INTERVISTA:
Domanda 1
Domina oggi un generale ottimismo sulle prospettive del futuro, soprattutto in relazione
allo sviluppo tecnologico. Tuttavia, al convegno della World Future Society lei ha
presentato una relazione dal titolo "Ten Dark Clouds on the Horizon", dieci nubi
all'orizzonte. Quali sono queste dieci ragioni di preoccupazione, e su cosa fonda questo
sguardo eccentrico in un contesto di ottimismo?
Risposta
Ci troviamo in una fase di transizione che non ha precedenti dalla rivoluzione
industriale, nella quale le opportunità sono talmente abbondanti che non si può non
vedere la potenzialità di uno straordinario progresso per l'intero mondo. Abbiamo di
fronte "rivoluzioni benefiche" che investono la nostra vita nelle aree
dell'energia, della Information Technology, della genetica, dei materiali. L'atteggiamento
verso l'ambiente si trasformerà radicalmente e assisteremo infine all'emergere delle
tecnologie cerebrali. Queste rivoluzioni senz'altro giustificano un fondamentale ottimismo
sul futuro del genere umano. Tuttavia, non dovremmo consentirci di essere così
sopraffatti dall'ottimismo da ignorare le "nubi" all'orizzonte, di non vedere la
possibilità che di fronte a noi si trovino difficoltà importanti. Se non dovessimo
affrontare queste difficoltà in modo tempestivo potremmo vanificare tutti i benefici in
chiave di progresso di queste rivoluzioni. Ad esempio, pensiamo allo scenario nel quale la
terra sia colpita da un asteroide o da un meteorite: il fatto che ciò sia già avvenuto,
come testimoniano prove geofisiche incontestabili, non spinge nessuno, a livello
governativo, a investire denaro in un progetto che possa stabilire quando ciò potrebbe
avvenire, e cosa fare per affrontare una simile evenienza. Abbiamo la tendenza a chiudere
gli occhi di fronte a difficoltà che sono, a livello psicologico o temporale, distanti da
noi. Questo è solo un esempio di un ampio numero di situazioni per qualche verso
analoghe, come la possibilità di controllare i terremoti o le condizioni meteorologiche,
di cui nessuno sembra percepire l'utilità come importanti applicazioni pratiche delle
nuove tecnologie. Ma abbiamo poi altre difficoltà che dobbiamo affrontare, praticamente
in ogni categoria. Ad esempio, oggi il modello di gran lunga più adottato nel mondo è
quello democratico: su 193 paesi, circa 120 sono democratici, se non altro tecnicamente.
Tuttavia, in molti dei paesi che hanno recentemente adottato il regime democratico coloro
che si sono insediati al potere abusano del potere stesso, e ignorano l'imperativo del
bene comune. Ciò è dovuto al fatto che il sistema democratico diffuso nell'Europa
occidentale, in Inghilterra e negli Stati Uniti, si fonda su un corpo di valori quali il
rispetto della legge e della gente, e non, semplicemente, su un sistema elettorale. La
democrazia che si è diffusa nel mondo spesso viene utilizzata negativamente come
strumento per consentire a figure discutibili di insediarsi al potere. Abbiamo numerosi
altri esempi, e non è interessante qui produrne una lista, ma vorrei ricordare come nel
mio paese, gli Stati Uniti, il documento fondamentale per la democrazia, ossia la
Costituzione, è uno strumento che sta diventando obsoleto. La struttura del governo e
della costituzione riflettono il periodo storico in cui sono stati costituiti e i problemi
cui intendevano rispondere, dagli arbitri della corona inglese a vecchie nozioni su come
organizzare la terra, il trasporto e la sicurezza. Oggi cerchiamo di affrontare il
cambiamento con uno strumento funzionale a una società e a un'epoca a noi molto distanti,
il che evidentemente non può dare buoni risultati. E' ovvio che riscrivere la
Costituzione, con la sua carta dei diritti, sia un'operazione temuta ma sono convinto che
resistere alla necessità di un suo aggiornamento ai problemi attuali sia un ostacolo
decisivo per gli Stati Uniti del futuro. Abbiamo poi ovviamente problemi più difficili da
gestire. Nel processo di urbanizzazione della società, col che intendo la perdita di
contatto diretto con la terra e con la manualità, si è spezzato il rapporto fra la gente
e l'esperienza e la comprensione del modo in cui funziona il mondo. Ad esempio, quanti
sono in grado di descrivere come l'acqua raggiunga gli impianti domestici, oppure cosa
succeda all'immagine quando si spegne il televisore. Solitamente, a questa domanda
risponde un mormorio divertito, ma questa reazione riflette il fatto che la gente non sa
dare una risposta ed è a disagio. Questo disagio, legato alla non conoscenza di come
funzioni il mondo, fa sì che la gente sia alla mercé di ogni sorta di manipolazione.
Questi sono alcuni esempi delle "nubi", delle minacce che si profilano al nostro
orizzonte. Ora, è chiaro che se vediamo delle nubi cariche di pioggia all'orizzonte ciò
non significa che necessariamente pioverà, ma al contempo le nubi segnalano una
possibilità negativa cui dobbiamo prepararci.
Domanda 2
Un recente studio, apparso in volume con il titolo The Commanding Heights, sostiene che il
potere si stia trasferendo dagli stati e dalle istituzioni pubbliche al mercato, e rivolge
a questa prospettiva uno sguardo profondamente critico. Qual è la sua posizione in
merito?
Risposta
Il variare dei ruoli di mercato e governo è un argomento di grande attualità e fascino.
Molti, credo, spinti dal proprio entusiasmo e dalle proprie motivazioni ideologiche
identificano un portato salvifico nel declino dei governi e nell'ascesa delle corporation.
Questo, credo, è assolutamente fuori luogo su entrambi i piani di ottimismo, rispetto
alla complessità e al ruolo delle corporation. In primo luogo, l'incremento di
complessità globale, la dipendenza dalla tecnologia, l'interazione fra persone,
istituzioni e affari, producono uno scenario di complessità non rassicurante, e per due
ragioni. Da un lato i sistemi complessi rischiano il collasso sotto il peso della propria
complessità; dall'altro questa complessità favorisce una strategia volta al vantaggio
individuale, o al beneficio di un singolo gruppo, a scapito del bene collettivo. L'unico
strumento che abbiamo sviluppato per controllare e limitare gli abusi nei sistemi
complessi è la normativa di legge, e l'unico strumento a nostra disposizione per
stabilire quest'ultima è il governo. Pertanto, a differenza di chi inneggia alla
corporazione come risposta a ogni problema, ritengo che a un incremento di complessità
deve corrispondere un incremento di sofisticatezza del sistema di governo per gestire la
tecnologia globale. Per il momento abbiamo tre livelli di governo: locale, provinciale,
centrale o federativo. Secondo me assisteremo all'emergere di un quarto livello, il
governo globale, e in tempi abbastanza prossimi. Già ora ci sono segnali di questa
tendenza, se si guarda all'attività recente delle Nazioni Unite. Anche se le Nazioni
Unite non possono rappresentare la forma definitiva di governo globale, tuttavia
costituiscono un segnale decisivo di un processo di controllo di questioni globali come
l'inquinamento, oceanico o atmosferico, il trasporto dei beni, i flussi di popolazione, o
questioni strettamente tecnologiche come il controllo delle frequenze radio. In secondo
luogo, l'identificare nella dimensione corporativa la risposta a ogni problema contrasta
evidentemente con ogni lezione storica. Storicamente la corporation ha sempre spinto i
propri limiti al punto in cui il fine coincideva con avidità e pratiche monopolistiche. E
in ogni paese si è reso necessario vincolarne le operazioni, disporre regole e leggi per
fermare la sua natura essenzialmente predatoria. Oggi vediamo che la corporation
attraversa nel mondo il tipico percorso di sviluppo, abuso e fallimento. Lo vediamo negli
Stati Uniti, dove le corporation stanno attuando incredibili tagli di costi del lavoro, di
benefit, e di pensioni, assegnando ai lavoratori il compito di farsi carico del proprio
futuro; assistiamo a una fuga delle corporation verso paesi in cui il costo del lavoro è
5-10 volte inferiore agli Stati Uniti. Assistiamo a un tentativo da parte delle
corporation di rappresentarsi come imprese globali, intendendo con ciò la negazione delle
proprie responsabilità verso chiunque non siano i propri azionisti, cui in inglese si fa
oggi riferimento con il termine di shareholder, ben più rassicurante e ruffiano del
vecchio termine tecnico, stockholder. Tutti questi fenomeni conducono a un incremento
degli abusi, che non si arresterà se non attraverso un intervento nazionale e
internazionale di controllo. Ciò non significa che la dimensione della corporation non
possa apportare benefici a moltissimi di noi, a livello mondiale. Semplicemente, dobbiamo
mantenere la guardia contro i suoi abusi e prepararci a porre un freno a essi.
Domanda 3
Spesso si dà per assunto che il nostro cammino verso il futuro dipenda, in larga misura,
dalle scoperte tecnologiche. Ritiene che questa visione abbia una validità, anche a lungo
termine?
Risposta
Si tratta di una questione interessante, quale sia il ruolo della tecnologia nel futuro
immediato e a lungo termine. Non credo ci siano dubbi sul fatto che l'attuale
proliferazione di capacità tecnologiche costituisca una possibilità straordinaria per
l'intera umanità. Abbiamo sistemi di telecomunicazione, di Information Technology, che
aprono un universo di potenziali opportunità di formazione, di condivisione
dell'informazione, e non solo per chi vive nei paesi avanzati. E' ovvio che la maggior
parte della popolazione mondiale è ancora esclusa dalla tecnologia come strumento
positivo: molti hanno radio e televisione, ma non hanno ancora la possibilità di
usufruire dell'aspetto interattivo della tecnologia. Certamente è solo una questione di
tempo; fra dieci, vent'anni o poco più, praticamente tutti saranno impegnati in modo
interattivo, con tutti i benefici che ciò comporta. Analogamente, ci sono dei progressi
in campo medico che produrranno interventi decisivi sulle malattie croniche e contagiose.
La tecnologia sta apportando benefici ovunque, settore dopo settore. Il problema è che
però dobbiamo chiederci se questi "benefici" siano completamente positivi,
oppure se, come credo, ciascuno di essi abbia in sé una potenziale negatività. Quello
che dobbiamo fare è apprendere, e l'unico modo di apprendere è attraverso l'esperienza
di questa negatività; dobbiamo imparare a gestirla, a controllare la sua influenza e a
minimizzarne i danni. Ritengo che non vi sia nulla, entro i prossimi cinquant'anni, che
apporterà benefici paragonabili a quelli delle nuove tecnologie. Tuttavia, se rivolgiamo
lo sguardo al futuro a lunghissimo termine, fra cento, trecento, cinquecento, mille anni,
è ovvio che altre forze, già visibili e influenti sul breve e medio termine, diverranno
fattori primari. Ci sono insomma questioni non strettamente di ordine tecnologico che
devono essere affrontate. In un mondo di crescente prosperità dobbiamo confrontarci con
una serie di questioni, come il controllo delle nascite. Non possiamo continuare a
crescere indefinitamente su un piano globale: anche un tasso di crescita del 100% ogni
cinquant'anni è probabilmente insostenibile. C'è poi il problema della distribuzione dei
benefici. Non si tratta di questioni tecniche, bensì di questioni socioeconomiche,
politiche, e il potenziale di prosperità universale che ci si profila all'orizzonte è
strettamente legato a queste problematiche. Non bisogna pensare a un'opzione alternativa,
se si debba favorire questo o quest'altro nel determinare il futuro, ma a una complessa
serie, in costante riformulazione, di priorità relative fra i fattori che hanno un potere
di determinazione.
Domanda 4
Come ritiene si debba riformare l'istruzione, per affrontare i possibili cambiamenti nel
futuro? E come può il cambiamento stesso, a sua volta, influenzare i sistemi tradizionali
di acquisizione del sapere?
Risposta
L'istruzione è cruciale perché vi sia progresso: si tratta dello strumento più efficace
per spostare le barriere intellettuali e disegnare nuove possibilità. L'istruzione è
essenziale per l'apprendimento dei saperi elementari e per la nostra prosperità
individuale, è la base per il benessere nazionale, e ciononostante almeno nel mio paese,
gli Stati Uniti, essa è in un processo di drammatico declino. L'istruzione primaria e
secondaria, i primi dodici anni di studio negli Stati Uniti, è prossima al collasso. I
nostri ragazzi sono meno istruiti, meno informati, meno competenti rispetto a venti,
trent'anni fa. Il sistema scolastico è diventato sede di finalità che non hanno nulla a
che spartire con l'istruzione. Non esistono né standard né dati comparativi, e cosa
ancor più importante, questa condizione cognitiva catastrofica trova una diffusa
compiacenza perché non è recentissima ma alla seconda generazione. Il collasso è
iniziato fra la fine degli anni 60 e i primi anni 70, e oggi abbiamo pertanto una
generazione di genitori che sono stati "truffati" da quel sistema educativo, e
che non possono percepire la mediocrità dell'istruzione che ricevono i loro figli. Ciò
è evidente nel declino delle high school, e della qualità degli studenti che si
iscrivono all'università. Una percentuale sorprendentemente alta di studenti universitari
americani deve fare corsi integrativi, che ripetono loro quello che avrebbero dovuto
apprendere alle superiori. L'istruzione universitaria si sta contraendo in termini di
durata, di contenuti, e di efficacia. L'unico settore di grande qualità negli Stati Uniti
è l'istruzione post-laurea, per la quale siamo ancora invidiati da tutto il mondo; ma non
dobbiamo dimenticare che coloro che conseguono master e dottorati di ricerca sono solo
l'apice, composto del resto per una buona metà da studenti stranieri, di una enorme
piramide nella quale la gran parte degli studenti è penalizzata. Ora, cosa può cambiare
questa situazione? Credo che il fattore più determinante sarà l'apprendimento a
distanza, grazie alla Information Technology. E' estremamente probabile, secondo me, che
in futuro i giovani si sposteranno fisicamente per andare in università solo per due
ragioni: per seguire corsi che richiedono una presenza fisica, come le arti, la danza, la
scultura, la ricerca di laboratorio e per curare i rapporti sociali, o per cercare un
compagno. Sempre più il curriculum universitario sarà accessibile a distanza, attraverso
Internet dal computer di casa. E questa tendenza toccherà anche la scuola secondaria, in
particolare gli ultimi due anni di high school. Ciò implica una mutazione radicale nei
curricula, nelle aspettative, nella valutazioni, nel controllo della qualità
dell'apprendimento, ma il principio economico è così a favore di questo processo che
ritengo sia destinato a concretizzarsi. E inoltre c'è un ampio numero di genitori
insoddisfatti dell'istruzione dei figli che sono disposti a integrarla attraverso
un'istruzione domestica, man mano che i computer e altre tecnologie dell'informazione
diventano più accessibili. Il che rende probabile che l'apprendimento a distanza quale
integrazione della scuola si diffonda a ogni livello. Se si guarda poi a paesi come
Francia, Italia, Germania, alla gran parte dell'Europa, dove si ha un grosso problema di
spazi, ad esempio di aule, in rapporto al numero degli studenti universitari,
l'apprendimento a distanza costituirà una vantaggiosa alternativa. La capacità di
compiere l'intero curriculum universitario da qualsiasi luogo e a un costo sostenibile
potrebbe produrre una rivoluzione del sistema formativo in questi paesi. Invece di avere
studenti che impazziscono per trovare un posto nell'aula, che non frequentano le lezioni
più utili, che si affidano agli appunti del compagno, potremo raggiungere un nuovo
livello di qualità e impegno. E vorrei ricordare il ruolo che negli Stati Uniti e sempre
più nel mondo va assumendo il life-long learning, la formazione permanente. Qualsiasi
tipo di attività oggi richiede un aggiornamento costante. Ciò significa essere pronti ad
apprendere per l'intero corso della nostra vita; e ciò sarà realizzabile attraverso il
life-long learning, che in larghissima misura si avvarrà della Information Technology.
Domanda 5
In Italia non è infrequente che gli insegnanti reagiscano con diffidenza a richieste di
cambiamenti radicali rispetto ai curricula e al rapporto fra docente e studente. Si tratta
di un fenomeno diffuso anche negli Stati Uniti?
Risposta
Quando si affronta un cambiamento radicale nel sistema dell'istruzione, come quello ad
esempio dell'apprendimento a distanza, non possiamo dimenticare che gli insegnanti, come
è normale che sia, temono tremendamente ogni mutamento radicale nel proprio ambiente.
Ciò non riguarda, nel caso degli insegnanti, solo un problema di nuove tecniche, o di
obsolescenza del sapere acquisito e del metodo didattico. Problemi questi che possono
essere superati da un nuovo apprendimento. Gli effetti più clamorosi dell'insegnamento a
distanza sono rappresentati dal fatto che i professori saranno in competizione con i
migliori colleghi del proprio paese, e del mondo. Negli Stati Uniti, chi vorrebbe più
seguire i corsi di storia europea di un'università di infimo ordine, quando si possono
seguire le lezioni del docente più insigne di Harvard, oppure della London School of
Economics, o di Cambridge? Saremo di fronte a una competizione nazionale e mondiale per
avere i migliori docenti, che tengono le migliori lezioni attraverso i media, il che
costituisce chiaramente motivo di preoccupazione perché può cancellare il lavoro di
molti docenti mediocri. Ritengo che l'apprendimento a distanza eliminerà il concetto di
"tenure", che significa avere il posto di lavoro a vita di cui godono negli
Stati Uniti i full professor. Questa è stata una straordinaria tecnica sociale dell'800
per controllare i rischi che correva chi era dissidente politico, ma che è oggi
assolutamente obsoleta. Negli Stati Uniti, se qualcuno venisse licenziato per il proprio
estremismo politico, raddoppierebbe probabilmente il proprio stipendio presso un'altra
università, che sarebbe ben lieta di accoglierlo per le medesime ragioni. E pertanto oggi
il concetto del posto fisso non è altro che un modo di tenere in vita una incipiente
organizzazione di stampo geriatrico. Inoltre un aspetto primario della struttura
organizzativa dell'università è l'amministrazione. Anche il settore amministrativo sarà
interessato dall'apprendimento a distanza, perché dovrà studiare strategie per
raggiungere nuovi utenti. Ci sono oggi nel mio paese scuole e università che organizzano
eventi estivi che coinvolgono i nuclei familiari. Si va sviluppando un mercato di adulti,
paragonabile a quello dei giovani, in cui le persone si incontrano, svolgono attività
fisica, si spostano nel paese e nel mondo, apprendono, si divertono e fanno un'esperienza
intellettuale. Uno dei problemi decisivi per le amministrazioni è definire quale sia il
nuovo ruolo delle università, e questo confronto con il cambiamento porta molti alla
paralisi. Ritengo che l'università stia attraversando una fase di intenso cambiamento,
che investe il corpo docente e l'amministrazione. Spesso invece di affrontare questo
cambiamento come una grande opportunità, lo si nega. Ma ci sono ovviamente eccezioni,
soprattutto nei dipartimenti scientifici dove si ha già familiarità con le nuove
tecnologie della formazione.
Domanda 6
Spesso nei "future study" si usa il termine "evoluzione". Qual è il
concetto che descrive, e che rapporto ha con il concetto di "progresso"?
Risposta
Uno dei concetti che hanno segnato l'800, credo nato nel Regno Unito ma adottato
nell'Europa occidentale e negli Stati Uniti, fu quello di progresso, in base al quale si
riteneva che gli sviluppi tecnologici in larga misura portassero grandi benefici alla
gente e alla società. Oggi, la fiducia in quel progresso ha perso parte della propria
forza e la vecchia nozione di progresso si è resa ormai inattuale. Nelle nazioni
sviluppate all'incremento di prosperità, ai benefici di quelle prime spinte di progresso,
è corrisposta un'attenzione crescente agli elementi negativi, alle inadeguatezze, ai
fallimenti, alle difficoltà connesse con esso. Le classi medie sono sempre più orientate
a prevedere, a fronte di novità, cosa potrebbe non funzionare, qual è il problema, quale
il potenziale fallimento, come evitarlo, e così via. Pertanto, una sorta di paura
sistematica ha rimpiazzato il passato entusiasmo verso il progresso tecnologico. Mi auguro
che potremo recuperare una visione positiva del progresso considerando la molteplicità di
potenziali positivi che la genetica, i nuovi materiali e l'information technology potranno
offrire.
Tutto ciò, a ogni modo, è distinto dal concetto correlato di evoluzione. Ora, è ovvio
che le società e gli individui si evolvono quotidianamente; ma non bisogna confondere
questo processo con il concetto di evoluzione che si è imposto nel secolo scorso con
Darwin, in base al quale l'evoluzione delle specie produce da una specie esistente una o
più nuove specie fondamentalmente diverse. E' possibile che questa evoluzione si applichi
a intere società, e in senso non necessariamente progressivo. Se si guarda alla storia
degli antichi imperi, si può osservare quasi sempre una traiettoria di ascesa, di
maturità, e di declino. Ciò dimostra come l'evoluzione non sia necessariamente positiva.
Ma è frequente incontrare un rifiuto implicito del processo evolutivo umano, al quale
bisogna però contrapporre la consapevolezza del nostro essere parte del regno animale, e
dunque in costante, benché impercettibile, evoluzione. Una delle domande
interessanti per il futuro sarà allora come vogliamo evolverci, perché ora, a differenza
di 50 o 25 anni fa, siamo la prima specie a essere in grado di intervenire consapevolmente
sulla propria evoluzione. Questa è una delle conseguenze primarie dell'emergere della
genetica e delle tecnologie connesse. Di fronte a noi abbiamo dunque una questione
estremamente interessante: in quale direzione noi, in quanto specie umana, scegliamo di
andare.
Domanda 7
E' di questi problemi di cui si fa carico un programma di ricerca sul futuro a lunghissimo
termine come Humanity 3000. Ce ne può descrivere i fini e l'utilità?
Risposta
Recentemente sono stato impegnato in un'interessante attività con Humanity 3000, che si
propone di pensare al futuro su una scala di mille anni. Non credo che si tratti di un
puro divertimento, un passatempo sterile, o un esercizio stupido, ma di un tentativo di
guardare al potenziale a lungo termine dell'umanità. Quali sono i diversi modi in cui, in
senso sociale, istituzionale, personale, possiamo evolverci? Potremmo avere nuovi tipi di
persone con moduli informatici a livello cerebrale, o risultanti da tecniche genetiche?
Cosa potrebbe accadere fra mille anni, cosa sarebbe auspicabile e cosa sarebbe
assolutamente da rifiutare? Supponiamo che in questi scenari alternativi del futuro si
identifichino alcuni futuri desiderabili, e altri indesiderabili; cosa significa questo
per noi oggi? Dopo aver definito un obiettivo positivo, dobbiamo abbandonare un
atteggiamento di censura e esaltazione e dobbiamo rivolgerci al futuro a breve e medio
termine, da qui a cento, centocinquanta anni, e dobbiamo lavorare per far sì che ci si
muova in una direzione preferibile a lungo termine, evitando le direzioni che potrebbero
condurre a uno scenario non desiderabile. Pensiamo a scenari desiderabili lungo termine,
per poter ipotizzare il nostro futuro a breve termine da qui a cento anni. Darsi una
prospettiva di un millennio può influenzare il modo in cui diamo forma al nostro agire e
alle nostre pianificazioni del futuro a medio termine, e consentirci di rendere probabile
un futuro più sicuro e felice per l'umanità.
|
|