INTERVIEW:
Domanda 1
Le due facce del virtuale.
Risposta
In questo mio intervento, tenterò di illustrare ciò che vorrei chiamare la rivoluzione
del virtuale. Sono tra quelli che pensano che stiamo vivendo un momento eccezionale nella
storia della rappresentazione. Viviamo un momento paragonabile a quello della apparizione
della stampa. Con Internet, con lo sviluppo delle tecnologie del virtuale, abbiamo al
tempo stesso un sistema di distribuzione e di accesso all'informazione di una potenza
senza pari, ma anche un nuovo modo di rappresentare il mondo. Nessun sistema di
rappresentazione è indipendente da una ideologia implicita. I nuovi sistemi di
rappresentazione non sono evidentemente esenti da una nuova ideologia. Ma è sempre meno
semplice decifrarla. Quando un grande come Leonardo da Vinci si è misurato con la
prospettiva, il suo modo di operare poteva sembrare difficile da capire per i suoi
contemporanei, perché era in un certo senso la matematica più complessa del suo tempo
che lui metteva in immagini. Nelle nuove tecnologie del visuale e del virtuale, che si
stanno sviluppando, c'è anche molta matematica, ma una matematica più sottile, più
nascosta. La prospettiva, in un certo senso, si dà a vedere in quanto modello di
rappresentazione. Con il virtuale abbiamo a che fare con tecniche che sono essenzialmente
linguistiche e criptiche per chi voglia comprenderle. Sicché, ci sono due facce del
virtuale: la faccia visibile e quella invisibile, come in un iceberg. La faccia visibile
è la più piccola, e si lascia scorgere facilmente, ma nasconde, appunto, quella che non
si mostra. E ciò che del virtuale non si vede nel visuale, ciò che si può solo
indovinare o intuire è il campo più complesso che lo spirito umano abbia mai inventato.
Da una parte c'è l'aumento incredibile della potenza dei calcolatori. Una sola cifra per
fissare le idee. E' un luogo comune, ma è opportuno ricordarlo: in trent'anni, dalla fine
degli anni Sessanta fino a oggi, la potenza dei calcolatori si è moltiplicata per dieci
alla settima, cioè per dieci milioni. Questo vuol dire che calcolatori che occupavano uno
spazio pari a quello di Villa Medici, ormai si possono trovare su una semplice scrivania,
possono essere regalati ai ragazzi per Natale. Questo è il primo punto. Il secondo è
l'interconnessione generalizzata dei calcolatori tra loro, specialmente grazie a Internet.
Internet costituisce una rivoluzione incredibile per due ragioni: la prima è che permette
una diminuzione dei costi di comunicazione estremamente importante - nell'ordine di mille
o diecimila volte meno - in rapporto al telefono, e la seconda è che Internet permette,
grazie alla diminuzione dei costi, lo sviluppo di una comunità mondiale. Per usare una
metafora forse un po' ampollosa, ma che a mio avviso contiene una parte di verità, vorrei
citare il termine di "noosfera", di Teilhard de Chardin. Internet è un modo di
concretizzare nella realtà questa intuizione della "noosfera" a cui pensava
Teilhard.
Domanda 2
Le quattro tappe della rivoluzione virtuale.
Risposta
La maniera in cui l'immagine di sintesi, l'immagine virtuale, l'immagine digitale si
sviluppa nello spazio sociale è straordinariamente varia. Immagini virtuali si trovano
nei posti di comando dei generali a cinque stelle che dirigono la Guerra del Golfo, ma
vengono usate anche dagli psichiatri, dai ragazzi, dagli astrofisici, si trovano
praticamente da per tutto. L'immagine di sintesi, in quanto mezzo di rappresentazione del
mondo, è ormai da per tutto. Illustrarne le varie applicazioni in maniera esaustiva
sarebbe impossibile qui. Ciò che però vorrei sottolineare è che la rivoluzione del
virtuale poggia su quattro principali tappe tecnologiche. Prima tappa: l'apparizione del
trattamento digitale dell'immagine, la cui parola chiave è linguaggio. L'immagine ormai
può essere generata per mezzo di operazioni linguistiche astratte. Con il digitale ormai
l'immagine è diventata un linguaggio non in senso metaforico, ma nel senso stretto della
parola. E' questa la rottura fondamentale in rapporto con le tecniche del passato.
L'immagine digitale è inanzi tutto una scrittura: si scrivono delle immagini battendo su
una tastiera. Non è una metafora. Non è tanto la metafora dell'immagine come scrittura
nel senso vago dell'espressione, è veramente la possibilità giocare con le immagini come
si gioca con gli aggettivi, con i verbi, con le parole. E' proprio questo che si fa,
quando si programmano delle scene, quando si creano, a partire da manipolazioni
linguistiche, dei mondi virtuali. Finora le immagini, l'immagine del pittore, l'immagine
del cineasta, l'immagine del fotografo, l'immagine del "videasta" o, se si
preferisce, della televisione, partecipavano della materialità del mondo. Il pittore
manipola dei pigmenti. Si stabilisce dunque un contatto tra la volontà del pittore e una
materialità che gli oppone resistenza. Il fotografo, come il cineasta o il
"videasta" gioca con dei fotoni. Ci sono dei fotoni che vengono a imprimersi su
una superficie fotosensibile, che si tratti della gelatina fotochimica, del tubo
elettronico della videocamera o della pellicola cinematografica. In tutti i casi
l'immagine un tempo era legata alla materialità, alla concretezza del mondo reale. Con
l'immagine virtuale, con l'immagine di sintesi, non sono più dei fotoni o dei pigmenti
che creano l'immagine, ma delle pure operazioni linguistiche. E in questo modo l'immagine
appartiene interamente al regno del linguaggio. Questo è assolutamente fondamentale, in
senso buono e in senso cattivo. In senso buono ci offre la libertà del linguaggio, la
sovrana libertà dell'espressione, separata da ogni rapporto con il reale; in senso
cattivo l'inconveniente è che proprio perché è privata di ogni relazione con il reale
ne perde il sostanzioso midollo. Quindi il dibattito che si potrebbe sviluppare
eventualmente stasera è: che cosa si guadagna, che cosa si perde a rifugiarsi così nel
regno dei linguaggi simbolici astratti, quando si vogliono fare delle immagini. Questo è
il primo punto. Seconda tappa: la possibilità di interagire in tempo reale, cioè senza
dimensione temporale addizionale. Si può agire sull'immagine nell'immediatezza della
volontà di agire. Questo è certamente noto almeno da una trentina d'anni per i
simulatori di volo, ma ormai queste tecniche di interazione in tempo reale, sono a
disposizione anche dei bambini di cinque anni, e a buon prezzo. Terza tappa: il sentimento
di immersione nell'immagine, grazie alle tecniche di visualizzazione stereoscopica o
altre, come gli schermi giganti, eccetera. Non insisto. Ci sono almeno una diecina di
tecniche, che permettono di simulare questa immersione all'interno dell'immagine. Quarta
tappa: lo sviluppo delle tecniche di telepresenza e di televirtualità, che consistono
essenzialmente nella congiunzione delle reti come Internet con le tecniche precedenti.
Domanda 3
L'abolizione della distanza.
Risposta
Si tratta quindi di una rivoluzione assolutamente radicale dell'immagine. Per quale
ragione? Non certo essenzialmente per una ragione tecnologica, ma piuttosto per una
ragione d'ordine epistemologico o filosofico. Classicamente, i rapporti tra l'immagine e
il linguaggio, l'immagine e il modello, l'immagine e il luogo e infine tra l'immagine e la
rappresentazione, e più precisamente tra la rappresentazione e la presenza, erano
caratterizzati dalla distanza. Ormai assistiamo a una specie di fusione, nei quattro
ordini di cui ho parlato: l'immagine e il linguaggio si fondono, l'immagine e il modello
dell'immagine si fondono. Il modello del pittore, ontologicamente parlando, non ha la
stessa natura dell'immagine che il pittore ne trae. Ora invece, nel quadro del virtuale,
il modello è altrettanto virtuale dell'immagine generata per mezzo di quel modello.
Dunque sul piano ontologico l'immagine virtuale, così come il modello che le dà origine,
sono costituiti della stessa sostanza immateriale. Di fatto c'è una specie di confusione
intrinseca, di ibridazione del livello dell'immagine con il livello del modello e questo
fatto si traduce in proprietà del tutto nuove come per esempio la possibilità di
ottenere una retroazione del livello di rappresentazione delle immagini sul livello di
rappresentazione del modello, cosa che si può osservare tipicamente nell'intelligenza
artificiale, nel riconoscimento di forme, eccetera. Ho parlato dell'immagine e del luogo.
Se classicamente eravamo posizionati davanti alle immagini, eravamo situati in un rapporto
frontale con le immagini, ormai si può entrare "nell'immagine" e anche qui si
sviluppa una forma di confusione tra l'immagine come luogo e l'immagine come superficie,
tra l'immagine come schermo e l'immagine come spazio. La quarta forma di confusione - e
uso di proposito la parola "confusione - è quella tra presenza e rappresentazione.
Si può dire che classicamente l'immagine si dà come una rappresentazione dell'assenza,
della distanza, dell'oblio, della memoria. L'immagine è un modo per introdurre una
pseudopresenza, non è altro che una ri-presentazione. Con l'immagine di telepresenza, con
l'immagine di televirtualità noi abbiamo a che fare con pure rappresentazioni che sono al
tempo stesso delle presenze. E, a differenza del presentatore della televisione, che non
è mai presente, che non è presente allo spettatore, ma che dà soltanto l'illusione
della presenza, voi avete a che fare con dei cloni che vi parlano, che sono ben presenti,
come la voce telefonica, che è là nel vostro orecchio ed esprime una presenza, un
ascolto, una realtà ontologica dell'ascolto. In realtà nel campo della televirtualità
abbiamo ormai una specie di spazio intermedio di presenza, che è al tempo stesso virtuale
e reale. E sempre più il rischio che correremo nella civiltà del virtuale è il rischio
della confusione. Ho usato parecchie volte questo termine di "confusione" tra
immagine e linguaggio, tra immagine e luogo, tra immagine e presenza, tra immagine e
modello. Nel movimento generale della rivoluzione del virtuale, questo movimento
indebolirà, cancellerà, annienterà i confini troppo netti, che la nostra cultura aveva
l'abitudine di tracciare tra i poli, i diversi poli che ho menzionato. Con le tecnologie
del virtuale - e lo si può vedere fin d'ora, per esempio, con la pratica multimediale
della manipolazione di immagini - la barriera tra il reale e il virtuale tende a crollare.
Quando a Antenne 2 o a France 2 semplicemente perché mancano le immagini per illustrare
un servizio e manca il tempo di procurarsele nel giro di qualche minuto si dotano di barbe
islamiche degli uomini della Francia settentrionale per far credere che si sono
intervistati degli Islamici, e si illustra così un servizio sull'Islam, come si è fatto
qualche tempo fa, si vede bene fino a che punto la frontiera tra verità e finzione sfumi
del tutto. Le stesse tecniche che permettono di realizzare gli effetti speciali per i film
di "fiction" sono usate ordinariamente per illustrare dei servizi dal vero.
Questa tecnica estremamente potente del digitale e del virtuale sta diventando un
linguaggio talmente generalizzato che viene meno ogni concezione etica della natura
dell'immagine, che si presenta e si propone allo sguardo, viene meno ogni referente in
rapporto a cui ci si possa situare. Ormai tutti i canali stanno per essere digitalizzati,
sempre più le immagini di "réportage" sono archiviate fin dal primo momento
con un sistema digitale. Fin dal momento delle riprese si può iniettare del virtuale
nell'immagine, sia in forma innocua, semplicemente cambiando la regolazione della luce o
la regolazione calorimetrica, eccetera, sia in forma più sottile, semplicemente per
accontentare il regista o perché questo aggiunge un po' di mordente al servizio. Questo
tipo di pratica si sta generalizzando.
Domanda 4
Verso la "cyber-economia.
Risposta
Vorrei infine dedicare quest'ultima parte del mio intervento ai problemi legati
all'esplosione delle famose autostrade dell'informazione. Bisogna rendersi conto, infatti,
che questi mezzi di rappresentazione sono assai più potenti nel loro impatto sociale ed
economico di quanto non si potrebbe credere. Le autostrade informatiche - che sono
chiamate così a torto, perché in realtà ci sono autostrade, sentieri, strade ad alta
velocità: c'è una grandissima varietà di reti per inoltrare l'informazione - le
autostrade informatiche hanno già causato una specie di cortocircuito generalizzato sul
nostro pianeta. Per fare un esempio il "Conseil supérieur des Notariats
francais" fa tutte le sue operazioni di raccolta dei dati giuridici in Costa
d'Avorio, con donne di quel Paese, che a malapena parlano il francese, ma che sono pagate
da trenta a sessanta volte meno delle operatrici francesi. Sono impiegate tre donne della
Costa d'Avorio. Esse acquisiscono indipendentemente l'una dall'altra gli stessi testi. La
probabilità che quelle tre persone facciano gli stessi errori è praticamente nulla,
sicché oggi costa meno raccogliere dati in Costa d'Avorio che raccoglierli in Francia.
Una azienda tedesca come Siemens fa tutta la sua manutenzione teleinformatica nelle
Filippine. La Swissair fa la raccolta dei dati contabili e la gestione delle prenotazioni
di volo, nelle Filippine. Il governo canadese ha firmato un contratto con una grande
azienda indiana di consulenze a Bombay, affinché si occupi delle pratiche di previdenza
sociale. Tutti questi esempi ci servono solo di riferimento per una realtà più
generalizzata di telelavoro, di telepresenza, di televirtualità del lavoro di gruppo,
attraverso reti estremamente potenti, per la loro capacità di rappresentazione e anche
estremamente economiche per i costi di funzionamento. Caso tipico: un collegamento con
Internet costa circa 50 F. al mese. Oggi vi potete abbonare a Internet con 50 F. al mese
in Paesi come la Francia, l'Italia e evidentemente gli Stati Uniti. Con un collegamento
che costa 50 F. al mese potete telefonare in tutto il mondo, potete recuperare immagini
video in tempo reale CNN su Internet o potete anche fare della televirtualità, cioè
delle teleconferenze. Tutto per 50 F. al mese. Se voi traete la logica conclusione da
questo uso generalizzato di immagini, sempre più convincenti dal punto di vista del
realismo, dal punto di vista delle prestazioni interattive, ebbene vi trovate davanti -
uso ancora questo termine - a un corto circuito planetario che sta per verificarsi e che
si propagherà a interi settori delle nostre economie europee. Penso alle banche, alle
assicurazioni, penso al settore di tutti coloro che si occupano di manipolazione
dell'informazione, a quei manipolatori di simboli che il Segretario di stato americano ha
indicato come il settore più attivo, più dinamico dell'economia d'oggi, l'economia
dell'immateriale. Il settore dell'immateriale è appunto quello che genera una maggior
quantità di nuove ricchezze nell'era del virtuale che si annuncia, ma è anche il settore
più facilmente virtualizzabile sulle reti mondiali. Noi andiamo verso forme avanzate di
economia virtuale, di cyber-economia, che accompagnano la tendenza correlativa alla
gestione planetaria dei movimenti di capitale. Saprete forse che ogni giorno tremila
miliardi di dollari di scambi finanziari avvengono sulle reti internazionali di cambio
bancario. Di questi tremila miliardi di dollari, in media solo l'1% viene investito in
operazioni che possiamo chiamare reali, cioè corrispondenti a operazioni commerciali
reali, come la compravendita di prodotti. Il rimanente 99% corrisponde unicamente a
manovre speculative, basate spesso su modelli matematici, su modelli essi stessi virtuali.
Cioè sono rappresentazioni astratte di una modellizzazione astratta del valore che i
capitali rappresentano. Si può dire che oggi c'è una specie di accresciuta coesione tra
virtualizzazione dell'economia, virtualizzazione della sfera speculativa e
virtualizzazione dei mezzi di rappresentazione. Queste tre zone di virtualizzazione si
stanno unificando sempre più intimamente e creeranno quello che si potrebbe chiamare un
"cyber-bang", una nuova era in cui il virtuale diventerà sempre più la realtà
ultima, lasciando al suo passaggio interi settori della realtà ai bordi delle autostrade
della comunicazione. Noi ci troviamo oggi davanti a un rischio più grande che si sta
delineando, quello di una frattura più profonda, tra quelli che hanno e coloro che non
hanno, tra i possidenti, gli info-ricchi e gli esclusi dal virtuale. Questa immagine dello
iato sempre più profondo tra gli eletti e gli esclusi si sta disgraziatamente rafforzando
a tal punto che è diventato il problema politico principale nelle economie avanzate.
Domanda 5
Un nuovo modello di società.
Risposta
Riassumo e vengo alla conclusione. La rivoluzione del virtuale, di cui ho tentato di
delineare alcuni aspetti, si riassume in fondo in due caratteristiche essenziali. La prima
è che si tratta veramente dell'apparizione di una nuova scrittura, di una nuova maniera
di rappresentare il mondo, che vale per fare la guerra, per speculare, per fare dei film,
per la creazione artistica. E' un nuovo modo di rappresentare il mondo, altrettanto nuovo,
in rapporto all'economia del XX secolo, all'economia dell'era industriale, quanto lo è
stato l'apparizione della stampa alla fine del XV secolo. Come l'apparizione della stampa
si è sviluppata parallelamente alla scoperta dell'America, alla Riforma e alla
Controriforma, e più in generale alla nascita del capitalismo mercantile, così oggi
l'apparizione del virtuale come tecnica di rappresentazione estremamente potente,
economica, generalizzata a tutto il pianeta, sta dando vita non soltanto a un nuovo
rapporto con il sapere e con la rappresentazione, ma anche - fatto più importante - a un
rapporto nuovo con il politico. La "deregulation" che l'Europa e gli Stati Uniti
si propongono in materia di telecomunicazioni, non è che una forma di remissione della
sfera del politico in rapporto a una rivoluzione che non è solo di ordine tecnologico, ma
che è dell'ordine della rappresentazione. Una rivoluzione la cui essenza non è
tecnologica, ma riguarda il nostro modo di considerare il mondo, il nostro modo di
rappresentarlo. Un solo esempio, per visualizzare il problema: quando, durante la Guerra
del Golfo, ricevevamo informazioni su quello che accadeva sul terreno, vedevamo sul
piccolo schermo delle videoimmagini, cosiddette reali, che non rappresentavano nulla, che
erano solo il segno, l'immagine della mancanza di intelligibilità di quello che stava
effettivamente accadendo sul terreno. Quindi avevamo delle immagini reali totalmente prive
di intelligibilità. Viceversa i generali che conducevano quella guerra erano circondati
da immagini virtuali: quelle degli Hawks, quelle dei radar, quelle degli infrarossi,
quelle dei cacciabombardieri, quelle delle carte elettroniche multidimensionali che
tappezzavano i quartieri generali. Tutte quelle immagini erano sintetiche, virtuali,
astratte, ma veicolavano intelligibilità. Oggi possiamo dirlo: nessuna immagine è più
vera, nel senso in cui poteva essere vera un tempo. Tutte le immagini, e sempre più
quelle che presto ci raggiungeranno come telespettatori medi, saranno interamente composte
per mezzo di manipolazioni linguistiche di simboli astratti e sarà sempre più difficile
distinguere il loro grado di realtà. Il problema oggi non è più se un'immagine è vera
o no, perché non ha più senso parlare di immagine vera. Ormai la sola questione che
varrà la pena di essere posta è: le immagini che ci vengono proposte sono intelligibili
o no? Soltanto nella misura in cui come cittadini, come artisti, come creatori, come
lavoratori della nuova era che si sta annunciando saremo capaci di rispondere a questa
domanda: "Qual è il grado di intelligibilità di una certa immagine?", ci
troveremo o nel campo degli eletti del virtuale o, sfortunatamente, e sottolineo con forza
"sfortunatamente", nel campo dei futuri esclusi, dei proletari del virtuale. Per
riassumere, non si tratta soltanto di nuove tecnologie, ma di un nuovo modello di
società, che si sta costituendo, e alla quale non siamo per niente preparati, tenuto
conto della velocità incredibile degli sviluppi che hanno avuto luogo sotto i nostri
occhi. Soltanto un anno fa nessuno avrebbe immaginato che sarebbe stato possibile mettere
su Internet delle trasmissioni televisive, come oggi è possibile. Nessuno immaginava,
solo un anno fa, che sarebbe stato così facile usare la realtà virtuale, il mondo
tridimensionale "online", sulle reti tipo Internet. Solo due anni fa nessuno in
Francia, a parte qualche specialista, un ristretto numero di esperti, conosceva Internet.
Nessuno conosceva Internet. Certamente non i politici e nemmeno il grande pubblico. In due
anni Internet è diventato un fenomeno assolutamente irresistibile. Concludo semplicemente
con queste due idee. In primo luogo i movimenti a cui assistiamo sono di una rapidità e
di una potenza senza confronto con quelli a cui eravamo finora abituati. In secondo luogo
c'è purtroppo una forma di dimissione del politico di fronte a questi fenomeni che
sfuggono al controllo delle nazioni. Lo Stato-nazione si trova oggi senza risorse davanti
a un cyber-spazio, che è, per essenza, delocalizzato, transnazionale, al di là di tutte
le frontiere e di tutti i regolamenti. E' assai facile immaginare oggi che il
cyber-spazio, con la rapidità della telepresenza e della teledistribuzione, può
completamente evadere le leggi locali. Potrei fare numerosi esempi, nel caso degli Stati
Uniti, in cui dei "server" di immagini attaccati dal Congresso, semplicemmente
digitando su una tastiera, sono stati spediti virtualmente alle Bahamas o in Finlandia.
Non insisto. L'idea giusta è che ormai gli Stati-nazione sono diventati tutti troppo
piccoli, anche gli Stati Uniti sono troppo piccoli, per gestire questo spazio virtuale,
che è di moda chiamare cyber-spazio e che sta diventando il "luogo" con molte
virgolette in cui il pianeta intero si ritroverà, luogo vuoto e al tempo stesso
attraversato da tutti i giochi di potere, di finanza, eccetera.
NOTA - Questo intervento è stato raccolto a Villa Medici,
Roma, il 15 dicembre 1995, nell'ambito di una conferenza organizzata dal Centro culturale
francese. |
|