INTERVIEW:
Domanda 1
In questi ultimi tempi si sta rivalutando l'opera di Thomas Pynchon. Quali sono i motivi?
Risposta
Non so se sia il caso di usare il termine 'rivalutazione'; ho l'impressione che Pynchon si
sia assicurato un posto assolutamente stabile nel canone della grande letteratura
contemporanea. Non si tratta di una riscoperta, una rivalutazione ma di un ulteriore
momento nella conoscenza di uno scrittore del quale non si può fare a meno. Le ragioni, a
me sembra che siano riposte soprattutto nella capacità che Pynchon ha avuto di mettere in
crisi i canoni attraverso i quali percepiamo o siamo abituati a percepire ed a
rappresentare l'esperienza quotidiana. C'è un punto in The Crying of Lot 49 (L'incanto
del lotto quarantanove), dove lo scrittore parla delle sensazioni che sono appena al
margine della coscienza, appena ai limiti della percezione; in qualche misura, in questa
sfera della percezione sfuma quello che sappiamo e quello che non sappiamo, quello che
vediamo, quello che sentiamo e quello che non vediamo; a me sembra che questo alone di
incertezza sia, paradossalmente, uno dei punti fermi della poetica post-moderna: la
costruzione dell'incertezza. In questo senso Lei, forse, sostiene che Pynchon è nuovo al
grande pubblico, per il mistero che lo circonda; egli è noto perché è ignoto, è una
presenza costituita da un'assenza; e questo mi sembra proprio un paradosso che trasferisce
nella vicenda biografica di Pynchon, che a me non interessa particolarmente, il filo
costante della sua opera creativa.
Domanda 2
Qual è la collocazione di Thomas Pynchon tra le tante voci fuori dal coro della
letteratura contemporanea americana? Pensiamo alla letteratura di origine cyber-punk come
William Gibson o autori come Toni Morrison, che si fanno portavoci di una condizione di
emarginazione particolare...
Risposta
Se esiste un coro nella letteratura americana, Pynchon è il primo tenore; a questo punto
non mi pare più fuori del canone, fuori del coro, ma quello che ha fondato un canone
differente, uno dei protagonisti, insomma, una delle voci differenti ma che non possiamo
più chiamare marginali. Rispetto a Gibson a me pare che ci siano dei contatti, dei
rapporti abbastanza intensi, soprattutto questa incertezza sulla definizione di realtà e
l'attenzione agli aspetti dell'oscurità del notturno, delle strade, del margine, dei
rifiuti, degli emarginati, degli esclusi; questi elementi sono fortemente presenti anche
in Pynchon. Inoltre, c'è un rapporto molto forte con la cultura di massa, con la
televisione, per esempio, assunta in un'ottica di riuso. Rispetto ad autrici come Toni
Morrison, la mia sensazione è che questa autrice non sia portatrice, voce di una
condizione particolare di emarginazione; se c'è una scrittrice che, con un termine che
non mi piace, possiamo chiamare 'universale' in questo momento negli Stati Uniti è
proprio Toni Morrison; secondo una tradizione che da molto tempo seguono gli artisti
afro-americani, partendo da una esperienza storica specifica, Toni Morrison costruisce un
discorso che parla un poco per tutti. In Beloved, ma anche nell'ultimo Paradise, troviamo
un paradigma dell'incertezza; in Beloved c'è questo confine tra vita e morte che viene
varcato, in Paradise c'è un altro confine essenziale per la vita americana: il confine
razziale tra bianchi e neri che viene messo in discussione. Mi sembra, quindi, che anche
se Morrison è meno riconducibile al canone della post-modernità, tuttavia, questo canone
dell'incertezza dei confini del reale è centrale in entrambi questi autori che Lei ha
citato nella sua domanda. Incertezza dei confini che non significa, naturalmente, che la
realtà non esiste, ma mette in evidenza una difficoltà che stimola l'obbligo morale alla
ricerca, per poterla definire.
Domanda 3
Quali settori della realtà sociale americana rispecchiano le storie di Pynchon?
Risposta
Non userei il termine 'rispecchiano'. Direi che Pynchon prende i suoi personaggi da fasce
di soggetti che cercano di non rispecchiare, ma di tirarsi fuori, di stare ai margini.
Certamente sono figure, se gli vogliamo fare un identikit sociologico, prevalentemente di
classe media bianca; però una classe media bianca che è molto incerta sui contorni della
propria identità e di tutte le identità.
Domanda 4
Può fare riferimento ai confini sociali e geografici che i processi di globalizzazione
favoriti dalla rete e dai nuovi mezzi di comunicazione aboliscono?
Risposta
La biografia dei romanzi di Pynchon, non tanto quello che io amo di più, il The Crying of
Lot 49, ma Gravity's rainbow, o V., le storie che vi racconta avvengono in California ma
cominciano in Belgio, cominciano in Italia; c'è una connessione frequente fra il locale
ed il globale. Noi percepiamo le potenzialità che ci offre la rete anche grazie al fatto
che Pynchon, prima che la rete esistesse, ci ha preparato uno sguardo capace di pensarle
come possibilità. Contemporaneamente, una delle figure centrali di Pynchon, che è quella
dell'entropia, è proprio retta dalla preoccupazione che una espansione illimitata ed
indifferenziata di una globalizzazione senza controlli finisca per essere, poi, una stasi
totale: se tutto è comunicabile con tutto c'è una preoccupazione in Pynchon che, in
realtà, non passi nessuna comunicazione.
Domanda 5
La possibilità di perdere o acquistare sempre nuove identità a seconda del contesto in
cui ci si trova, tipica del navigatore della rete, non rispetta, a Suo avviso, anche una
caratteristica dei protagonisti dei romanzi di Pynchon?
Risposta
Si e no. Mi spiego; questa possibilità di acquisire sempre nuove identità è l'altra
faccia del rischio che qualunque identità acquisita non significhi nulla e non sia
un'identità perché è instabile, perché ti può essere sottratta non solo per tua
scelta, ma anche perché qualcuno violentemente te la toglie. Il gioco dei travestimenti
dei nomi, degli spostamenti, dei cambiamenti, è un gioco contemporaneamente di
possibilità e di rischio che all'interno ha anche l'euforia. Possiamo essere qualunque
cosa e la preoccupazione è: potremmo non essere niente. Questo elemento c'è in Pynchon,
si trova in Gibson, è presente nel cyber-punk, perché rende molto più seria la loro
scrittura e la proposta che fanno. La proposta che fanno è: "anything goes".
Possiamo essere qualunque cosa, e la proposta è: se possiamo essere qualunque cosa non è
detto che possiamo rimanere quello che desideriamo rimanere, che potremmo anche desiderare
di essere qualcosa. Ma questa possibilità rischia di essere continuamente sottratta, nel
senso che potremmo essere costretti ad essere qualunque cosa. Questa dimensione dà
spessore al gioco di Pynchon, al cyber-punk e, forse, anche alla rete.
Domanda 6
Pynchon è uno degli scrittori più celebrati dalla cultura di Internet. Esistono numerosi
siti dedicati alla sua opera. Come si spiega questo interesse dei navigatori?
Risposta
In Pynchon c'è la suggestione critica della possibilità. Io ho fatto l'esempio, in una
relazione, di un brano di Pynchon che funziona esattamente come un ipertesto; questo testo
è stato scritto prima che gli ipertesti ci fossero, negli anni sessanta: la possibilità
proprio di navigare attraverso diverse storie possibili, che si sposa ad un'idea molto
forte della smaterializzazione, della comunicazione come processo non materiale, della
costruzione dell'identità attraverso la comunicazione che è un processo non materiale,
quindi della non materialità delle identità. Contemporaneamente, c'è una resistenza in
Pynchon che non sempre vedo nei navigatori acritici della rete; una resistenza alla
indifferenzazione; c'è l'idea che da qualche parte, forse, un mondo materiale continua a
sussistere. Ed è questo il dialogo che si svolge intorno a Pynchon. Però non c'è dubbio
che, anche proprio per la vicinanza generazionale e di formazione culturale, la passione
per la cultura di massa, per la cultura di consumo, per i consumi culturali, è presente
il gioco dell'abolire la differenza fra la cultura alta, la cultura bassa che accomuna un
poco tutta la cultura della così detta post-modernità. E, chiaramente, Pynchon è una
figura, per la sua assenza, che non può non appassionare i soggetti dell'immaterialità.
Domanda 7
A proposito di assenza, un argomento che può essere legato a questo tema è anche quello
della solitudine e dell'isolamento. Lei trova che il rischio delle tecnologie sia proprio
quello di isolare gli individui?
Risposta
Non sono uno specialista, né un particolare partecipe di questi processi. Tutte le
tecnologie della comunicazione sono, contemporaneamente, comunicazione ed isolamento, ma
questo vale pure per la scrittura, nel senso che è una straordinaria macchina per
comunicare; tuttavia è perfettamente possibile chiudersi in camera con un libro e
sostituire i libri alle persone. Lo stesso processo si può mettere in moto con il
computer, con il telefono: ogni strumento che ti permette di comunicare allo stesso tempo
ti permette di non toccare gli altri; l'unica forma di comunicazione che impone il
contatto è la comunicazione interpersonale orale, tutte le altre forme di
tecnologizzazione della comunicazione vanno verso la strada dell'allargare i contatti e,
allo stesso tempo, di rendere questi contatti non necessari. L'isolamento dipende
veramente dalla volontà soggettiva, personale, dei soggetti individuali e collettivi
della comunicazione.
Domanda 8
Come ha affrontato, Pynchon, il tema della comunicazione?
Risposta
Io ho l'impressione che Pynchon si muova in questo spazio, in queste due possibilità.
C'è un punto, in Gravity's rainbow, dove la protagonista vede i fili del telefono e pensa
a tutte le voci che stanno nell'aria; in questo passo emerge l'idea che siamo tutti
avvolti nella comunicazione, perché queste comunicazioni passano attraverso vibrazioni
dell'aria, in questo momento l'aria che ci sta intorno sta vibrando di voci, di persone
che parlano; non riusciamo a parlare ma le voci vibrano, ci entrano dentro, le onde
passano attraverso il corpo; siamo tutti immersi in questo flusso di comunicazione e
questo flusso di comunicazioni espresso attraverso i fili del telefono, in qualche misura,
ci attraversa, ci rende trasparenti, ci toglie il corpo. E ci dà una quantità sterminata
di voci possibili. Sostanzialmente, in Gravity's rainbow, questo tema dell'incertezza,
dello sfumarsi, dei contorni della conoscenza è reso ancora più complesso dal fatto che
Pynchon non ci permette nemmeno di dire: "benissimo, il mondo è conoscibile".
Dopo averci immerso in questo flusso di comunicazione intercambiabile, molteplice, in cui
tutto può essere qualunque cosa, alla fine, ci dice: "e se non fosse così? Se in
realtà, invece, il mondo fosse conoscibile?" Da una parte, dopo averci sottratto la
certezza, ci sottrae pure il dubbio, pure la certezza del dubbio: non ci possiamo adagiare
nella tranquillità del dire che tutto è relativo, forse non è vero.
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