta.
Domanda 5
La televisione è entrata in maniera consistente come mezzo di intrattenimento di massa. I
giornali come hanno reagito a questo ingresso della televisione nel mondo
dell'informazione?
Risposta
Direi che i giornali per un po' di anni hanno subito la televisione nel senso che non
hanno riflettuto neanche su cosa rappresentasse la televisione e invece la televisione, a
mio parere, fa una concorrenza ai giornali molteplice.
Intanto, per prima cosa, occupa del tempo libero e quindi questo tempo, eventualmente,
viene perduto dalla lettura. Se qualche anno fa, tornati a casa, non si usciva la sera,
generalmente si leggeva il giornale, oggi, novanta casi su cento guardano la televisione.
Poi c'è il fatto della concorrenza con la pubblicità che è fortissima. La televisione
italiana è molto commerciale. La parte commerciale ha prevalso ed ha spinto anche il
servizio pubblico all'acquisizione di pubblicità. Di conseguenza i giornali a causa di
questa forte concorrenza subiscono una considerevole perdita di vendita pubblicitaria.
Insieme al Brasile siamo l'unico paese al mondo dove la televisione raccoglie più
pubblicità della carta stampata, tra quotidiani e settimanali. Questo fenomeno si spiega
bene in Brasile la cui estensione e vastità non consente ai giornali di essere
distribuiti in tempo. Inoltre, al di fuori delle sue grandi città il Brasile non è molto
ricco. La cosa si spiega molto meno in Europa o in Italia dove, ripeto, la televisione
raccoglie più pubblicità di tutta la stampa messa insieme. Ultimamente c'è stata una
ripresa degli investimenti pubblicitari, di cui hanno goduto anche i quotidiani sempre in
maniera più esigua delle televisioni.
Poi ci sono le "influenze", chiamiamole così, giornalistiche e allora le
opinioni possono essere diverse. C'è anche chi trova giustificazioni dell'influenza della
televisione sui giornali dicendo che in fondo i direttori giovani - la tesi sostenuta
pubblicamente da Paolo Mieli quando dirigeva il Corriere della sera e prima la Stampa di
Torino, e l'ha sostenuta anche con me in pubblico - sono cresciuti dalla televisione e la
generazione precedente e questo l'ho detto io - dal Cinema.
Bisogna anche riconoscere che guardando i giornali - secondo il mio parere - si vede
un'accentuazione del sensazionalismo da parte dei quotidiani, una ricerca di fare
spettacolo anche attraverso una titolazione molto più forte dei caratteri. Se oggi noi
sfogliamo un grande giornale, ma anche quelli minori, vediamo che c'è una sequenza di
titoli a tutta pagina che una volta non esistevano nei giornali. Inoltre i giornali hanno
anche un po' dovuto rinunciare alle fotografie perché la televisione è comunicazione
visiva, oltre che orale ed eventualmente anche scritta se uno vuole vedere e leggere il
televideo.
Un'altra influenza della televisione si può notare nella modalità dell'intervista, un
po' presa anche dalla radio, che va alla ricerca di un momento, di un'opinione. Anche
stamattina mi hanno fermato in via Cola di Rienzo e mi hanno chiesto: "ci dica una
cosa", gli ho detto: "non sono di Roma", mi ripetevano: "no, ci dica
una cosa", gli ho di nuovo risposto che non ero di Roma, ma non gli andava bene,
volevano che gli dicessi qualcosa su Roma; facevano interviste, forse per una televisione
privata, piccola magari, con quell'uso particolare dell'intervista che punta al parere
delle persone.
Infine la cosa clamorosa è che tutto quello che riguarda la televisione e che fa
notizia, come diciamo noi, che può quindi incontrare l'interesse e il favore del
pubblico, è uscito dalla pagina degli spettacoli e ha guadagnato le prime posizioni in un
giornale. Mentre a New York se tu cerchi una notizia televisiva sul New York Times devi
andare nel settore degli spettacoli, in Italia puoi benissimo trovarla a pagina tre se non
benissimo a pagina uno, come tante volte è successo. Ma non solo, i divi della
televisione vengono intervistati su tutto, su qualunque cosa, sulla cura di Di Bella,
sulla bicamerale che fallisce, sul campionato del mondo di calcio, su tutto.
Domanda 6
Insomma la popolarità che diventa autorizzazione ad intervenire su qualunque cosa?
Ma, dalla parte invece del giornale, può essere questa stata presa come una scusa per
finire quelle attività che invece nobilitavano il giornale, come ad esempio le grandi
inchieste, e tutte quelle cose che però necessitavano di molto tempo dei giornalisti e
quindi magari il rapporto di produttività non veniva considerato positivo? Cioè la fine
delle inchieste è dovuta alla televisione o ad un modo di produrre informazione dentro il
giornale?
Risposta
Per rispondere alla sua prima domanda sì, la popolarità domina.
E intanto le inchieste sono quasi del tutto scomparse. Le giustificazioni per questa
rinuncia che danno gli editori e anche i direttori dei giornali sono diverse. La prima, la
principale, è che se tu vuoi fare un'inchiesta seria bisogna prendere un giornalista,
distaccarlo per due mesi, come minimo, dalle sue normali attività, dargli il tempo di
cercare, leggere libri, ricercare documenti, parlare con un sacco di persone per poi
magari scrivere soltanto tre articoli; è evidente che questa produzione è costosa. Un
editore in genere non vuole mettere un giornalista bravo, una firma che piace al pubblico,
fermo per uno o due mesi, questa è la maggiore giustificazione per quanto riguarda il
discorso delle inchieste. Le inchieste poi facilmente possono anche mettere in imbarazzo
lo stesso giornale, l'editore o il direttore.
C'è tra l'altro da aggiungere che oggi nei giornali quotidiani, in quelli nazionali
che hanno mezzi e che hanno molti collaboratori il lettore abituale legge più volentieri
il commento o l'interpretazione. Il giornale quotidiano ormai da tempo ha perduto la
possibilità di essere il primo veicolo di notizie, già la radio glielo aveva tolto, ora
figuriamoci con la televisione. Quindi contano i commentatori, gli interpreti, i
retroscena o le spiegazioni, insomma. Nell'altro campo, e questo riguarda i giornali
minori, quelli cosiddetti locali, si affrontano i problemi della città visto che, come si
sa bene, le cose che interessano di più sono quelle che accadono all'angolo della nostra
strada. Di fatto i giornali locali in Italia sono cresciuti, si sono anch'essi
modernizzati. Direi che nei quotidiani queste due siano le attrazioni principali.
D'altronde è innegabile che il quotidiano, anche in Italia, anzi in Italia più che
altrove, ma anche negli Stati Uniti e in altri paesi abbia perduto copie rispetto a sette,
otto o dieci anni fa.
Domanda 7
In questo giugno '98 l'ex Presidente della Fiat assume un ruolo di comando nella Rizzoli
Corriere della Sera anche con una dotazione, da parte dell'Azienda, di azioni per un
considerevole valore. Questo cambierà qualcosa. Il ruolo del sindacato dei giornalisti in
generale in questo periodo e rispetto ad eventi di questo tipo può svolgere una mansione
rispetto all'etica o alla selezione del personale?
Risposta
Certo, il sindacato è coinvolto e deve seguire queste vicende. In questo caso però si
tratta dell'ingresso ufficiale di Romiti. Prima si diceva che c'era già, che si sentiva
già la sua presenza, quindi da un certo punto di vista questa nomina la ha
ufficializzata.
Un personaggio come Romiti potrebbe diventare, non è una previsione così difficile da
fare, certamente un punto di riferimento, e mi dispiace usare sempre questo luogo comune
ormai abusato ma è quello che meglio rende l'idea, di un'area moderata in politica e
magari molto a favore dello sviluppo industriale.
Insomma è un manager che ha diretto per tanti anni la Fiat, manterrà le sue idee solo
che questa volta invece che fabbricare automobili fabbrica sia il più diffuso quotidiano
italiano, sia il quotidiano diffusissimo sportivo che ha sempre una grande influenza.
Infatti i quotidiani sportivi, come la Gazzetta dello Sport, hanno sempre una grandissima
influenza.
Domanda 8
Qual è la sua opinione dei giornali online?
Risposta
A me pare che molti quotidiani italiani siano andati online però in una forma molto
elementare cioè riproducendo semplicemente il giornale, tranne La Repubblica o La
Gazzetta dello Sport. Nessuno ha fatto quello che ha fatto un giornale austriaco - di cui
la rivista che io dirigo ha parlato - il cui ingresso online è stato caratterizzato da
una sorta di ingresso multiplo con varie attività. Mi pare che invece da noi la cosa sia
ancora abbastanza limitata.
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