Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Paolo Flores D'Arcais

Napoli, (Convegno Telecom) 04-07-1997

"Politica, politici e cittadini nell'era digitale"

SOMMARIO:

  • L'idea che i nuovi strumenti della comunicazione garantiscano una partecipazione più democratica di tutti i cittadini alle scelte politiche del loro paese non è vera in senso assoluto. Infatti il problema resta quello di una gestione partitocratica della politica che continua, pur aumentando i momenti di consultazione popolare attraverso reti informatiche, ad essere guidata da chi sceglie i problemi sui quali consultare i cittadini (1).
  • Il potenziamento della pubblica amministrazione in direzione "informatica" garantisce la semplificazione e velocizzazione di molti servizi, ma non ancora un allargamento della partecipazione dei singoli alle scelte collettive. Sicuramente ha le potenzialità per farlo, ma ci vorrà del tempo (2).
  • I media hanno trasformato notevolmente il modo di fare politica e di proporsi di chi si candida ad essere eletto: questo è già avvenuto con la TV e non si può che immaginare che sarà così anche con Internet (3).

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INTERVISTA:

Domanda 1
In futuro, grazie a Internet, si prospettano delle novità: si pensa che i cittadini potranno influire sulle decisioni dei governanti e dare molto più spesso il loro parere. Dunque, si sostiene che si procede verso una democrazia elettronica. Vorremmo conoscere il suo pensiero in proposito.

Risposta
Io ho molti dubbi, perché questi strumenti sono, come tutti avranno già detto mille volte, ambivalenti: possono essere utilizzati per aumentare il tasso di partecipazione, e quindi il peso dei cittadini nelle decisioni, ma possono essere anche utilizzati in senso assolutamente opposto, plebiscitario, mettendo i cittadini di fronte a scelte che sono state elaborate altrove. E' il tema del "chi" decide le domande, perché dare le risposte non è tutta la democrazia, è, anzi, un frammento molto piccolo di essa. Formulare le domande a cui si daranno le risposte è una quota decisiva di potere. Quindi queste tecniche nuove, in sé, possono essere utilizzate in ambedue le direzioni. Io sono convinto che con l'accrescersi dei mezzi tecnici diventa ancora più importante il quadro istituzionale. Quest'ultimo è quello che distribuisce il potere fra i singoli cittadini, fra i cittadini organizzati in partiti, in sindacati, in altri tipi di associazione, fra le élite, le quali controllano queste organizzazioni. Il problema italiano era quello della partitocrazia, di uno strapotere dei gruppi dirigenti, di partiti, sempre meno diversi fra loro, che creavano una sindrome di rifiuto, di disaffezione nei cittadini; i quali avevano sempre più l'impressione - non del tutto sbagliata - di non contare nulla, di essere strumenti dei partiti anziché avere, nei partiti, degli strumenti per chi volesse partecipare alla vita politica. Questo elemento negativo, questa eclissi della democrazia rappresentata dalla partitocrazia, è più che mai presente. E le cosiddette riforme di cui si sta discutendo in questi giorni in bicamerale, non riducono affatto la partitocrazia, il peso determinante di ristretti gruppi dirigenti di partiti nel decidere esattamente quella che viene chiamata "L'agenda", cioè le priorità di cui discutere, e la decisione sulle domande che verranno sottoposte ai cittadini. Da questo punto di vista se la situazione rimane questa, ci potrà essere Internet, ci potranno essere tutte le forme di comunicazione in rete, ma il monopolio delle questioni, delle domande e quindi delle decisioni che contano rimarrà in gruppi ristrettissimi di dirigenti della partitocrazia, di destra o di sinistra; ed è inevitabile che la frustrazione e la disaffezione dei cittadini nei confronti del sistema politico di questi partiti, aumenterà, perché i mezzi tecnici offrirebbero nuove opportunità per ripetere lo stesso sistema di comunicazione dall'alto. Il cittadino potrà esprimere un "sì" o un "no" su contrapposizioni, su formulazioni di domande che hanno scelto altri, che possono essere diversissime da quelle che un individuo vorrebbe formulare ai suoi concittadini.

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Domanda 2
La telematica, però, potrebbe avere la funzione di cercare di migliorare i servizi che si forniscono al cittadino, al livello di amministrazioni locali. Utilizzando, per esempio, Internet o la posta elettronica si può stabilire un dialogo fra chi amministra e il cittadino. Cosa ne pensa?

Risposta
Questo è assolutamente vero ed è importantissimo per la qualità della vita. Pensiamo a cose minime, che già si stanno facendo e che tutti si domandavano da anni perché non venissero realizzate, perché le tecniche c'erano già da un po' di tempo. La tecnica fondamentale dei tesserini elettronici, in sostanza, o della formulazione di risposte attraverso la tastiera del telefono, consente di pagare le bollette per telefono - tutti i generi di bollette -, o di spostare, addirittura, fondi, capitali, o di richiedere certificati di ogni genere, e così via. Quindi, da questo punto di vista significa poter fare a meno delle famose interminabili code, interminabili spostamenti nel traffico. Tutto questo, certamente, può migliorare l'efficienza amministrativa, con il conseguente risparmio di tempo da parte del cittadino. Sono due elementi della vita civile assolutamente impagabili, come è ovvio, però non riguardano ancora la democrazia, nel senso del peso di ciascuno di noi nelle scelte collettive. Io, comunque, non volevo essere radicalmente pessimista e liquidatorio. Volevo sottolineare, però, come le potenzialità delle nuove tecnologie siano buone e cattive allo stesso tempo. Questa è una riflessione sul ruolo delle istituzioni; direi che il ruolo dell'istituzione, se aperta ai cittadini o se chiusa a loro come partitocrazia autoreferenziale - nel senso del palazzo pasoliniano - diventa più che mai cruciale. Comunque qualche cosa di potenzialmente positivo nelle reti e nel sistema di Internet c'è. Ad esempio, le famose riforme di cui discute la bicamerale, tra un anno e mezzo, dopo essere passati attraverso i due rami del Parlamento, due volte, con tutte le modifiche, nella loro formulazione finale saranno sottoposte ad un referendum obbligatorio. In un caso come questo, nel quale è presumibile che la quasi totalità dei partiti, poiché sono loro gli unici attori di questa bicamerale, inviteranno a votare "sì". Se nasceranno i "no"- come penso che nasceranno, non fosse altro perché, se sulla giustizia rimangono le attuali proposte di controriforma, anti "manipulite", credo che saranno tanti i cittadini a voler esprimere il loro no - ecco che cittadini, magari moltissimi ma non collegati fra loro perché non aderenti a partiti, non già organizzati, potrebbero trovare proprio nei canali Internet, uno strumento di auto-organizzazione leggera, legata solo a questa occasione. Alcuni anni fa non ci sarebbe stato uno strumento di questo genere. Quindi, in effetti, le aperture ci sono.

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Domanda 3
Un altro elemento importante che è interessante valutare è il ruolo che la televisione ha svolto nella comunicazione fra politico e cittadino. A Suo avviso come cambierà, tale rapporto, con Internet? La campagna elettorale come verrà svolta? Ci saranno dei cambiamenti?

Risposta
Vorrei sottolineare gli ultimi cambiamenti introdotti dalla televisione, perché durante la prima fase, tantissimi anni fa, quando per la prima volta si presentò la politica in televisione, essa aveva dei suoi spazi che incuriosivano enormemente, l'audience era altissima; poi, rapidamente, tali spazi hanno accusato una perdita di interesse. Questo fenomeno, negli ultimi anni, in Italia si è accentuato in modo estremo: la presenza dei politici in televisione avviene in programmi che non hanno a che fare né con la politica né con l'informazione. La strategia dei politici è di non comunicare più, in realtà, in saggi direttamente politici, ma di cercare di comunicare "simpatia", per così dire, parlando di banalità, magari anche della propria vita personale, curando particolarmente l'immagine: l'eleganza, lo studio dei sorrisi, le pose; tutto ciò in programmi dedicati all'intrattenimento. Oltre questo, la durata dei messaggi politici nelle trasmissioni informative sta raggiungendo, soprattutto negli Stati Uniti, delle durate brevissime. La durata media di un messaggio di un politico nel mondo anglosassone in un programma di informazione televisiva, è di pochi secondi. In pochi secondi, ovviamente, non si esprime un concetto; al massimo, si dice uno slogan bene azzeccato, una battuta indovinata. Ciò, ovviamente, impoverisce oltre misura il messaggio politico, che dovrebbe essere un messaggio argomentativo, che si rivolge alla capacità di argomentare e di criticare di ciascuno di noi. E' evidente che questo ideale, che è sempre stato un ideale allo stato puro, ma in cui, in qualche modo, ci si dovrebbe avvicinare, viene totalmente spazzato via, e anzi rovesciato dalle novità di cui parlavo, in cui neanche l'elemento emotivo, ma l'elemento manipolatorio sloganistico, nel senso peggiore del termine, diventa l'unica forma di comunicazione. Innestare questo in un orizzonte dove la convinzione dei cittadini che i politici sono tutti un po' degli imbroglioni è ovviamente un elemento in più per disaffezionare verso la politica, perché in queste forme di comunicazione il cittadino trova la conferma che effettivamente i politici manipolano, sono tutti uguali e ce la vogliono dare a bere.

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