Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Michele De Lucchi

Milano, 11/08/96

"«Domestic chip»: l'uso domestico del computer"

SOMMARIO:

  • De Lucchi spiega qual è il ruolo di un designer per la tecnologia nella realizzazione di un futuro benessere generale (1) (2).
  • Il designer per la tecnologia lavora spesso in gruppo per raccogliere conoscenze, suggerimenti e ambizioni diverse (3).
  • De Lucchi parla del suo "Domestic Chip" (4) (5).
  • Si tratta di un progetto volto alla comprensione di quale sia il vero, autentico e più utile utilizzo del PC a casa (6) (7).
  • Si è pensato, per esempio, ad un Memory PC: computer per gestire ricordi come le foto di famiglia (8).
  • O, ancora, ad un PC che controlli tutta la casa: dal riscaldamento al sistema di allarme, dall'impianto elettrico alla dispensa (9).
  • un centralino automatico che registri messaggi e annoti chi è in casa e chi no (10).
  • L'esigenza di un computer in casa è solo frutto di una paranoia (11).
  • Come frutto di paranoia è il Diary PC che trascrive le memorie del proprietario con la sua calligrafia e ne scatta una foto ogni volta che viene aperto (12).
  • Il concetto guida di tutti questi progetti è quello di interfaccia semplice e intuitiva (13) che spesso si realizza con tecnologie avanzatissime (14).
  • La tecnologia si deve, quindi, progettare pensando che funzioni ovunque e per chiunque nel mondo (15).
  • Ma le innovazioni tecnologiche dovrebbero anche testimoniare la tecnologia che contengono, qualunque semplificazione sappiano raggiungere (16) (17) (18).
  • L'interattività e la realtà virtuale aiutano molto i nuovi designer (19).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Che cosa significa essere un designer della tecnologia?

Risposta
Vuol dire essere dei bravi designer, ma, soprattutto, essere consapevoli che quando si disegna per la tecnologia si disegna, in realtà, per il mondo di oggi, per il mondo del futuro e per il nostro futuro benessere.

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Domanda 2
E' una professione condizionata dalla tecnologia?

Risposta
Sì, certamente! Anzi, direi che tutto sta proprio nel saper ben calibrare quello di cui l'uomo ha bisogno con ciò che la tecnologia sa dare e può dare: interpretare i bisogni dell'uomo e combinarli con quello che la tecnologia può offrire.

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Domanda 3
Come vi esercitate in questo?

Risposta
Ci sono molte maniere. Ultimamente, un sistema che usiamo noi e che usano, però, anche molti altri, è quello del Workshop, o dei seminari comuni, congiunti, nei quali si svolge un lavoro di gruppo e si mescolano competenze, conoscenze, e anche desideri ed ambizioni private. In questo modo si capisce meglio cos'è che la tecnologia può dare e quale può essere il vero utilizzo nel mondo di oggi.

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Domanda 4
Un esempio è Domestic Chip. Di che cosa si tratta?

Risposta
Domestic Chip è proprio un progetto Workshop svolto in gruppo per studiare come potrebbe essere il computer in ambiente domestico, con un po' più di buon senso di quello che oggi siamo costretti a portarci in casa.

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Domanda 5
Ma non intendete per Chip i microprocessori?

Risposta
Intendiamo sia i microprocessori dell'elettronica, sia le chips, le patatine che si mangiano. Il nostro concetto è che il computer - quello che noi conosciamo, strutturato di video, box e tastiera - è, in realtà, come una patata non commestibile di per sé se non è tagliata a fette e cucinata; che sa, quindi, diventare Chip. Certo, ci piace giocare su questo equivoco tra le due parole che vengono utilizzate sia nell'elettronica, sia nel linguaggio alimentare. Il computer dovrebbe essere tagliato a fette per poter essere ben utilizzato a casa. Il computer così come ce lo portiamo a casa, oggi, non è uno strumento domestico, ma uno strumento per ufficio che ci portiamo a casa, ma non ha niente a che fare con quello di cui veramente avremmo bisogno nel quotidiano.

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Domanda 6
Infatti, una volta, De Crescenzo, un po' scherzando ha detto: "il computer non sarà mai come un libro per me perché il libro me lo porto a letto, il computer no".

Risposta
Ed ha ragione. In questo concetto sta' il germe dell'idea che abbiamo avuto noi: quella di rompere il computer, di farlo a fette, e di sistemarlo in giro per la casa nelle posizioni più logiche, più giuste. Prima di realizzare questo, però, abbiamo dovuto capire quali sono le vere funzioni del computer a casa. Noi, oggi, ci portiamo a casa il computer, ma in realtà facciamo quello che faremmo ugualmente in ufficio: lo usiamo per scrivere, per far dei conti e per svolgere altre funzioni. Ma cosa potremmo fare col computer a casa?

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Domanda 7
Per esempio, in cucina: una donna che vuole preparare delle buone ricette, cosa può fare con un computer?

Risposta
La prima cosa che devo dire è che se una donna volesse utilizzare il computer per registrare le sue ricette, per conoscere gli ingredienti, le quantità e così via, sicuramente non potrebbe utilizzare il computer così com'è ora. Per utilizzarlo dovrebbe, per prima cosa, uscire dalla cucina ed andare nello studio o nella camera nella quale si trova il computer; poi, dovrebbe sedersi davanti al tavolo, accendere il computer, aspettare che il computer faccia il setup, scegliere il programma, scegliere il file da abbinare al programma e guardarlo; probabilmente sbaglierebbe anche qualche cosa e dovrebbe ricominciare, poi accendere la stampante e così via. Sono tutte operazioni assolutamente assurde, perché, nel frattempo, l'acqua della pasta si è consumata e l'olio della pentola si è bruciato. Non è questa la maniera di utilizzare il computer a casa e, soprattutto, non è pensabile ritagliare il tempo per sedersi davanti al computer ed aspettare di farlo funzionare. Il computer a casa deve essere accendibile con un bottone, deve avere un unico software applicato per quella funzione specifica, per la quale il computer è stato progettato, e deve essere nel luogo dove deve essere utilizzato.

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Domanda 8
Con quale forma?

Risposta
Con tantissime forme variabili e forme che sono adatte alla funzione per la quale è stato istituito. Noi abbiamo visualizzato alcune di queste funzioni. Per esempio: il computer domestico, oggi, lo si può usare per raccogliere ed organizzare le fotografie e le memorie di famiglia. A questo scopo abbiamo progettato un Memory PC, un computer da utilizzarsi per conservare ed organizzare i propri ricordi: le fotografie dei bambini piccoli, le fotografie delle vacanze, e così via. Questo computer è strutturato per tale funzione: le fotografie, o tante fotografie disposte in sequenza, o brevi clip, possono essere appesi al muro, possono essere viste continuamente mentre si pranza o mentre si cena, possono essere anche appoggiate sulla scrivania o viste sulla scrivania, come se fossero delle fotografie animate del XX secolo.

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Domanda 9
Ma non sarebbe più semplice avere una rete con tanti piccoli e diversi apparecchi da connettere in una rete casalinga per le diverse funzioni?

Risposta
E', assolutamente, troppo complicato. Per la casa bisogna pensare di avere degli apparecchi molto semplici, molto intuitivi, che sappiano dire immediatamente a che cosa servono. Un altro computer che abbiamo progettato e visualizzato per la casa è il computer per controllare la casa. A che cosa può servire il computer in una casa se non per controllare proprio il funzionamento stesso della casa? Per controllare il sistema di allarme, l'impianto elettrico, gli impianti telefonici, gli impianti HI-FI di musica? Ma anche per controllare che cosa manca nella dispensa, cosa c'è nel frigorifero, cosa bisognerebbe acquistare. E qual è il luogo ideale dove collocare questo computer? E' la porta, che rappresenta il controllo della casa, è quell'oggetto che si prende in mano quando si entra in casa e nelle singole stanze.

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Domanda 10
Quindi, come una lavagna interattiva?

Risposta
Come una lavagna interattiva che, sistemata sulla porta di ingresso, serve per registrare i nomi delle persone che vanno e che vengono, per tenere dei messaggi di persone come se fosse un centralino automatico.

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Domanda 11
Ma può diventare anche un occhio indiscreto? E la privacy?

Risposta
Il computer portato a casa serve solamente per alimentare la paranoia; non esiste nessun'altra ragione che non quella di sentirsi viziati dall'alimentare la nostra paranoia. Tutto il bisogno di controllare, come il computer per le memorie, serve per rendere ancora più paranoico il bisogno di tenere memorie per sentire che si è vissuto, che si è stati lì e per ricordare il più possibile di quello che sia possibile ricordare.

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Domanda 12
E' un fuoco della vanità, non è solo paranoia.

Risposta
Forse è una vanità portata all'eccesso, ma non solo vanità. Il fatto di sentirsi esistere è un problema molto reale, molto psicologico e molto preciso, espresso anche da grandissimi autori come Tolstoj, che soffriva di non sentirsi esistere ed ha scritto un diario tutta la vita proprio per soddisfare questo suo bisogno. Infatti, uno dei computer che abbiamo disegnato è il Diary PC, il computer per tenere le memorie, per registrare ogni giorno una frase che il computer scriverà, però, con la calligrafia della persona che la detta, perché i diari sono degli strumenti molto personali e devono mantenere la personalità di scrive. Il fatto più sconvolgente di questo diario elettronico è che è strutturato in maniera tale che ogni volta che si apre scatta la fotografia della faccia del suo autore. Ogni persona può vedere la sua faccia ogni giorno della sua vita, vedersi invecchiare e sentire "con mano" il senso del tempo che passa. Questa credo che sia proprio la cosa più paranoica possibile. C'è una piccola macchina fotografica che tiene in memoria anche le foto precedenti, in un percorso figurativo del proprio essere.

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Domanda 13
Comunicare con i computer in casa significa comunicare in modo naturale?

Risposta
Assolutamente. C'è un solo bottone per accendere il computer, un'unica interfaccia che guida direttamente ad un menù base semplificatissimo, ed il computer svolge solo quella funzione. A pensarci bene, e questo lo abbiamo scoperto dopo aver messo in atto questo lavoro, è anche il sistema migliore per utilizzare la tecnologia obsoleta, perché per creare il Memory PC si possono usare, ad esempio, dei display piccoli che oggi non sono più considerati aggiornati sul mercato. Ciò poiché nel mercato dei Portable PC, il display deve essere sempre più grande e sempre più luminoso. Potrebbe essere utilizzato se il problema fosse soltanto processare un'immagine e mantenerla viva.

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Domanda 14
Spesso, infatti, la semplificazione delle interfacce richiede una complessità di tecnologia.

Risposta
Per noi era importante l'esperienza del Workshop come occasione di investigazione di un tema di cui, in realtà, parliamo tutti, ma non viene affrontato partendo da presupposti diversi ed innovativi. Questo è un lavoro che conviene realizzare noi come designer, ed anche un'industria come l'Olivetti, in questo caso, perché ha bisogno di prevedere e di capire come il mondo si evolve e come si potrebbe evolvere. In ogni caso, questi progetti, hanno lo scopo di influenzare la ricerca e il dibattito attorno alle qualità dei prodotti futuri, indispensabile per andare avanti.

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Domanda 15
Proprio nella Olivetti, però, dove c'è una tradizione sul design iniziata da Sottsass, una firma famosa del design internazionale, i prodotti raramente hanno recepito le idee. Sottsass, una volta, mi ha detto: "ma perché non si riesce mai a mettere il colore in questa benedetta tecnologia?"

Risposta
La tecnologia non è un bene personale: è un bene di tutti, e, come tale, deve essere progettata per un uso comune. Dare troppa personalità allo strumento tecnologico può essere negativo, impedisce il successo commerciale del prodotto, invece che favorirlo.

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Domanda 16
Negli Stati Uniti si parla già di Wearable Computer: computer da indossare, come i piccoli tattoo e pager che si tengono in tasca, i pen computer, e così via. Non ci stiamo dirigendo verso un punto di svolta?

Risposta
Sì, però con attenzione. Il vero problema dei prodotti tecnologici è sempre quello di saper testimoniare la tecnologia che contengono. Il tema del disegno non è semplicemente un fatto di moda, bensì un fatto di moda combinata con coscienza di tecnologia; e la coscienza di tecnologia è qualcosa di impalpabile, assolutamente immaterica, che c'è nell'aria e che fa capire a tutti noi che qualche cosa è tecnologico, studiato e avanzato, mentre qualche cos'altro no. E' facile capire ciò quando si guardano, per esempio, le automobili: noi capiamo subito quando un'automobile è nuova o vecchia, indipendentemente dal fatto di riconoscerne la marca, di riconoscerne le singole qualità innovative. C'è un linguaggio, un sistema di segni, che fa sì che la tecnologia si esprima come avanzata, come sofisticata, studiata e forte, oppure come tecnologia vecchia e passata. Il bisogno dei prodotti tecnologici pretende questo.

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Domanda 17
Lei ritiene che questa percezione ci sia già da parte del pubblico nei confronti della tecnologia?

Risposta
Assolutamente sì. E' la ragione per la quale molti prodotti della tecnologia disegnati, colorati - questa è anche un'esperienza mia, personale, ed anche dell'Olivetti -, non sono stati recepiti come prodotti sofisticati, anche se lo erano. Ciò è accaduto perché l'impressione di oggetto disinvolto, quasi giocattoloso, quasi semplificato, non testimoniava il valore della tecnologia che conteneva. La tecnologia produce strumenti d'uso che hanno una funzionalità e un utilizzo preciso, e come tali pretendono di dichiarare efficienza e professionalità. Non ha importanza se si usano a casa, o in ufficio. La macchina fotografica è un oggetto che si usa in vacanza, eppure, essa, pretende un'immagine di macchina fotografica.

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Domanda 18
E' un problema di rispettabilità?

Risposta
Sì. I designer, oggi, sono degli operatori di equilibrio, poiché equilibrano i valori tecnologici come i valori umani; non sono degli artisti stravaganti. Devono saper diventare degli artisti stravaganti in tutti quei casi nei quali i prodotti hanno bisogno di comunicare qualcosa in più della loro stretta funzionalità. Nel caso della tecnologia, molto spesso, quello che devono comunicare è molto preciso e concreto.

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Domanda 19
Non crede che nel futuro, con la diffusione così trasversale della tecnologia nella vita quotidiana, i designer di tecnologia dovranno anche diventare progettisti di ambienti interattivi?

Risposta
Oh sì, certamente! Basti pensare che già oggi, io, nel mio studio, ho dovuto preparare un dipartimento di progettazione virtuale e di progettazione legata agli strumenti tecnologici, legata a quello che si fa oggi. Tutte le progettazioni non le realizziamo più su carta, ma, il più delle volte, proprio in forma visiva, multimediale. Il grande vantaggio che possiede chi studia architettura e design, oggi, è l'apertura a tutto il mondo virtuale da progettare, che permetterà a tutti di avere un grande lavoro nel futuro.

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