INTERVIEW:
Question 1
Quali sono stati, secondo lei, i grandi cambiamenti, i passaggi epocali, se ve ne sono
stati, nella storia della stampa italiana? E' un lungo fluire o vi sono stati dei punti di
rottura?
Answer
Credo che ci siano stati molti punti di rottura, e, che in molti casi, essi hanno
rispecchiato le fasi della storia del nostro Paese. Credo che un punto di rottura
importante sia stata - agli inizi del Novecento - la nascita di giornali che finalmente
dedicarono attenzione alla cultura con la nascita della terza pagina. Penso che un altro
evento importante sia stata la nascita del Popolo d'Italia, nella preparazione della prima
guerra mondiale, perché esso ha sicuramente fondato un nuovo tipo di fare giornalismo, un
giornalismo che riesce ad incidere nella storia e nella politica. Poi, naturalmente, il
giornalismo di regime ha rappresentato una caratterizzazione particolare che credo meriti
di essere affrontata; se vogliamo invece limitarci ai nostri anni del dopo guerra, credo
che negli anni Settanta ci sia stata una vera e propria svolta nel giornalismo italiano
perché sono nati i primi due giornali partito, non giornali di partito, mi riferisco a La
Repubblica e al Il Giornale che hanno assunto una posizione critica nei confronti del
potere, senza con questo aderire ad un partito di opposizione. Invece eravamo abituati in
Italia a giornali governativi, o a giornali di opposizione ma legati comunque ad una
realtà di partito.
Question 2
Con il fascismo c'è stato un modo di fare il giornale e il giornalismo molto
centralizzato, cioè il governo, o il partito fascista, attraverso l'Agenzia Stefani
piuttosto che L'EIAR eccetera dava delle direttive uguali per tutti e poi, in questa sorta
di omologazione d'informazione, ognuno agiva settorialmente, oggi si direbbe secondo i
target di riferimento. E' l'origine del pensiero unico di cui si parla oggi o è qualcosa
di diverso?
Answer
Io credo che nel fascismo sia emersa una vena conformista e servile della nostra stampa
che reputo fosse precedente al fascismo e che è stata anche successiva al fascismo. Il
regime totalitario incompiuto del fascismo ha sicuramente gettato le basi per un controllo
dell'informazione, però penso che il dato più detestabile di quel periodo sia stato il
servilismo spontaneo da parte di molti giornalisti, e credo che questo fenomeno rientri
nella patologia, purtroppo, del nostro Paese e della nostra stampa, e quindi che non sia
soltanto limitabile al periodo del fascismo.
Question 3
Oggi questo servilismo a che cosa è applicato? Alla cultura industriale, ai partiti del
governo, alla proprietà del giornale...questo atteggiamento che lei dice essere uno degli
atteggiamenti preminenti dei giornalisti, a chi viene applicato oggi?
Answer
Direi che viene applicato da una parte ai cosiddetti poteri forti, i poteri che contano,
che non sono solo i poteri politici ma soprattutto i poteri industriali, che hanno anche
interessi primari in campo editoriale, e in secondo luogo credo che questo servilismo sia
legato anche al cosiddetto clima, cioè c'è una forma di conformismo che recita che è
necessario adeguarsi allo spirito del tempo, e questo credo che sia uno dei dati salienti
della stampa italiana.
Question 4
Il peso della cultura industriale nel modo di fare il giornalismo e i giornali, e cioè
anche di produrre e di selezionare le notizie, c'è e quale è secondo lei?
Answer
Il peso della cultura industriale c'è sicuramente nel nostro giornalismo, anzi direi che
siamo passati da una fase in cui prevaleva l'egemonia ideologica, ad una fase in cui
prevale l'egemonia del mercato, anche se ideologicamente corretto, quindi credo che in
questa fase sia importante sottolineare come i giornali siano subalterni, in qualche modo,
alle logiche del marketing e spesso siano disposti anche a cambiare, mutare le opinioni e
ad interpretare diversamente i fatti sulla base della funzionalità o meno a certi
processi industriali e di mercato.
Question 5
Quindi c'è un peso della cultura industriale anche sulla notiziabilità, cioè sui
criteri per cui una cosa è notizia o no? Penso di base agli incidenti sul lavoro che non
fanno notizia, ma invece a cosa può fare notizia rispetto a questa cultura.
Answer
Io credo che ci sia sicuramente una specie di autocensura, prima ancora che una censura,
da parte dei giornalisti in relazione alla omogeneità di certe notizie rispetto agli
interessi dell'editore, della grande industria di riferimento, e comunque del piano nel
quale vengono inserite. Quindi c'è sicuramente una forma di autocontrollo, che credo si
eserciti soprattutto in alcuni settori vitali ovviamente da quello dei trasporti ad altri
settori dove sono più presenti gli interessi industriali ed editoriali italiani.
Question 6
C'è stato in Italia un caso, il caso Zicari, cioè di un'agente segreto che era
un'importante giornalista de Il Corriere della Sera, poi c'è stato il caso della P2
ancora più eclatante, diciamo come ingerenza, o comunque presenza di soggetti estranei al
giornalismo, all'interno dei giornali, con un ruolo di guida, questa situazione è
ripetibile o in qualche modo il giornalismo italiano ha fatto crescere degli anticorpi
rispetto a cose del genere?
Answer
Io credo non solo che sia ripetibile, ma che sia già in corso, cioè sono convinto che ci
siano delle lobby rispetto alle quali alcuni giornalisti rispondono in senso
dell'omogeneità. Vorrei dire che c'è anche un discorso di liceità delle lobby e un
discorso invece inaccettabile, ovvero se alcune lobby sono rese trasparenti e comunque
rappresentano interessi leciti, è giusto che ci siano dei giornalisti che esplicitino
innanzitutto la loro appartenenza a queste lobby e che si dichiarino in qualche modo
promotori dello sviluppo di queste lobby. Invece, nel nostro Paese, c'è da una parte
l'idea di simulare un'altra discendenza delle proprie informazioni, e quindi un'autonomia
rispetto alle lobby, e poi spesso si rappresentano interessi che non sono propriamente
leciti ma che, viceversa, segnano soltanto il primato di alcuni interessi rispetto ad
altri.
Question 7
In questa fase, in questi fine anni Novanta, la stampa sta vivendo un momento di crisi
riconosciuto, sia di crisi di contenuti, di crisi di lettura, tutto sommato forse di crisi
di credibilità. E' possibile che questa crisi di credibilità sia dovuta a tante cause o
anche concause, quale sono secondo lei le maggiori, se condivide che c'è una crisi di
credibilità della stampa italiana.
Answer
Credo che ci sia una crisi, ma non mi pare che sia nella fase più acuta, ho l'impressione
che alle volte si esageri la portata della crisi della stampa. Detto questo comunque
indubbiamente siamo in un periodo di difficoltà, anche perché se compariamo i dati di
vendita a quelli del '38 ci rendiamo conto che, nonostante la rivoluzione
tecnologica-industriale che c'è di mezzo e nonostante il benessere, vendiamo praticamente
le stesse copie di allora. Credo che una delle ragioni principali della disfunzione sia
naturalmente il primato di una cultura orale, che è oggi rappresentata dalla cultura
televisiva. Credo in secondo luogo che ci sia un difetto di credibilità dei giornali,
perché ho l'impressione che i nostri giornali non rappresentino adeguatamente quella che
Flaiano chiamava la trascurabile maggioranza degli italiani. Credo che il comune sentire
non sia adeguatamente rappresentato in Italia, e credo che ci sia più omogeneità ad
alcuni interessi e ad alcuni valori di casta piuttosto che agli interessi e ai valori
diffusi.
Question 8
Crede che la televisione rispetti meglio, e quindi dia più credito alla citazione di
Flaiano, o che i giornali nell'inseguire la televisione abbiano intrapreso una strada
sbagliata nel tentativo di conquistare pubblico?
Answer
No, credo che la televisione sia semplicemente un mezzo più facile, e per questo viene
più facilmente recepito. Più facile perché gratuito, o comunque considerato tale,
perché arriva direttamente a casa, perché non ha bisogno di una mediazione come comunque
la lettura, e quindi credo sia questo il dato in più che facilita la televisione, non
credo che sia una maggiore qualità rispetto alla carta stampata.
Question 9
I media si dice che non hanno memoria, lei lo ritiene vero? a leggerlo sembra vero, cosa
pensa dei motivi di questa mancanza di memoria, è dei giornali, è dei giornalisti, è
del modo di fare informazione?
Answer
Credo che i giornali rispecchino, da questo punto di vista, un deficit di memoria che è
comunque diffuso nel Paese. Non credo cioè che abbiano avuto una funzione particolare
nella diffusione dell'oblio, credo anzi che ci sia da parte dei giornali, alle volte,
anche un tentativo di far riemergere storie del passato; ho invece l'impressione che
viviamo nella dimensione di una sorta di glorificazione del presente, una forma di
egocentrismo di una generazione che ritiene di essere l'ombelico del mondo e che si
ritiene separata sia dalla generazione che l'ha preceduta, sia dalle generazioni che
verranno, e quindi ho l'impressione che questa perdita di memoria non sia una causa
determinata dal giornalismo, ma il giornalismo rispecchi semplicemente un deficit diffuso.
Question 10
La RAI, Il Giorno, sono state e sono imprese editoriali pubbliche però abbiamo visto che
sia durante il fascismo sia dopo non è la proprietà pubblica rispetto a quella privata,
l'Agenzia Stefani era privata, L'EIAR era privata, a garantire alcunché rispetto alla
libertà di espressione o alla possibilità di essere liberi nell'espressione. Questa
differenza tra pubblico e privato nella proprietà implica qualcosa o no rispetto alla
libertà di stampa?
Answer
Dovrebbe implicare una funzione più di servizio e anche in certi limiti di educazione,
anche se la parola è inquieta, che invece non vedo presente attualmente nell'informazione
pubblica, o vedo comunque scarsamente presente. Credo che questa sia la vera differenza,
il vero scarto, se c'è un servizio reso ai cittadini, allora ha una ragion d'essere
l'informazione pubblica. Allo stato attuale in effetti sono molto sfumati i confini tra
informazione pubblica e privata, anche perché l'unico parametro di riferimento è
l'audience o magari la raccolta della pubblicità, e quindi rispetto a questi sfumano
tutti gli altri criteri. Allo stato attuale vedo, anche a livello di informazione, e
proprio mi riferisco in particolare ai telegiornali, una impercettibile differenza tra
l'informazione dei canali pubblici e quella dei canali commerciali.
Question 11
L'ex Presidente della FIAT in questo giugno '98 ha assunto un ruolo di comando nella
Rizzoli Corriere della Sera, questo ha in qualche modo svegliato l'attenzione del
sindacato dei giornalisti e dei comitati di redazione, è sensata questa attenzione, è
una novità, è una storia che continua anche questa, quella cioè dell'impresa
industriale che influisce direttamente anche con la nomina di proprietari e dirigenti
rispetto all'industria editoriale?
Answer
Io credo che sia un'esplicitazione di una tendenza che era già in corso, sarebbe ipocrita
indignarsi rispetto a queste nomine, perché semplicemente portano alla luce del sole
quello che era già di fatto. Noi sappiamo, sapevamo, che la FIAT aveva già un peso
importante che influenzava l'universo giornalistico della Rizzoli, e quindi con questo
atto, con la nomina di Romiti, si è esplicitata maggiormente questa politica. Rispetto a
questa nomina io vedo un passo avanti e un passo indietro: il passo avanti lo vedo perché
si tratta di una nomina comunque forte che può comunque garantire un tasso di maggiore
autonomia rispetto al potere politico, e quindi rispetto a quel clima ulivista che io
ritengo sia abbastanza pervasivo nel nostro Paese; dall'altra parte un passo indietro
perché segna, comunque, un maggiore e più esplicito controllo appunto della proprietà e
quindi degli interessi industriali.
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