INTERVISTA:
Domanda 1
Lei sostiene che in Italia abbiamo difficoltà ad accogliere la pay TV, in quanto siamo
abituati alla TV generalista. Quali sono le maggiori difficoltà che incontreremo in
futuro?
Risposta
Una delle difficoltà da parte dei consumatori consiste nell'accettare di pagare il
servizio. E' un elemento importante, questo, perché manifesta l'idea che l'acquisto
tecnologico sia l'acquisto dell'hardware: comprando l'apparecchio televisivo si presuppone
di avere, in modo gratuito, tutti i servizi. A questo siamo stati lungamente abituati nel
nostro paese, quando in altri paesi era già in atto una logica di pagamento dei servizi.
Questo problema riguarda anche Telepiù, insieme anche ad un altro: il tipo di contenuto
trasmesso da questo network non è ancora veramente esclusivo. Io credo che i due elementi
associati fra loro generino la difficoltà ad accogliere la pay tv.
Domanda 2
L'Italia rischia di rimanere indietro rispetto ad altri paesi europei?
Risposta
In generale, per quanto concerne le nuove tecnologie, noi abbiamo uno sviluppo anomalo,
soprattutto se si pensa che l'Italia è stato un paese all'avanguardia per lo sviluppo del
sistema misto. Questa anomalia, che può anche essere descritta come arretratezza, è
legata, in parte, ai fattori economici, alla difficoltà di accettare di pagare i costi da
parte dell'utente, ed in parte, però, anche alla difficoltà del sistema di rinnovarsi.
Sono necessari investimenti, creatività, idee nuove, e noi siamo un paese che lavora, per
esempio, nel sistema televisivo, ancora molto sui format, esattamente la negazione della
sperimentazione. Tuttavia, non credo che resteremo propriamente indietro. Credo che
possediamo delle risorse di contenuto che ci possono aiutare ad uscire da questa sacca di
arretratezza.
Domanda 3
Rispetto al rapporto fra nuove tecnologie e media tradizionali, Lei scorge un conflitto.
Di che genere di conflitto si tratta?
Risposta
Si tratta di un conflitto culturale. Sempre più abbiamo élites che optano per le nuove
tecnologie e invece un pubblico, più tradizionale e meno specifico, che invece rimane, in
qualche modo, ancorato alle tecnologie tradizionali. Quindi si genera un conflitto di
interpretazione del futuro e del destino delle tecnologie. Questo, a mio avviso, è forse
il rischio più grave che stiamo correndo: l'idea che le nuove tecnologie che trainano la
cultura, siano appannaggio delle élites. Io credo che noi dobbiamo avere il coraggio di
intervenire sui sistemi informativi, sui sistemi comunicativi in modo intelligente, e, in
prospettiva, abbiamo l'esigenza di rischiare un po', di promuovere l'innovazione, di
investire anche in quello che può sembrare un fondo perduto. Credo che, se non corriamo
questo rischio, poi ne correremo di peggiori in futuro.
Domanda 4
Le nuove tecnologie portano sempre di più ad una globalizzazione della cultura. Navigando
su Internet, per esempio, si trovano molti siti americani: insomma, è il modello
americano che si impone. Non si corre il rischio di appiattire e di eliminare
completamente le culture locali?
Risposta
No, non credo che si corra il rischio della globalizzazione, come la si intende di solito.
Oggi si parla piuttosto di glocalizzazione: della commistione fra l'ottica globale e la
capacità dei singoli, delle singole aree di emergere comunque. Propongo un esempio molto
noto: c'è uno stile musicale di provenienza indiana, che si chiama bangra beat, nato in
India; questa musica è stata portata a Londra dalla comunità indiana ed è tornata in
India con l'industria discografica inglese. Questo è un esempio molto interessante di
come siano presenti dei flussi di andata e ritorno, per così dire, delle culture locali.
E poi ci sono anche culture locali che si affermano proprio in opposizione alla
globalizzazione. Alcune si integrano e altre si oppongono scegliendo proprio le rotte
iperlocalistiche. Non è un caso che l'universo di Internet sia in Italia anche universo
dei fenomeni delle leghe, perché i due fenomeni sì, si oppongono, ma si oppongono sullo
stesso terreno.
Domanda 5
Per quanto riguarda la censura alcuni sostengono che la rete dovrebbe sempre essere libera
e poter accettare qualsiasi genere di contenuto, in virtù della suo, intrinseco, sistema
anarchico. D'altra parte, alcuni altri prospettano la censura proprio per tale libertà di
contenuti si corrono dei rischi. Lei cosa ne pensa?
Risposta
Io sono per la repressione molto dura dell'utilizzo di Internet per gli scopi dei
pedofili, e ciò perché questo è un evidente, lampante reato contro la persona. Mi
sembra che, però, quando si vogliono inventare forme di censura che riguardino la
pornografia come l'erotismo, istanze su cui gioca il comune senso del pudore, magari le
intenzioni sono ottime - io le condivido profondamente -, ma ho l'impressione che poi ci
possano essere dei rischi per la libertà d'opinione, che non va assolutamente censurata.
Domanda 6
Dunque la rete, secondo la Sua opinione, deve rimanere libera e aperta?
Risposta
La rete non è libera e aperta. Io vorrei cominciare a dire che forse mi piacerebbe che lo
fosse, ma non lo è; nessuna area è veramente libera ed aperta quando in essa la cultura
e il mercato vi entrano contemporaneamente. Semmai bisogna riuscire ad individuare con
molta chiarezza quali sono le aree della rete in cui si sta veramente parlando di libertà
d'espressione, e quali sono invece aree in cui, invece, vige un mercato di qualunque tipo.
Noi abbiamo norme e leggi - e i diversi paesi hanno norme e leggi - in grado di risolvere
singole questioni. All'interno di questi vincoli al comportamento e alla responsabilità
individuale, sono favorevole per la libertà della rete.
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