INTERVISTA:
Domanda 1
Qual è il motivo che l'ha spinta ad utilizzare le tecnologie digitali, per la fotografia?
Risposta
Il mio rapporto con le fotografie analogiche, in effetti, non è mai stato di estrema
lealtà all'idea della fotografia come mezzo, ma piuttosto come strumento efficiente per
memorizzare un'immagine. Questo atteggiamento è cambiato negli ultimi anni. Adesso, la
maniera più efficiente di lavorare è in ambito digitale, o digitale-analogico, o anche
tra i due ambiti. Sono sicuro che, andando avanti, il digitale sostituirà l'analogico,
semplicemente perché la tecnologia digitale è più disponibile di qualche tempo fa.
Inoltre, credo che, nel futuro, non avremo neanche più possibilità di scelta, perché la
tecnologia digitale prevarrà su quella analogica.
Domanda 2
Una fotografia analogica sembra mantenere un forte legame con l'oggetto reale che
rappresenta, per il fatto di avere un negativo, che rappresenta il segno tangibile del
passaggio dalla realtà alla sua rappresentazione in formato fotografico. Nel caso delle
foto digitali non abbiamo a che fare con nessun segno materiale, ma solo con una sequenza
di numeri. Pensa che questo significhi che ci stiamo allontanando troppo dalle cose che
vediamo e che vogliamo ritrarre in foto?
Risposta
Penso che sia interessante notare che alcune questioni teoriche sulla fotografia come il
suo rapporto con la realtà o l'interrogativo sulla rappresentazione, la famosa crisi
della rappresentazione, hanno avuto luogo prima dell'avvento dell'era digitale. La
tecnologia digitale non rappresenta un atteggiamento travisato, ci offre semplicemente
un'altra dimensione. Non sono sicuro che ciò significhi un ulteriore allontanamento dalla
realtà rispetto al processo analogico. Se esiste una realtà, se possiamo parlare di
realtà, se realtà e rappresentazione possono essere espresse nello stesso periodo, il
processo digitale è semplicemente un'altra maniera di codificare tale realtà. Non penso,
inoltre, che la questione della "materialità" sia il punto chiave di questa
riflessione. La fotografia è meno materiale della pittura, e il digitale è un
procedimento meno materiale degli altri. Ma la "dematerializzazione" dell'arte
è un processo, anche questo, iniziato trent'anni fa come movimento concettuale, molto
prima che la gente realizzasse che non si trattava solo di una possibilità, ma di quella
che, in effetti, sarebbe diventata la tecnologia dominante.
Domanda 3
Tuttavia, le tecnologie digitali alterano la relazione che c'è tra il reale ed il
virtuale. Ora esiste una realtà virtuale all'interno della quale è rintracciabile un
altro mondo, diverso da quello reale...
Risposta
Penso che il bilancio penda a favore del virtuale a scapito del reale. Tuttavia, la
"bilancia" aveva già iniziato a pendere anche prima dell'introduzione delle
tecnologie digitali. La presenza di queste ultime non ha altro effetto che accelerare il
cambiamento, e non solo la loro presenza, ma anche la loro disponibilità. Tutti, oggi,
possono lavorare con qualche tipo di procedimento digitale; la gente naviga su Internet,
lavora con macchine fotografiche digitali. Quasi tutto, adesso, ha la possibilità, forse
anche la necessità, di un qualche tipo di interfaccia digitale o di intervento nello
stesso ambito. Nel senso in cui questa tecnologia prolifera ed è presente ovunque nella
società, penso che la gente si distaccherà ancora di più dall'idea ottocentesca della
realtà, del mondo fenomenico, e del rapporto che ha al suo interno e nei confronti di
questa realtà. Anche se il cambiamento è ormai un fatto assodato, è veramente
impossibile dire se si tratta di un'evoluzione positiva, oppure se stiamo entrando in un
nuovo, pericoloso, mondo per i più audaci. In ogni modo, questa è la realtà, questo è
il mondo che stiamo affrontando, il mondo nel quale siamo già immersi.
Domanda 4
Siamo, infatti, di fronte ad una diversa dimensione spazio-temporale...
Risposta
Questo secolo ci ha dato un buon numero di paradigmi spazio temporali sconosciuti. La
fotografia appartiene, più esattamente, al 19° secolo, anche se, certamente, quella
particolare idea di spazio fotografico è stata, poi, trasportata nel cinema. Il cinema ha
strutturato il tempo in maniera assolutamente diversa da quello che avevano fatto tutti
gli altri mezzi di comunicazione fino a quel momento. Con i video abbiamo una doppia
struttura: si ha la stessa struttura temporale che c'è nel cinema, con l'aggiunta della
possibilità di fare zapping. Il regista, dunque, non è più colui che stabilisce, in
ultima istanza, la sequenza e la velocità delle immagini che vogliamo vedere, poiché
possiamo portare a casa qualsiasi film in cassetta e "decostruirlo" a nostro
piacimento. Credo che, grazie al digitale, ci stiamo avvicinando sempre più ad un modello
di tipo molto aperto, contrapposto, per esempio, ad un CD-ROM, che ha una sequenza di
accesso prestabilita. Ci può essere una sequenza prestabilita, ma ci può essere anche un
accesso casuale che viene strutturato e completato dall'utente. Ciò implica un altro tipo
di tempo ed un altro tipo d'intervento, poiché si tratta di un intervento operato
dall'utente in tempo reale. Questo avviene anche quando si lavora su Internet. Ci stiamo
allontanando da un paradigma lineare per andare verso un paradigma a tutto campo. Voglio,
però, farvi notare, ancora una volta, che tutto questo non rappresenta alcuna novità,
visto che McLuhan scriveva già a proposito di questo nel 1963. Ultimamente, egli è stato
riabilitato: non è stato, come si è creduto, un uomo che mirava ad impressionare, ma
piuttosto uno scrittore visionario.
Domanda 5
Con Jean Nouvell avete pensato alla possibilità di ottenere una costruzione trasparente
utilizzando delle scatole di luce. Può descrivere questo progetto spiegando il ruolo che
la fotografia vi assume?
Risposta
Credo che Jean Nouvell sia tra i due o tre architetti più interessanti oggi, sia dal
punto di vista dell'esperienza pratica, ma specialmente dal punto di vista concettuale. La
visione dell'architettura di Nouvell è fluida, e il suo interesse è realizzare
costruzioni che rispondano ai cambiamenti. Fino ad ora gli architetti hanno ideato
costruzioni che si adattano ad alcuni tipi di cambiamenti, come quello della luce, per
esempio. Jean, invece, è interessato a qualcos'altro: un edificio che possa rispondere,
trasformandosi, al variare della temperatura, del tempo, del tipo di utilizzo. E' sempre
stato affascinato dall'idea di integrare lo spazio architettonico con lo spazio
dell'immagine, del segnale. Il progetto di edificio che attualmente stiamo discutendo è
simile a molti altri suoi progetti per quello che riguarda la questione della trasparenza.
Jean vuole che le sue costruzioni siano trasparenti, che possano continuamente mutare
anche grazie all'uso che le persone ne fanno. Non è fisicamente possibile costruire un
edificio assolutamente trasparente; fisicamente, in termini ingegneristici, l'edificio
deve avere degli ancoraggi, i quali devono essere realizzati in materiali opachi. Per
poter giocare un poco su questo, Jean ha proposto di realizzare delle colonne di immagini,
e così abbiamo iniziato a parlare sul tipo di immagini da usare, su come realizzare la
costruzione di queste colonne, se dovessero essere illuminate autonomamente, o dovessero
reagire alla luce all'interno dell'edificio, e sul tipo di soggetti che sarebbe stato
interessante introdurre in questo particolare edificio. Non penso però di voler parlare
ancora del progetto, poiché è ancora al livello di discussione, e non è stato
concretizzato neanche in forma propositiva.
Domanda 6
Pensa che il vostro sia un modo per ottenere un segno materiale di quella città
invisibile che le connessioni stanno creando?
Risposta
Non so. Forse potremmo parlarne al contrario: dalla città invisibile di Calvino a quella
sovraesposta di Virgilio. La tecnologia digitale potrebbe rendere possibile, almeno
teoricamente, che ciascuno sia dovunque in ogni momento. Questo, in un certo senso, si
oppone al "dictum" del post modernismo della scomparsa del soggetto, poiché si
può parlare di molteplicità del soggetto: il soggetto non è più uno solo, ma è due o
quattro o molti miliardi.
Domanda 7
In questo modo la fotografia diventa parte interna dell'architettura...
Risposta
Il progetto di cui parliamo non consiste nel mettere il mio lavoro nell'edificio,
piuttosto, si tratta di usare quell'edificio e le attività in quell'edificio come modo
per generare un dialogo di immagini. Il lavoro non è specifico per un luogo, ma generato
in base al luogo stesso, è qualcosa che viene fatto esclusivamente per quello spazio, con
la sua attuale serie di funzioni. In questo senso esso diviene, come molti lavori oggi,
effimero. Non è un lavoro senza tempo, non è un lavoro che può essere portato via da
dove si trova e ammirato esteticamente. E' una cosa concepita per funzionare, ci si
augura, nel suo spazio e in nessun altro luogo.
Domanda 8
Lei è un fotografo, uno scrittore, realizza CD-ROM: dunque, è veramente vicino alla
cultura multimediale. Pensa che lavorare in una dimensione multimediale rappresenti una
trasformazione importante dell'artista?
Risposta
Recentemente mi è stato chiesto di essere uno dei molti consiglieri per una biennale che
si svolgerà a Parigi il prossimo anno e che riguarda i giovani che lavorano con le
immagini. Ho notato che tra gli artisti più giovani non ve n'è uno che si limiti ad
usare un solo medium. Questi giovani artisti, che non superano i trentacinque anni, danno
semplicemente per scontato che tutti questi mezzi siano disponibili e che abbiano le loro
qualità particolari. Si muovono con naturalezza da un mezzo all'altro. Dunque, di nuovo,
la questione del mezzo è qualcosa che ora, per fortuna, sembra stia scomparendo. Non
penso che qualcuno si identifichi veramente con il mezzo, eccetto, forse, i pittori, i
quali mi odieranno per averlo detto.
Domanda 9
Cosa pensa dell'importanza di formare le persone per l'acquisizione delle capacità
necessarie per lavorare con mezzi diversi?
Risposta
Spero non sembri una risposta troppo facile, ma credo che le persone si stiano formando da
sole, e stiano formando noi. Qualche anno fa ero in California, a Los Angeles, stavo con
degli amici che avevano una bambina di sette anni. Questa bambina, nel salutare un suo
amico disse: "Ci vediamo più tardi, ti mando un messaggio tramite e-mail
stasera". Questo è piuttosto stupefacente! Le persone sopra i trent'anni
generalmente hanno bisogno che qualcuno insegni loro come manipolare questi mezzi. Ora
sembra che un'altra generazione stia sorgendo: è quasi un cambiamento genetico. Ci sono
tutti questi bambini in tutto il mondo che sembrano avere una capacità innata di prendere
informazioni dallo schermo, di manipolare i simboli digitali, di essere a proprio agio con
tutta questa tecnologia come se l'avessero conosciuta insieme con il latte materno. E'
quasi la loro seconda natura. Forse un nuovo tipo di essere umano si sta evolvendo di
fronte a noi e non sappiamo ancora come chiamarlo. Penso che la prossima generazione, che
è già cominciata, avrà un potere infinitamente più grande. Intendo più di quanto
immaginiamo, per manipolare simboli istantaneamente e a grandi distanze. Quello che
faranno diventa una decisione etica, filosofica, sociale e politica. Non è prevedibile.
Domanda 10
Vorrei sapere cosa pensa dei problemi legati al copyright ed in generale alla
manipolazione digitale di un'opera d'arte.
Risposta
Penso sia un periodo stupefacente per questo ordine di problemi. Se dovessi consigliare a
dei genitori una professione per i loro figli, direi loro di convincerli a divenire
avvocati che si occupano di diritto d'autore nell'era digitale, perché questo è un campo
nel quale tutti gli avvocati di tutto il mondo beneficeranno enormemente. Esistono, ad
esempio, organizzazioni - penso alla Disney o alla Microsoft- che stanno cercando di
guadagnarsi i diritti esclusivi e copyright su qualunque cosa e la proprietà delle
immagini come mai prima d'ora. E contemporaneamente c'è la possibilità tecnica di
duplicare le immagini con il digitale. Alla luce di ciò ritengo che quella che sarà la
più impegnativa battaglia legale dei prossimi venti o trenta anni, consisterà nello
stabilire dove questi diritti iniziano e dove finiscono. A questo proposito un dato
immesso nella rete Internet dovrebbe divenire patrimonio di chiunque utilizzi questo
strumento.
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