INTERVISTA:
Domanda 1
Quali sono le ragioni che l'hanno interessata a Pynchon?
Risposta
Sono una ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Udine, ed ho
pubblicato un libro sul romanzo americano che affronta le tematiche urbane relative al
post-modernismo. Quando si affrontano i temi della post-modernità sappiamo benissimo che
questo concetto nasce in architettura, ed è come se finisse nel convergere nella pagina
come ultimo momento di elaborazione. Se pensiamo alle forme letterarie nate negli altri
secoli era un poco la pagina che suggeriva l'estetica; viceversa, adesso, il romanzo
incorpora una serie di suggestioni che vengono dal cinema, che vengono dalle arti visive e
tendono ad imitare delle tecniche che sono extra-letterarie, che sono al di fuori della
pagina. E da questo punto di vista, per potere affrontare un discorso sul post-moderno e
sulla narrativa post-moderna, è stato necessario, per me, dialogare con altri linguaggi.
La pagina di Pynchon evoca una serie di linguaggi che sono, appunto, non strettamente
letterari, ma extra-letterari, sono linguaggi che vengono dalla strada, dalla tecnologia e
vengono, appunto, da sollecitazioni anche legate al territorio inteso come luogo di
linguaggi mediali, e, comunque, anche linguaggi popolari, cioè linguaggi legati ai
ghetti, alle controculture.
Domanda 2
Il tema dei confini sociali, storici e geografici, dunque, è un tema caratteristico
dell'opera di Pynchon. Si può leggere un riferimento preciso anche a questo processo di
globalizzazione favorito dai mezzi di comunicazione e da Internet?
Risposta
Se c'è un rapporto tra Pynchon ed Internet esiste proprio nel modo in cui lui riesce a
prefigurare nei suoi romanzi delle zone nascoste, oscure di elaborazione, di produzione di
senso che sfuggono anche ai linguaggi egemonici. Indubbiamente, nelle sue storie si allude
a dei campi semiotici che sono comunque separati da quelli istituzionali e, di
conseguenza, questa grande fiducia che ha Pynchon nella capacità di elaborare a margine,
prefigge moltissimo il lavoro che avviene in Internet, questo lavoro che si propone come
alternativo ed anche nascosto. Pynchon non è sempre legato ad un'idea di intellettuale
che si propone in quanto soggetto, ma piuttosto ad una dimensione molto più corale, molto
più nascosta, più autonoma ed anche libera dalla posizione di una cultura che sia
individuabile o comunque collegabile ad una individualità specifica, ad una soggettività
limitata; sicuramente, dentro il discorso narrativo di Pynchon c'è questa apertura ad una
cultura che è gestibile in altre aree, diverse da quelle riconoscibili, individuabili. E
non è un caso che Pynchon ha alcuni fra i più straordinari siti presenti in rete; egli
è uno degli autori che ha più affascinato, i cultori della produzione culturale in
Internet. Non a caso gli operatori nascosti, oscuri che lavorano ai siti a lui dedicati
sono riusciti ad offrire anche agli studiosi, ai lettori, ai cultori di Pynchon, degli
strumenti che lui stesso non era disposto a ripubblicare. Oggi sarebbe difficile reperire
anche nelle biblioteche americane dei materiali che per una serie di ragioni l'autore non
aveva più intenzione di proporre su carta stampata. Internet è uno dei luoghi di studio
privilegiati dell'autore, e non è un caso che l'autore sia consapevole del grosso
potenziale di ricerca anche su se stesso, che è un autore invisibile.
Domanda 3
Internet e le nuove tecnologie potrebbero essere una chiave di volta per un diverso
sviluppo della letteratura e anche dell'arte?
Risposta
Per una diversa idea di autorialità, certamente. Internet mette in crisi l'idea di
presenza dell'autore. Internet è una struttura attorno alla quale si può elaborare un
diverso linguaggio anche narrativo, è una struttura che pare implicare un'idea di autore
che è già corale, è già multiplo. E questo, naturalmente, è molto problematico,
perché, parlando di Pynchon, se si pensa che è un autore invisibile, che non si lascia
trovare, questa sua scelta, in realtà, pare estremamente coerente proprio laddove è
riuscito a fare un'analisi di questi meccanismi di diffusione della cultura, di produzione
della cultura che mettono in crisi l'autorialità. A mio avviso, c'è un percorso
parallelo che pare connettere il lavoro di scrittura che propone Pynchon a quello che è
il potenziale narrativo, di narrazioni multiple che la rete propone, o, comunque, a cui
prelude la rete.
Domanda 4
E riguardo all'ipertesto?
Risposta
Pynchon è un autore interessante proprio perché nella sua struttura compositiva allude
all'ipertesto. Egli non si ispira direttamente all'ipertesto però, sicuramente, la sua
scrittura è una scrittura ipertestuale; è ipertestuale perché ha, come l'ipertesto, una
struttura radiale: tende verso la dispersione però, al tempo stesso, è anche molto
strutturata, perché sappiamo che l'ipertesto è comunque pensato prima di essere
prodotto. È possibile navigare all'interno dell'ipertesto perché è una struttura che si
apre a raggiera, non va soltanto in una direzione; è anche vero che un ipertesto deve
essere preordinato, programmato, ed è comunque un sistema chiuso. In questo senso è
diverso dalla rete, è diverso da Internet, sicuramente; e in Pynchon c'è questa
capacità di riferirsi a una strutturazione multipla del discorso che va in varie
direzioni, che riesce ad abbracciare, a raggiera, una molteplicità di linguaggi. Al tempo
stesso, però, rimane forte il senso della composizione, una composizione attenta,
preordinata, che da ascolto a varie voci, che propone una molteplicità di identità, di
realtà sociali, di linguaggi. Sembra un paradosso che Pynchon riesca a mettere insieme
questi due aspetti: struttura meditata, intenzionale, e possibilità ampia di
interpretazione, ma è quello che fa. Non a caso, se vogliamo definire l'opera di Pynchon
un ipertesto, o i singoli romanzi di Pynchon degli ipertesti, sono degli ipertesti non
soltanto esplorativi, ma costruiti. E sta in questo il suo fascino, nell'assenza totale di
casualità delle sue storie innestata alla potenzialità di innumerevoli letture e di
innumerevoli percorsi. A mio avviso, da questo punto di vista, il rapporto con l'ipertesto
è importante perché il romanzo pynchoniano è un'opera aperta, ma non illimitata. È
un'opera che allude a diverse condizioni, a diversi linguaggi, però, al tempo stesso è
costruita, predeterminata, consapevole. È multipla ma non casuale, non caotica. Allude al
caos che è la difficoltà di interpretare in un'unica direzione, però pone anche delle
costrizioni, pone anche dei limiti all'infinito leggibile. Questa, a mio avviso, è una
dialettica importante rintracciabile nella sua opera, perché vi troviamo sempre una
presenza di personaggi che sono paranoici, tendono a costruire un loro mondo, tendono a
proiettare sulla molteplicità dell'esperienza delle nozioni limitate, o comunque
ideologia precisa e limitata che a loro appartiene. E, dall'altra parte, ci sono dei
personaggi, invece, nomadi, capaci di vagare sulla strada, soprattutto, che piuttosto che
la casa o la serra, scelgono la strada. Pynchon, in realtà, si pone a metà tra queste
due condizioni. Vuole mantenere degli spazi di riflessione, di elaborazione e quindi di
interpretazione però al tempo stesso in grado veramente di incorporare ciò che la strada
propone. Egli incorpora la molteplicità senza però rinunciare alla facoltà di
elaborarla, la facoltà comunque di intervenire, anche, tra l'altro, politicamente, con
uno sguardo che sia uno sguardo di lettura; in questo c'è la sua grandezza. Tra l'altro,
la sua grandezza è anche nel fatto di poter stuzzicare, stimolare il lettore a cercare un
suo percorso di interpretazione. La domanda, però, resta sempre quella legata ai limiti
dell'interpretazione, alla presenza di un innumerevole numero di linguaggi, di
stimolazioni, di sollecitazioni nell'etere, e, al tempo stesso, la necessità di trovare
una forma di interpretazione per questi segni.
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