INTERVISTA:
Domanda 1
Ingegner Ferrero, come avanza la Torino telematica?
Risposta
La Torino digitale consiste in un insieme di iniziative, che stanno tutte procedendo in
modo veloce; l'obiettivo, d'altra parte, per noi, è di immaginare ed offrire un'idea di
città che sia diversa dall'idea di Torino che molti possiedono: vuol dire valorizzare gli
aspetti artistici, o immaginare delle infrastrutture ad alta tecnologia, non soltanto come
un'aggiunta al sistema economico esistente, ma come un modo per organizzare, ripensare la
vita di una comunità, ripensare anche i servizi e le applicazioni. Per ora si sta'
completando l'operazione di trasformazione della struttura del comune: abbiamo cablato
tutte le sedi principali del municipio, più di 20: si tratta di quasi 9000 terminazioni a
larga banda collegate con dorsali a fibra ottica, ed è stata effettuata
l'interconnessione tra i palazzi.
Domanda 2
Qual è la situazione di Torino riguardo la cablatura?
Risposta
All'interno di questa operazione di città digitale, "Socrate", i cablaggi
innovativi di Telecom assumono una enorme importanza. A Torino alcuni quartieri saranno
completati entro questo anno, tenendo conto del fatto che noi, nel mese di dicembre,
solitamente non diamo autorizzazione di scavi nelle zone commerciali frequentate dai
cittadini, come Madonna di Campania, Santa Rita, la Crocetta, la zona del centro,
Oltrepò, che sono le zone, per altro, ad alta densità abitativa. Io credo siano state
cablate oltre 40.000 unità immobiliari. Un altro problema è quello di raggiungere gli
utenti, poiché spetta agli amministratori degli immobili ed ai condomini dare a Telecom
l'autorizzazione a passare all'interno della proprietà privata. Quindi, noi ci occupiamo
direttamente della parte che riguarda le autorizzazioni comunali e dei lavori che devono
essere eseguiti sul suolo pubblico.
Domanda 3
La cablatura dei servizi comunali da quale ente è stata finanziata?
Risposta
La rete interna del comune è finanziata dal comune. D'altra parte, il trasferimento dalle
vecchie alle nuove tecnologie determina degli investimenti, ma anche dei risparmi. Per
dare un ordine di grandezza, la nostra vecchia rete di collegamento dei terminali (erano
circa 1200 posti di lavoro) costava e costa, di canoni e di trasmissione, la stessa cifra
di quello che costa il noleggio di 8.000 punti capace di portare 155 megabit. E' evidente
che il finanziamento comunale sia molto rilevante: noi investiamo dai 40 ai 50 miliardi
all'anno in attività di questo genere.
Domanda 4
Perché in molte città si sono verificate polemiche tra i comuni e la Telecom riguardo
alle cablature?
Risposta
La cablatura implica un insieme di lavori edilizi, e la maggior parte dei costi riguarda
gli scavi e i ripristini. Quindi, mi sembra del tutto ovvio che i cittadini non siano
contenti perché insieme ai lavori dell'ENEL, dell'acquedotto, dei tram e ai ripristini
delle fognature si aggiunge anche una enorme quantità di altri lavori. Come ordine di
grandezza, in una città come Torino si tratta di affrontare una spesa di circa 700
miliardi, quasi tutti, come dicevo, in lavori edili da eseguire in tre anni. Un altro
aspetto, però, sollevato dalle città è la necessità di discutere su quali debbano
essere i ruoli delle comunità locali per essere garanti non soltanto verso i loro
cittadini, ma verso l'intero paese per la realizzazione della società dell'informazione.
La ristrutturazione delle telecomunicazioni determina la possibilità di garantire non
solo i servizi pubblici, ma anche i servizi e le attività di impresa con un livello di
qualità incommensurabilmente più alto. Noi non riteniamo che queste operazioni possano
essere risolte attraverso decreti legge o colpi dello stato centrale, e nemmeno possano
essere soltanto una logica di una singola impresa quale che sia un'impresa.
Domanda 5
Quindi si auspicano diversi fornitori?
Risposta
Io credo che un principio da affermare sia sicuramente l'accesso universale, che consiste
nel diritto di cittadinanza telematica, il fatto che dal cittadino al sistema di impresa
si possa utilizzare il vantaggio delle innovazioni tecnologiche. Questo discorso
dell'accesso universale è sovente sottovalutato nelle nostre discussioni perché non
esistono solo le città, che sono aree appetibili per gli investimenti, ma esistono anche
le zone spopolate e dal cui spopolamento nascono poi le alluvioni, i disastri ecologici.
L'accesso universale si estende anche nelle zone di abbandono nella città di Torino; ad
esempio, nelle tre zone in cui interveniamo in modo più intensivo con piani di recupero
urbano, i sistemi di telecomunicazione (dunque, l'innovazione tecnologica) rappresentano
uno dei fattori di lotta contro il degrado; questo discorso si potrebbe sostenere
nell'organizzazione dei servizi del terzo settore, dello stesso volontariato: usando
sistemi che vanno dalla telefonia mobile alla larga banda, si può immaginare uno scenario
sociale completamente diverso. L'altro principio, quello del mercato, io lo vedo
indispensabile per creare un regime di abbassamento dei prezzi. E' chiaro, però, che non
ritengo che qualsiasi forma di competizione al di fuori di regole di buon senso sia
automaticamente una cosa buona. Intanto, perché se la competizione avviene soltanto per
il massimo profitto avverrà nelle zone più ricche e quindi determinerà un paese
squilibrato ed ingiusto. In secondo luogo perché il meccanismo di mercato e di
competizione richiede anche, a mio avviso, una capacità di valutare come può avvenire la
competizione. Se la competizione non coinvolge le risorse di un paese, ma ha luogo
semplicemente tra Telecom Italia, British Telecom e France Telecom, non credo ci possa
essere un miglioramento a lungo termine delle condizioni di mercato. Credo che sia del
tutto comprensibile che un sistema di impresa come la STET, disponendo di liquidità, sia
interessata ad investire per migliorare la qualità dei propri apparati tecnologici; i
rapporti tra le televisioni e le telecomunicazioni sono questioni che meriterebbero di
essere affrontate. Esiste il problema, ad esempio, dei content provider, i quali dovranno
confrontarsi con il fatto che la rete non sarà soltanto, come si dice oggi, in fibra,
poiché esistono tecniche per usare il rame a larga banda, ci saranno satelliti ad alta
quota. I contents sono coloro che producono programmi e contenuti, ma ci sono anche gli
utenti che diventano content provider all'interno di un sistema interattivo di rete. Non
c'è dubbio, ad esempio, che il comune di Torino non sarà mai un content provider nel
senso tradizionale; tuttavia, avere la cartografia o l'anagrafe collegata direttamente con
la rete telematica è uno dei servizi di una piazza telematica. Probabilmente il business
plan non si realizzerà soltanto mettendo insieme gli spot televisivi e le telenovela o il
traffico telefonico attuale, ma consisterà in un insieme di altri servizi che renderanno
più appetibile l'accesso al sistema.
Domanda 6
Un servizio da offrire potrebbe essere, per esempio, la storia e l'arte della città.
Risposta
Sicuramente. Quando parlavo di cartografia e di gestione del territorio, intendevo la
cartografia tecnica che interessa gli specialisti; stiamo inoltre raccogliendo migliaia di
foto scattate dai ragazzi delle scuole che hanno come tema il proprio quartiere. Poi ci
sono esperimenti di realtà virtuale in cui diversi degli elementi che ho citato,
integrati all'interno di un modello di presentazione, possono permettere, addirittura, una
visita da New York alla città di Torino. Noi pensiamo che tutte le città italiane, ed
anche la mia, siano delle belle città, e dal punto di vista turistico lo sfruttamento
adeguato delle nuove tecnologie possono offrire molto in questo settore.
Domanda 7
Per realizzare città digitali che cosa si sta facendo nel resto d'Europa?
Risposta
France Telecom e British Telecom stanno svolgendo delle operazioni analoghe a quelle che
STET sta effettuando nel nostro paese. Esistono, probabilmente, realtà in parte diverse
perché io credo che in Italia le realtà locali, le comunità locali, abbiano un peso
molto più grande di quello che, ad esempio, nella storia dello stato tedesco o francese
abbiano gli apparati centrali e la programmazione centrale. Negli altri paesi si
progettano idee analoghe a quelle italiane, con un mix di ingredienti diversi. Io trovo
molto interessante il progetto che ha realizzato la città di Stoccolma. Essa è
sicuramente una città ricca e colta in un paese come la Svezia che è stato indicato per
anni come luogo di benessere e di cultura. In questa città già molti anni fa hanno
creato delle infrastrutture tecnologiche, e si sono scavate le vie e i condotti che
permettono, senza più distruggere le strade, di avere l'acqua, la luce, il gas, ed oggi
le fibre ottiche. Qual è l'aspetto che trovo interessante? Intanto la preveggenza!
D'altro canto loro tendono a considerare il canale trasmissivo, il tubo attraverso cui
passa l'informazione, come una sorta di risorsa pubblica della comunità. Questo
atteggiamento è profondamente diverso rispetto allo scenario della realtà italiana: loro
considerano la fibra, quella che viene in gergo chiamata la "fibra scura" -
senza elettronica che la utilizza -, come l'aria, come le risorse idriche e come il verde
di una città; affittano, poi, la fibra a chiunque lo richieda, siano essi i gestori di
telefonia, o reti televisive, o imprese, o la stessa città come utente perché si
innestino servizi di livello più alto sui quali far girare delle applicazioni. Quindi,
l'idea di Stoccolma è abbastanza originale perché sposa un'idea di bene collettivo, di
interesse comune con quello della tecnologia più avanzata.
Domanda 8
Un comune italiano potrebbe essere proprietario della fibra?
Risposta
Per un comune italiano oggi è possibile essere proprietario, essendo proprietario del
sottosuolo; ciò che oggi non è possibile è fornire un servizio utilizzando questa fibra
al di fuori dell'amministrazione in senso stretto: non è possibile utilizzare questa
fibra, oggi, non essendoci deregulation, e non essendo i comuni concessionari
dell'esercizio; non è possibile utilizzare la fibra per venderla ad altri o per svolgere
attività che non riguardano l'interno del comune. In realtà, un aspetto sul quale
bisogna riflettere è il rischio di eliminare l'idea - che a me pare invece positiva nella
legge attualmente in discussione - di concessione.
Domanda 9
La Telecom quando stende i cavi nelle città, come sta facendo ora, rimane proprietaria
dei suoi cavi. Lei sostiene, viceversa, che il comune, essendo proprietario del
sottosuolo, sia anche proprietario della fibra.
Risposta
Dei suoi cavi! La Telecom ha una concessione ministeriale, statale, quindi agisce sui
servizi che sono regolamentati, ad esempio, sulla voce, ma non soltanto: su tutti quelli
che sono regolamentati dalla legge dalla gazzetta ufficiale in un regime di concessione;
quindi, quello che realizza, è in nome e per conto della collettività per tramite della
concessione. Per la verità, la discussione che oggi si sta sviluppando da parte di molti
è quella di togliere l'idea di concessione e di introdurre l'idea di autorizzazione.
L'idea di autorizzazione presuppone, viceversa, che non si abbia la funzione di agire per
conto dell'interesse pubblico, ma si sia soltanto autorizzati in quanto ciò che si fa non
lede l'interesse pubblico. Io ritengo che questa idea sia assolutamente sbagliata anche se
so che Telecom, parte dell'antitrust e molti soggetti in Italia spingono per un regime
autorizzatorio. Perché io le ritengo sbagliate? Perché nel momento in cui si passa
al concetto che la fibra appartiene ai singoli privati, allora bisognerà fare, poi, come
negli Stati Uniti, una normativa che eviti che una risorsa essenziale sia governata in un
regime di monopolio; quindi, il far diventare soggetta al mercato, e quindi privata, una
risorsa essenziale, richiede poi l'introduzione di una normativa correttiva che la
ricollochi secondo dei criteri che non siano monopolistici. Io, da questo punto di vista,
non trovo particolarmente vantaggiosa l'ipotesi di smontare l'idea di concessione per poi
costruire una normativa che normi il mercato.
Domanda 10
Non esiste ancora una possibilità, da parte dei comuni, sia di gestire, offrendo, come
Lei ha detto prima, dei servizi, ma anche controllando che la rete sia equilibrata
all'interno della città. Quali limiti vanno risolti?
Risposta
Chiaramente esistono degli interessi di rappresentanza che vengono affrontati attraverso
negoziati nel discutere con Telecom, e con qualunque altro soggetto che opera in città.
Il comune di Torino il potere di cui dispone non lo usa per impedire, ma per far sì che
le cose avvengano in modo equo e ragionevole secondo i criteri che ho esposto prima. Senza
la deregulation è evidente che se non si ha una concessione non si è gestori; il
problema consiste nell'usare la fibra per svolgere dei servizi. Peraltro, lo scenario è
molto più complicato di quanto a volte non appaia, perché la fibra e la compressione a
larga banda su rame è una delle tecnologie basata su sistemi a terra. Il lancio da parte
di Motorola e di altre grandi società americane di sistemi di satelliti radicalmente
innovativi - i cosiddetti satelliti a bassa quota - costituirà sicuramente un altro
scenario che si affianca a quello della rete a terra. Accade esattamente come l'evoluzione
della telefonia cellulare verso frequenze sempre più alte; il caso del Dect che è in
installazione in alcune città italiane da parte di Telecom, introduce a sua volta una
concezione del servizio che non è quella della telefonia cellulare e neanche quella del
telefono fisso. Dal punto di vista delle tecnologie noi ci troviamo in una situazione di
rapida evoluzione e quindi è difficile pensare a dei discorsi politici applicati alla
realtà di oggi che rapidamente cambierà. Ciò che bisogna avere chiaro dal punto di
vista dei discorsi politici, è la sanzione dei diritti essenziali dei cittadini e delle
comunità. Io ritengo che in un paese come l'Italia i criteri essenziali siano il diritto
di accesso, l'apertura intelligente di un mercato, cercando di evitare che si verifichi
soltanto la svendita agli stranieri di quello che è un sistema italiano, con le
conseguenze anche occupazionali che abbiamo già visto per Italtel, per Telettra e che
stiamo vedendo in questo periodo per Olivetti; quindi auspico per l'Italia l'apertura al
mercato allo stesso modo degli altri paesi europei con un governo che governa attraverso
delle regole, e, all'interno delle regole, io ritengo sia molto importante garantire
un'autonomia degli enti locali, senza perciò sottrarre agli enti locali il meccanismo
delle concessioni; immagino (proprio per il mercato e per il pluralismo) che sia
importante, in sostanza, una realtà italiana che sia molteplice e diffusa; immagino che
sia altrettanto importante e normale la non possibilità dello stesso soggetto di fare
contemporaneamente qualunque cosa in un regime di monopolio. Quindi le distinzioni vanno
introdotte tra chi produce il contenuto, chi è il gestore delle reti di telecomunicazione
e il titolare, in termini di concessioni del mezzo fisico.
Domanda 11
Lei si sta battendo per un possibile uso delle reti a larga banda nella formazione.
Risposta
Sulla base di un accordo con Telecom, abbiamo in corso un progetto che si chiama Torino
2000 che utilizza una rete a larga banda, analoga a quella "Socrate", per dei
servizi immediatamente interattivi; la formazione è estesa anche al politecnico
dell'università di Alessandria. In qualche modo si tratta di un'ipotesi di università
virtuale; l'idea è di partire dal docente in videoconferenza e di rendere, poi, la
videoconferenza interattiva. L'obiettivo, però, è molto più ambizioso e consiste
nell'immaginare che alla persona che parla si affianchi la possibilità per lo studente di
interagire con degli strumenti in linea, con la possibilità di interrompere il flusso
della lezione, provare a sviluppare un esercizio e consultare degli appunti. Quindi si
tratta di qualche cosa che oggi il mezzo televisivo già di per sé consentirebbe. La
formazione e la didattica non sono soltanto legate agli interessi di punta come gli
atenei, le università, il politecnico; viceversa rappresentano un problema che, a mio
avviso, affondano le radici nelle scuole materne, negli asili nido, nelle scuole
elementari e anche nelle scuole medie e in quelle superiori. E' nei confronti delle
nuovissime generazioni che si può immaginare un utilizzo di questa strumentazione, che
consista nella possibilità per le scuole di diventare esse stesse produttori di
materiali, ad esempio, facendo collaborare bambini di scuole diverse scambiandosi disegni
tra di loro, immaginando la collaborazione anche al di là dei confini di un paese, tra
bambini di paesi diversi, di lingue diverse.
Domanda 12
Due anni fa Lei ha promosso la sperimentazione di Internet nelle scuole medie superiori di
Torino. Che cosa è avvenuto?
Risposta
Noi abbiamo avviato, un paio di anni or sono, la sperimentazione nelle scuole medie
superiori e all'inizio le scuole che chiedevano di essere collegate ad Internet erano le
scuole tecniche e gli istituti professionali perché, all'interno dei corsi, era previsto
l'uso delle reti e di Internet. Un salto di qualità c'è stato il giorno in cui abbiamo
deciso di fare il Web della città di Torino, quello che oggi è
http://www.comune.torino.it, che è stato realizzato da ragazzi molto giovani dai 14 ai 16
anni di una scuola comunale di grafica, "Baldis". Solo allora abbiamo capito che
il vero effetto dell'utilizzo di queste tecnologie non era tanto nei confronti degli
esperti di tecnologia ma era nei confronti di chi aveva delle cose da dire, e che era
capace di maneggiare un linguaggio comunicativo, e che quindi, con il nuovo strumento, era
in grado di ripensare ad un sistema di comunicazione. Oggi, le scuole che usano le reti, a
Torino, sono un centinaio: un discreto numero di elementari, parecchie scuole superiori,
alcune scuole medie. Noi abbiamo anche cercato di fare dell'attività di formazione nei
confronti di chi ce la chiedeva; in alcuni casi gli insegnanti stessi sono stati (essendo
degli specialisti) dei volontari che hanno svolto attività di formazione per altri.
L'obiettivo che adesso ci proponiamo in alcune scuole è di dare alle scuole stesse un
proprio Web server; sulla base anche di una donazione della Sun Microsystem noi stiamo
mettendo in cantiere, in questi giorni, un Web che funzioni da serbatoio per tutte le
scuole che posseggono materiale di sperimentazione, il lavoro dei ragazzi, qualunque
informazione ritengano essere interessante per diventare, non dei fruitori del lavoro
altrui, ma una voce che concorre alla complessità di Internet.
Domanda 13
Farete parte quindi del Net Day che la Sun ha lanciato per le scuole di tutto il mondo?
Risposta
Io conosco molto bene personalmente John Gage, uno degli iniziatori di questa campagna e
noi, se riuscissimo in qualche modo a superare alcuni problemi di norme di sicurezza sugli
impianti (che in America sono un po' meno restrittive che in Italia), vorremmo avviare un
cablaggio anche all'interno delle scuole. Oggi ci stiamo limitando a farlo laddove le
strutture delle scuole intendono farlo e ci preoccupiamo della connessione; stiamo anche
realizzando degli oggettini su un sistema operativo gratuito, nato da un ragazzino svedese
Linus Torval che si chiama Linux che è uno unit free presente su Internet, in modo tale
da mettere a disposizione, senza dovere spendere, del software di eccellente qualità. Per
noi Internet rappresenta, in qualche modo, la scelta strategica: tutto il sistema
informativo del comune e quello della provincia è basato da anni su Internet - adesso si
direbbe "Intranet", ma il protocollo è lo stesso -, e, quindi, l'obiettivo è
di rompere le barriere che separano l'interno dall'esterno dell'istituzione. L'idea di
città digitale, al di là del cablaggio fisico della città che è un'infrastruttura
necessaria, assume in sé un sistema di interconnessione tra le persone. Non si tratta
quindi, di uno strumento per svolgere le stesse operazioni di prima, magari più in
fretta, ma per concepire una dinamica sociale, un modo per erogare i servizi, un rapporto
tra soggetti che non si conoscono. Di grande successo è stata l'iniziativa della città
nei confronti delle associazioni torinesi; più di 250 associazioni hanno le loro pagine
su Internet e sono associazioni che vanno da Amnesty International a quella dei
radioamatori; ma c'è anche l'associazione che si occupa dei bonsai ed esistono moltissime
associazioni o gruppi del volontariato sociale. L'idea di Internet, dunque, non è l'idea
della navigazione soltanto nei Web americani, ha ambizioni più ampie ed estese.
Domanda 14
E' anche l'idea di Toffler quella del prosumer, il produttore-consumatore?
Risposta
Io sono convinto che sia così. Nel produrre la nostra cartografia su rete abbiamo svolto
un lavoro che non ha niente a che vedere col mettere in rete le vecchie carte, perché
intanto il computer calcola in tempo reale le carte; in secondo luogo, gli ordini
professionali, i professionisti sono da subito stati i nostri partner: non è pensabile
costruire un'applicazione senza una presenza degli utenti. Le applicazioni pensate
all'inizio con gli utenti non distinguono il fornitore dall'utente, sono in genere
applicazioni in cui anche chi utilizza la carta del comune poi fornisce al comune, sulla
stessa logica, delle informazioni di cui oggi il comune stesso non dispone.
Domanda 15
Quindi si arricchisce l'informazione stessa della città?
Risposta
Certamente! Il modello concettuale di Internet, a mio avviso, è molto importante: non è
né più né meno sicuro di altre reti di calcolatori e d'altra parte, come dice un
esperto americano, l'unico modo per avere una rete sicura è seppellire insieme
all'operatore il computer sotto terra di qualche miglio. In ogni caso Internet offre delle
tecniche, come le schede a microprocessori di sicurezza elevatissima, la sicurezza
cosiddetta end to end che copre l'intero mezzo trasmissivo. Internet ha un enorme
vantaggio perché è una struttura che si autoriproduce, che è piatta, che porta con sé
dei meccanismi comandati dagli utenti, i quali, in qualche modo, favoriscono la
partecipazione di tante voci. Il modello concettuale di Internet non consiste nel modello
tradizionale del canale in cui il messaggio va solo in una direzione, ma è, appunto,
quello della rete, della qualità dell'applicazione che nasce dall'interazione di tante
cose semplici. Per fare delle belle applicazioni in Internet bisogna mettere insieme tante
persone intelligenti con strumenti relativamente semplici. Il caso della posta elettronica
è il più classico. La scelta di Internet non è soltanto una scelta tecnologica è anche
un tentativo di ripensamento, non solo nel comune, ma tra molti soggetti che operano in
città, di un modo di concepire le città che siano qualche cosa di vitale e di nuovo.
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