INTERVISTA:
Domanda 1
Ci può fare, per iniziare, un bilancio di questo primo festival in Italia, che viene
dall'esperienza francese, sulla formazione nelle nuove tecnologie nella multimedialità?
Che opportunità ha dato?
Risposta
Ci eravamo posti una serie di obiettivi, e penso che siano stati realizzati. Un obiettivo
era quello di riunire attorno ad un tavolo la realtà in uno spazio, lo spazio concepito
non come fiera, ma come laboratorio: le realtà più interessanti, quelle che ci
sembravano più dinamiche e avviate su questo processo formativo con le nuove tecnologie,
sulle nuove tecnologie europee. E' stata creata e potenziata un'area formazione, un
momento conviviale di incontro: si sono alternate sedici scuole europee e altrettante
realtà italiane. Abbiamo anche scoperto, delle situazioni italiane, una realtà che forse
è polverizzata, ma che non ha meno da proporre rispetto ad altre realtà europee. Quindi,
abbiamo scoperto la Scuola degli Effetti Speciali di Rambaldi, che sta proponendo,
piuttosto che corsi avviati, riflessioni interessanti. Quell'area ha funzionato, in
verità, come momento di scambi e di incontri, di dibattito, anche di tentativo di
arrivare a definire se esiste un modello comune possibile, un momento di confronto.
Volevamo raggiungere un obiettivo di coinvolgimento col pubblico, per non creare un
ambiente di riflessione solo teorica, forse anche molto approfondita, scientificamente
avanzata e corretta; ma volevamo divulgare, far capire, che formazione vuol dire misurarsi
con questo processo innovativo, nel mondo del lavoro e nel sociale, in una maniera
leggera, in una maniera non punitiva. Perché delle tecnologie non bisogna aver paura, con
le tecnologie occorre misurarsi, bisogna dominarle ed è necessario imparare ad usarle.
Verso quale traiettoria, era un'altra delle domande che questo incontro di due giorni si
è posto. Verso quale traiettoria, vuol dire: verso quali mestieri, come ci si pone
rispetto a questa trasformazione.
Domanda 2
Quali sono i mestieri emergenti che sono risultati da questo incontro e dal convegno che
si è tenuto?
Risposta
Io ero abbastanza preoccupata di lanciarci in previsioni con la sfera di cristallo dove
qualcuno dice: "andiamo per questa direzione, scompaiono questi mestieri..."; o
che pure si creasse un appuntamento dove emergesse solo l'ansia rispetto a qualcosa che
sta mutando, di cui nessuno coglie bene i confini. Invece, devo dire, proprio dal convegno
che è stato organizzato con la Camera del Commercio di Milano che porta lo stesso titolo
del Festival, abbiamo capito, fondamentalmente, due cose, grazie agli interventi che ci
sono stati. La prima riguarda, intanto, l'urgenza per la riqualificazione professionale,
l'aggiornamento continuo, ciò che viene chiamato "formazione continua". A
questo proposito ci sono stati degli interventi che hanno sottolineato la possibilità di
liberare tempo nel lavoro da dedicare ad un discorso di riqualificazione e di
aggiornamento. Si impone, a questo punto, una serie di riflessioni di ambito sindacale e
legislativo. E' chiaro che il mondo del lavoro si deve attrezzare per non subire
quest'onda, ma in qualche modo, già da adesso, cercare di dominarla.
L'altro aspetto importante è il ruolo della scuola rispetto a questa formazione, se
non continua, almeno proiettata in avanti. La scuola ha un grande compito, che consiste
nel recuperare un gap esistente, non c'è dubbio, attraverso interventi, progetti; deve
soprattutto legarsi, immediatamente, anche ad una domanda che viene dal mondo del lavoro.
Tra i due mondi, quello formativo scolastico e quello formativo aziendale, le nuove
tecnologie gettano un ponte perché mai come adesso c'è una necessità di creare una
saldatura tra queste due realtà. Questa urgenza è emerso chiarissimamente in diversi
interventi, come quello del rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione. Anche
Antonio Pilati, per esempio, a questo proposito ha svolto una ricerca che ha espresso nel
suo intervento, interessantissimo, in cui aggiungeva anche altro a questo primo grosso
schema. Lui sosteneva che, nelle professioni emergenti, a questo punto, si possono
individuare tre traiettorie possibili. Quali sono queste professioni? Sarà il Content
Provider, oppure sarà lo sviluppatore di comunicazione, lo sviluppatore di interfaccia?
Questo non è un fatto tecnico, ma un'operazione che struttura la comunicazione in modo da
arrivare a creare messaggi, a dare messaggi con il nuovo fruitore. Certo, si dispone di
queste professioni, e si possono anche facilmente identificare; però è importante
provare a categorizzarle, non per fare della teoria, ma per sapersi orientare. La prima
questione è quella secondo la quale andranno avanti una serie di professioni che
lavoreranno sui contenuti, sulla formazione, sull'organizzazione delle informazioni.
Accanto ad un sapere di tipo tecnico, dunque, lavora un sapere di tipo contenutistico, che
deve imparare ad essere sfruttato come bene economico. In sintesi, tutte le professioni
che sapranno organizzare i contenuti, che sapranno offrire i servizi sulle organizzazioni
dei contenuti in rete o fuori rete, off e online, saranno le professioni che avranno più
spazio nella futura società dell'informazione. In secondo luogo, importante è il
discorso sulla specializzazione; voglio dire che è necessario spingere l'acceleratore
anche su un'innovazione di tipo tecnologico -io aggiungo- ad uso sociale. Ad uso sociale
vale a dire che non basta più il software "carino", quello che disegna meglio
dell'altro, quello che aggiunge la performance in più, e via dicendo; occorre che questi
prodotti a tecnologia avanzata siano già pensati e concepiti per uso sociale in varie
direzioni, perché una delle grosse fasce di sviluppo sarà quella della funzione
dell'applicazione sociale delle tecnologie soprattutto telematiche. In questa prospettiva,
per esempio, si guarda allo sviluppo della telemedicina, allo sviluppo dei vari servizi ad
uso del cittadino: a tutto quello che servirà a fornire lo strumento perché la società
dell'informazione diventi un fatto economico vero, che funzioni, che sia efficiente, che
crei servizio ad uso del cittadino. Il terzo punto, che torna ed è presente ovviamente in
qualsiasi tipo di sviluppo professionale, riguarda il settore commerciale; poiché anche
il settore commerciale è presente, si riorganizza sulle nuove tecnologie e con le nuove
tecnologie. Anche in questo settore è fondamentale il discorso del telelavoro.
Domanda 3
Manca la società dello spettacolo!
Risposta
Manca la società dello spettacolo, che può essere riassunta nel primo schema per il
quale l'organizzazione dei contenuti riguarda il modo di trasmettere contenuti. Quali
sono, in questo campo, i settori applicativi emergenti? Sicuramente, la società dello
spettacolo rappresenta un "trend" forte dal punto di vista occupazionale. Nel
mondo dei media, il cinema come forma di spettacolo classico è in via di trasformazione;
anche se rimarrà "cinema" accanto ad un altro, parallelo, di tipo interattivo.
Il cinema stesso, come pellicola, sta già subendo questo impatto; chi lavora nel cinema
avrà, da una parte, necessità di riqualificarsi, dall'altra parte la necessità di dare
spazio e ospitalità a delle figure professionali che, fino a ieri, erano considerate solo
tecniche, le quali, probabilmente, saranno gli art director, i registi del futuro.
Domanda 4
Esistono società francesi che producono effetti speciali nel cinema digitale, o nelle
nuove forme di cinema dinamico; e anche diversi centri di formazione avanzata nel campo
dell'animazione digitale, che non sembrano avere equivalenti in Italia. Il cinema italiano
rischia di restare asfittico rispetto a quello americano, ma anche nei confronti del
cinema europeo?
Risposta
Il cinema italiano, sicuramente è un passo indietro rispetto ad un'evoluzione che è in
atto a partire dalla grande industria americana per arrivare anche all'industria europea.
Non mi addentro in analisi dei mercati asiatici, ma immagino che anche lì ci sia
subbuglio e movimento. L'Italia, in questo campo, sicuramente deve superare il gap
rispetto alla formazione; e deve accettare il nuovo processo evolutivo produttivo che
tiene conto delle nuove tecnologie, cercando di utilizzarle, senza spingere l'acceleratore
troppo avanti. Le tecnologie offrono il massimo delle potenzialità espressive, ma possono
offrire anche delle soluzioni eccellenti per ridurre i costi ed arrivare a produrre in un
modo più semplificato. Ciò richiede un grosso sforzo culturale, perché credo che,
proprio in questo momento, i nostri registi, i nostri creativi, debbano rendersi conto che
possono utilizzare questi mezzi senza timore. Il passo successivo al superamento di un
pregiudizio culturale, sarà quello della creazione; e allora occorre la formazione,
occorre che qualcuno si decida a sperimentare ed investire denaro in questo senso. Voglio
aggiungere che non è neanche tanto vero che in Italia non ci sono risorse umane e
tecnologiche per progredire più velocemente in questo processo. Le tecnologie le abbiamo;
e, comunque, delle botteghe ipertecnologiche si sono mosse in questi anni, senza aspettare
la formazione di tipo istituzionale, o quella di tipo aziendale: l'esperienza è stata
vissuta sul campo. Quindi, fortunatamente, abbiamo delle società che possono lavorare
attivamente per sviluppare dei buoni prodotti con tecnologie avanzate. Bisognerebbe
riuscire a riagganciare i processi produttivi di coproduzione.
Domanda 5
Le accademie d'arte, però, in Italia, non sembrano aggiornarsi o reorientarsi rispetto ai
nuovi mestieri come accade, invece, all'estero. Da dove deve venire questa spinta
propulsiva? Solo dal settore privato? O anche a livello pubblico sarebbe il caso di
cominciare a porre le fondamenta di una nuova formazione?
Risposta
Sicuramente, una formazione di base non può non essere che pubblica. In questo momento,
alcune istituzioni private hanno tamponato una domanda, hanno agito e reagito su una
domanda manifesta ed irrisolta da parte delle istituzioni pubbliche. L'istituzione
pubblica deve occuparsi di tutto questo. Si stanno studiando progetti e sono state
annunciate delle iniziative in proposito. Il campo d'azione, sicuramente, è molto
complesso poiché si deve esplorare un retroterra che non è mai stato coltivato prima.
Non voglio, con questo, scusare il ritardo, ma, c'è sicuramente un enorme lavoro da
svolgere. Anche se l'istituzione pubblica intervenisse da domani, non riuscirebbe a
risolvere il problema, perché può lavorare nel medio-lungo periodo. E' comunque
importante che dal settore pubblico arrivi un'indicazione perché si cominci ad
intervenire almeno dalle elementari in su. Le accademie d'arte italiane risentono
chiaramente di una legislazione che è ancora ferma, la quale, se si confronta con quelle
europee, si rende evidente la sua diversità. Ed è alle realtà europee che si deve
rivolgere l'attenzione, così come anche ad altre scuole di tipo umanistico che devono
accogliere questo genere di strumenti, e far sì che gli studenti lavorino e si misurino
culturalmente con questi strumenti non solo tecnologicamente. Queste scuole (accademie
d'arte, licei artistici), hanno una grossa responsabilità nella creazione di nuovi
linguaggi, per un loro uso più avanzato e intelligente. In Italia, però, si scopre che
esistono realtà isolate che suppliscono alle carenze strutturali ed istituzionali per
volontà del preside, del direttore, del docente particolarmente illuminato. In questo
senso si scoprono progetti e modelli di sviluppo ancora più interessanti delle strutture
europee più organizzate. Dunque cosa manca in Italia? Manca un piano organico, poiché
quello che esiste va valorizzato. E' chiaro, dunque, che è necessaria una intelligente
pianificazione.
Domanda 6
Anche in ambito universitario, in Italia, non mi sembra che esista ancora un master sulla
multimedialità.
Risposta
Proprio al festival hanno svolto una piccola inchiesta esplorativa per capire quale fosse
la realtà italiana; mentre ci arrivavano risposte dall'Europa e si presentavano
istituzioni focalizzate sui nuovi media, oppure scuole classiche tradizionali che avevano
già accolto questo tipo di strumentazione. Poi, come accennavo prima, si sono scoperte
delle istituzioni, dei modelli e delle proposte. Però non credo che esista un master
multimediale; esistono laboratori, esistono aperture spesso anche personali. Comunque il
dibattito esiste, si sente il bisogno di confrontarci con questa nuova realtà. Si è
aperta una breccia; spero che questo festival l'abbia aperta, in modo da poter andare
avanti. In questa occasione sono stati toccati dei punti che vanno approfonditi. Bisogna
andare avanti.
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