INTERVISTA:
Domanda 1
Ci può esporre i tratti essenziali della videoteca del Musée National d'Art Moderne del
Beabourg e ci può parlare della "Rivista virtuale", che si trova al Centro
Pompidou?
Risposta
Il dipartimento video del Centro Georges Pompidou è, come si può immaginare, assai
recente, perché ha meno di vent'anni; ma, soprattutto, è in evoluzione costante in
rapporto agli anni Ottanta, durante i quali è stato un semplice dipartimento per i nuovi
media. Come nella maggior parte dei musei internazionali, era un dipartimento in cui certi
conservatori collezionavano cassette video realizzate da artisti. Poi, a poco a poco, si
è ampliato, accogliendo molte opere tra le più significative degli ultimi venti anni che
hanno adottato le nuove tecnologie nelle pratiche artistiche: i nuovi media, il video, il
calcolatore. Dunque, in realtà, la videoteca è diventata qualcosa di più di una
videoteca. E' rimasta una videoteca per la consultazione delle opere, come strumento di
diffusione presso il pubblico che può prendere conoscenza dei video esistenti, o in
quanto opere d'arte, o in quanto tracce di altri lavori artistici degli anni Sessanta e
Settanta, di performance, o di sculture o di film. Più recentemente, negli anni Novanta,
è stata creata la "Rivista Virtuale", che ha uno statuto del tutto particolare
nel quadro del Museo, perché è stata pensata, da un lato, come mezzo di diffusione del
sapere che si sta sviluppando intorno alle nuove tecnologie, e non soltanto nel campo
delle arti plastiche, ma anche nell'architettura, nella comunicazione, nella ricerca
scientifica; e, d'altro lato, è uno spazio di esposizione per giovani artisti che tentano
di adottare le nuove tecnologie, che si tratti di CD ROM o della pratica del sito
Internet, nelle loro esperienze. Ma la "Rivista Virtuale" è particolare,
perché espone l'uso dei nuovi media sia in architettura, sia nella ricerca praticata da
certe università americane. Ci sono molti interventi, per esempio, di ricercatori del
MIT, il Massachussets Institut of Technology.
Domanda 2
Che cosa pensa del ruolo di Internet e dei CD ROM nel contesto delle nuove tecnologie?
Risposta
Internet e il CD ROM rappresentano due modi di abbordare le nuove tecnologie, a seconda
che si prendano come uno strumento di informazione, di trasmissione, destinato a rendere
conto di altre opere; o, viceversa, che si pensi che queste nuove tecnologie possano
diventare oggetti d'arte in sé, o campi di esplorazione artistica che valgono per se
stessi. Si ripropone, in un certo senso, la questione che Walter Benjamin poneva,
sull'inizio dell'arte moderna, con l'apparizione della fotografia e del cinema; queste
ultime erano destinate a riprodurre le opere dell'arte tradizionale e, a poco a poco, sono
diventate esse stesse opere d'arte. Tra le nuove tecnologie ci sono dei veri strumenti di
trasmissione dell'informazione, come il CD ROM, che può essere usato come una nuova forma
di libro, di catalogo, per rendere conto di esposizioni, di movimenti artistici, e così
via; poi c'è Internet, che è semplicemente una tecnica di comunicazione con due poli, al
tempo stesso emittenti e riceventi; mentre la persona che si trova davanti ad un computer
per leggere un CD ROM è ancora in posizione di ricezione, anche se esiste una parte di
attività o, se si preferisce, di interattività. Forse, l'utente, è più attivo che
davanti ad un televisore o davanti a un libro, ma è comunque in posizione di ricezione.
Internet è completamente diverso, nel senso che permette a due persone di comunicare.
C'è un gran numero di artisti che si sono impadroniti delle nuove tecnologie di
rappresentazione e di comunicazione. Ma io credo che oggi, dopo neanche una decina d'anni
-possiamo parlare di quattro o cinque anni di ricerche sui materiali- siamo ancora agli
inizi. E' troppo presto per dire: questa è una forma d'arte. Sì, lo potrebbe essere, ma
con un grande punto interrogativo, che è lo stesso punto interrogativo che era stato
posto sul cinema all'inizio del secolo.
Domanda 3
Dunque, Lei pensa che nello studio della storia dell'arte, per conoscere la storia
dell'arte, i nuovi media come i CD ROM o Internet, possano avere una funzione di
rinnovamento? Lo studente potrebbe trovare un valore aggiunto nell'uso dei nuovi media?
Risposta
Io credo che bisogna continuare a distinguere il CD ROM dalla rete. Il CD ROM, in
definitiva, può avere la funzione di un'enciclopedia in senso largo, capace di includere
altri modi della ricezione, come il suono, l'immagine in movimento, il video. E' questo il
suo vantaggio in rapporto al libro. Dunque, in questo caso troviamo un surplus di
conoscenza. Ma la rende anche più accessibile? E' per lo meno discutibile, semplicemente
a causa dei costi dell'hardware, di cui bisogna disporre per leggere un CD ROM. E poi, per
quanto riguarda i costi di produzione ed i tempi di produzione, concepire e costruire un
CD ROM richiede ancora un tempo di produzione molto pesante. Perciò, i soli CD ROM che
esistono attualmente sul mercato, salvo casi eccezionali in cui si attua della
sperimentazione, sono dei CD ROM di divulgazione, i quali, di fatto, forniscono una
informazione molto meno larga del libro. La rete Internet è una cosa completamente
diversa, nella misura in cui, quando le università o i musei, specialmente negli Stati
Uniti, inseriscono in blocco le loro scorte di informazione sulla rete, che si tratti di
libri, di quadri o di film, evidentemente, diventa uno strumento di conoscenza
rivoluzionario, che garantisce un accesso democratico al sapere, che si può ottenere
stando in qualsiasi posto. In questo settore dell'informazione mi sembra che ci sia una
vera rivoluzione, assai più che nel CD ROM.
Domanda 4
Si può sostenere che il progresso tecnologico abbia portato sempre ad un cambiamento
delle forme artistiche tradizionali? Che cosa sta cambiando con le nuove tecnologie, e che
cosa cambierà in avvenire?
Risposta
Non sono un' indovina. Le nuove tecnologie di registrazione sono estremamente giovani, ma
è chiaro che sono destinate a diventare sempre più importanti. Non so se, allo stato
attuale delle cose, siano importanti in sé, tanto più che queste nuove tecnologie si
evolvono con estrema rapidità, in termini di mesi o di anni. Ma quello che è certo, dopo
Benjamin, è che i nuovi modi di registrazione del mondo, i nuovi modi di percezione del
mondo, hanno cambiato la nostra percezione del mondo in generale, anche indirettamente:
automaticamente, l'artista, non può che essere sensibile a queste trasformazioni. Come
quando è apparso il treno, o come quando è apparso il film, è evidente che la
percezione dello spazio è diventata completamente diversa da quello che era nell'arte
tradizionale, dove si aveva una visione statica, una visione dalla finestra, per così
dire. Alle nuove tecnologie corrisponde un diverso modo di percezione multisensoriale del
mondo, in cui entrano in gioco il suono, l'immagine fissa, l'immagine in movimento, il
testo. Tutto ciò è incredibilmente facilitato dallo sviluppo tecnologico del digitale.
E' evidente che questo cambia il modo di percepire il mondo e che, di fatto, gli artisti
se ne approprieranno in un modo o in un altro. Come? E' troppo presto per dirlo, ma è
evidente che la percezione artistica stia cambiando.
Domanda 5
Nel 1936 Walter Benjamin, in un famoso saggio, parlava della riproducibilità tecnica
dell'opera d'arte. Lei crede che con le nuove tecnologie si arriverà a sopprimere
l'unicità e la sacralità dell'opera, quella che Benjamin chiamava "aura"?
Risposta
Mi sembra che da una trentina d'anni nelle arti plastiche l'unicità, l'"aura"
dell'opera d'arte, sia stata definitivamente scartata dalla rappresentazione artistica.
Benjamin, già alla fine degli anni Trenta, parlando di fotografia e di cinema, osservava
questo fenomeno che oggi è diventato una realtà in tutti i campi dell'arte. Direi, anzi,
che non ci sia stato bisogno di attendere lo sviluppo delle nuove tecnologie per il
compenetrarsi di questa nuova realtà. E' sufficiente guardare la minimal art americana
emergente nella seconda metà degli anni Sessanta, in cui il trattamento dell'immagine
serigrafata, l'immagine resa popolare da Andy Warhol, ha rimesso radicalmente in questione
l'"aura" dell'opera, sfruttando il fatto che oggi le immagini sono
riproducibili; ed ha rimesso in questione non solo l'"aura", l'unicità
dell'opera, ma anche la nozione d'autore. Dunque, è evidente che le nuove tecnologie non
soltanto partecipino di questo movimento, ma non possono ormai più essere nemmeno
qualificate come riproduttive, perché hanno messo definitivamente fuori gioco l'arte
tradizionale, che rivendica l'unicità, l'"aura" e l'autore. Anche la nozione
d'autore, già rimessa fortemente in questione dalla filosofia francese del XX secolo, è
stata soppiantata dalle nuove tecnologie.
Domanda 6
Lei crede che l'artista tecnologico sia l'artista del futuro?
Risposta
Non so se sia legittimo parlare così, in blocco, di un artista delle nuove tecnologie, o
di un artista del futuro, o, addirittura, di un'arte del futuro, poiché il XX secolo ci
ha insegnato ad essere prudenti e a testimoniare della multidisciplinarietà, del
pluralismo delle produzioni, dei procedimenti artistici. Ma quello che è certo è che il
lavoro delle nuove tecnologie, preso in sé come oggetto di conoscenza, mi sembra che
ponga, oggi, un problema di ordine storico, nella misura in cui, alla fine degli anni
Sessanta, la modernità è arrivata al suo punto culminante. E' un periodo nel quale
l'esplorazione della scultura, attraverso i suoi materiali, il suo linguaggio,
l'esplorazione del cinema, l'esplorazione della poesia attraverso i rispettivi linguaggi,
è arrivata alle sue estreme possibilità. Mi sembra difficile, oggi, trent'anni dopo,
rifare quella esperienza che consiste nell'insistere sull'emergenza di un nuovo medium e
di esplorarne tutte le forme possibili. Sarebbe riproporre un vecchio gioco con le
tecnologie nuove. Io penso che già quella esplorazione sia stata un'aberrazione storica.
Al contrario, includere le nuove tecnologie in un processo di riflessione allargata, che
interroghi altre cose, altri campi, che non siano solo quelli delle arti plastiche o dei
media, mi sembra la via da seguire; e, in definitiva, è la via che è stata presa fin
dagli anni Settanta, specialmente negli Stati Uniti, da una generazione di artisti che
usavano il suono e l'immagine per incorporarli a pratiche che si iscrivevano direttamente
nel campo antropologico, sociale, politico o psicoanalitico, più che nel campo puramente
estetico, formale, dell'opera.
Domanda 7
Alcuni pensano che il museo virtuale possa sollecitare il pubblico a visitare in un
secondo momento il museo reale. Qual è la Sua opinione?
Risposta
La questione non si pone già con il libro, con il catalogo? Si può restare alla visione
frontale di un'opera senza andare mai al museo a confrontarsi con l'opera stessa, o
bisogna andarci e affrontare direttamente l'opera? Io penso che il problema che si pone
con il libro sia lo stesso che si pone con le nuove tecnologie. Credo anche che si debba
porre il problema in due modi diversi, secondo le opere che il museo espone. Se si tratta
di opere tradizionali, il problema è lo stesso che con il libro. Se, invece, si tratta di
opere contemporanee, si pone un problema diverso, nella misura in cui mi sembra che oggi
una delle contraddizioni che un museo d'arte contemporanea debba gestire sia di dover
esporre artisti, opere, procedimenti, che si sono staccati dal museo già da una ventina
d'anni. Dunque, il museo è obbligato a mostrare dei pezzi, o delle pratiche, che non sono
museabili, nel senso che non sono più necessariamente immagini o oggetti, ma performance
effimere, di cui abbiamo tracce fotografiche, videografiche, estremamente parziali, che
pongono la questione della legittimità stessa del museo, come modo di presentazione delle
opere. A questo punto si pone un duplice problema: gli spettatori, i lettori di CD ROM,
che usano le nuove tecnologie, andranno o no al museo? Questa domanda ne presuppone
un'altra: il museo è veramente più adatto di un altro modo di presentazione a rendere
conto di queste opere? E da questa domanda si passa a quella successiva: le nuove
tecnologie non sono capaci di rendere conto da sé di queste opere? Considerati i
progressi compiuti oggi col digitale nella definizione delle immagini, non si potrebbero
vedere le tracce di questi procedimenti direttamente sullo schermo con il CD ROM? E
perché si verificherebbe, in questo caso, una dispersione del senso, mettendo insieme
molte fotografie di opere, rispetto all'esposizione in un museo?
Domanda 8
Uno degli aspetti più interessanti offerti dalle nuove tecnologie, è la multimedialità.
Ci può esprimere una definizione dell'opera d'arte multimediale? Crede che con la
multimedialità stia cambiando il rapporto tra l'artista e il suo pubblico?
Risposta
Effettivamente, l'investimento multisensoriale, per così dire, è legittimato dalla
civiltà contemporanea. Prima di parlare d'arte, se prendiamo una giornata ordinaria,
troviamo parecchie fonti di informazione che ci sollecitano, differenti velocità che si
incrociano nelle strade, nell'ambiente di lavoro, creando l'incontro di mondi diversi, per
esempio del mondo virtuale col mondo del lavoro. La molteplicità dei canali che sono
presenti in un'opera multimediale, in un sito Internet, che fa uso del canale sonoro, del
canale visivo, del testo, della fotografia, corrisponde ai modi d'esperienza già propri
del mondo contemporaneo, della vita contemporanea. Dunque è già, da questo punto di
vista, perfettamente legittimata. Torniamo così a quanto abbiamo detto prima: se il
nostro modo di ricezione del mondo, se il nostro modo di percezione del mondo è
effettivamente imperniato, oggi, sulla molteplicità di canali, il modo di
rappresentazione del mondo, il lavoro delle rappresentazioni del mondo -che è la
definizione più larga che si possa dare dell'arte- legittima perfettamente l'uso delle
nuove tecnologie. Questo è il primo punto. Il secondo punto riguarda l'interattività. E'
evidente che l'uso della tastiera, l'intervento dello spettatore o del lettore nel quadro
di un'opera multimediale è molto maggiore che in passato. Ci siamo riferiti a Walter
Benjamin, ma avremmo potuto citare altrettanto bene Duchamp. Se si dovesse disegnare un
tracciato storico del XX secolo, si vedrebbe che si è passati a poco a poco, come mostra
molto bene Walter Benjamin nell'opera di cui abbiamo prima esposto gli aspetti peculiari,
da un'arte centrata su colui che produce l'opera, ad una parte sempre più attiva
accordata al fruitore, fino ad una retroazione dello spettatore sull'opera. E'
l'osservatore che crea il quadro, secondo Duchamp: questo osservatore ha assunto
un'importanza sempre crescente nel XX secolo, a partire dagli anni Sessanta, con gli
artisti della minimal art, che accordavano una parte rilevante allo spettatore, che
partecipa all'elaborazione dell'opera, al processo artistico, e che oggi trovano una
continuazione in queste opere che accordano una parte sempre crescente all'interattività
o all'intervento dello spettatore. Questo esige dal fruitore d'arte, come cittadino, di
essere sempre più attore nella società e sempre meno spettatore. Siamo passati da una
posizione contemplativa, di fronte all'opera d'arte, all'immagine che ci veniva imposta
come se fosse, in un certo senso, divina, che si poteva solo contemplare, ed era al tempo
stesso fonte del discorso e fondamento della verità, ad una partecipazione dello
spettatore, che diventa sempre più attore, così come la storia moderna, in generale, ha
trasformato il suddito in cittadino, in attore sociale.
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