INTERVISTA:
Domanda 1
Con il dottor Miccio parliamo di Pay TV. Il mercato europeo ha già raggiunto dodici
milioni di famiglie, con un fatturato di ottomila miliardi di lire. La RAI in che modo si
prepara a diffondere programmi a pagamento?
Risposta
La RAI si è immediatamente resa conto del fatto che il futuro della televisione sta nei
canali tematici: l'offerta abituale, ossia quella che si può vedere quotidianamente su
tutti i canali che si possono ricevere da un televisore, è generalista, quindi con una
programmazione che cerca di accontentare tutti. Questo è certamente un fatto importante,
però spesso la qualità ne risente. L'offerta qualitativa si fa con l'offerta tematica,
quindi con la scelta di un e di una programmazione che risponda alle esigenze di questo.
Il satellite ce ne darà l'opportunità a breve.
Domanda 2
Quali saranno i canali tematici selezionati dalla RAI e che produzioni offriranno?
Risposta
I canali tematici che la RAI intende avviare sono prima di tutto canali che rispondono ai
criteri di servizio pubblico che l'azienda RAI deve assolutamente seguire. Per esempio, il
primo sarà la nascita di una canale educational: sarà in collaborazione con il Ministero
della Pubblica Istruzione e avrà un forte carattere scientifico, informativo. Sicuramente
la RAI intende fare un canale per i bambini, in modo da offrire loro una propria
televisione con una programmazione adatta in tutte le ore del giorno ma che, a differenza
di quello che avviene adesso, che ancora alle due di notte 250.000 bambini sono davanti
allo schermo, si interromperà nelle ore notturne. Si dà così la possibilità agli
Italiani di scegliere anche tra offerte che non siano quelle abituali della televisione di
tutti i giorni. In più, l'obiettivo è quello di entrare in un mercato che, per la enorme
richiesta che in Europa ha avuto, -basta pensare che c'è stato l'incremento del quasi 50%
tra il '93 e il '94, incremento che purtroppo in Italia non si è potuto verificare,
proprio per la mancanza di un'offerta satellitare - possa trovare la RAI pronta a essere
uno degli interlocutori del mercato, offrendo ancora una volta qualcosa di più e
soprattutto cercando di puntare decisamente alla qualità.
Domanda 3
Ci spieghi meglio come la RAI ha scelto di stare sul satellite e cosa significa il
satellite digitale.
Risposta
Stare sul satellite significa entrare in un nuovo mezzo di diffusione della
programmazione. Nel 1996 verrà lanciato un satellite dal Consorzio EUTELSAT: la RAI
ha opzionato due transporter, vale a dire otto possibili canali digitali, quindi otto
possibili diverse programmazioni. Lo sforzo mirerà a fornire un'offerta interessante, che
unisca a programmi di cultura e di servizio pubblico, anche offerte che siano di ascolto,
magari legate alla documentaristica, -un canale sul quale ci sono parecchie richieste da
parte del pubblico- e canali tradizionali, come lo sport e il cinema. La nostra attività,
che nel 1996 sarà sperimentale, potrà trovare forti competitori, soprattutto nel mercato
europeo; basti pensare che nel '97 saranno lanciati altri due satelliti con un'offerta
televisiva complessiva, per quell'anno, che supererà i sei-settecento canali. Questo vuol
dire che ci dovrà essere, da parte della RAI, - ma non solo della RAI - una forte
attenzione al contenuto, alla programmazione, al prodotto. Se questo non avverrà, la RAI
rischierà di aumentare l'offerta ma di diminuire la qualità di programmazione e,
soprattutto, di perdere assolutamente quella identità culturale che è ancora uno dei
beni più importanti da difendere nel nostro Paese.
Domanda 4
Non c'è incompatibilità tra il ruolo di servizio pubblico della RAI, che percepisce il
canone, e la televisione a pagamento?
Risposta
No, non c'è questa incompatibilità. Ormai tutte le televisioni europee che hanno un
problema di canone, fanno dei servizi a pagamento relativi a canali tematici oppure a
offerte particolari. BBC sta facendo un esperimento, per esempio, di canale tematico con
sistema non satellitare, ma tradizionale terrestre, quindi con i ponti. Questo dimostra
che si può tranquillamente incidere anche sul canone perché, nel momento in cui la RAI
potrà utilizzare altre risorse che non siano quelle del canone, queste risorse andranno
sicuramente ad abbassare il livello del canone; quindi in questo caso si potrebbe avere,
con una RAI più proiettata verso il mercato, una minore incidenza del pur basso canone
RAI che, comunque, è tra i più bassi d'Europa con le sue 158.000 lire.
Domanda 5
Lei ha proposto anche l'"Auditel pesante". Forse è una battuta, ma ci può
spiegare di cosa si tratta?
Risposta
Sostanzialmente l'Auditel viene visto come una delle ragioni del decadimento qualitativo
della programmazione televisiva. La realtà è che l'Auditel è un indicatore di quantità
di ascolti, che però dà anche molti messaggi qualitativi. Svolge, pertanto, anche una
funzione di indice di gradimento, non solo un indice di ascolto relativamente ad una
determinata trasmissione. Qual è l'errore? Che spesso si dà troppo valore al numero e
non si entra poi nella realtà specifica degli ascoltatori, comunque fornita da Auditel.
La mia idea consiste nel far fare a tutti un passo indietro, rinunciando a uno o due punti
di ascolto, targhettare le singole reti, in particolare quelle di maggiore ascolto, come
RAI UNO, in modo che vi sia un limite in termini quantitativi, per poter utilizzare quello
spazio quantitativo proprio in relazione a una migliore qualità di programmazione.
Domanda 6
Finora comunque il palinsesto e la produzione della RAI sono stati ispirati molto alla
necessità dell'Auditel e alla concorrenza nazionale con le televisioni commerciali. Tutto
questo dovrà cambiare con l'arrivo delle nuove tecnologie?
Risposta
Le nuove tecnologie dovrebbero aiutare a scegliere. Vale a dire, se ci sarà un sistema di
decodifica aperto, che consentirà a tutti di partecipare, senza privative di alcun tipo,
questo favorirà la scelta, soprattutto quella di qualità. Nel momento in cui ognuno
potrà distinguere tra le varie proposte, quella che più si avvicina ai propri gusti,
alle proprie esigenze, alle proprie aspettative, ci sarà la possibilità di offrire,
proprio per rispondere a queste domande specifiche, dei prodotti mirati. Il livello
qualitativo crescerà e, con esso, anche la programmazione generalista: quindi il livello
complessivo della qualità televisiva dovrebbe migliorare.
Domanda 7
Fino ad oggi la produzione interna della RAI è stata minore rispetto all'acquisto di
programmi dall'estero e la RAI ha prodotto soprattutto programmi per gli Italiani. D'ora
in poi dovrà competere a livello globale ed avere un'offerta anche esportabile. Cosa
produrrà quindi?
Risposta
Nel 1995 è cominciato a cambiare il mixer tra acquisto e prodotto. La percentuale attuale
è 60 acquistato e 40 autoprodotto; nel 1996 verrà cambiata completamente in 60
autoprodottto e 40 acquistato. Questo perché ci si rende conto non solo che il magazzino
RAI può essere un grande competitor nella programmazione internazionale, in caso di
competizioni di qualità; ma anche perché l'aumento dell'offerta genera la necessità di
avere ancora maggiore prodotto in una fase in cui ci saranno sei-settecento canali
tematici che, attraverso il satellite, potranno essere ricevuti nelle case degli Italiani.
Questo significa che la quantità di prodotto necessaria a coprire le esigenze diventerà
ancora superiore. Lo sforzo che la RAI deve fare, come più grande azienda culturale
italiana, è quello di muoversi sempre di più verso la produzione nazionale e aiutare
quindi un processo di rilancio che, come purtroppo bisogna constatare, non è
particolarmente positivo in questa fase, visto che nel 1994 si è verificato il minimo
storico di produzione cinematografica con soli 94 film. La crisi del sistema, anche
televisivo, che fino al '94 ha attanagliato non solo la RAI, ma anche il principale
competitore privato e tutte le altri emittenti del settore privato, ha determinato un
crollo e un blocco della produzione; tuttavia, con la rimessa a posto dei conti della RAI,
l'ambito produttivo si sta piano piano, riattivando.
Domanda 8
L'offerta di questi canali digitali anche dall'estero non costituirà per l'Italia un
rischio di colonizzazione culturale?
Risposta
Sì, questo sarà il vero grande rischio degli anni Duemila: l'offerta televisiva
aumenterà, se anche il cavo, come sembra essere ormai certo, diventerà una realtà anche
in Italia, come lo è in altri Paesi europei. La grande preoccupazione è quella di avere
molte autostrade dove non circoleranno macchine e sicuramente quelle poche non saranno
italiane. E questo è il vero nodo, non solo culturale, ma politico di un'Europa che vuole
ancora mantenere forte le proprie tradizione, e di un'Italia che ha certamente delle
grandi radici culturali che rischiano di scomparire completamente di fronte a quello che
sarà un'invasione di prodotto non nazionale.
Domanda 9
Ci sono possibili alleanze che la RAI può tessere per diventare maggiormente
protagonista?
Risposta
Certamente la strada delle alleanze è la strada migliore. Queste alleanze debbono essere
internazionali, ma soprattutto dovranno essere europee. Lo sforzo che la RAI ha già fatto
nel creare dei consorzi per la produzione di cartoni animati che abbiano storie europee,
vicine alle nostre tradizioni, è un primo esempio di come si possa collaborare per fare
una televisione vicina alla gente, che poi dovrà vedere e giudicare. Certamente questo
non basta. Con le altre televisioni pubbliche europee sono iniziate una serie di
collaborazioni per produrre fiction o film. Ci vuole uno sforzo da parte dei governi,
perché questa è un'emergenza che va al di là della tecnologia; avere molte possibilità
non vuol dire essere immuni dalla colonizzazione: è uno sforzo che devono fare tutti. Lo
stesso Parlamento italiano dovrebbe fare molto di più di quello che fa -che è
praticamente zero- su questo settore, per poter cominciare a capire che avere o no un
figlio che parli un'altra lingua può essere positivo; ma che questo figlio abbia i
costumi, il modo di pensare e di agire, che non sia quello della nostra cultura, credo che
questo sia un problema a cui non bisogna essere disattenti.
Domanda 10
Oltre ai contenuti, sul piano proprio delle tecnologie, spesso è l'imposizione di
determinati standard ad aprire la via ad un tipo di prodotto o a un altro. Che problemi di
standard ci sono per la televisione del futuro, sia per il telespettatore a casa, per la
ricezione, sia per la distribuzione e la trasmissione?
Risposta
Il problema dello standard è uno dei due grandi nodi delle nuove tecnologie: uno è
quello dei contenuti, l'altro è quello della decodifica di questi contenuti, che avviene
attraverso l'invio del segnale via satellite-cavo o via etere, anche se più propriamente
si dovrebbe dire terrestre. Il problema della decodifica è un problema che purtroppo
vede, come sempre, l'Italia indietro rispetto ad altri Paesi europei, oltre che
all'America e al Giappone. Questo essere indietro non significa soltanto non avere
un'industria che si sia attrezzata o che abbia avuto - e qui anche una responsabilità dei
governi -la possibilità di attrezzarsi, per essere competitiva in questo settore; vuol
dire anche non avere la possibilità di poter ricevere, senza dover accettare dei
compromessi con distributori, stranieri, senza poter scegliere effettivamente tutto quello
che l'offerta televisiva nei prossimi anni potrà dare. La decodifica, gli standard, che
sono digitali, hanno avuto nella RAI il vero grande inventore. In occasione dei Mondiali
di Calcio del 1990, le prime trasmissioni digitali sono state offerte dalla RAI. Gli
standard che la RAI offrì, fecero addirittura cambiare quelle che erano le intenzioni
tecnologiche americane ed europee. Si sono tutti rivolti al digitale, lasciando le altre
strade, che erano quelle dell'alta definizione. A questo punto, cosa è successo? Che la
RAI, come sempre, per ragioni indipendenti dalla volontà dei suoi tecnici, si è persa
nei meandri della politica e, alla fine, il risultato finale è che la RAI, pur avendo
avuto la prima intenzione di usare il digitale, è quella che deve rincorrere l'estero per
poter essere alla pari. La tecnologia comunque non rappresenta un vero problema, perché
il Centro Ricerche di Torino è attrezzato ed è all'avanguardia. La RAI è in grado, nel
giro di un paio d'anni, di offrire una possibile decodifica italiana, in collaborazione
con le altre industrie italiane del settore. Però si parte con due anni di ritardo.
Domanda 11
C'è anche, oltre la PAY TV da satellite, il "VIDEO ON DEMAND", che è un altro
scenario della televisione del futuro e passerà nelle reti cavo da terra. Come si pone la
RAI rispetto alla sperimentazione, avviata da STREAM, e alla cablatura del Paese, avviata
da TELECOM?
Risposta
Il primo accordo è stato fatto proprio con STREAM con lo scopo di fornire programmi. La
RAI ha un ruolo di fornitore di programmi, così come STREAM deve avere solo ed
esclusivamente il ruolo di courier, cioè di contenitore e trasportatore di questi
programmi. Lo sforzo che bisogna fare quindi è incrementare soprattutto la produzione
nazionale ed europea; da parte di STREAM e degli altri cable-operator, lo sforzo sarà
quello di dare la possibilità agli information provider, cioè a tutti coloro i quali
daranno contenuti a queste nuove possibili vie di trasmissione, di fornire una quantità e
una qualità di programmi all'altezza di questo ulteriore mercato.
Domanda 12
Popper affermava: "Per fare televisione ci vorrebbe la patente.". Ora la
televisione si sta diversificando sempre di più. Quali rischi vede per la televisione del
futuro con questo moltiplicarsi dell'offerta?
Risposta
Popper ha ragione: la patente andrebbe data a chi è operatore della televisione. Ma ci
vorrebbe anche un patentino per chi guarda la televisione, perché molte volte ci si
accorge di una cattiva qualità che incontra l'ascolto maggiore, ossia quella che alla
fine attrae più spettatori potenziali. Questo vuol dire che bisogna abituarsi al fatto
che la televisione è un mezzo che può cambiare anche le cose. La televisione è un
grandissimo espediente, ma è anche un grandissimo divulgatore: bisogna, dunque, cercare
di aiutare sia chi trasmette, ma soprattutto chi riceve un segnale televisivo,per fargli
capire che cosa ci sia dietro a ogni singolo programma, a ogni singola trasmissione e,
soprattutto, a trovare la strada per rendere più semplice e diretta la collaborazione,
tra l'utente-telespettatore e l'attore-operatore televisivo. Soprattutto sarà importante
essere in grado a muoversi in questa grande quantità di canali.
Domanda 13
Tornando su un argomento in parte già affrontato in questa sede, il magazzino, oltre che
gli impianti tecnici o di trasmissioni e il "know-how", dei dirigenti e dei
dipendenti, rappresenta il vero patrimonio di un'azienda televisiva. Questo magazzino
sostanzialmente si può dividere in due parti: quello che in gergo si chiama
"utilità ripetuta" o "utilità immediata", cioè dei programmi di
consumo, che poi non si possono più ripetere, o vendere. Allora faccio questa domanda:
Lei prima diceva il 60% è autoprodotto e il 40% è di acquisto, quindi si potrebbe avere
anche una televisione autoprodotta per il 90%; ma se è autoprodotta soltanto con i
talk-show, notizie o varietà, piuttosto che con fiction o programmi culturali o
documentari, probabilmente si avrà comunque una televisione locale rispetto al sistema
globale.
Risposta
Quando parlo del 60%, mi riferisco al prodotto inteso come fiction e film; è questo il
mixer previsto ed è la missione specifica degli acquisti di produzione. Il problema è
chiaro: si sa che andando ad una qualunque fiera internazionale della televisione, il 90%
del venduto è real-show o talk-show, i cui livelli qualitativi degenerano di giorno in
giorno e basta farsi una rapida visita negli stand anche di grandi multinazionali
americane, per capire che quello che costa meno e quello che rende di più è il format a
uso della trash-television cioè di quella televisione-spazzatura, che fa tuttavia molti
ascolti. La RAI, in due anni, ha incrementato di 240 miliardi di lire gli acquisti sia di
produzioni che di film già fatti. Tutte e due le cose rappresentano una risposta proprio
all'utilità immediata, cioè aumentare la fiction, per aumentare il magazzino e non per
aumentare i programmi di intrattenimento, che normalmente vengono fatti nel momento in cui
i magazzini sono vuoti.
Domanda 14
L'idea di abbassare di uno o due punti l'Auditel è, quindi, solo apparentemente un
sacrificio: che, nel tempo, potrebbe addirittura diventare una nuova fonte di
arricchimento per l'Azienda?
Risposta
Sì, a parte il fatto che quando mi riferisco ai tetti di Auditel, non faccio una
differenza tra intrattenimento e fiction. La prova risiede nel fatto che tutte le fiction
di un certo livello, realizzate dalla RAI nell'ultimo anno, hanno avuto un grandissimo
successo di ascolto. Ricordiamo "Coppi", ricordiamo "La storia di
Chiara", giusto per parlare di una produzione della RETE UNO e di una della RETE DUE.
Sono realtà che dimostrano come un programma di fiction, se è ben fatto, ha degli
ascolti superiori anche a un buon film, e certamente all'altezza di un buon programma di
intrattenimento di grande ascolto. Quindi non c'è assolutamente una differenza da questo
punto di vista. La differenza sta nel fatto che bisogna lavorare per evitare di fare il
25% di ascolto su una rete, sapendo perfettamente che, dal punto di vista pubblicitario,
quando si raggiunge il 21%-22%, si dà all'inserzionista la stessa qualità di
pubblicità. Dandogli tre punti in più di ascolto, non gli si offre un prodotto migliore.
Il numero di contatti desiderato dai pubblicitari, è stato raggiunto, quindi il buon
venditore ha fatto il suo dovere. Il problema si presenta nel momento in cui, per
raggiungere quei tre punti in più, bisogna banalizzare la trasmissione o, addirittura,
involgarirla: e credo che questo non valga la pena.
Domanda 15
Un'ultima domanda: dovendo puntare, da un punto di vista strategico, sul futuro del
servizio pubblico, bisogna puntare sulle tecnologie? O piuttosto sulle risorse umane,
cioè sul fatto che il passaggio dall'elettronica al digitale comporterà un mutamento
così radicale, anche di forma mentis, che forse la RAI rischierà di invecchiare
precocemente nei prossimi due o tre anni?
Risposta
dovendo fare una scelta radicale, direi: la RAI è il più grande operatore culturale del
Paese e deve svolgere fino in fondo questa funzione, utilizzando l'esperienza del proprio
personale in magazzino e lavorando perché il magazzino diventi più forte e più
competitivo, anche a livello internazionale; ma va sempre tenuto un occhio alle
tecnologie, semplicemente perché, nel momento in cui, per decodificare un programma
digitale ci vuole un decoder che ha bisogno di un software e, quindi, di un algoritmo che
ne consenta la visione, se la RAI non fosse attrezzata a seguire questo aspetto, non
potrebbe essere competitiva sul mercato internazionale. Di fronte alla rivoluzione
tecnologica ci sono due modi di rispondere: o essere all'avanguardia nella tecnologia, ma
questo non è possibile per la RAI, come non è possibile per la maggior parte dei broker
europei. Oppure essere dei grandi produttori di storie, dei grandi produttori di fiction,
dei grandi produttori di programmi: e, in questo senso, diventare grandi venditori di
queste cose.
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