INTERVISTA:
Domanda 1
Dottor Lepri, che cosa rappresenta la rete per una persona che ha dedicato gran parte
della sua vita professionale ad altri media, il giornale e le agenzie di stampa?
Risposta
Rappresenta un'affascinante nuova esperienza. Durante i miei trent'anni di direzione
dell'ANSA ho cercato sempre di essere all'avanguardia di quel processo di evoluzione
tecnologica, già in atto quando ero a capo dell'agenzia. Infatti è stata l'ANSA la prima
ad attuare sistemi di interattività preelettronica. Quando ancora non c'erano le
apparecchiature elettroniche, ma solo le vecchie preistoriche telescriventi, riuscimmo ad
attuare un sistema per cui l'abbonato poteva ricevere soltanto quello che voleva, cioè
dei settori di informazione, non necessariamente tutta l'informazione. Naturalmente la
cosa procedette appena arrivarono le apparecchiature elettroniche. Questo sistema di
interattività fu addirittura ignorato. L'ANSA è stata in assoluto la prima agenzia a
creare un archivio elettronico delle informazioni trasmesse. Quindi credo di avere le
carte in regola, di non essere stato dietro con i tempi che cambiavano, ma
all'avanguardia, cercando anzi di precedere questi cambiamenti, queste cose nuove che il
processo di evoluzione elettronica presentava.
Domanda 2
Da questo suo osservatorio privilegiato che idea si è fatto della rete e del suo futuro?
Risposta
Internet è ancora un oggetto misterioso per molti, e anche quelli che ne parlano spesso
non è che abbiano le idee molto chiare. E in realtà Internet è un mondo complesso ed
ancor oggi non si sa bene a che cosa porterà. Come è stato detto da qualcuno, Internet
è una soluzione che attende dei problemi. Il compito nostro è appunto di porre questi
problemi. Invece, c'è una certa riluttanza, un certo sospetto, una certa diffidenza, come
dimostra l'approccio prudente delle medie e grandi agenzie di informazione a Internet. E'
un atteggiamento che si può giustificare e comprendere, perché esistono dei problemi di
"copyright" e di pagamento dei servizi ricevuti. Ma, a parte questo c'è
scetticismo. Sta di fatto che, oggi come oggi, tutti parlano di Internet, ma solo qualche
agenzia inserisce in Internet la sua pagina di promozione, mentre qualcun'altra dà solo
una parte dei propri notiziari. In America c'è un'agenzia, "La société de
presse", che dà il suo materiale attraverso Internet, ma soltanto ai suoi soci.
Quindi c'è questa generale o preoccupazione o diffidenza. Questo è un errore, è una
serie di occasioni perdute. Secondo me le agenzie dovrebbero entrare a vele spiegate in
Internet come protagoniste, non come ultime arrivate.
Domanda 3
Evidentemente esiste un contratto tra le esigenze della proprietà e della valorizzazione
delle informazioni e la possibilità di distribuirle di fatto a tutti?
Risposta
Ripeto, si possono giustificare queste preoccupazioni riguardo l'aspetto finanziario di
inserire il notiziario in Internet, oltre ai problemi di "copyright". Ma che
cos'è Internet, questo grande oceano in cui ognuno può navigare? Sì, può navigare e
può anche naufragare ed affogare. Quindi sarebbe meglio che le agenzie si facessero parte
dirigente, rappresentando un poco delle regole, delle norme, in un mondo che ne è privo.
Direi anche che un aspetto simpatico di Internet è questo mondo, questa realtà in cui
nessuno comanda e nessuno proibisce. Può essere simpaticamente libertaria, sentitamente
anarchica: ma un mondo senza regole presenta il rischio di molti morti lungo la sua
strada. Quindi le agenzie di informazioni, entrando in Internet a vele spiegate e non con
timidezza, potrebbero rappresentare, stabilire delle regole, in maniera da facilitare
anche la navigazione. Le agenzie di stampa potrebbero diventare un canale obbligato per
giungere presso indirizzi sicuri e affidabili.
Domanda 4
Tutto il sistema informativo a stampa si regge sulla attendibilità delle fonti: il
sistema della rete attualmente è un sistema completamente anarchico.
Risposta
Certo, ma potrebbero essere le agenzie che, entrando in Internet ed essendo il tramite fra
l'operatore singolo e certe fonti, a garantire l'affidabilità e l'autorità di quelle
fonti. Io penso che quest'atteggiamento delle Agenzie è un po' la conseguenza di un
trauma notevole perché in realtà, fino a ieri, le agenzie d'informazione avevano
l'esclusività piena. In primo luogo, avevano l'esclusività degli organi di informazione
telematica, mentre oggi quasi tutta l'informazione è telematica; in secondo luogo, le
agenzie di informazione erano gli unici fornitori dell'informazione primaria,
dell'informazione di base. Oggi invece sono nate come i funghi intorno alle agenzie di
stampa altre fonti. Pensiamo a una fonte terribile ma affascinante, ossia la televisione
in diretta. Mi ricordo che quando ci fu la Guerra del Golfo e la CNN trasmetteva in
diretta i missili che cadevano in Israele, evidentemente quella notizia arrivava sui
tavoli dei redattori prima di arrivare alle agenzie. Ci volevano almeno cinque, sei
secondi, anche dieci, perché la notizia arrivasse via agenzia, mentre, come si dice con
un'espressione spesso abusata "In tempo reale arrivava la caduta del missile".
Quindi questo fu il primo choc: la CNN, la televisione in diretta era più rapida delle
agenzie. Poi ci sono tutti questi neonati "service providers", che danno
informazioni. Alcuni sono affidabili, altri meno, però sta di fatto che sono fonti di
informazione. Inoltre ci sono gli stessi siti di Internet, che possono diventare delle
fonti, anche se non sono sempre autorevoli. Faccio un esempio: Sarajevo sotto
bombardamento. Naturalmente non ci sono fonti di informazione delle agenzie, solamente i
giornali. Navigando in Internet, posso arrivare in un sito al quale chiedere cosa stia
succedendo a Sarajevo: anche questa è una fonte e le informazioni anche se non sono
sicure al cento per cento, sono tali da poterle usare, tuttavia con molta prudenza.
Domanda 5
A questo punto quale futuro prevede per i quotidiani? Si integreranno con le reti
telematiche, oppure saranno semplicemente assimilati?
Risposta
I quotidiani di carta rappresentano il settore più a rischio e le previsioni sono
piuttosto fosche. Ci sono dei sociologi americani che da anni parlano di una società
senza carta, quindi senza quotidiani cartacei. Io non sono così pessimista. In fondo il
quotidiano cartaceo può ancora continuare a svolgere certe funzioni, però alla luce di
un meccanismo molto semplice: l'agenzia lancia la notizia, la radio la rilancia, la
televisione la fa vedere, il giornale la spiega. Quindi a mio giudizio i quotidiani a
stampa possono sopravvivere nella misura in cui possono diventare organi di
approfondimento e di riflessione. Però a questo punto nascono due problemi. Perché i
giornali siano organi di approfondimento e di riflessione, la categoria giornalistica
avrà un suo idoneo livello culturale e professionale tale da sostenere questa grossa
responsabilità? E gli editori che ne penseranno? Si convinceranno, cosa di cui oggi non
sembrano per niente convinti, che l'allargamento del loro mercato o la salvaguardia del
loro mercato dipende non dai gadget che si mettono nel giornale, ma dal miglioramento del
livello informativo e culturale del loro giornale? Non vediamo i giornali semplicemente
come veicoli di pubblicità, contenitori di pubblicità: vediamoli anche investiti di una
funzione già presente all'interno del nuovo sistema generale dei media, che attribuisce
ai quotidiani proprio questa funzione importante per la crescita civile di una società.
Domanda 6
Insomma il rischio sarà di trovarci di fronte a una marea di informazioni che ci
sommergeranno, senza neanche avere l'attendibilità delle fonti, né uno strumento di
approfondimento utile alla comprensione?
Risposta
Umberto Eco ha già detto: "Attenzione, l'eccesso di informazione può diventare
negazione di informazione". Cioè, se l'informazione a disposizione di ognuno di noi
è enorme, ma non abbiamo gli strumenti per gestirla, per elaborarla e non abbiamo neppure
meccanismi per farne una selezione ragionata, responsabile, consapevole, ebbene, allora
arriveremo a questa drammatica o tragica conclusione. Dalla società dell'informazione
passeremo alla società della disinformazione e dell'ignoranza.
|
|