Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Paolo Murialdi

Roma, 03-06-1998

"L'evoluzione del giornale in Italia"

SOMMARIO:

  • La stampa é da sempre legata alla politica e alle battaglie per la libertà. L'intervistato considera cattivo giornalismo quello che si svolge in paesi sotto la dittatura. Murialdi spiega come il fascismo per esempio abbia reso dogmatico il rapporto fra giornali e politica ma come non possa essere considerato il retroterra culturale della politicizzazione dei giornali moderni. Lo stretto rapporto fra giornalismo e politica risale alla fine dell'800, quando i giornali, non esistendo ancora i partiti, erano i portavoce di una determinata corrente politica (1) (2).
  • L'intervistato spiega i rapporti che le agenzie di stampa e i giornali hanno originariamente intrecciato con la proprietà e la politica (3).
  • Le formule dei quotidiani moderni risentono delle tradizioni culturali di ciascun paese. Quella italiana viene chiamata formula “omnibus” ovvero il giornale per tutti che può interessare tutti i membri della famiglia. Un giornale pensato per la portinaia e per l'intellettuale. Tale ricetta è oggi mantenuta e allargata con l'aggiunta degli inserti (4).
  • La televisione occupa parte del tempo libero, toglie tempo alla lettura e raccoglie più pubblicità di tutta la stampa messa insieme. La televisione inoltre ha un'influenza nello stile dei giornali che ora puntano al titolo sensazionale. Questi alcuni degli elementi che l'intervistato individua per spiegare la crisi dei quotidiani (5).
  • D'altronde più che l'inchiesta sono le opinioni degli editorialisti e la notizia locale ad attirare la gente a comprare un quotidiano. I giornali locali hanno infatti registrato una enorme crescita (6).
  • La proprietà ha una grossa influenza nelle scelte dei quotidiani. L'intervistato parla del ruolo del sindacato rispetto alla proprietà con particolare riferimento all'elezione, nel Giugno '98, di Romiti a capo della Rizzoli (7).
  • Secondo Murialdi i quotidiani online in Italia finora, a parte La Repubblica e La Gazzetta dello Sport tendono ancora a riprodurre su Internet il giornale stampato (8).

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INTERVISTA:

Domanda 1
La storia del giornalismo, a partire dalla fondazione dei giornali in Inghilterra, è una storia anche di lotte per la libertà di stampa, una libertà che fu poi sancita come diritto nel nostro paese da un editto dello Statuto del 1848. Però, contemporaneamente a questa apertura, a questa dichiarazione di libertà di stampa, furono prese dai governi, di pari passo, anche delle misure in qualche modo restrittive che limitarono l'attuazione di questa libertà. L'intervento dei governi sulla libertà di stampa è un fenomeno del passato o è un leit motiv della storia della stampa?

Risposta
La storia del buon giornalismo è legata alle battaglie per la libertà, io considero un cattivo giornalismo quello che si svolge in paesi sotto la dittatura. Noi abbiamo avuto, in questo senso, l'esperienza del fascismo.
La storia del buon giornalismo è legata alla rivoluzione francese e a tutti gli sviluppi che sono venuti con i moti successivi.
In Italia fondamentale, naturalmente, fu il Quarantotto e lo Statuto Albertino a partire dai quali si cominciò ad avere una certa libertà di stampa, almeno in alcuni Stati.
Contemporaneamente, però, in quegli anni dell'unità d'Italia, mi riferisco agli anni Sessanta, Settanta e Ottanta dello scorso secolo i giornali, la stampa, quotidiana e periodica, entrò in una fase di modernizzazione con la creazione di macchine che prima non esistevano come la rotativa per stampare il giornale velocemente. Quindi il giornale, oltre che un fatto in rapporto con la politica, come veicolo di lotte politiche, creatore di dissenso o di consenso, perché i giornali possono essere anche organi del dissenso, in quel momento comincia a diventare un prodotto. Naturalmente negli Stati Uniti, in Inghilterra e nei paesi più sviluppati questo avviene prima che in Italia, quando appunto questo processo inizia solo con l'unità. Rimane comunque il fatto che una delle caratteristiche più antiche del giornalismo sia proprio un particolare rapporto con la politica, che è un rapporto non di distacco ma di coinvolgimento.

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Domanda 2
Questo può essere legato proprio al periodo del fascismo come lei citava all'inizio? Il modo un po' arrogante e protervo con cui il fascismo controllava, censurava e guidava la stampa italiana può essere considerato il retroterra culturale del giornalismo italiano?

Risposta
Secondo me è precedente al periodo del fascismo, anche se il fascismo lo ha perfezionato, lo ha praticamente dogmatizzato, se così si può dire. Lo ha incasellato nelle leggi, nelle norme, nei contratti di lavoro, nella creazione dell'albo dei giornalisti. Questo rapporto del giornalismo con la politica è, ad ogni modo, più antico del fascismo. D'altronde i giornali moderni italiani sono nati in un periodo in cui la loro principale funzione era la funzione politica; non c'erano i partiti prima della fine dell'Ottocento, e questa funzione, ai giornali italiani gli è un po' rimasta. Tutti citiamo il famoso caso di Albertini e del Corriere della Sera che intorno al 1915 fu il vessillifero di una campagna interventista contro Giolitti e contro la neutralità. Quindi faceva politica, pero' era anche un grande giornale, fatto molto bene e ricco di informazioni.

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Domanda 3
L'agenzia Stefani e L'Eiar erano strutture private che però seguivano rispettosamente le direttive del regime. La differenza fra pubblico e privato nella storia del giornalismo in generale, italiano in particolare, ha provocato delle differenze, o il buon giornalismo è indifferente rispetto alla proprietà sia nelle Agenzie che sul giornalismo in generale?

Risposta
Bisogna sempre tenere presente che il fautore dell'Agenzia Stefani è stato Cavour, un politico, non è stato il Signor Stefani, che come imprenditore, mirava a fare un affare. Con il telegrafo infatti le notizie erano più facilmente gestibili, quindi l'Agenzia almeno in Italia nasce come un interesse politico, poi il fascismo la irreggimenta, la inserisce. In seguito le Agenzie diventeranno sempre più importanti. Oggi le Agenzie in Italia hanno possibilità straordinarie di diffondere le informazioni in tutto il mondo. Le grosse Agenzie di notizie come l'americana Society Press , ma anche la Reuter inglese, la France Press e anche l'Ansa italiana sono ormai diffuse in vari paesi. L'Ansa, sebbene sia stata fondata da alcuni editori che si erano consorziati in una cooperativa nel 1944 subito dopo la liberazione di Roma, è stata , per molti anni, vicina al governo con cui aveva rapporti di affari e di lavoro.

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Domanda 4
Dal fascismo ad oggi sono cambiate tante cose, la formula dei quotidiani in cosa è cambiata e in cosa, invece, è rimasta la stessa?

Risposta
Le formule dei quotidiani moderni risentono ovviamente delle tradizioni culturali di ciascun Paese. L'Italia per esempio è un Paese di cultura soprattutto letteraria e con un mercato di lettura molto ristretto. In America invece nel 1830 avevano sia il giornale popolare, venduto a un cent, sia il giornale di qualità. In Italia invece il ristretto mercato di lettura ha creato le premesse per la cosiddetta formula "omnibus", che vuol dire giornale per tutti, cioè un giornale che contiene argomenti che possono interessare non solo tutti i membri di una famiglia, magari i figli attraverso lo sport e lo spettacolo e i genitori attraverso altre cose, ma anche ceti diversi. Per parlare della formula "omnibus" degli anni passati a partire dagli anni Venti, uso sempre questa immagine: il giornale veniva fatto pensando al maestro delle elementari, il professore di ginnasio o altre persone colte, però, dentro quello stesso giornale, c'era anche qualcosa per la loro portinaia. A quei tempi gli stabili avevano quasi tutti la portinaia che s'interessava ai grandi processi, che allora facevano grande clamore, come alle piccole notizie di cronaca cittadina.

Il professore, o gli altri lettori, avevano la terza pagina. Questa pagina, creata in Italia, che adesso è praticamente scomparsa e cambiata rispetto a quello che è stata fino agli anni Cinquanta e Sessanta, quando era una pagina di impronta letteraria. L'articolo di apertura che veniva chiamato elzeviro, dalla famiglia Elzevier che era una dinastia di tipografi olandesi che avevano inventato un carattere molto elegante. Questo articolo tutto culturale fuori dal tempo, che poteva uscire a marzo o a settembre, in un anno o nell'altro anno, fu chiamato elzeviro perché veniva composto in questi caratteri.

Oggi la formula è cambiata però la ricetta è ancora una ricetta "omnibus". Questa formula anzi si è allargata in questi anni, con l'aggiunta degli inserti, l'arricchimento delle pagine, l'aumento degli spettacoli, dello sport, del varietà e con i rotocalchi. I primi due quotidiani, i più diffusi in Italia, danno due inserti alla settimana adesso che è chiuso il ciclo dei film in video cassetta.

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Domanda 5
La televisione è entrata in maniera consistente come mezzo di intrattenimento di massa. I giornali come hanno reagito a questo ingresso della televisione nel mondo dell'informazione?

Risposta
Direi che i giornali per un po' di anni hanno subito la televisione nel senso che non hanno riflettuto neanche su cosa rappresentasse la televisione e invece la televisione, a mio parere, fa una concorrenza ai giornali molteplice.

Intanto, per prima cosa, occupa del tempo libero e quindi questo tempo, eventualmente, viene perduto dalla lettura. Se qualche anno fa, tornati a casa, non si usciva la sera, generalmente si leggeva il giornale, oggi, novanta casi su cento guardano la televisione. Poi c'è il fatto della concorrenza con la pubblicità che è fortissima. La televisione italiana è molto commerciale. La parte commerciale ha prevalso ed ha spinto anche il servizio pubblico all'acquisizione di pubblicità. Di conseguenza i giornali a causa di questa forte concorrenza subiscono una considerevole perdita di vendita pubblicitaria.

Insieme al Brasile siamo l'unico paese al mondo dove la televisione raccoglie più pubblicità della carta stampata, tra quotidiani e settimanali. Questo fenomeno si spiega bene in Brasile la cui estensione e vastità non consente ai giornali di essere distribuiti in tempo. Inoltre, al di fuori delle sue grandi città il Brasile non è molto ricco. La cosa si spiega molto meno in Europa o in Italia dove, ripeto, la televisione raccoglie più pubblicità di tutta la stampa messa insieme. Ultimamente c'è stata una ripresa degli investimenti pubblicitari, di cui hanno goduto anche i quotidiani sempre in maniera più esigua delle televisioni.

Poi ci sono le "influenze", chiamiamole così, giornalistiche e allora le opinioni possono essere diverse. C'è anche chi trova giustificazioni dell'influenza della televisione sui giornali dicendo che in fondo i direttori giovani - la tesi sostenuta pubblicamente da Paolo Mieli quando dirigeva il Corriere della sera e prima la Stampa di Torino, e l'ha sostenuta anche con me in pubblico - sono cresciuti dalla televisione e la generazione precedente – e questo l'ho detto io - dal Cinema.

Bisogna anche riconoscere che guardando i giornali - secondo il mio parere - si vede un'accentuazione del sensazionalismo da parte dei quotidiani, una ricerca di fare spettacolo anche attraverso una titolazione molto più forte dei caratteri. Se oggi noi sfogliamo un grande giornale, ma anche quelli minori, vediamo che c'è una sequenza di titoli a tutta pagina che una volta non esistevano nei giornali. Inoltre i giornali hanno anche un po' dovuto rinunciare alle fotografie perché la televisione è comunicazione visiva, oltre che orale ed eventualmente anche scritta se uno vuole vedere e leggere il televideo.

Un'altra influenza della televisione si può notare nella modalità dell'intervista, un po' presa anche dalla radio, che va alla ricerca di un momento, di un'opinione. Anche stamattina mi hanno fermato in via Cola di Rienzo e mi hanno chiesto: "ci dica una cosa", gli ho detto: "non sono di Roma", mi ripetevano: "no, ci dica una cosa", gli ho di nuovo risposto che non ero di Roma, ma non gli andava bene, volevano che gli dicessi qualcosa su Roma; facevano interviste, forse per una televisione privata, piccola magari, con quell'uso particolare dell'intervista che punta al parere delle persone.

Infine la cosa clamorosa è che tutto quello che riguarda la televisione e che fa notizia, come diciamo noi, che può quindi incontrare l'interesse e il favore del pubblico, è uscito dalla pagina degli spettacoli e ha guadagnato le prime posizioni in un giornale. Mentre a New York se tu cerchi una notizia televisiva sul New York Times devi andare nel settore degli spettacoli, in Italia puoi benissimo trovarla a pagina tre se non benissimo a pagina uno, come tante volte è successo. Ma non solo, i divi della televisione vengono intervistati su tutto, su qualunque cosa, sulla cura di Di Bella, sulla bicamerale che fallisce, sul campionato del mondo di calcio, su tutto.

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Domanda 6
Insomma la popolarità che diventa autorizzazione ad intervenire su qualunque cosa?
Ma, dalla parte invece del giornale, può essere questa stata presa come una scusa per finire quelle attività che invece nobilitavano il giornale, come ad esempio le grandi inchieste, e tutte quelle cose che però necessitavano di molto tempo dei giornalisti e quindi magari il rapporto di produttività non veniva considerato positivo? Cioè la fine delle inchieste è dovuta alla televisione o ad un modo di produrre informazione dentro il giornale?

Risposta
Per rispondere alla sua prima domanda sì, la popolarità domina.
E intanto le inchieste sono quasi del tutto scomparse. Le giustificazioni per questa rinuncia che danno gli editori e anche i direttori dei giornali sono diverse. La prima, la principale, è che se tu vuoi fare un'inchiesta seria bisogna prendere un giornalista, distaccarlo per due mesi, come minimo, dalle sue normali attività, dargli il tempo di cercare, leggere libri, ricercare documenti, parlare con un sacco di persone per poi magari scrivere soltanto tre articoli; è evidente che questa produzione è costosa. Un editore in genere non vuole mettere un giornalista bravo, una firma che piace al pubblico, fermo per uno o due mesi, questa è la maggiore giustificazione per quanto riguarda il discorso delle inchieste. Le inchieste poi facilmente possono anche mettere in imbarazzo lo stesso giornale, l'editore o il direttore.

C'è tra l'altro da aggiungere che oggi nei giornali quotidiani, in quelli nazionali che hanno mezzi e che hanno molti collaboratori il lettore abituale legge più volentieri il commento o l'interpretazione. Il giornale quotidiano ormai da tempo ha perduto la possibilità di essere il primo veicolo di notizie, già la radio glielo aveva tolto, ora figuriamoci con la televisione. Quindi contano i commentatori, gli interpreti, i retroscena o le spiegazioni, insomma. Nell'altro campo, e questo riguarda i giornali minori, quelli cosiddetti locali, si affrontano i problemi della città visto che, come si sa bene, le cose che interessano di più sono quelle che accadono all'angolo della nostra strada. Di fatto i giornali locali in Italia sono cresciuti, si sono anch'essi modernizzati. Direi che nei quotidiani queste due siano le attrazioni principali. D'altronde è innegabile che il quotidiano, anche in Italia, anzi in Italia più che altrove, ma anche negli Stati Uniti e in altri paesi abbia perduto copie rispetto a sette, otto o dieci anni fa.

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Domanda 7
In questo giugno '98 l'ex Presidente della Fiat assume un ruolo di comando nella Rizzoli Corriere della Sera anche con una dotazione, da parte dell'Azienda, di azioni per un considerevole valore. Questo cambierà qualcosa. Il ruolo del sindacato dei giornalisti in generale in questo periodo e rispetto ad eventi di questo tipo può svolgere una mansione rispetto all'etica o alla selezione del personale?

Risposta
Certo, il sindacato è coinvolto e deve seguire queste vicende. In questo caso però si tratta dell'ingresso ufficiale di Romiti. Prima si diceva che c'era già, che si sentiva già la sua presenza, quindi da un certo punto di vista questa nomina la ha ufficializzata.

Un personaggio come Romiti potrebbe diventare, non è una previsione così difficile da fare, certamente un punto di riferimento, e mi dispiace usare sempre questo luogo comune ormai abusato ma è quello che meglio rende l'idea, di un'area moderata in politica e magari molto a favore dello sviluppo industriale.

Insomma è un manager che ha diretto per tanti anni la Fiat, manterrà le sue idee solo che questa volta invece che fabbricare automobili fabbrica sia il più diffuso quotidiano italiano, sia il quotidiano diffusissimo sportivo che ha sempre una grande influenza. Infatti i quotidiani sportivi, come la Gazzetta dello Sport, hanno sempre una grandissima influenza.

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Domanda 8
Qual è la sua opinione dei giornali online?

Risposta
A me pare che molti quotidiani italiani siano andati online però in una forma molto elementare cioè riproducendo semplicemente il giornale, tranne La Repubblica o La Gazzetta dello Sport. Nessuno ha fatto quello che ha fatto un giornale austriaco - di cui la rivista che io dirigo ha parlato - il cui ingresso online è stato caratterizzato da una sorta di ingresso multiplo con varie attività. Mi pare che invece da noi la cosa sia ancora abbastanza limitata.

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