INTERVISTA:
Domanda 1
Qual è la sua definizione di ipertesto?
Risposta
Definirei l'ipertesto come qualsiasi forma di testualità - parole, immagini, suoni - che
si presenti in blocchi o lessie o unità di lettura collegati da link. Si tratta,
essenzialmente, di una forma di testo che permette al lettore di abbracciare o di
percorrere una grande quantità di informazione in modi scelti dal lettore stesso, e, nel
contempo, in modi previsti dall'autore. Se dovessi definire l'ipertesto con una o due
frasi, direi che l'ipertesto è una forma di testo composta da blocchi di
"scrittura" e immagini collegati da link, che permette una lettura multilineare:
non una lettura non lineare o non sequenziale, ma una lettura multisequenziale.
Domanda 2
Lei pensa che ci sia una totale opposizione fra ipertesto e testi lineari, oppure crede
che l'ipertesto sia una forma di generalizzazione del concetto di testo?
Risposta
Non so bene quale sia il modo giusto di affrontare questa questione. Ted Nelson sostiene
che l'ipertesto sia la forma di testo più basilare, e che la testualità lineare sia un
sottoinsieme degli ipertesti. Altri sostengono, viceversa, che l'ipertesto sia un
sottoinsieme del testo lineare e che ne sia un ampliamento. Io non so bene cosa sia vero;
certamente c'è una relazione tra queste due tipologie, ed io penso che dipenda da quali
tecnologie di informazione si usano. È chiaro che quando si comincia a scrivere un testo
strutturalmente semplice si tratta - in genere - di un testo lineare. Tuttavia, appena un
autore comincia a sviluppare registri più complessi in testi scritti a mano o stampati,
ci si ritrova a confrontarsi con cose simili a note a piè di pagina o alla glossa
ordinaria nelle Bibbie medievali, in cui si cerca di rendere possibile l'aggiunta di
ulteriori informazioni ad un testo lineare. È quasi una questione di sofisticazione! Non
si tratta tanto di una questione di semplicità del testo, quanto quasi di un
avvicinamento del testo al lettore. Con questo intendo dire che sembra del tutto ovvio che
i lettori, all'inizio, leggano soltanto in un modo più o meno lineare; a mano a mano che
diventiamo più sofisticati, tendiamo ad usare note a piè di pagina, glossari, e a
lasciare il testo che stiamo leggendo per consultarne un altro, e poi tornare al primo.
Questo processo è molto simile, ma non del tutto identico, all'esperienza della lettura
di un ipertesto. Naturalmente, ci sono testi che sono più ipertestuali di altri. I testi
scolastici che contengono note a piè di pagina o in fondo al libro, o glossari, sono
molto più ipertestuali di un semplice romanzo o di un racconto. D'altra parte, le
enciclopedie sono opere quasi del tutto ipertestuali.
Domanda 3
Abbiamo un modello di ipertesto - probabilmente quello più conosciuto dal grande pubblico
- che è il World Wide Web. Pensa che quando parliamo di ipertesto, la maggior parte delle
persone tenda a riferirsi al WWW?
Risposta
Nella nuova versione del mio libro, Hypertext 2.0, si discute molto fino a che punto il
WWW sia un vero ipertesto. Dovrei cominciare col dire che il WWW, per quanto sia
inestimabile, è, tuttavia, una forma di ipertesto molto primitiva, appiattita e ridotta.
Inoltre, ha l'effetto dannoso di abbassare le aspettative della gente, di far sì che le
persone vogliano qualcosa di molto simile alle potenzialità dei libri senza avere le
potenzialità di ciò che è elettronico. Sono diversi i motivi per i quali il WWW risulta
così noioso, ed in parte è per il modo di fare collegamenti, poiché si tratta di un
modo che comprende solo un tipo di link. Questa è la prima ragione. In secondo luogo c'è
soltanto una possibilità di collegamento dal singolo al molteplice, e molti browser WWW
permettono di utilizzare, in modo utile, solo un tipo di finestra e solo una finestra per
volta, a meno che il lettore sia molto sofisticato. In altri tipi di sistemi di ipertesto
- Storyspace, Intermedia, Microcosm, Sepia - alcuni scrivono con una tecnica simile al
collage, fanno esperimenti con forme di discussione, con l'uso di immagini e colori nei
modi più diversi. Il WWW tende ad annullare tutto questo. Posso riportare un esempio: se
io lavoro con uno di questi sistemi ed uso le modalità OVERVIEW o HOMEPAGE, posso
collegarmi a un documento che funge da contenitore generale, e poi attivare
automaticamente, da questo, i link specifici. Supponiamo che io abbia un titolo:
"relazioni letterarie"; se parlo di opere di Henry James o James Joyce o di
Giovanni Boccaccio, io posso, allora, collegare al titolo "relazioni letterarie"
molti oggetti diversi, molti argomenti diversi. Ma in WWW si deve fare un link semplice,
e, poi, manualmente, aggiungere ogni singolo link ogni volta che arriva un nuovo
documento. Sebbene il WWW sia considerato molto dinamico, tuttavia, lo è in maniera molto
regressiva, poiché obbliga le persone a passare molto tempo ad aggiungere le cose
manualmente. Per questa ragione molti link muoiono: il sistema è inadeguato. Un'altra
caratteristica che manca nel WWW è un tipo di ipergrafico dinamico. Si tratta di un
dispositivo che si attiva quando un lettore apre un link; tale dispositivo comunica al
lettore dove lui o lei possono andare dopo. In sistemi che hanno dispositivi come questo,
quali Storyspace, Intermedia, Microcosm, il lettore non si perde mai; si è sempre
orientati, perché non soltanto si sa dove si può tornare, ma si conoscono anche i modi
per andare avanti, e si ha quello che Mark Bernstein chiama "airlock": prima di
cadere nell'oscurità, un dispositivo ci permetterà di sapere dove siamo e dove si può
andare. Il WWW per il momento non possiede nessuna di queste caratteristiche. Tuttavia, il
WWW ha avuto un'importanza enorme, e questo per due ragioni: la prima consiste nella
gratuità dell'uso; la seconda, nel fatto che il WWW offre, comunque, una certa idea
dell'ipertesto. Ted Nelson parla di "docuverse": tutti i documenti del mondo
potrebbero, potenzialmente, essere collegati. Per quanto mi riguarda, il WWW è per
Internet quello che il programma Hypercard è stato per i personal computer: Hypercard ha
a che vedere con il momento dell'informatica legato al singolo personal computer, mentre
il WWW ha a che vedere col personal computer collegato ad Internet. In entrambi i casi,
tuttavia, l'utente adopera il sistema come un software praticamente gratuito ed è
stimolato a volere molto di più. Si potrebbe sostenere che da Hypercard è venuto il WWW,
e forse dal WWW avremo una forma di ipertesto più ricca, accessibile a molti.
Domanda 4
Lei ha parlato di Storyspace. Può essere interessante delinearne la storia: come si è
sviluppato, ed anche come continuerà a svilupparsi.
Risposta
Storyspace fu inizialmente ideato da un gruppo molto interessante, composto di tre
persone: John Smith era un famoso professore di informatica negli USA; Jay Bolter, un
classicista, da allora è diventato un teorico molto importante della tecnologia
dell'informazione; è l'autore di Turing's Man e di Writing Space. Infine, Michael Joyce,
che è forse il romanziere e narratore di ipertesti più importante al mondo, certamente
il primo scrittore di ipertesti di alto livello. Essi progettarono una specie di ambiente
di scrittura che avrebbe consentito di realizzare esperimenti nello spazio elettronico.
All'epoca chiamarono questo progetto "l'Intermedia dei poveri", nel senso che ha
molte delle caratteristiche del grande sistema Intermedia senza averne il prezzo elevato.
È un sistema autonomo, si usa essenzialmente con una sola macchina, anche se quest'ultima
può essere messa in rete; non funziona, tuttavia, come un vero ipertesto di rete: se io
opero un cambiamento con la mia macchina su un ipertesto non lo si vede finché non salvo
il documento e lo copio in ogni macchina, o lo distribuisco ad ogni macchina. Si tratta di
un ipertesto non simultaneo, se confrontato con un vero ipertesto in tempo reale o
simultaneo. Che cosa ha di buono Storyspace? Anzitutto, è molto facile creare i link,
poiché non è necessario programmare niente. Inoltre, funziona con un'interfaccia
grafica. In altre parole, se si vuole fare un link, si può usare il mouse per evidenziare
una parola o una frase, si preme un tasto, poi si preme di nuovo dove si vuole che arrivi
il link. Si può allora dargli un nome; si possono avere vari link contemporaneamente, e
quando si selezionano, appare un menu che si forma automaticamente. In questo modo gran
parte del lavoro è già svolto in modo automatico, ed è molto facile riconfigurare i
link, cancellarli, rinominarli e così via. Ciò verrà reso superfluo, annientato dal
WWW? Fino ad un certo punto, la risposta è affermativa, dal momento che molti di coloro
che potrebbero voler usare un sistema come Toolbook, Storyspace, Intermedia, possono avere
accesso alla rete Web. Durante i corsi di teoria letteraria e ipertesti ho scoperto che
gli studenti che hanno usato Storyspace trovano molto frustrante lavorare nel Web; essi
vedono la rete come una versione dell'ipertesto molto restrittiva e la ritengono molto
"stupida"; ciò riduce il loro desiderio di scrivere nel WWW. Eppure molte
persone si imbatteranno nella rete; quale vantaggio, allora, può avere Storyspace?
Ebbene, per le persone che stanno imparando a farlo ha due pregi importanti; il primo
consiste nella facilità di fare link e creare un modello di rete più vasto. Molti dei
siti Web letterari e culturali che sono stati creati originariamente in America si basano
su Storyspace che li esporta, a sua volta, in HTLM; vale a dire che si può prima
realizzare un ipertesto in Storyspace e poi perfezionarlo, se si vuole. Il secondo grande
vantaggio di Storyspace è che offre una visione molto più ampia e completa
dell'ipertesto che si sta realizzando. Qual è il suo futuro, io non so dirlo. Immagino
che tutti i sistemi di ipertesto attuali saranno limitati per il fatto che operano negli
ambienti informatici di oggi. Nei prossimi tre-cinque anni prevedo che tutti i sistemi
operativi che abbiamo ora, che siano del tipo MacOS o del tipo Windows, dovranno evolversi
verso qualcosa che integri in maniera più efficiente Internet, cioè verso il cosiddetto
"docuverse", con le capacità della macchina indipendente. Ci sono già molti
ambienti informatici che funzionano in questo modo; il britannico Microcosm e l'americano
Dynatext sono entrambi esempi di sistemi di documenti che hanno una forma di ipertesto in
cui ciò che si fa sulla propria macchina si riflette nel modo in cui si vede il WWW. In
altre parole, si potrebbe aprire un documento di qualcun altro in Dynatext e inserire i
propri link nel documento di qualcun altro (la stessa cosa vale per quello che si può
fare con Microcosm). È un po' un fondersi del sé con l'altro senza fare connessioni. È
un modo quasi automatico di creare comunità del sapere digitali, virtuali.
Domanda 5
Parliamo ora della nuova versione del suo libro, Hypertext 2.0. Può dirci quali sono le
differenze principali fra questa nuova edizione e la prima edizione del libro, quali sono
i punti che ha cambiato o sviluppato nella sua esposizione?
Risposta
Hypertext 2.0 ha cercato di andare di pari passo con ciò che accade nell'ipertesto e
nella cultura digitale... è come tentare di colpire un bersaglio mobile quando il
bersaglio si muove a grande velocità. Naturalmente, la cosa più importante che si deve
considerare è la questione del tipo di rapporto esistente tra il WWW e l'ipertesto vero e
proprio. Il primo capitolo è stato diviso in due nuovi capitoli; c'è ancora il tentativo
di mostrare una convergenza tra forme diverse di ipertesto e l'attuale teoria critica, la
teoria del postmodernismo e il poststrutturalismo. La nuova parte cerca, tuttavia, di
considerare una vasta gamma di sistemi di ipertesto dal WWW agli altri, come Dynatext,
Storyspace, Sepia o HyperG, mostrando come ciascuno sia, in un certo senso, generato - se
si può chiamare così qualcosa che è immateriale - dalle teorie dell'ipertesto. Ogni
capitolo, in realtà ogni pagina, è stato cambiato, perché piuttosto che fare ampi
riferimenti a Intermedia ho cercato di riferirmi ad un più generico medium di ipertesto
e, successivamente, di riferirmi a sistemi specifici via via che andavo avanti. Inoltre,
sono state aggiunte nuove parti sulla teoria della letteratura; c'è una nuova sezione su
Deleuze e Guattari e i Plateaux e l'idea di rizoma e dell'ipertesto come scrittura
rizomatica. Sono state aggiunte le sezioni sull'insegnamento, poiché il mio modo di usare
l'ipertesto nell'insegnamento è cambiato e perché è passato dall'ipertesto puramente
informativo, molto strutturato, alle applicazioni dell'ipertesto, che mettono in risalto
il fatto che gli studenti devono inventare nuove forme di scrittura per l'ambiente
elettronico. Allo stesso modo, il capitolo sulla narrativa e sulla poesia ipertestuali è
molto più lungo, perché ora si hanno molti più esempi di grandissima narrativa
ipertestuale di quando ne scrissi in precedenza. C'è un capitolo del tutto nuovo sulla
scrittura per l'ambiente elettronico che riassume quanto sono riuscito a concludere sulla
stilistica e sulla retorica degli ipermedia. Inoltre, c'è del nuovo materiale nella
sezione sulla politica degli ipermedia, in cui introduco alcune questioni che sono state
sollevate rispetto WWW: parlo della censura e della mia idea che la maggior parte delle
questioni che sono state sollevate sulla censura siano, in realtà, questioni economiche e
non riguardino assolutamente la salvaguardia della morale.
Domanda 6
Per quanto riguarda la critica letteraria moderna, la teoria dell'ipertesto appare
collegata con l'approccio decostruzionista allo studio dei testi. D'altra parte, dal punto
di vista formale l'ipertesto sembra essere qualcosa di fortemente strutturato. Cosa ne
pensa della relazione fra ipertesto e decostruzionismo?
Risposta
Cercando una relazione fra ipertesto, strutturalismo e costruttivismo, bisogna ricordare
che ci sono varie modalità e generi di ipertesto proprio come ci sono diverse modalità e
generi di scrittura e di stampa. Certamente, quando si considera una enciclopedia, un
manuale di consultazione, un compendio di ingegneria, essi appaiono testi estremamente
strutturati, e si vorrebbe impedire a chiunque di aggiungere qualcosa o di cambiare il
testo; non si vuole che il manuale per riparare l'aereo su cui si vola sia aborracciato da
un amatore. D'altra parte, l'ipertesto didattico e l'ipertesto creativo tendono a variare
nel loro grado di strutturazione. Michael Joyce, lo scrittore di romanzi ipertestuali,
osservò, diversi anni fa, in un articolo importante, che ci sono due tipi di ipertesto:
l'ipertesto in cui si scoprono delle cose e l'ipertesto che si costruisce. Per una teoria
dell'ipertesto, possiamo dire che esso viene soltanto letto e il materiale - come in una
enciclopedia - è già lì, ma i lettori si creano la loro propria esperienza basata sulle
scelte personali. Questo è un modo di considerare la questione. Un altro modo è: dipende
da quanto è grande la rete, da quanto è ampia. Se si parla di un'enciclopedia di
cultura, di storia dell'arte o di un dizionario in forma elettronica, o si parla solo del
dizionario, esso è qualcosa di perfettamente strutturato. Ma se quel dizionario è
inserito nel WWW, e chiunque può imbattersi in un elemento di quel dizionario usando un
motore di ricerca o un link, allora, lo stesso documento diventa molto meno strutturato
perché può essere usato in vari modi. Ci sono diverse forme di ipertesto. Se si guarda
alla loro genesi, una forma di ipertesto è originariamente creata per la stampa in volumi
separati; un'altra forma di ipertesto è quello creato per un ambiente elettronico.
Ciascuno di essi porta le tracce di come devono essere usati e di come sono stati usati in
passato. Una domanda può essere: che cosa avviene nella strutturazione quando un
documento, una unità di lettura può avere molte funzioni? A questa domanda risponderò
con un esempio, considerando un'edizione a stampa o un piccolissimo ipertesto di un lavoro
didattico, o anche un'opera creativa; un brano di Dante: se si guarda il brano e si trova
un riferimento a Sant'Agostino, in un libro si potrebbe avere una nota a piè di pagina.
Si potrebbe anche avere l'equivalente di una nota a piè di pagina nel WWW. Poiché la
lunghezza è molto diversa, e nel formato elettronico diverse sono le risorse, ciò che
deve essere una piccola nota a piè di pagina nella stampa, nel WWW o in un altro sistema
di ipertesto potrebbe essere un intero saggio. Ora: la questione è che il saggio potrebbe
essere il documento principale e Dante potrebbe funzionare come nota a piè di pagina,
oppure Dante potrebbe essere il documento principale e quel saggio potrebbe essere la nota
a piè di pagina. Quello stesso saggio può, in realtà, essere collegato a qualcosa su
Sant'Agostino. Attualmente sembra che ci sia un contrasto tra gerarchie accuratamente
strutturate e ciò che avviene nei testi nel WWW. Penso che le persone che lavorano con
SGML e le teorie delle strutture del testo debbano creare forme dinamiche di
strutturazione dei testi in modo che queste strutture solide esistano e allo stesso tempo
si modifichino mentre vengono lette in contesti diversi. Lei mi ha posto la domanda sulla
relazione con la critica letteraria. Dal mio punto di vista non c'è molto collegamento
tra l'ipertesto e lo strutturalismo, viceversa, credo che i collegamenti siano fra
l'ipertesto e il poststrutturalismo. Ma, di nuovo, una delle cose che Jacques Derrida - il
"padre" del poststrutturalismo - ci insegna, è che non serve a nulla fare
opposizioni nette, opposizioni binarie; perciò, non si possono realmente giustapporre,
opporre diametralmente, testo stampato ed ipertesto, o testo stampato e testo digitale e
considerarli come bianco e nero, come due cose opposte, poiché esse si compenetrano. Si
tratta, in realtà, di un modo di pensare in termini di spettri, che in certe aree di
interattività - delle nozioni del sé, della proprietà intellettuale,
dell'impermeabilità - i testi stampati esistono ad un'estremità dello spettro e un po'
più in là abbiamo l'ipertesto. Il testo digitale si trova a metà strada. Non si può
pensare ad opposizioni assolute, non ha molto senso.
Domanda 7
Sembra, dalla sua esposizione, che Lei abbia una concezione dell'ipertesto in cui molto
importante è la possibilità di cambiare dinamicamente la struttura stessa del testo; in
altre parole, molto importante risulta la possibilità di collaborare. In questa
prospettiva, che ne è dell'autore?
Risposta
La nostra sensazione che l'autore sia diverso in un ambiente elettronico è assolutamente
giusta, perché penso che le nostre nozioni di autorialità, il nostro timore della
collaborazione, molte delle nostre concezioni sul diritto d'autore e la proprietà
dell'autore derivino direttamente dal mondo della stampa. Era necessario dare agli
editori, ai librai e agli autori i mezzi per sopravvivere economicamente - molti dei primi
editori fallirono - perciò abbiamo sviluppato un concetto di proprietà dell'autore.
Affermiamo questo forte concetto di professione dello scrittore per il quale,
essenzialmente, ciò che si suppone che gli autori facciano è creare qualcosa dal nulla.
In questa prospettiva, hanno molto più senso sia l'idea del poststrutturalismo sia l'idea
medievale, che ritiene l'unico vero creatore Dio; in base a tale concezione gli esseri
umani combinano le cose tra loro e basta. Il concetto dell'autore "forte" ha
molto senso se si pensa che il nostro paradigma sia un libro, ma con il libro elettronico
tale concezione non funziona altrettanto bene. Proviamo a pensare che il nostro paradigma
sia non il libro ma la biblioteca: ogni autore ha solo in parte voce in capitolo nella
biblioteca; e non ci stupiamo che io scriva un libro, lo pubblichi, che il libro venga
messo in biblioteca e poi un mese più tardi appaia un altro libro. Questo è ciò che, in
realtà, accade continuamente in un ambiente elettronico; e una volta che si sposta il
proprio paradigma per pensare ad una biblioteca anziché al singolo libro, il concetto di
un controllo condiviso di tutte le idee che arrivano in uno spazio intellettuale non è
affatto sorprendente, perché questo è quello che succede. Se si osserva la sezione delle
recensioni dei libri, si noterà che le idee cambiano appena si aggiungono nuove idee. Per
tale ragione io penso che ciò che dobbiamo fare sia modificare il nostro pensiero, in
modo da guardare alle biblioteche elettroniche come ad un mezzo per affrontare questa
crisi della cultura, per non vederla più come il singolo documento o il singolo libro.
Quando si pensa al modo in cui i libri sono effettivamente scritti, naturalmente siamo
molto più vicini ai film. Il mio editore ha molto da dire, e anche il grafico; tutte le
persone che hanno contribuito alle mie idee dovrebbero partecipare. E come ho mostrato in
tutte e due le versioni del mio libro, nelle scienze, il concetto di autorialità è molto
diverso da quello che c'è negli studi umanistici. Io credo che siano le condizioni
economiche diverse che hanno regolato il criterio di qual è l'autore forte e l'autore
debole. Se in medicina uno possiede un laboratorio e ottiene finanziamenti per il
laboratorio, il suo nome va sui documenti che sono scritti in quel laboratorio. Se uno
conduce la parte principale di un esperimento, in molte scienze, il suo nome è scritto su
tutti i documenti che vanno sotto quella rubrica. Nelle materie letterarie io posso dare
ai miei studenti i miei appunti, potrei dare alle persone quadri che ho collezionato che
sono molto difficili da trovare, posso dar loro manoscritti e, se sono fortunato, mi
ringrazieranno nella prefazione per essere stato d'aiuto. Se ciò avvenisse nelle scienze,
sarei considerato il co-autore. Questo mi è successo molte volte: ho fatto pubblicazioni
in riviste scientifiche o in riviste e qualcuno ha detto: "Abbiamo messo il tuo nome
sulla rivista", e ho scoperto che avevo scritto qualcosa. Evidentemente è una
questione di definizione culturale e di decisione economica per le quali ci siamo abituati
a un determinato concetto dell'autore forte; ciò è stato necessario fino ad ora, ma
penso che falsifichi la realtà in molti modi. In un bellissimo libro scritto da un
signore che si chiama James Boyle sulla legge e Internet, l'autore osserva che i problemi
dell'Occidente col Terzo Mondo spesso nascono dai concetti di Copyright basati sul nostro
concetto dell'autore forte. Una tribù o un gruppo di persone, per esempio, non possono
avere il copyright su nulla, poiché tutto ciò che creano è qualcosa di dominio
pubblico. Quindi, se uno scienziato occidentale va in qualche comunità rurale e prende il
grano che quei contadini hanno selezionato in millenni e che è resistente alla muffa e
alla putrefazione, lo porta a casa, opera delle piccole modifiche, lo scienziato può
prendersi il copyright su quello. Adesso il contadino deve pagare per il seme a cui lui ha
contribuito per il 99 per cento; gli agricoltori pensano che gli è stato rubato il
lavoro; la ditta che produce i semi pensa che essi gli vengono rubati, e questo perché si
ha un'idea diversa dell'autore forte. L'autore forte è la comunità oppure è
l'individuo, che secondo la definizione del sé della società occidentale può essere una
ditta? Questo è un caso in cui entrambe le definizioni hanno un senso; entrambe
provengono da culture diverse e stanno causando moltissime privazioni e incomprensioni.
Penso che dovremmo avere una maggiore autocoscienza delle nostre idee di autorialità
prima di poter decidere cosa ne vogliamo fare.
Domanda 8
D'altro canto, sembra che l'autore che non è più forte senta ancora l'esigenza di un
messaggio forte: in genere c'è un messaggio preciso che l'autore vuol trasmettere,
specialmente nelle scienze umane. Come può, quest'ultimo, mantenere la possibilità di
trasmettere un messaggio forte in un contesto in cui egli stesso non è più un autore
forte, "tradizionale"?
Risposta
Penso che ci siano modi in cui l'autore può mantenere la voce unitaria, se questo è
quello che l'autore vuole. Di nuovo, si ritorna alla differenza tra il paradigma del libro
e della biblioteca: se un individuo vuole mantenere l'isolamento della voce o la potenza
della singola voce, si deve creare una zona di isolamento intorno a quella voce. In altri
termini, le persone che stanno scrivendo in ambienti multivocali, complessi, devono
sviluppare una retorica e una politica della voce forte, e questo è abbastanza possibile.
D'altro canto, per quanto riguarda la versione elettronica del mio libro, penso che si
possa affermare che esso contiene una voce forte che lo percorre; ha un tono molto
caratteristico, una specifica scelta degli argomenti; nella cultura della stampa, tale
specificità è la mia voce. Quando io ne ho fatto un libro elettronico, vi abbiamo
allegato molte voci di altre persone. Lei potrebbe sostenere, come penso anch'io, che ho
perso il controllo sul discorso perché abbiamo creato una biblioteca elettronica in
miniatura. Se non le piacciono le mie teorie o le mie opinioni su Barthes o su Derrida o i
critici marxiani, può seguire quelle di qualcun altro. In questa direzione la questione
diventa: come posso assicurarmi che Lei mantenga la sua voce o la mia voce? Una cosa da
fare è di rendere ben chiaro al lettore dove comincia il mio testo e dove quello di
qualcun altro comincia, si interrompe e riprende. Dove sono i confini? Dobbiamo avere una
retorica, in altri termini, dei confini e dei limiti del documento. Questo si mette in
atto spesso nel WWW attraverso la creazione di uno stile unitario all'interno di un sito,
ad esempio attraverso l'uso di colori di sfondo, o di immagini nell'intestazione o nel
piè di pagina dei documenti; in questo modo, una volta che Lei lascia il mio documento sa
che ha trovato qualcos'altro, e quando torna indietro sa dov'è. In altri termini, per
concludere, penso che sia ben possibile mantenere la voce unitaria se questo è ciò che
si vuole fare. Tuttavia, non si devono dimenticare i vantaggi dell'espressione
multivocale: lo stesso testo può essere letto in diversi modi. Penso che molti autori
desidererebbero avere l'espressione multivocale allo stesso modo in cui molti altri
desiderano avere i loro libri nelle biblioteche accanto a quelli di persone da cui
discordano, purché i loro libri possano essere letti almeno una volta così come vogliono
loro. Nella forma elettronica si potrebbe dare la facoltà al lettore di scegliere in che
modo leggere il libro; dovrebbe essere altresì possibile consentire che si legga il libro
in maniera isolata: si tratta, si, di un ipertesto, ma la prima volta si legge solo
attraverso quello che ha scritto l'autore; soltanto dopo si apriranno i nuovi link.
Domanda 9
C'è una differenza nel modo in cui lei esprime la sua voce, la sua opinione, la sua
posizione in particolare nello svolgere un'argomentazione - quando scrive in forma
lineare in un libro standard rispetto alla scrittura in forma ipertestuale?
Risposta
Penso che ci siano sia un tono diverso che un insieme diverso di strategie o tecniche
caratteristiche nel testo stampato rispetto al testo digitale, in particolare
all'ipertesto. La possibilità di fare link permette sia al lettore sia all'autore di
imbattersi negli argomenti in ordine diverso. Molte volte, mentre parlo con lei, dico che
ci sono tre modi per fare qualcosa, ma questi tre modi sono solo una questione di
numerazione, non c'è un vero crescendo. "Tre" non è per forza più importante
di "uno". Ci hanno, però, insegnato in retorica, che quando si scrive si deve
cercare di costruire un crescendo. Se si scrive per il mezzo elettronico, che consente
ramificazioni, basta informare il lettore che ci sono degli argomenti; il lettore può
voler guardare alcuni argomenti ma non altri, può semplicemente accettare quello che
l'autore dice e non voler approfondire troppo (è anche possibile che la documentazione a
sostegno di una tesi si arricchisca e conduca sempre più lontano dall'argomento
principale, se è questo che interessa al lettore). Si può, quindi, assottigliare il
proprio discorso allo stesso modo in cui le persone scrivono libri, e dare le informazioni
a richiesta. L'altra possibilità è che se ci si collega alle idee di altre persone o ad
altre versioni del proprio lavoro precedente - alle altre parti di sé -, si può cambiare
tono di molto. Penso, inoltre, che le persone usino le citazioni o le informazioni in
maniera assai diversa. Una delle cose che si impara quando si scrive un libro è che se si
cita da qualcun altro, se si cita troppo, si appare dipendenti dall'altra persona; il modo
per dominare il testo di un altro, dunque, è di riassumerlo in termini propri e citare
parti molto brevi; si può citare una volta e poi farvi riferimento con una frase chiave o
un riassunto. Ma nell'operare un'analisi di un passo di Giovanni Boccaccio o di Dante
Alighieri o di James Joyce o di Thomas Mann, si può voler avere un lungo brano, troppo
lungo per poterlo citare nel testo; allora vi si fa un semplicemente riferimento e ci si
collega ad esso con un link e il lettore lo può riprendere molte volte nel discorso.
Quando si ha a che vedere non con fonti primarie ma con lavori di altri studiosi, mi
sembra più onesto trascrivere un lungo brano del testo in modo bachtiniano: lasciamo che
il testo parli per sé piuttosto che cercare di dominarlo. Questa operazione crea un tono
molto diverso, quasi più umile, perché si lascia che l'altra persona esprima la sua
opinione lasciando che il testo acquisti una maggiore presenza. Queste che ho elencato
sono tre differenze importanti. Un quarto tipo di differenza nell'argomentazione è che
penso si possano usare le immagini molto più spesso perché è più economico, in termini
di risorse, usare le immagini in un ambiente ipertestuale. Se si fa riferimento ai testi
si può, come ho detto, collegarvisi tramite un link; allo stesso modo si fa riferimento
alle immagini: si può inserire un link che colleghi all'immagine in modi che sarebbero
troppo complessi in un testo.
Domanda 10
Come usa i nuovi media e gli ipertesti nella sua attività di insegnante?
Risposta
Ci sono tre modi in cui io ho usato e continuo ad usare l'ipertesto nell'insegnamento. Il
primo è come grande biblioteca elettronica o strumento di riferimento attraverso cui gli
studenti possono contestualizzare una determinata opera o fenomeno letterario e scoprire
cosa succedeva nella società, nella teoria politica, nella critica letteraria,
nell'economia, a quel tempo. Il secondo modo è quello di usare l'ipertesto nella sua
forma più dinamica come un ambiente di lavoro collaborativo che cambia continuamente;
ogni studente può aggiungere il proprio testo alla biblioteca elettronica, cosicché gli
studenti diventano automaticamente parte del testo. Ci si ritrova, in questo modo, ad aver
creato una specie di appendice riassuntiva del corso. Certi corsi - quelli che in America
chiamiamo "course", ovvero una serie di conferenze - riuniscono attorno a sé
persone che, magari, si sono laureate una decina d'anni prima ma fanno ancora parte del
seminario. Si può, infine, usare l'ipertesto nell'insegnamento per sviluppare modi di
scrittura, moduli retorici, per imparare come argomentare e come scrivere sia una prosa
creativa e discorsiva nell'ambiente elettronico, sia in maniera ipertestuale ma facendo
riferimento ad altre forme di testo digitale. Ci sono molti testi digitali nel WWW che non
sono propriamente ipertestuali; c'è narrativa ipertestuale nella rete e c'è una
narrativa digitale vera e propria che consiste in lunghissime sequenze di testo con
animazioni, suoni e colori che non si potrebbero avere in un libro ma che, tuttavia, non
hanno le ramificazioni proprie dell'ipertesto.
Domanda 11
Abbiamo in progetto una serie di video e libri per le scuole, e sarebbe interessante
ascoltare i Suoi suggerimenti pratici. Quale può essere il suo consiglio pratico ad un
professore che ha la possibilità di usare i nuovi media?
Risposta
Gli studenti devono cominciare ad usare i nuovi media molto giovani, dunque durante il
corso di studi che precede l'università. Ma, di nuovo, quando parlo dei nuovi media, mi
interessa, nel complesso, l'ipertesto come immagine testuale più che come immagini in
movimento. Michael Joyce, il teorico dell'ipertesto, programmatore e scrittore di
ipertesti narrativi, ha sostenuto varie volte che l'ipertesto è la vendetta del testo
sulla televisione. Io penso che molti dei nuovi media cerchino, in realtà, di tenere
sotto controllo quella modalità di trasmissione, mentre il grande valore educativo
dell'ipertesto sta nell'offrire a chi impara ciò che desidera imparare quando vuole
impararlo; esso è rivolto a chi impara. L'ipertesto didattico e le cose migliori dei
nuovi media didattici sono ambienti di apprendimento, non di insegnamento. Questo tipo di
attivazione dello studente in maniera costruttiva deve predominare se vuole essere
efficiente! Non penso, inoltre, che il video, la trasmissione televisiva siano il sistema
più efficiente per far apprendere, poiché immettono gli studenti nelle stesse vecchie
grandi aule per ascoltare qualcuno che - per quanto brillante sia - parla loro
dall'alto'. Certo, ascoltare è importante e necessario, ma è molto più importante
se lo studente agisce per ottenere un risultato; si impara molto di più quando si fa
qualcosa. Una cosa che ho scoperto è che gli studenti scrivono molto meglio quando sanno
che stanno scrivendo per un altro lettore; appena vengono a conoscenza del fatto che il
loro lavoro verrà letto da altri studenti o da persone in altre parti del mondo, vi
tornano sopra per migliorarlo. Questo è un esempio di conseguenza positiva, involontaria
dello scrivere per un ambiente collegato in rete. L'abitudine di pensare ad un modello di
trasmissione televisiva come ad una cosa suprema è molto pericoloso per i nuovi media.
Stiamo parlando di cose come la push technology, per la quale uno accende il proprio
computer collegato a WWW e questo diventa una specie di televisore attraverso cui gli
vengono "lanciate" le informazioni. Penso che ci sia sempre bisogno della
televisione; tuttavia, per quanto riguarda l'insegnamento penso che sia necessario che gli
studenti facciano scelte e guidino questi media. Ciò non significa che questi ultimi si
debbano limitare a giocherellare senza scopo, viceversa, devono avere dei compiti che li
rendano attivi, sia per scoprire sia per produrre conoscenza. Le persone non vanno in
biblioteca e non usano materiale didattico ed educativo senza scopo, lo fanno perché
hanno da svolgere un compito o hanno uno scopo o vogliono imparare qualcosa.
Domanda 12
E la narrativa ipertestuale?
Risposta
La narrativa ipertestuale è nuova, e se si guarda il rapporto tra la narrativa
ipertestuale e la novità del mezzo, è stupefacente come essa progredisca. Tuttavia,
ancora non si può dire quale sia il grande romanzo ipertestuale, siamo solo agli inizi.
Ci sono opere che ritengo molto importanti, come Afternoon di Michael Joyce; si tratta di
un grande modello modernista. L'autore mette l'accento non tanto sulla scelta del lettore
ma sul modo in cui il romanziere ipertestuale può usare diverse ramificazioni per
permettere al lettore di costruire molte storie, di ognuna delle quali può avere il
controllo; in realtà, si può diventare ancor più che autore, più che un autore forte,
se è così che si vuol lavorare. Carolyn Guyer, in Quibbling, è uno di quegli autori che
permettono al lettore di muoversi nei singoli documenti come il lettore vuole, e non solo
di seguire i link; si può andare ad una cartina e seguire qualcosa a cui si è già
interessati. A mio avviso l'ipertesto più interessante finora è Patchwork Girl, di
Shelly Jackson; si tratta di un romanzo "Storyspace" che può essere letto sia
in ambiente Windows che Macintosh (meglio in Macintosh perché contiene più funzioni).
Racconta la storia di un mostro, Frankenstein donna, che nel romanzo di Mary Shelley non
è mai compiuta, ma in questa storia ha vissuto fino ad avere 180 anni: è alta due metri
e dieci, gode di ottima salute. La costruzione del suo corpo attraverso la storia diventa
un paradigma del nostro modo di costruire il gender, di costruire l'identità, e del
nostro modo di leggere ogni testo. Come molti degli ipertesti di adesso, è molto
autoreferenziale, postmoderno; è un testo serio e allo stesso tempo molto divertente.
L'autrice usa il pastiche e il collage, e il lettore deve stabilire i significati egli
stesso. Si possono anche prendere molte strade diverse lungo la stessa storia e trovare
un'estetica; ciò significa che se uno arriva alla stessa unità di lettura da un punto di
vista diverso, questa deve funzionare con un diverso inizio e una diversa fine. Robert
Coover, uno dei grandi sostenitori dell'ipertesto, sostiene che, forse, l'ipertesto è
più un mezzo poetico che narrativo. Certamente, molte delle opere che si vedono
funzionano secondo vari tipi di rimandi, echi e metafore, ed è ben possibile considerarle
poetiche. L'ipertesto è forse una forma narrativa poetica, un romanzo lirico o una vera e
propria forma lirica. Ci possono essere momenti molto intensi e scene d'atmosfera, ma di
rado si ha una climax potente, e ciò risulta strano, ovviamente, solo se si ha in mente
il romanzo dell'Ottocento. Se si pensa al Decamerone o alla narrativa giapponese antica o
contemporanea, appare come un modo pienamente accettabile di costruire storie piuttosto
che una singola storia. Se si guarda all'era della scrittura e della lettura ad alta voce,
si ha il romanzo cavalleresco; se si guarda all'era della stampa, si ha il romanzo. La
domanda è: come sarà l'era della scrittura digitale? Potrebbe essere l'era della
narrativa ipertestuale, ma la narrativa prende una forma piuttosto nuova e non assomiglia
al romanzo così come lo conosciamo. Il testo può essere più frammentario, può essere
più ricco, può essere a più voci. Ma pensiamo alla differenza tra la versione
cinematografica di un romanzo che ha successo e il romanzo originario: se hanno veramente
successo, sono opere diverse perché il mezzo è diverso.
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