INTERVISTA:
Domanda 1
Professoressa Oliverio, nel suo libro "TV per un figlio", lei inquadra il
problema del rapporto fra televisione e infanzia, all'interno del contesto quotidiano: la
televisione sembra acquisire il ruolo di amico, di compagno.
Risposta
C'è una grossa differenza tra le generazioni precedenti, che sono cresciute senza
televisione, che l'hanno trovata solo dopo nella loro vita, rispetto ai bambini di oggi,
che invece già nascono con il televisore dentro casa, e quindi si abituano molto
precocemente, prima ancora che ai programmi televisivi, proprio all'oggetto televisore, da
cui sono molto attratti. Anche i bambini di pochi mesi di vita sono attratti da queste
immagini che si muovono sullo schermo, e possono quasi affezionarsi all'oggetto
televisore, prima ancora di capire che cosa rappresentino le immagini. Da alcuni bambini
viene percepita quasi come una persona, perché parla, perché si vedono delle persone
all'interno. Quando poi non hanno la possibilità di fare altre esperienze, possono
considerarla anche un amico che gli fa trascorrere il pomeriggio. Però, in genere, la
considerano una soluzione minore, perché preferirebbero giocare all'aperto con gli altri
bambini della loro età. A volte dicono: "Non ho niente da fare e quindi guardo la
televisione". I bambini mi danno delle risposte molto belle, molto significative,
quando chiedo loro: "Che cos'è la televisione per te?". Direi che la più
divertente, forse proprio la più significativa, è stata quella di un bambino di sette
anni, che mi ha detto: "E' una cosa che non ti fa sudare e le mamme sono più
contente quando non si suda". Perché spesso viene usata come una baby-sitter, che
tiene buono il bambino, lo tiene fermo, quando in realtà per tutta la prima e la seconda
infanzia bisognerebbe muoversi, far chiasso, scatenarsi un po', fare delle esperienze di
libertà, quelle normali esperienze di libertà che fanno i bambini giocando tra di loro.
Domanda 2
Parliamo degli effetti della televisione sui bambini.
Risposta
Bisogna tenere presente che il modo con cui un bambino guarda la televisione è diverso
dal modo con cui la guarda un adulto. Un adulto spesso si mette di fronte al televisore
solo per divertirsi, per rilassarsi, mentre un bambino vuole anche farsi un'immagine del
mondo. Ecco, i bambini guardano la televisione per farsi un'immagine del mondo degli
adulti. Da sempre i bambini cercano di capire com'è il mondo degli adulti. Oggi c'è la
televisione dentro casa, viene data molta importanza a questo mezzo di comunicazione,
anche gli adulti la guardano e quindi il bambino la guarda per capire come deve
comportarsi. Per lui quello che viene dalla televisione è positivo, anche perché è
associato al clima positivo della casa, della famiglia, e spesso può prendere alla
lettera quello che vede. L'età, in tal senso, è un fattore estremamente importante. Un
bambino di quattro o cinque anni incomincia a capire qualcosa sulla differenza tra vero e
falso, però continua a confondersi ancora fin verso i sei, sette anni, a seconda del tipo
di programma. Ma la cosa più difficile da comprendere è, per esempio, la diversità tra
vero e verosimile. Non tutto quello che è verosimile è vero. E poi i tempi di attenzione
di un bambino piccolo sono brevi, quindi spesso non è in grado di seguire il filo
conduttore, la trama di una vicenda, e quindi magari non collega il finale moralistico
della storia con il resto: di una storia gli possono rimanere impresse soltanto le
immagini più forti, quelle che l'hanno colpito, che hanno un valore emotivo particolare.
Domanda 3
Lei ha detto che i bambini guardano la televisione per farsi un'immagine del mondo.
Talvolta da questo ne discende un comportamento. Ecco, quali sono i modelli
comportamentali che i bambini assorbono più velocemente? E i genitori possono avere un
ruolo nello stemperare o nell'indirizzare meglio questi modelli?
Risposta
I bambini guardano spesso anche i programmi rivolti agli adolescenti, cioè quei serial
dove ci sono dei ragazzi un po' più grandi di loro, proprio per ispirarsi a loro.
Naturalmente guardano anche i programmi a loro rivolti. I "Power rangers", ad
esempio, hanno indotto tutto un diverso modo di fare la lotta, che già si vede nella
Scuola Materna: bambini che appunto usano i calci, e così via. E poi molto apprendono
dalla pubblicità. I bambini sono oggi bombardati dalla pubblicità, che si collega ai
cartoni che vedono, agli spettacoli a loro dedicati. Ogni volta che esce un nuovo film -
adesso c'è "Pocahontas" in circolazione - c'è un tale numero di oggetti, di
gadget associati che vengono reclamizzati in televisione, che il bambino ne è come
inseguito. Lo spot televisivo, del resto, è lo spettacolo preferito dai bambini fin verso
i sei, sette anni, perché si adatta proprio alla loro mente. E' breve, c'è un'avventura
che interessa, spesso ci sono dei bambini - quelli indirizzati - e allora sono indotti ad
identificarsi. Inoltre le situazioni sono sempre positive, e i bambini sono degli
ottimisti. E poi ci sono degli slogan, che sono ripetuti nell'arco della giornata, e ai
bambini piace la ripetizione, perché piace ritrovare le cose che già conoscono. Insomma,
la pubblicità influisce molto su di loro, non soltanto per indurli all'acquisto di
oggetti a loro diretti, ma anche per tutti i prodotti per la casa, e i pubblicitari lo
sanno benissimo. Sanno che poi i bambini chiederanno ai genitori di comprare certi
prodotti. E bisogna tener presente che questo non influisce soltanto sull'acquisto, ma
anche sulla relazione tra genitori e figli, perché poi il genitore che non comprerebbe un
certo prodotto, oppure l'ennesimo giocattolo perché il bambino ne ha già tanti, può
anche entrare in crisi e sentirsi in colpa perché può pensare di farne un diverso
rispetto agli altri bambini. E qui c'è tutta un'opera di educazione da fare. Certo, se la
televisione aiutasse un po' i genitori e gli insegnanti, se questi non dovessero sempre
remare contro corrente, sarebbe più facile.
Domanda 4
Nel suo libro, lei parla di una "mutazione antropologica". A che cosa fa
riferimento?
Risposta
Al fatto che ci si abitua a un certo tipo di rappresentazione, che è quella delle
immagini. Intanto viene molto valorizzata la vista, naturalmente. Il bambino si abitua fin
da piccolo a fare attenzione agli stimoli visivi. Per intenderci, il non vedente, che è
obbligato a fare affidamento su altri sensi, affina quegli altri sensi, non perché in
partenza li avesse più sviluppati, ma proprio perché fa esercizio. Ecco, se il bambino
guarda troppa televisione fin da piccolo, a scapito di altre esperienze, cioè dell'uso di
altri sensi, c'è il rischio che poi la sua attenzione, anche il suo modo di memorizzare
le informazioni, si basi troppo e soltanto sul dato visivo. Questo è un primo punto. Un
secondo punto è dato dall'abitudine al linguaggio e ai tempi della televisione. Ora, i
tempi sono diventati sempre più rapidi: per esempio, i vecchi cartoni animati di Walt
Disney erano molto lenti, e quindi anche la mente dello spettatore poteva in qualche modo
inserirsi, poi sono diventati velocissimi, non c'è più molto tempo per riflettere. Ci si
abitua a captare una serie di messaggi prefabbricati, dove l'apporto dello spettatore è
minimo. Il pericolo è che i bambini sviluppino un'attitudine passiva di fronte al video.
Possono diventare degli ottimi spettatori, farsi anche delle opinioni, però non si
abituano a prendere delle iniziative. Su tutto noi dobbiamo fare esercizio, quando siamo
bambini. Anche se vogliamo diventare bravi socialmente, dobbiamo fare delle esperienze fin
dall'infanzia, interagire con altre persone, vivere in una realtà più complessa di
quella televisiva, che poi è ad una via. Io non dico che la televisione sia negativa. E'
un mezzo bellissimo, con enorme potenzialità. Il discorso è che, siccome si
diffonderanno sempre di più gli audiovisivi nel nostro mondo, dobbiamo tutti quanti
imparare ad usarlo a nostro vantaggio e a vantaggio dei bambini, naturalmente. Anzi,
bisogna che i bambini siano alfabetizzati in fatto di televisione: nelle elementari, nelle
medie devono capire questo linguaggio, che è un linguaggio ricchissimo. Però devono
portare avanti anche altri tipi di linguaggio. Per esempio, non perdere l'abitudine alla
lettura. Nella lettura i tempi sono decisi dal lettore, si può tornare indietro, c'è
più spazio per la fantasia, perché l'immagine definisce tutto, mentre nel libro non c'è
questa immagine così incombente, quindi c'è più spazio per riflettere. Nel libro
l'informazione avviene secondo una sequenza logica, mentre in televisione ci sono
accostamenti analogici. Insomma, sono diversi modi di inviare messaggi e di comunicare.
Domanda 5
Quali tecniche si potrebbero sviluppare per insegnare ai bambini, ai ragazzi, a
controllare meglio lo strumento televisivo?
Risposta
Intanto bisognerebbe arrivare a scegliere i programmi in base alla loro qualità, e non
mettersi con un'attitudine passiva di fronte al televisore e vedere tutto quello che c'è.
Bisognerebbe scegliere, valutare. Coi bambini bisognerebbe stabilire un tetto di ore per
giorno, e non superarlo, a seconda poi dell'età dei bambini. Forse non bisognerebbe
lasciare un televisore nella stanza dei bambini. Ho visto che un 43% dei bambini del mio
campione romano ha un televisore nella stanza, ha l'uso libero del telecomando, e quindi
può vedere tutto, può fare una specie di indigestione, e così anche trovarsi di fronte
a messaggi che non è in grado di decodificare. Dobbiamo metterci dal loro punto di vista,
insomma. Per noi certe cose sono scontate, abbiamo una lunga esperienza alle spalle, per
loro è la prima volta e quindi possono avere delle difficoltà a orientarsi. I genitori
dovrebbero un po' vedere che cosa guardano i bambini, qualche volta stare accanto a loro
per spiegare. E poi a scuola si potrebbe fare moltissimo. Per esempio, per quanto riguarda
la pubblicità, si potrebbe fare tutto un lavoro di smontaggio, cioè mettersi dal punto
di vista del pubblicitario. Ecco, è importante cambiare prospettiva: da spettatore
diventare attore, diventare regista, diventare pubblicitario, quindi simulare la
costruzione di uno spot, per capire anche come è complesso tutto il lavoro che c'è
dietro ad un programma. Oppure si potrebbe insegnare ad andare a vedere qual è la vera
qualità del prodotto, a leggere sulle etichette quello che è scritto molto piccolo, a
ragionare. Si dovrebbe anche insegnare a dilazionare la gratificazione, perché se no i
bambini sviluppano un'attitudine del "voglio tutto, subito", perché sono
abituati a queste gratificazioni: i programmi televisivi rivolti ai bambini sono brevi -
c'è un inizio, uno sviluppo, una fine - e ogni finale rappresenta una gratificazione dal
punto di vista psicologico. I bambini sono abituati ad essere serviti, ad avere tutto
senza sforzo, e allora poi possono pretendere, nella vita, le stesse cose. E poi si può
anche arrivare a fare dei video. Ci sono delle scuole che hanno dei laboratori televisivi,
e lì i bambini possono fare un'esperienza molto ricca e complessa, che è quella del
lavorare in gruppo per fare una sceneggiatura, fare una ricerca, fare le riprese, il
montaggio, e così via. Insomma, bisognerebbe insegnare a diventare padroni del mezzo, a
non subirlo, a gestirlo, insomma, visto che questo mezzo si diffonderà sempre più. Però
bisogna che ci sia anche spazio per altre attività. Non bisogna sacrificare i giochi
all'aperto, perché a quell'età sono molto importanti per l'esperienza di autonomia e di
libertà che i bambini devono fare.
|
|