INTERVISTA:
Domanda 1
Le scuole italiane o straniere saranno, presto o tardi, cablate con accessi a Internet e
le loro aule saranno dotate di computer. Dovremo formare una nuova classe di insegnanti?
Come va affrontato questo problema?
Risposta
In una certa misura sì, anche se la figura dell'insegnante, seppure modificata, rimarrà
centrale nel processo formativo. Il fatto da cui bisogna partire è che le nuove
tecnologie permettono molte forme di auto-apprendimento: non solo gli studenti
universitari ma anche i ragazzi delle medie, perfino gli scolari del primo ciclo avranno
sempre più la possibilità di accedere a sistemi che permettono loro di scegliere i tempi
dell'apprendimento, la rapidità dell'apprendimento, in modo molto flessibile, molto agile
e anche piacevole e divertente. Dinanzi a questi strumenti che permetteranno l'accesso ai
giovani e anche ai giovanissimi a quantità sterminate di informazioni, l'insegnante avrà
molto meno il compito di dire che cosa studiare, avrà molto meno il compito di insegnare
nel senso tradizionale del termine, ma assumerà sempre più il compito di guida, di
consigliere, di facilitatore, di organizzatore per aiutare scolari e studenti ad
orizzontarsi, a muoversi con efficacia, con rapidità, con intelligenza in questo pelago
sterminato di informazioni di ogni tipo: grafiche, naturalmente testuali, musicali, che i
nuovi media mettono a loro disposizione. Questo richiederà lo sviluppo di nuove abilità
da parte degli insegnanti e anche una cognizione un poco diversa del proprio ruolo,
perché si tratta di un salto molto importante che solleva anche delle incognite e pone
delle sfide, ma che dovrà essere compiuto.
Domanda 2
La tele-educazione avrà un futuro nella scuola e nelle università?
Risposta
Io penso che la tele-educazione ha un futuro se noi lo vogliamo. Con la tele-educazione si
rischia quello che è avvenuto con il telelavoro: sembrava che milioni di persone
dovessero incamminarsi per questa strada, in realtà i telelavoratori sono poche decine di
migliaia. Il futuro occorre volerlo, occorre costruirlo. Io credo che vi siano
possibilità di grande interesse nel campo della tele-educazione, dell'insegnamento a
distanza. E anche qui il ruolo dell'insegnante può venire assai modificato perché
l'insegnante si può trovare, per così dire, fuori linea. Gli studenti, nel caso di
sistemi avanzati di insegnamento a distanza, hanno a disposizione delle classi
elettroniche, degli ambienti di apprendimento nei quali possono muoversi a loro
piacimento. Però, quando sono in difficoltà, quando hanno dei problemi, e anche durante
il giorno o durante la settimana, devono avere la possibilità di colloquiare dal vivo con
un insegnante. Questo tipo di rapporto con il docente, con le nuove tecnologie, si rivela
molto agevole, perché si può avere uno schermo relativamente grande suddiviso in molti
comparti in uno dei quali compare, su richiesta, l'insegnante. Gli insegnanti dovranno
anche sempre più usare strumenti di comunicazione elettronica, perché lo studente che
sta in un posto disagevole, che si trova lontano, può porre delle domande per via
elettronica all'insegnante che non risponderà con quel mezzo molto scomodo, in questo
caso, che è il telefono, ma gli risponderà per posta elettronica, nelle ore e nel
momento che possono andar bene per lui o per lei e per lo scolaro. Una caratteristica
importante dell'insegnamento a distanza sarà la asincronicità: non è più necessario
che tutti gli allievi, tutti gli scolari siano presenti nello stesso luogo in cui c'è
contemporaneamente anche il docente. Gli studenti possono essere distribuiti in spazi
anche molto vasti e l'insegnante sta da qualche parte dove è raggiungibile, in certi
momenti, dal vivo, attraverso sistemi di tele conferenza. E in qualunque momento può
essere il destinatario di messaggi elettronici.
Domanda 3
Queste nuove tecnologie possono aiutare in maniera determinante le fasce che attualmente
hanno più difficoltà ad inserirsi nella scuola?
Risposta
Certamente sì. La questione degli studenti disabili sicuramente è una questione
importante. Le nuove tecnologie mettono tutti sullo stesso piano anche perché esistono
tecnologie apposite per accedere ai multimedia, alle reti, studiate per i disabili. Ma un
altro vantaggio è insito nei sistemi di auto apprendimento ben costruiti e ben studiati:
anche lo studente che impara lentamente può farsi ripetere, per così dire, tre, cinque o
dieci volte la lezione che dal vivo avrebbe visto una volta soltanto. Un altro vantaggio
dell'insegnamento a distanza va sottolineato: anche supponendo che tutti i docenti siano
bravissimi, sta di fatto che fare lezione presenta degli alti e dei bassi. Inoltre, gli
studenti che sono svantaggiati dalla distanza, da viaggi più o meno lunghi e faticosi,
solo raramente possono sentirsi delle buone lezioni. Viceversa, un ambiente di
apprendimento può essere un concentrato di quanto di meglio un gruppo di docenti possa
fornire. Si riproduce in questo campo quello che si riproduce, per esempio, nella musica
digitale dove si crea il suono perfetto intervenendo quasi su ogni nota. Docenti anche
stanchi, anche demotivati o non particolarmente brillanti, ma se hanno tempo e modo di
lavorare, di costruire sistemi di apprendimento relativamente standardizzati però molto
flessibili, infaticabili, possono creare dei cicli di lezione, dei cicli di auto
apprendimento di livello assolutamente eccezionale. E questo livello eccezionale può
essere prodotto uno, dieci, cento o mille volte. Mentre, ahimè! nessuna lezione può
essere dal vivo prodotta cento o mille volte, anche se può essere, una volta,
straordinaria.
Domanda 4
A Suo avviso aumenterà il divario sociale tra chi sarà competente delle nuove tecnologie
e chi invece non avrà la possibilità di imparare ad usarle? Oppure, in qualche maniera,
i nuovi media contribuiranno a minimizzare automaticamente queste differenze?
Risposta
Se pensiamo che le disuguaglianze - questo è il termine sociologico e sociale da usare -,
si dissolveranno automaticamente in presenza delle nuove tecnologie a causa delle loro
potenzialità, commetteremmo un errore che non esiterei a definire tragico. Perché in
questo campo il processo di differenziazione, che poi diventa disuguaglianza sociale
radicata, è inesorabile. Quindi, bisogna contrastare in ogni modo e fin dall'inizio le
disuguaglianze che nascono. Nascono sui terreni più ovvi, perché lo scolaro, lo studente
che arriva in una scuola che è finalmente dotata di computer moderni, di capacità di
rete e così via, provenendo da una famiglia dove fin dalla nascita ha visto e ha giocato
con dei computer, è molto avvantaggiato rispetto allo studente che vede per la prima
volta il computer a scuola. Inoltre, lo studente che ha il computer a casa, quando esce
dalla lezione in una classe elettronica o da una lezione assistita da strumenti
multimediali (come si fa ormai in molte scuole che si stanno generalizzando nelle
università), ha la possibilità di rinforzare quelle conoscenze, quell'apprendimento, di
fare esercizio; chi non ha l'abbonamento ad Internet, chi non ha la macchina non può
farlo. Quindi, è essenziale che lo sviluppo dell'informatica nella didattica sia seguito
e sia anche corredato da interventi compensativi per quei soggetti che per qualche motivo
non possono utilizzare come gli altri queste tecnologie. Altrimenti, saremo dinanzi ad una
divisione radicale tra alfabeti tecnologici e analfabeti tecnologici, che può essere una
delle più aspre e dure che la storia abbia conosciuto. Questo vale anche per le
differenze tra paesi ricchi e paesi poveri. Le nuove tecnologie offrono possibilità
impensate ai paesi poveri: di avere, ad esempio, degli strumenti didattici di primo
ordine. Anche in paesi poverissimi dove vi sia una linea telefonica, almeno qualcuno ha la
possibilità di accedere ai grandi laboratori del mondo, alle grandi biblioteche del
mondo, ai grandi calcolatori del mondo per fare calcoli che sarebbe inimmaginabile fare
sul posto. E questo a costi bassissimi, ai costi di una telefonata urbana e poco più. Ma
ancora una volta non si può contare sugli automatismi, perché gli automatismi vorrebbero
dire gruppi più o meno grandi di privilegiati con l'accesso a Internet nei paesi più
poveri del continente nero.
Domanda 5
Il villaggio globale profetizzato da McLhuan sembrerebbe quello creato da Internet. In
realtà, alcune correnti della sociologia dicono che è un termine riduttivo e che non è
questo il villaggio globale. Lei come la pensa in proposito?
Risposta
I mezzi di comunicazione telematici, Internet e altri, contrariamente a quanto si crede,
contrariamente ai lamenti sulla solitudine del giovane dinanzi al computer, sono strumenti
di comunicazione, di socializzazione, di partecipazione molto efficaci. Permettono,
soprattutto se c'è una spinta formativa ed educativa dietro, anche a scolari e a studenti
di tutte le età di mettersi, ad esempio, in comunicazione con compagni che sono più o
meno nella loro posizione in altri paesi europei o in altri paesi posti in ogni parte del
mondo. E attraverso quei mezzi nascono progetti, nascono gruppi di lavoro, nascono
comunità, nascono amicizie, nascono affetti e così via. Anche questo è un processo che
non deve essere oggetto di euforie smodate ma che sicuramente può essere molto utile per
dare ai giovanissimi un senso di partecipazione a collettività o comunità, come vogliamo
chiamarle, che sono molto più grandi del quartiere della città, della regione o del loro
stesso paese. Un ragazzo di dieci, dodici o quattordici anni che si abitua giorno per
giorno, stando in una scuola di Roma, di Treviso o di Torino a parlare con suoi coetanei
francesi, tedeschi, americani, australiani, africani, penso che ne trarrà un senso di
relazione e di rapporto con altri esseri umani nel mondo. Significa avere una mente più
aperta rispetto alla tradizione.
Domanda 6
Molti sostengono che le nuove tecnologie, in realtà, ci impongono un volume troppo alto
di informazione con le quali noi rischiamo il rigetto. Si parla tanto di analfabetismo di
ritorno. Lei condivide questa tesi, oppure, comunque, ci sarà un adattamento naturale
dell'uomo a questo flusso di input?
Risposta
Dinanzi all'eccesso di informazioni, che sicuramente è un dato reale già presente, già
in essere oggi, e anche un rischio da molti punti di vista, ci sarà un adattamento non
tanto naturale, ma tecnologico. Oggi le informazioni che si possono ricevere attraverso
Internet, per esempio, anche soltanto nel campo bibliografico, nel campo della
consultazione di cataloghi di biblioteche, di riviste, è enorme, e se non si è veramente
molto abili si rischia di avere cento o mille volte il volume di informazioni che
sarebbero utili. Però le tecnologie, le scienze cognitive, stanno predisponendo dei mezzi
che prendono forma di programmi intelligenti ai quali io potrò dire esattamente che cosa
mi serve e anche la misura di quello che mi interessa. Esempio concreto: con l'Internet di
oggi se io chiedo, per prepararmi ad un intervento in un convegno, di indicarmi dei titoli
che parlino dei rapporti tra educazione e tecnologia dell'informazione, quel motore di
ricerca mi propone centomila titoli. Io ne posso consultare tre, quattro o cinque ma poi
lascio perdere gli altri. Domani potrò dire ad un agente intelligente, sia con la
tastiera, sia quasi certamente in voce: "cercami, per favore, non più di una decina
di libri usciti dopo l'estate del '96 che trattano dei rapporti tra educazione e
tecnologia e che non siano soltanto libri americani ma che ce ne siano anche due o tre
europei". Nel giro di qualche decina di secondi quell'agente intelligente (già se ne
stanno sperimentando molti di questo tipo), mi porterà sul video un sommario di quegli
otto o dieci libri che io ho chiesto e non l'esplosione informativa che invece rischia di
travolgerci.
Domanda 7
Ogni volta che qualche episodio di cronaca - suicidi, rapimenti o episodi di pedofilia -,
ogni volta che questi episodi coinvolgono persone che hanno a che fare con la rete si
demonizza Internet. Insomma: Internet è buona o cattiva? Oppure sono gli altri mass media
che la dipingono in una maniera o nell'altra a seconda delle occasioni?
Risposta
Rispetto all'enorme massa di materiale che gira su Internet, che equivale ad alcune
centinaia se non migliaia di volte il contenuto di tutti i quotidiani, di tutti i mass
media trasmessi ogni giorno, Internet è una sorta di convento puritano del secolo scorso.
Che ci siano dei rischi, che ci siano dei problemi non si può negare, perché non ci sono
solamente gli abusi in campo, che so, di letterature licenziose o altre cose del genere.
C'è anche una criminalità informatica che passa attraverso Internet, per questo occorre
predisporre delle misure di contrasto, di contropotere. Ma demonizzare Internet per questo
a me sembra come prendersela con qualcuno che in una riunione religiosa di gente
calmissima, improvvisamente tossisce o si lascia scappare una imprecazione. Io vorrei che
tutti i media disponibili al di fuori di Internet avessero, tutto sommato, il rapporto tra
contenuti positivi dell'informazione e contenuti sgradevoli o patologici che c'è in
Internet. Questo è un aspetto culturalmente e politicamente molto importante, perché
attraverso i rimbrotti puritani o i richiami all'ordine e alla legalità che è necessario
portare in Internet, si nascondono spesso desideri confessati o più spesso non confessati
di assoggettare questo strumento di straordinaria libertà per il mondo intero in qualche
tipo di strumento di controllo, strumento di normazione legislativa o politica. Quindi,
quando si inveisce contro Internet, attenzione: è possibile che si miri a qualche
bersaglio molto più serio. E allora io debbo dire: "Viva Internet e la sua
anarchia", perché questo è il modo in cui è cresciuta in tutto il mondo, in modo
autonomo, libero, disincantato, nel giro di pochi anni.
Domanda 8
In sintesi, dobbiamo censurare o no Internet?
Risposta
Direi proprio di no. Questo non significa che non si debba, in qualche
modo, prendere atto delle eventuali involuzioni negative di certi aspetti di Internet, non
solo per ciò che attiene alla morale, ma anche per ciò che attiene a quella che si può
chiamare criminalità su Internet. Quindi occorre sorvegliare, occorre reagire. Ma la
censura sarebbe il peggiore dei rimedi. A parte il fatto che sarebbe molto facile
aggirarla, perché le tecnologie contemporanee permettono di trasmettere migliaia di
parole in frazioni di secondo, e tra due o tre anni interi film nel giro di dieci o
quindici secondi; la censura, dunque, avrà dei problemi veramente molto ardui da
affrontare. Ma l'aspetto a cui dobbiamo porre molta attenzione è che le richieste di
censura che in un dato momento, in presenza di certe forze politiche, in presenza di un
certo governo appaiono legittime, moderate, pienamente accettabili, sei mesi, un anno,
cinque anni dopo, in presenza di diverse forze politiche, di un clima cambiato e di un
governo di impasto differente, possono diventare degli strumenti letali per la democrazia
e la libertà.
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