INTERVISTA:
Domanda 1
Nell'estate del '95 nasceva "Telèma", la prima rivista italiana del settore
che, con cadenza trimestrale, affronta l'argomento tentando una riflessione approfondita
sui nuovi media. Perché "Telèma"?
Risposta
"Telèma" perché in questo momento la telematica sta dominando la società e la
dominerà sempre di più nei prossimi anni. Non si tratta di una semplice rivoluzione
tecnologica. La telematica non si limita a fornire strumenti che possono migliorare la
qualità della vita, le comodità, il lavoro, i trasporti: la telematica consente di
comunicare, senza limiti di spazio, senza limiti di tempo, da tutte le parti del mondo.
Questo comporta non soltanto un diverso modo di rapportarsi con gli altri, con le persone
e con le cose, ma forse modifica stili di vita ed attitudini culturali; potenzialmente,
può portare anche alla necessità di modificare assetti istituzionali. Quindi è un
fenomeno veramente rivoluzionario di fronte al quale noi non possiamo limitarci a
registrare passivamente le piccola utilità dello strumento, sia esso la televisione
interattiva o il personal computer; dobbiamo capire come e in che misura questi mutamenti
radicali debbano essere innanzi tutto definiti, identificati, e poi, in qualche modo anche
guidati. La tecnologia è di per se stessa neutrale, come ben sappiamo, però l'uso della
tecnologia può essere un cattivo uso o un buon uso. Allora "Telèma" nasce
proprio dall'esigenza di affrontare questo problema.
Domanda 2
Qual è l'idea dietro la rivista?
Risposta
L'idea dietro la rivista è quella di descrivere tutto ciò che sta accadendo in questi
campi, di definirlo da tutti i punti di vista e con la massima serietà, senza nessun
pregiudizio, cercando le persone che, a vario titolo, hanno qualche cosa da dire per
segnalare il problema e per suscitare una riflessione. E' un modo anche per contribuire
alla stessa ricerca scientifica. "Telèma" è una rivista di tipo particolare.
L'editore di "Telèma" è la "Fondazione Ugo Bordoni", che da tempo si
occupa di ricerca nel campo delle telecomunicazioni, delle telematica, dell'informatica e
della multimedialità: divulgare ciò che sta accadendo in questi campi significa
contribuire a un giusto indirizzo della ricerca. Il progetto nasce quindi dall'idea di
svolgere un'opera di divulgazione e di sollecitazione di dibattiti. La rivista si
costituisce di due parti. Una è monografica, dedicata a un tema. Per esempio, il primo
numero era dedicato ai rapporti tra telematica e politica: più democrazia o meno
democrazia? In sostanza ci rivolgiamo ai massimi esperti in quei campi nei quali la
telematica provoca reazioni, connessioni, sollecitazioni. Valutiamo questi problemi da
tutti i punti di vista: dal punto di vista tecnologico, descrivendo con esattezza le nuove
apparecchiature tecnologiche; dal punto di vista politico, dal punto di vista sociale, dal
punto di vista giuridico e dal punto di vista economico. La rivista è, pertanto,
organizzata in modo che ogni numero dia una risposta più esauriente possibile, partendo
dal principio che si tratta di un dibattito senza un fine precostituito. La seconda parte
della rivista è dedicata all'attualità, focalizzando le connessioni della telematica non
soltanto con la vita quotidiana, ma anche con i problemi della cultura ed evidenziando i
rapporti tra l'arte e la telematica. "Telèma" nasce con la convinzione che la
complessità del mondo moderno, una complessità dalla quale possono derivare molte
opportunità ma anche qualche rischio, non possa essere affrontata soltanto dai tecnici.
Deve essere affrontata anche da coloro che, per la loro cultura umanistica o per il loro
impegno sociale, siano in grado di vedere se questa tecnologia può essere assecondata
senza limiti, oppure se, in qualche misura, vada guidata o, per lo meno, in che misura ne
possono essere attenuati i possibili effetti negativi, i rischi delle esclusioni, i rischi
delle differenziazioni. Internet e tutte le possibilità di connessioni hanno creato
qualcosa che prima non esisteva: una democrazia culturale. Però ci sono anche troppe
informazioni, quindi si corre il rischio che qualche operatore fazioso possa trasmettere
delle mezze verità attraverso l'nformatica, rendendo ancora più difficile il
discernimento del vero dal falso e a tutto svantaggio dei corretti operatori
dell'informazone.
Domanda 3
Può delineare un bilancio del primo anno di attività di "Telèma" e proiettare
uno sguardo al futuro?
Risposta
Noi veniamo da un anno di successo, sia di vendite, che di apprezzamento. Ci siamo resi
conto che, attraverso la nostra rivista, abbiamo dato il via ad un maggiore
approfondimento di questi temi. Prima di "Telèma" c'era soltanto un giornale
che saltuariamente dedicava una pagina fissa, "Repubblica", ai problemi della
telematica, a Internet. Soltanto dopo l'esordio del nostro periodico, tutti i giornali
hanno scoperto che la telematica è un argomento su cui bisogna informare i cittadini,
perché cambia la loro vita. Questo può essere un primo positivo bilancio dopo un anno di
vita. Per il futuro speriamo di continuare a svolgere questo tipo di lavoro con la stessa
qualità di interventi, con dibattiti sempre più approfonditi, tenendo comunque fede allo
schema in cui è ripartita la rivista, e tenendo sempre costante questo obiettivo:
scegliere i massimi esperti, italiani e stranieri, nei singoli settori. Ribadisco che il
nostro unico scopo è quello di mantenere viva la discussione attraverso le pagine del
nostro rotocalco: per questo motivo, spesso, pubblichiamo opinioni diverse. Personalmente
penso, e molti collaboratori condividono il mio punto di vista, che il futuro sarà come
è stato il passato, ossia pieno di problemi, per affrontare i quali ci vuole la
conoscenza delle varie realtà, una seria raccolta di dati su cui riflettere. La tecnica
non può avere soltanto il fine di risolvere qualche problema di carattere pratico: deve
essere messa al servizio dell'uomo, perché l'uomo possa ricavarne il maggior benessere
possibile, benessere individuale e benessere collettivo. Spesso ci si chiede se questo
progresso tecnologico potrà favorire la diffusione del benessere o piuttosto non creerà
nuove ragioni di esclusione tra ricchi e poveri, all'interno dello stesso Paese e,
all'interno della comunità mondiale, tra un Paese e l'altro, tra anziani e giovani. Sono
convinto che chi non è in grado di impadronirsi della tecnologia telematica, corre il
rischio di entrare nella grande area degli esclusi o di coloro che non potranno svolgere
attività né creative e neppure remunerative dal punto di vista intellettuale o morale.
L'artigianato del futuro sarà prevalentemente, ne sono convinto, un artigianato
telematico che potrà essere sorretto anche dalla capacità della telematica di
contribuire a diffondere il sapere, la conoscenza.
Domanda 4
Entriamo appunto nel rapporto tra telematica e società. In Italia, per esempio, non si
tratta ancora di un fenomeno di massa, ma si sta diffondendo in modo piuttosto capillare.
Come sta cambiando il rapporto tra la società italiana e le nuove tecnologie?
Risposta
Sta cambiando con marce diverse. Tra i giovani sta cambiando con grande velocità. I
giovani, soprattutto i disoccupati, hanno capito che, se non sanno usare bene il computer
e se non conoscono molti programmi, le loro possibilità di trovare il lavoro si riducono.
Tra gli anziani ci sono atteggiamenti diversi. Ci sono alcuni incapaci di entrare nella
cosiddetta mentalità digitale, soprattutto per una questione di cultura, per una
questione di educazione, per una questione di carattere psicologico. Altri anziani,
invece, anche se hanno difficoltà ad usare il computer perché non hanno elasticità di
apprendimento né la manualità indispensabile per potere usare questi strumenti, ne
capiscono l'importanza. Un esempio è costituito da alcuni grandi imprenditori che, pur
odiando il computer, hanno telematizzato le loro aziende. Secondo me ci vorrà ancora del
tempo per poter far sì che in Italia l'uso degli strumenti telematici sia un uso di
massa. E' sufficiente osservare che il rapporto tra noi e gli Stati Uniti è di uno a
dieci per quanto riguarda il possesso dei personal computer.
Domanda 5
La classe politica italiana ha maturato la consapevolezza di quanto sta avvenendo grazie
alla telematica?
Risposta
La mia esperienza di giornalista politico mi induce ad affermare che .soltanto alcuni
politici italiani abbiano acquisito tale consapevolezza. Il difetto dell'Italia sta nel
fatto che ogni anno ci troviamo di fronte a una emergenza da affrontare. In altri termini,
manca alla classe politica italiana quella che viene definita la "capacità
duale", ossia la capacità di pensare al presente preoccupandosi del futuro. C'è un
dato, secondo me, inquietante ed allarmante: per la ricerca scientifica in Italia si
spende l'1,1-1,2% del prodotto interno lordo, ed è un dato in diminuzione, dato che nel
1991 era 1,3%. La media europea è del 2,5%, in America il 2,8%, in Giappone il 3%. La
classe politica forse avverte questa necessità, ma ha l'affanno di inseguire i problemi
dell'immediato. Purtroppo spesso ci si limita a parlare o di grandi schemi o di grandi
riforme, che non si possono mai fare, oppure di grandi promesse. In Italia dobbiamo
pensare che, se non ci metteremo al livello degli altri Paesi, verremo espulsi non
soltanto dall'Europa, ma da tutto il mondo industrializzato. La telematica è
l'espressione di una rapidità straordinaria del progresso, per cui il futuro che prima i
nostri nonni o i nostri zii immaginavano in termini di generazione, adesso arriva ogni
tre-cinque anni. Tra cinque anni, nel 2001, saranno cambiate moltissime cose. Saranno
cambiate le realtà nazionali, saranno cambiati i confini, avremo forse una lingua
universale. Di fronte a questo possibile scenario ormai prossimo, cosa stiamo facendo?
Poco. "Telèma" lo segnala costantemente, ricoprendo il ruolo di coscienza
critica.
Domanda 6
Non dovrebbe essere compito della scuola fornire ai ragazzi un'istruzione telematica?
Risposta
Sì, io direi che il problema della scuola sia fondamentale. Da più parti c'è la
convinzione che il problema italiano non sia di natura essenzialmente politica, ma
culturale. La storia nel nostro Paese è una storia affascinante e straordinaria, perché
abbiamo conquistato l'indipendenza poco più di un secolo fa, mentre tutti gli altri
grandi Paesi erano Stati nazionali da molti secoli. In Italia non ci si è mai preoccupati
di trasmettere una cultura che non fosse soltanto una cultura umanistica, accanto alla
quale si è sempre diffuso il principio che nella vita ci si possa arrangiare e che, in
definitiva, lo studio non è necessario al fine di un'occupazione. Purtroppo questa idea
si è ben radicata anche a causa di un certo modo, piuttosto diffuso, di fare televisione.
Il messaggio da lanciare dovrebbe essere l'opposto, ossia bisogna prepararsi. Quando
intendo studio, non mi riferisco più all'idea della laurea. Bisogna specializzarsi,
bisogna impadronirsi del saper fare qualche cosa, e non pensare che poi alla fine ci sarà
una soluzione o una pensione di invalidità, o una raccomandazione. Tutto questo modo di
pensare è perdente dal momento che ci dovremo confrontare, per esempio, con i giovani
americani. Per giovani americani intendo tutti quei ragazzi emigrati negli Stati Uniti e
che, nell'arco di qualche settimana, hanno già acquisito la mentalità americana, secondo
la quale devono imparare, devono lavorare, devono competere, devono imparare un mestiere.
In tal senso abbiamo bisogno di una scuola che dia la possibilità ai giovani di capire le
loro capacità, eliminando facili ed irrealizzabili chimere, indirizzandoli verso
traguardi più concreti.
Domanda 7
In questa fase di cambiamento, da qualcuno definita rivoluzione digitale, il futuro è in
mano ai tecnici, agli inventori tecnologici o ancora ai filosofi?
Risposta
Ritengo che questi inventori geniali, straordinari, siano dei tecnici che sono riusciti a
cogliere con una straordinaria acutezza le opportunità di queste innovazioni
tecnologiche. Ma questo è, in un certo senso, il loro compito, creando prodotti nuovi e
vendendoli bene come stanno facendo. Quello che, a parer mio, non debbono e non possono
fare, è cercare di trasformare le loro innovazioni tecnologiche in linee-guida di una
nuova moralità, di un nuovo futuro, di un nuovo modo di essere. Questo è assurdo. La
tecnologia deve servire per aiutare l'uomo a capire quali sono i suoi interessi e a dare
una soluzione ai problemi. Però il cattivo uso della tecnologia produce effetti negativi
e i tecnici, proprio perché sono tecnici, non hanno la capacità di Conoscere il senso
delle cose. Devono essere i filosofi, i politici, i sociologi e gli intellettuali a
cercare di riconoscere le caratteristiche dell'esistenza e della realtà, per cercare di
volgerle a un bene. A me sembra francamente eccessivo che il compito di indicare tutto
ciò venga affidato a dei tecnici, straordinariamente bravi per fare dei prodotti ed
invadere il mercato, convincendo la gente che, attraverso la telematica, noi avremo la
felicità.
Domanda 8
Si può chiamare Neoilluminismo o c'è un'altra definizione che si adatta meglio a questo
scenario globale a cui stiamo andando incontro?
Risposta
Possiamo anche chiamarlo Neoilluminismo, però dobbiamo cercare di distinguere tra le
diverse accezioni o definizioni dell'Illuminismo. Se per Illuminismo vogliamo intendere la
capacità di attribuire alla ragione una qualche onnipotenza in grado di attribuire al
progresso tecnologico anche un progresso dal punto di vista morale, questo sarebbe un
grave errore. Se invece noi intendiamo per Illuminismo, e quindi per Neoilluminismo, la
capacità di fornire all'uomo i mezzi, gli strumenti intellettuali, e non soltanto
intellettuali, per poter essere, facitore del proprio destino, senza avere necessariamente
la guida di altri, se Illuminismo significa rischiarare, cioè aiutare a capire meglio,
allora, secondo me, la telematica usata bene, cioè la telematica che ci mette in grado di
accedere alle fonti, alla conoscenza, la sua definizione è corretta. Questa è una
riconquista di libertà, è uno spazio straordinario, nel quale bisogna però inoltrarsi
avendo ben fermi alcuni principi. Bisogna individuare le cose che possono essere utili,
non per la comodità, non per il consumo soltanto, né per l'interesse personale, ma per
l'interesse della collettività.
Domanda 9
Visto che la telematica consente a tutti l'accesso alla fonte, che cosa ne pensa di questo
inizio di censura in rete o, comunque, della volontà di alcune istituzioni di porre il
problema della censura all'interno di Internet?
Risposta
Questo è uno dei classici problemi che vanno valutati con la totale apertura, nel senso
che non bisogna negare l'esistenza di una questione culturale, educativa e morale. Non è
ammissibile, secondo me, che in Internet, come del resto nella televisione, in qualsiasi
ora del giorno e della notte, in qualsiasi ambiente, vengano trasmesse immagini di
violenza di ogni tipo. Dobbiamo accettare il nuovo con una grande apertura, ma nello
stesso tempo con molta vigilanza, quindi bisogna individuare le regole. Al tempo stesso la
censura evoca sempre ombre sgradevoli, perché sappiamo che cosa è stata la censura nei
secoli passati e anche nei secoli più recenti, nei regimi totalitari all'Est e all'Ovest:
quindi, no censura, ma vigilanza. Negli Stati Uniti, ad esempio, hanno trovato questa
piccola regola nella nuova riforma nel campo delle telecomunicazioni, suscitando delle
eccezionali polemiche. E' stato previsto il ricorso ad alcuni segnali che indicano in che
misura trasmettere un programma, oppure se in Internet va qualche cosa che i giovani non
possono vedere. Si presenta così il solito problema: chi è che decide quali sono le cose
che i giovani possono vedere? Il problema della censura è un problema terribile, è
questo: che un censore intelligente, onesto, responsabile, che non sia un reazionario nel
senso deteriore del termine, forse potrebbe essere anche utile. Ma chi lo sceglie?
Domanda 10
Un altro tema che voi avete ospitato è quello del telelavoro: come lo vedete? Come un
pericolo o come una grande opportunità o come tutte e due le cose insieme?
Risposta
Noi abbiamo ospitato diversi punti di vista. Il telelavoro è una realtà. E' una realtà
che ha degli aspetti estremamente positivi, perché, per esempio, attraverso il telelavoro
si può risolvere, nelle grandi città, il problema del traffico. Il telelavoro può
significare, per esempio, il recupero di spazi personali nella propria abitazione, la
possibilità di dedicarsi al tempo libero, la possibilità, per i Paesi poveri, di
produrre. Ovviamente tutto questo ha anche dei risvolti negativi, perché, per esempio,
dal punto di vista della difesa degli interessi commerciali di un Paese, il telelavoro in
tutto il mondo dilaterà il problema della manodopera a basso costo, già motivo di crisi
nei Paesi ricchi. Quindi c'è il problema che il telelavoro, almeno inizialmente, non
creerà nuovi posti di lavoro. Però il telelavoro può sprigionare nuove energie. Forse
dal telelavoro potranno venire posti di lavoro nuovo se qualcuno avrà la capacità di
inventare nuovi servizi, nuovi prodotti. Secondo alcuni il telelavoro rappresenta un
grande ostacolo alla socializzazione e alla cura dei rapporti interpersonali che, invece,
nascono e si sviluppano nelle tradizionali sedi occupazionali. Il telelavoro non
l'abolirà mai il posto di lavoro, però potrà veramente modificare gli assetti, i
rapporti tra l'azienda e il lavoratore. Siamo ancora agli inizi. Dobbiamo valutare con
molta serietà, senza pregiudizi, i dati, le analisi che vengono da queste prime
sperimentazioni. In altri Paesi del mondo si è in fase avanzata, in Italia ancora no.
Però, per esempio, TELECOM Italia, d'accordo con il Comune di Roma e anche con molti
Comuni del Sud, sta dedicando energie e attenzione a questo problema.
Domanda 11
Un aspetto importante da affrontare è quello del costo del "bit". Questo
rappresenta un ostacolo assai penalizzante nei confronti di coloro che, per esempio,
devono arrivare al "server" attraverso una telefonata con più scatti
continuativi. Non si corre il rischio di creare una situazione molto penalizzante per gli
utenti e di porre le grandi aziende di telecomunicazione in una posizione privilegiata?
Risposta
Il rischio ci sarebbe, se non ci fosse, da parte dei dirigenti di TELECOM, sia la
consapevolezza di questo ostacolo, sia, soprattutto, la consapevolezza che TELECOM tra
poco sarà in concorrenza con altre compagnie. Il progresso politico rappresentato
dall'Unione Europea ed il progresso tecnologico fanno venire meno queste preoccupazioni.
Certamente sono problemi che devono essere affrontati. Però c'è l'intenzione di
risolverli. Le aziende hanno il problema di fare utili, quanto meno di ottenere
remunerazione dai propri servizi, perché devono fare altri investimenti per non uscire
dal mercato e non essere sostituite da aziende straniere. Tra un po' di tempo potremmo
pensare di comprare addirittura le linee telefoniche, come avviene in America. In America
sono i cittadini a scegliere la società telefonica alla quale affidare la propria utenza.
Tra un po' di tempo si dovrà fare in Europa e si dovrà fare anche in Italia. Quindi le
aziende serie non possono non preoccuparsi del futuro per la propria sopravvivenza e anche
per garantire il posto di lavoro ai propri dipendenti.
Domanda 12
In America è stata creata una legislazione che ha aperto il mercato creando una
concorrenza libera. In Italia invece siamo ancora in una situazione di monopolio. Questa
sostanziale differenza rispetto al Paese trainante nei confronti del futuro, può
risultare penalizzante?
Risposta
In primo luogo in America questa riforma è partita da poche settimane, perciò ritengo
prematuro fare dei commenti prima di vedere i primi concreti risultati. Sono fermamente
convinto che la sola direzione da prendere, non per una scelta politica, ma per una scelta
di necessità, sia quella di una liberalizzazione sempre maggiore. Da questo punto di
vista l'America ha dato un segnale forte, percepito in Europa e di cui non si potrà non
tenere conto. Però bisogna tenerne conto anche domandandosi dove potrà portare questa
liberalizzazione, bisogna, oltre ai sicuri vantaggi, individuare anche gli eventuali
pericoli connessi alla grande liberalizzazione. Il rischio più evidente è che le grandi
compagnie si possano consorziare tra di loro. Rispetto al passato in cui si formavano
alleanze come Santa Alleanza, la Triplice, l'Occidente contro l'Oriente, adesso ci sono
coalizioni tra le multinazionali. E' sufficiente ricordare quello che è accaduto nel
mondo del petrolio, quando le multinazionali avrebbero continuato a imporre i loro prezzi,
non sempre a vantaggio del mondo occidentale che usufruiva di questa ricchezza e a danno,
nella maggior parte dei casi, dei Paesi arabi che producevano il petrolio e che si
ribellarono. L'America è sempre all'avanguardia in queste situazioni, però non sempre
l'avanguardia americana ha dato degli effetti del tutto positivi: preferisco a questi
eccessi di libertà, una libertà regolamentata.
Domanda 13
La Morgan Stanley prevede che nel 2000 ci saranno circa 250.000.000 di computer,
200.000.000 di questi useranno la posta elettronica e 170.000.000 saranno collegati al
"world wide web": chi saranno questi 250.000.000? Il mondo subirà un'ulteriore
divisione Nord-Sud o ricco e povero? La telematica unirà o corre il rischio di separare
ulteriormente?
Risposta
In realtà è una sfida. Di fronte a una sfida è difficile sapere se la sfida si vince o
si perde. La sfida della telematica è quella di far sì che la società dell'informazione
globale, verso la quale stiamo andando, in concreto non lo sia. Se accadesse questo,
sarebbe un fallimento. La società dell'informazione globale, che la telematica consente,
deve far sì che non ci siano delle esclusioni, deve far sì che le connessioni siano
possibili per tutti. Per fortuna la tecnica spesso risolve i problemi che la tecnica
stessa crea: in questo caso, produrre strumenti, apparecchi sempre migliori, a costi
sempre più bassi. Nel momento in cui questo accadrà, potremo dire che la società
dell'informazione globale non ha esclusioni, per lo meno tra i Paesi. All'interno dei
singoli Paesi ci saranno veramente le differenze tra gli analfabeti informatici e coloro
che sapranno usare la telematica perché avranno studiato, perché avranno avuto la
fortuna di appartenere o a famiglie o a comunità o ad ambiti nei quali, avvertito questo
problema, si sarà fatto di tutto affinché i giovani siano in grado di impadronirsi della
manualità dei sistemi telematici. Naturalmente c'è il problema della esclusione degli
anziani, ovvero di quegli anziani che sono nella età di produrre. Questo è un problema
politico mondiale. Tutto quello che sta accadendo fa sentire sempre di più l'esigenza di
un raccordo tra i maggiori Paesi del mondo, con una particolare attenzione per gli altri.
Non per carità o per interesse, ma per difendere una parte dei privilegi che il mondo
ricco ha sempre avuto. Per difendere una parte di questi privilegi bisogna distribuire il
benessere. Non si può continuare a immaginare una società nella quale i ricchi, i forti,
i belli possono permettersi tutto e gli altri devono rimanere ai margini. Non è un
ragionamento di carattere morale, ma è un ragionamento basato sull'interesse: la
sopravvivenza nel mondo, potrà essere garantita soltanto creando le condizioni affinché
le tecnologie riducano queste differenze, anziché accentuarle.
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