INTERVISTA:
Domanda 1
Qual è il suo incarico attuale?
Risposta
Io sono stata per molti anni insegnante di italiano e latino dapprima in un liceo
scientifico e poi in un liceo classico. Adesso sono preside in questa scuola di Clusone,
che è in provincia di Bergamo, da circa un anno e mezzo. Come ho già avuto modo di dire
ho cominciato nel 1984 a occuparmi di informatica da insegnante di italiano, perché ho
capito che questa disciplina poteva dare molto a noi insegnanti di italiano nel migliorare
il rapporto con gli studenti e nel migliorare la qualità delle lezioni. A quell'epoca
l'informatica era soprattutto usata come sistema di scrittura e nella mia attività questo
era un elemento centrale, fondamentale e conseguentemente ho cominciato a far scrivere
anche i miei studenti. Ho capito che la scrittura col personal computer li aiutava molto
ad imparare proprio a scrivere, a comporre un discorso, a migliorare il loro rendimento
scolastico. Ho capito che dovevo introdurre in maniera abbastanza stabile, direi quasi di
routine, queste tecnologie nel mio corso, e ho cominciato a lavorare in maniera molto
fruttuosa con i ragazzi della scuola dove ero allora. Gli studenti hanno inizialmente
scritto usufruendo del personal computer e usando anche altri software che nel frattempo
andavano sviluppandosi; inoltre hanno imparato a scrivere delle scalette, a fare dei
lucidi, a preparare le proprie interrogazioni come se fossero delle presentazioni di un
argomento, hanno imparato ad elaborare l'esposizione di qualche cosa legato alla loro
attività. Sono state attività importanti che hanno chiarito bene, a me ma anche ai
colleghi coi quali ho lavorato in quegli anni, che la qualità dell'apprendimento è
direttamente proporzionale al fatto che gli studenti non vengano semplicemente
intrattenuti in una lezione. Gli studenti hanno bisogno di avere un percorso di lavoro
disegnato dall'insegnante che li costringa a fare, ad accumulare una serie di esperienze
attraverso le quali maturano effettivamente delle conoscenze.
Domanda 2
Quali sono state le reazioni dei suoi studenti di fronte all'introduzione della
tecnologia?
Risposta
Gli studenti hanno necessità di avere un percorso guidato dai loro insegnanti, un
percorso di attività, di esercizi graduati magari per difficoltà, senza i quali la
qualità del loro apprendimento è insoddisfacente. Non è pensabile che la didattica sia
spesa, complessivamente e nella sua grande parte, come lezione frontale poiché questo è
un modo di comunicare delle informazioni e il sapere che con studenti di un'età in fondo
così giovane come i nostri che vanno dai quattordici ai diciotto/diciannove anni, non
risulta essere l'approccio più produttivo. Questo non vuol dire che la lezione non ci
debba essere, però non deve essere l'esclusiva attività didattica. Vorrei sottolineare
l'importanza delle attività degli studenti, di un percorso ragionato di esercizi attuato
attraverso questi strumenti che, per me insegnante di italiano che deve insegnare a
scrivere, sono diventati veramente insostituibili. Come insegnare a scrivere se non
correggendo e rifacendo ciò che si scrive? Scrivere è un'attività pratica. Si impara
scrivendo. Quando gli studenti usavano carta e penna confesso che avevo qualche ritegno
nel fargli rifare venti volte lo stesso compito, d'altronde proprio molte cose andavano
corrette per imparare a costruire un testo composto in maniera corretta, con un tono
appropriato di discorso a seconda dell'interlocutore e della situazione comunicativa nella
quale ci si trova. La carta e la penna rendevano quasi impossibile riuscire a insegnare a
scrivere ai miei studenti. Le cose sono migliorate in maniera radicale con il personal
computer. I compiti in classe a questo punto si facevano nell'aula d'informatica pur con
alcuni problemi logistici. È chiaro che in una classe ci sono più ragazzi che i dodici,
quindici computer che normalmente un'aula d'informatica contiene. Però è anche vero che
è possibile trovare tutta una serie di possibili soluzioni che adesso sarebbe lungo
elencare, come ad esempio un gruppo di studenti scrive e fa i suoi compiti e l'altro
gruppo lavora con l'insegnante nella stanza attigua a qualche cosa d'altro; la lezione
successiva ci si scambia. Le esercitazioni dei ragazzi venivano scritte con personal
computer in modo che potevano essere riscritte più volte in relazione alle mie
correzioni. Questo ha migliorato l'approccio degli studenti con la scrittura. E il
personal computer ha aiutato gli studenti anche a imparare a esprimersi in pubblico,
perché cos'è un'interrogazione se non un parlare in pubblico su un argomento conosciuto
sul quale si spera si è passabilmente preparati? I programmi di video scrittura
consentono, fin dalle origini, la possibilità di costruire delle scalette, la
possibilità anche, dopo l'integrazione degli strumenti di disegno, di disegnare delle
mappe e di preparare dei veri e propri lucidi, che possono essere disposti sulla lavagna
luminosa e, mentre si è interrogati, si guarda la scaletta del proprio discorso. Questa
tecnica è utile naturalmente a chi parla, perché mantiene un livello di attenzione più
alto, e a chi ascolta, cioè alla classe, perché la sua attenzione è attratta dalla
scaletta, eliminando quella tendenza a distrarsi tipica della classe durante una
interrogazione. Io ho fatto degli esempi legati alla scrittura e all'esposizione, perché
queste sono attività centrali in un buon corso di educazione linguistica in una scuola
media superiore, ma le stesse osservazioni le ho ascoltate da colleghi che insegnano
matematica, lingue o altre materie. Questo tipo di strumenti consente agli studenti di
svolgere una serie di attività che non sarebbe impossibile svolgere in altro modo, ma
certamente sarebbe più difficile. Non sono d'accordo, inoltre, sul fatto che l'uso
cartaceo sia più riflessivo. È più riflessivo, a mio parere, proprio lo scrivere con un
personal computer, perché un personal computer consente, in maniera ragionevole dal punto
di vista del tempo e dell'investimento, la revisione del testo. Francamente non ho visto i
miei studenti approfittare troppo dei correttori ortografici. Vorrei dire che non ce n'era
bisogno anche se, a dir la verità, qualcuno ne avrebbe avuto bisogno comunque. Del resto
i correttori ortografici non sono il primo problema di chi scrive.
Domanda 3
Quali sono, dunque, i problemi di chi scrive?
Risposta
Il primo problema di chi scrive è sapere che cosa vuole dire e il secondo saper comporre
bene la propria informazione in un discorso che abbia una sua coerenza, abbia un suo
decoro, un suo tono appropriato. Rispetto al problema del correttore ortografico, una
volta l'ortografia si insegnava ai bambini piccoli e all'età di quattordici anni dovrebbe
essere un problema superato. Non lo è proprio per tutti, ma ripeto, questo non è il
problema principale che io ho avuto come insegnante di italiano. I correttori sintattici
ci sono ma essi non sono così raffinati da poter essere veramente usati da degli studenti
che compongono discorsi di tipo espositivo e argomentativo su degli argomenti inerenti ai
loro studi. Quindi questi non mi sono sembrati problemi troppo importanti e degni di
essere presi troppo in considerazione. Quello che mi sembrava importante, e devo dire che
questa è un'osservazione che ho ritrovato anche in alcuni saggi che si occupano delle
caratteristiche della videoscrittura, è il fatto che il personal computer aiuti chi
scrive a visualizzare, in un certo senso, a materializzare il proprio pensiero. Chi scrive
in realtà compie una grossa operazione di astrazione. I ragazzi sono molto giovani, non
necessariamente sono capaci di queste operazioni di astrazione ed il personal computer li
aiuta, perché dà materialità al loro discorso che seppure grezzo, o addirittura
brutale, si materializza sullo schermo e sullo schermo può essere coretto. Può essere
rivisto il giorno dopo, può essere ripreso dopo un lasso di tempo che lascia sedimentare
in qualche modo le cose e rende più facile la correzione. Proprio da questo aspetto è
partita appunto la mia esperienza con l'uso del personal computer nonostante la mia scuola
a quell'epoca non aveva neppure l'aula di informatica. Era un periodo nel quale non si
discuteva ancora di autonomia scolastica e le scuole non avevano possibilità di gestire
corsi, di gestire i loro stessi bilanci con i mezzi ordinari e quindi si era risolto il
problema costituendo un'associazione che potesse comprare le macchine, allestire il
laboratorio. Questa associazione si era occupata di costruire un'aula che metteva a
disposizione delle scuole, perché allora le attrezzature informatiche nelle scuole erano
ancora abbastanza povere. Ora non è più così e finalmente le scuole hanno ormai gli
strumenti sia amministrativi che finanziari che permettono, ad esempio come in questa
scuola, di disporre di almeno quattro laboratori di informatica. Quindi non siamo più
nella condizione di dover chiedere l'aiuto di qualcuno per poter portare gli studenti a
fare delle cose in laboratorio.
Domanda 4
E per quanto riguarda Internet?
Risposta
Con la telematica abbiamo cominciato a lavorare nel 1993. La nostra prima esperienza è
stata un'esperienza di posta elettronica avendo a disposizione un computer collegato alla
linea telefonica con il modem. Avevamo anche a disposizione una rete, perché l'accesso a
Internet era ancora un po' complicato ed anche molto costoso. Tuttavia, su una rete
amatoriale come il Fidonet gli studenti hanno potuto cominciare ad apprezzare questo
mezzo. Innanzitutto per chiacchierare con i loro compagni sparsi in altre scuole, a volte
addirittura in paesi stranieri e quindi utilizzando anche la lingua inglese. La posta
elettronica è stato lo strumento per rinnovare, anche da parte nostra, l'uso dell'amico
di penna, come si è sempre usato nelle scuole. Sennonché i ragazzi erano molto più
motivati perché l'amico di penna che risponde attraverso la posta ordinaria risponde
quindici, venti giorni dopo mentre il riscontro della posta elettronica è quasi
immediato. La posta elettronica è stata utilizzata non solo per comunicare ma anche per
l'attività didattica ed il nostro primo lavoro è stato la costruzione di qualche
capitolo di una grammatica virtuale dell'italiano che abbiamo tenuto in rete e che abbiamo
fatto in collaborazione con alcuni studenti di un'università straniera che studiavano la
nostra lingua. Dopo questa esperienza abbiamo partecipato al progetto Manuzio, che è il
progetto di un'associazione romana, denominata Liber Liber, e consiste nella costruzione
di una biblioteca digitale, da tenere online, dei classici della letteratura italiana. Gli
studenti hanno digitalizzato il Decameron di Giovanni Boccaccio, l'anno dopo hanno
digitalizzato l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e in questo modo si sono accostati
all'uso e alla tecnologia degli ipertesti. Un'altra forma di elaborazione della scrittura
è stata quella che ha permesso la creazione di un sito Web della scuola, dove viene
presentata nello specifico la scuola e esposti i lavori come le unità didattiche scritte
dagli insegnati, i lavori stessi degli studenti. Attualmente c'è un interessante lavoro
fatto dagli studenti l'anno scorso che documenta un'esperienza di scambio con una classe
francese che avevano svolto da poco. C'è un'altra bella pagina dedicata ai sentieri
trekking della Val Seriana, scritta da ragazzi del secondo anno del corso dei geometri;
inoltre in questo momento alcuni studenti stanno costruendo un sito Web della poesia
italiana unitamente all'idea di analizzare gli spartiti metrici della poesia. Il loro
punto di vista originale è quello di includere nella lista anche quelle che loro chiamano
le canzoni moderne. Gli studenti analizzano i testi di Jovanotti, di Lucio Dalla e di
Gianna Nannini e li trattano come se fossero testi, testi che hanno a che fare con il
grande repertorio della nostra letteratura colta. Quindi il sito Web dedicato alla poesia
italiana è piuttosto interessante perché consiste in un esercizio di scrittura che a
questo punto non coinvolge più soltanto il testo, ma anche un codice che potremmo
definire multimediale. Un codice che a questo punto si costruisce attraverso altri codici,
perché in un testo multimediale non convive più soltanto la pagina scritta ma anche
suoni, animazioni, filmati. C'è di tutto e si tratta di imparare a gestire questi
linguaggi in maniera diversa. La soddisfazione degli studenti è grande, perché sentono
di potersi esprimere con strumenti che loro sentono più vicini, di cui si sentono più
padroni, e si scontrano con la difficoltà di maneggiare così tanti codici in maniera
appropriata.
Domanda 5
Sembra quasi che tutta la didattica sia finalizzata a mettere qualcosa sul Web. In realtà
si può utilizzare il computer anche al di là del Web?
Risposta
Sicuramente si. Direi, anzi, che il Web sia faticoso per la didattica, perché non
dimentichiamo che gli accessi Web, gli accessi Internet delle scuole sono abbastanza
poveri. Sono le "dial up connection", che hanno accessi abbastanza lenti, a
volte intasati. In una scuola raramente si raggiungono le prestazioni cui sono abituate le
università e le grandi aziende. Peraltro ritengo che il Web abbia dato qualche cosa di
insostituibile alla didattica - so che molti sorrideranno - ma il Web ci ha dato gli
ipertesti in HTML. Il problema è che gli ipertesti esistono da tanti anni. Ricordo di
aver cominciato a scrivere ipertesti con Hypercard per Macintosh nell'88. Sotto Windows
con Guide poco tempo dopo, e ho fatto questa esperienza con molti miei colleghi e nessuno
di noi ha giudicato insegnabili gli ipertesti. La didattica diventa molto pesante, la
tecnologia è troppo opaca e insegnare a usare "Guide" implica un corso di un
certo numero di ore. Fare un ipertesto implica conoscere un linguaggio di programmazione e
se devo insegnare un linguaggio di programmazione non posso fare lezione di letteratura
italiana. Gli ipertesti, a me e a tanti miei colleghi, sono sembrati qualche cosa di
assolutamente interessante e affascinante, li abbiamo usati molto per preparare le nostre
lezioni. Non li abbiamo mai insegnati agli studenti fino a Mosaic, fino all'HTML, insomma
fin quando abbiamo capito che con un editor, e a quell'epoca erano un po' artigianali
mentre adesso Word fa cose straordinarie nel giro di pochi secondi, che con pochi comandi
potevamo produrre degli ipertesti, senza che la nostra attenzione andasse troppo sulla
tecnologia, sul linguaggio che gestisce gli ipertesti, e invece potesse dedicarsi ai
nostri argomenti di studio. Un piccolo corso addestrativo di poche ore dava la
possibilità a quegli studenti che conoscevano la video scrittura di scrivere cose
straordinarie. Indubbiamente si possono fare corsi più raffinati perché si può imparare
a gestire bene le immagini, i filmati, l'animazione, i suoni ma io sono convinta che in
una giornata si possa costruire il sito Web della scuola, con gli strumenti giusti
naturalmente, con la tecnologia giusta e con una guida ragionata. Aver capito che questo
strumento ci dava la possibilità di introdurre l'ipertestualità sui nostri curricula di
studio è veramente molto importante, altro poi è il discorso dell'utilità di Internet
come rete nella scuola.
Domanda 6
E a proposito del rapporto tra gli insegnanti e le nuove tecnologie?
Risposta
C'è un forte interesse nella scuola relativamente alle nuove tecnologie e particolarmente
al tema della multimedialità; ciò è dovuto al fatto che il Ministero della Pubblica
istruzione sta dando, in questo periodo, sostegno a questo genere di temi. Molti
insegnanti seguono dei corsi, si aggiornano, cercano di fare molte cose. C'è un problema,
io credo, che sta alla base del problema della multimedialità: la più parte degli
insegnanti è convinta del fatto che l'unica possibile modalità didattica di trasmissione
del sapere agli studenti sia la lezione frontale. C'è una forte opinione negli insegnanti
legata a questa particolare modalità di concepire la propria professione, di concepire la
propria attività con la classe e costituisce il vero ostacolo a qualunque altro
atteggiamento nei confronti della didattica. Questo è il problema vero. Gli insegnanti
hanno i loro modelli che sono legati alla lezione frontale, alla ripetizione e ancora oggi
le lezioni private si chiamano ripetizioni perché in realtà è un modello questo di cui
si potrebbe ripercorrere la storia. È una storia legata a un mondo in cui si faceva
fatica a scrivere a usare altri strumenti e era un mondo anche molto più povero
obbiettivamente, ancora nella generazione prima della mia era difficile avere pastelli e
colori con cui disegnare a scuola. Ancora adesso gli studenti sono meravigliati che la
scuola gli procuri i lucidi, i fogli di acetato sui quali possono fare quello che vogliono
con i pennarelli che hanno a disposizione. Ritengo, credo che il grande problema della
didattica sia in realtà proprio nella formazione degli insegnanti e nel fatto che gli
insegnanti siano troppo legati a un modello storicamente determinato di trasmissione del
sapere e legato fondamentalmente alla pratica della lezione frontale. Un insegnante che
lavora con gli studenti e comincia a vedere risultati diversi è consapevole del fatto che
è necessario saper organizzare il lavoro degli studenti, è necessario saper organizzare
il loro percorso di esperienze riunite che alla fine costruiscono il risultato. Nel
momento in cui gli insegnanti si rendono conto di questo, allora la strada è spianata. Le
nuove tecnologie, oltre ai problemi (perché danno anche qualche problema di gestione, in
quanto molto belle, ma forse non ancora le macchine ideali di cui avremo bisogno) possono
risolvere molti dei nostri problemi. Non sono le tecnologie a cambiare la cultura
professionale degli insegnanti, piuttosto devono essere gli insegnanti a fare una serie di
esperienze che dovrebbero formarli in modo diverso. Concordo, infine, con ciò che
sostiene Roberto Vacca: i computer piacciono a quelli che fanno delle cose; se uno deve
scrivere apprezza il fatto che con un computer sia in grado di farlo, così come uno che
debba disegnare o fare dei calcoli. Se uno non sa bene che cosa deve fare è difficile che
apprezzi il computer. Nella mia scuola, gli studenti impegnati nella costruzione del sito
Web sulla poesia italiana stanno lavorando con studenti di altre scuole che collaborano
con noi. Abbiamo deciso un piano di lavoro nel quale ciascuno di noi produce dei
materiali, che poi vengono discussi, vengono corretti e quando si raggiunge una versione
definitiva vengono collegati al sito Web della scuola; nel nostro caso li registriamo su
un CD, perché lavorare fuori della connessione con Internet è molto più agevole per
noi. Questi studenti sono guidati da alcuni insegnanti e da tutor locali con i quali
abbiamo costruito una classe virtuale nella quale gli studenti possono fare delle domande
e ottenere risposte. Questo avviene anche nella didattica classica naturalmente, perché
con ragazzi così giovani io trovo abbastanza insostituibile la figura dell'insegnante in
classe. L'insegnante è il punto di riferimento, quello a cui si fanno domande, si chiede
un chiarimento rapido perché non si riesce a fare una cosa. Quindi il problema è quello
di avere di fronte un esercizio significativo, un problema da risolvere rispetto al quale
muoversi e fare una serie di operazioni, costruendo man mano nel nostro percorso quegli
strumenti concettuali che servono ad affrontare un problema legato a una determinata
disciplina. Ben vengano le forme di collaborazione anche extra moenia, quindi al di fuori
delle aule, e le forme di collaborazione virtuale con altri studenti, con altre scuole, e
le forme di teledidattica. Nella zona dove si trova la scuola in cui io insegno, per
esempio, queste forme di collaborazione hanno anche un senso molto forte perché questo è
un territorio montuoso e una distanza di pochi chilometri a volte può essere una distanza
molto consistente soprattutto quando, magari, il tempo è cattivo, quando nevica, quando
c'è qualche frana o incidenti di vario genere. Ciò che per me è fondativo e ha senso è
il fatto che l'insegnante faccia lavorare i suoi studenti, organizzi le loro attività,
sia presente come consulente al quale rivolgersi per risolvere un problema contingente,
per risolvere qualche problema più di fondo, legato alla questione che si sta
affrontando. Questo mi sembra veramente importante e non esclude la lezione frontale, ben
organizzata, corta, perché l'attenzione umana non è esagerata.
Domanda 7
Facciamo un esempio pratico: una lezione tradizionale su Leopardi implica che il
professore spieghi per due ore, gli alunni prendano appunti e poi, dopo una settimana,
c'è l'interrogazione. In questo processo molto classico, in che modo la tecnologia può
intervenire, per cambiare, per aumentare l'attenzione, o per migliorare la didattica?
Risposta
La tecnologia interviene nel momento in cui si danno da fare dei lavori, si assegnano i
lavori agli studenti. L'insegnante introduce il tema Leopardi, presenta i problemi che gli
sembra essenziale affrontare nel trattare questo argomento, quindi questo autore;
dopodiché assegna una serie di lavori, di analisi del testo, e quindi di interpretazione
critica, ai vari studenti. Questi studenti devono presentare - il lasso di tempo viene
deciso dall'insegnante, o viene deciso insieme nei casi più democratici- un lavoro,
devono presentare i risultati di una loro ricerca. Gli viene spiegato prima
dall'insegnante come si deve leggere l'Infinito, anche perché si suppone che, siccome
questo è un argomento di terzo anno di corso di letteratura italiana, gli studenti devono
aver acquisito gli strumenti di lettura della poesia italiana, quindi di lettura e di
interpretazione, dei paragoni critici di interpretazione che la nostra disciplina
utilizza. Quindi gli studenti sono in grado di realizzare una serie di lavori, e
l'insegnante è in grado di dare dei lavori differenziati, anche per difficoltà, perché
non tutti gli studenti sono uguali. Ad uno studente un po' in difficoltà non chiederei
mai di affrontare ardui problemi di interpretazione dell'Infinito di Leopardi... non gli
assegnerei il saggio di Lotman da leggere su Leopardi, però gli si possono assegnare dei
lavori diversi; ma l'interrogazione consiste nella presentazione del proprio lavoro
originale. L'insegnante può dare una serie di indicazioni, perché può guidare il lavoro
dei suoi studenti. E le tecnologie devono precisamente servire, da un lato, a trasferire
sulla carta, o sul lucido, o dentro un ipertesto l'esposizione del proprio discorso,
dall'altro, se parliamo della rete, possono essere utili perché consentono una ricerca su
del materiale che è possibile consultare per poter trattare quel particolare problema.
Domanda 8
Coloro che non avranno un computer a casa partiranno svantaggiati rispetto agli altri che
avranno il privilegio di utilizzare queste nuove tecnologie in ambito domestico?
Risposta
Indubbiamente, chi possiede un computer a casa parte molto avvantaggiato perché ha già
l'abitudine a usarlo (i ragazzi normalmente giocano col computer). Alcuni giochi sono
bellissimi - modestamente... sono una campionessa in alcuni di questi giochi. Chi ha un
computer a casa è la scuola che lo stimola a utilizzarlo; il ragazzo capisce che può
scrivere la sua relazione, fare il suo compito utilizzando bene il software che ha a
disposizione sulla sua macchina. Io credo che le scuole stiano facendo un grosso sforzo,
in questo senso. La scuola è un posto dove si sta per studiare, si sta per far lezione,
naturalmente, per fare quelle ore che sono previste nei piani di studio di ogni corso, per
avere un diploma, ma anche, fondamentalmente, per studiare. Il grande sforzo che stiamo
facendo in tanti è precisamente quello di tenere aperta la scuola, di non chiuderla alle
due del pomeriggio. Che senso avrebbe chiudere questo laboratorio alle due del pomeriggio?
Costa molto, perché in realtà è molto caro per le scuole affrontare un discorso di
attrezzature che fra due, tre, quattro anni possono essere completamente vecchie, così
vecchie da non poter essere utilizzate, perché il software nuovo non sarà utilizzabile
su macchine vecchie. I laboratori vanno usati a pieno regime perché costano molto e il
giorno che li butteremo via li dobbiamo buttare via con l'animo sereno di chi li ha
utilizzati, perché altrimenti sarebbe veramente un grande spreco di denaro pubblico. In
queste scuole, dunque, si sta facendo questo sforzo: la scuola è aperta il pomeriggio,
gli studenti se ne vanno attorno alle quattro e mezza. I laboratori sono aperti e i
ragazzi possono accedervi con molta libertà. Ci devono solo informare del fatto che ci
sono, ma possono andarci anche da soli. Bisogna mettere in conto qualche piccolo
incidente, però non è poi così grave, è meglio correre un rischio di questo genere
piuttosto che tenere i laboratori sotto chiave. Tuttavia, la più parte degli studenti
frequenta i laboratori della scuola con degli insegnanti, perché il pomeriggio la scuola
organizza una serie di attività di carattere opzionale, di carattere elettivo, che gli
studenti possono scegliere liberamente di fare o non fare; ma nei laboratori sono con i
loro insegnanti.
Domanda 9
È possibile pensare che la temuta, quanto odiata interrogazione possa essere superata in
futuro proprio tramite la tecnologia?
Risposta
Credo proprio di sì. Non ha senso essere interrogati in forma di ripetizione di ciò che
ha già detto l'insegnante. L'interrogazione è un'esposizione, un parlare in pubblico di
un argomento che si conosce. Non ho nessun problema se un mio studente conosce un
argomento particolare meglio di me. Io, francamente, Jovanotti non lo conosco molto bene,
di lui non ho mai letto un testo. I miei studenti mi hanno dimostrato che certi testi di
Jovanotti possono essere raffinati quasi come quelli di Carducci. Questa è una scoperta
vera e sono molto contenta di poterlo dire. Un'interrogazione non dovrebbe essere
un'autentica prova all'interno della quale ciascuno pubblicamente presenta i risultati di
un suo lavoro? Questo non toglie che un insegnante possa sempre fare, a chiunque,
qualsiasi domanda, in modo da tenere sempre sotto controllo la situazione. Sono tanti i
modi attraverso i quali si possono gestire le conoscenze, con una soddisfazione reciproca,
credo.
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