INTERVIEW:
Domanda 1
Buonasera Professore, grazie di essere venuto. Vorrei affrontare un esame comparatistico
del diritto della privacy rispetto alla giurisdizione degli Stati Uniti che ha
particolarmente riflettuto sul problema, sia dal punto di vista della giurisprudenza che
dal punto di vista della normativa del Congresso. Uno degli aspetti che è stato trattato
è quello del diritto allanonimato, su cui pendono due sentenze importanti della
Corte Suprema. Una di esse è del 95, e lo riafferma. Che cosa pensa del diritto
dellanonimato come aspetto del diritto alla privacy? E daccordo con
questa impostazione?
Risposta
Dipende dal modo in cui ricostruiamo il raggio del diritto allanonimato. Se pensiamo
nellottica tradizionale si deve affrontare la tematica del diritto alloblio,
che è molto cara alla tradizione giurisprudenziale nordamericana: un famoso caso della
giurisprudenza americana ha costituito una delle pietre miliari nel tentativo di
ricostruire in maniera unitaria -poi sostanzialmente fallito- il diritto alla privacy
nellesperienza statunitense. Se, viceversa, ci proiettiamo in unottica più
moderna e pensiamo alle vicende a noi più vicine e di più immediata percezione della
trasmissione di informazione in rete, il problema dellanonimato muove una serie di
grandezze e altrettanti fattori di difficile controllo, poiché vi sono implicazioni di
diversa natura. Posso fare un esempio banale ma che semplifica il concetto
dellanonimato: viene messo in circolazione un pacco contenente un oggetto. Il suo
contenuto potrebbe essere, per la verità, alquanto dannoso, pericoloso, disastroso al
limite, e non si è fissata la sua provenienza. Ciò comporta, evidentemente, una serie di
ripercussioni abbastanza intriganti. Sotto questo profilo, prima di schierarsi, per così
dire, sui princìpi, occorrerebbe, presumibilmente, immaginare un approccio più casistico
per verificare quali possono essere le implicazioni che comporta questa circostanza.
Dobbiamo immaginare, nella rete complessiva di soggetti -non intendo la rete in senso
fisico- che hanno una possibilità di intervento, di controllo e di manipolazione della
circolazione di questo tipo di informazione, quali nodi possono essere considerati in
qualche modo responsabili, o capaci, quanto meno, di governare al livello di vigile
delletere o del cavo o del doppino telefonico. In definitiva, è necessario
considerare se questi elementi siano in grado di assumere un qualche tipo di
responsabilità per evitare che lallegra anarchia di Internet diventi, si,
unanarchia, ma non più molto allegra e, per la verità, piuttosto pericolosa.
Domanda 2
Si tratta di considerare i benefici e i costi di questa possibile regolamentazione
preventiva, perché io sono daccordo con Lei sui rischi che un anarchia di
informazioni può comportare. Ciò è sufficiente a limitare la libertà
despressione? Questo è stato il ragionamento della Corte Suprema.
Risposta
Io credo che tutte le volte in cui ci accostiamo a questo problema in termini censori, il
discorso diventi sostanzialmente perdente; il "Decency Act", la
"Section" a sei, mi pare, o a cinque "telecommunication Act", in
realtà, è andata in fibrillazione di fronte alle "opinions" dei giudici. Ciò
è accaduto perché la tradizione culturale americana è talmente intransigente, in questo
caso, da non accettare una censura paternalistica ex ante. La cultura americana è sempre
compatta sul concetto che nel "market place of ideas", nel "mercato delle
idee", debba comunque prevalere lidea corretta. Si tratta, in questo caso, di
una sorta di censura esposta per fare giustizia dei "materiali di scarto".
Questa idea è quella che più mi piace, che più mi convince, ma non del tutto. In
termini economici, per esempio, consideriamo il mercato la soluzione più efficiente
allocativamente per distribuire le risorse e per dare gli stimoli, corretti incentivi. Ma
tutto questo è possibile fin tanto che il mercato è in grado di funzionare in maniera
autonoma. Quando, viceversa, il mercato non può, per definizione, regolarsi
autonomamente, accade ciò che gli economisti chiamano "markets failures",
i "fallimenti del mercato". In questo caso non abbiamo bisogno di regolamentare.
Vi sono delle circostanze in cui persino il mercato delle idee non riesce ad esprimersi
liberamente. Io non credo sia il chip inserito nel singolo computer che automaticamente
oscura il messaggio dell immagine, che può risolvere il problema. Sono convinto che
la tradizione americana sia ancora, tutto sommato, la più solida ed in grado di fornire i
migliori risultati. Garantendo certi valori - quelli del primo emendamento sono i valori
cruciali della democrazia americana- garantiamo anche i valori fondanti della democrazia.
Ma se noi ci schieriamo in maniera rigida e indeclinabile su questa posizione, dobbiamo
essere disposti a pagare dei prezzi carissimi. Gli eventi della cronaca ci danno spesso
controspinte, in questo senso. Ad ogni svolta dangolo dobbiamo essere disposti a dei
sacrifici gravissimi, perché li incontriamo. Ecco, perché, di volta in volta, a seconda
della pressione emotiva, vediamo che il dibattito è come se si avvitasse su se stesso,
dando dei risultati diversi da quelli che ci saremmo aspettati il giorno prima.
Domanda 3
Qual è il Suo commento su una possibile responsabilità degli operatori di sistema?
Risposta
I giuristi normalmente non hanno molta fantasia, e non la possono avere per definizione,
perché numerose volte ci si trova ad agire nel vuoto, non potendo rispondere che non si
sa che pesci pigliare. Allora, il giurista, si appoggia, gioca un ruolo di sponda, applica
per analogia norme esistenti, oppure si appella ai princìpi e cerca di derivare da questi
le coordinate applicative. Quindi, questa materia, non credo sia pertinente ai compiti del
giurista. E necessario, a mio avviso, che si indaghi sulle responsabilità degli
operatori massmediatici: la responsabilità del direttore del giornale rappresenta, in
qualche modo, il profilo di più immediata vicinanza, quello che probabilmente ispira la
riflessione del giurista, che non cerca lontano, ma scava vicino. Io, personalmente, trovo
che questo sforzo analogico, quasi ineccepibile nelle sue motivazioni di fondo e nelle sue
linee organizzative, sia però poco rispondente a questa realtà e rischi di scrivere
sentenze molto pesanti, sopra le linee. Mi spiego: il mondo di Internet è costituito da
operatori che operano professionalmente, attraverso una organizzazione imprenditiva
sofisticata, gerarchicamente organizzata e quindi capace di affrontare alcune
sollecitazioni molto forti. Peraltro esso ha costruito le sue fortune su operatori
sostanzialmente diversi, che definire amatoriali è già abbastanza ottimistico; si tratta
di soggetti abilissimi, più che di "haker", con disponibilità di hardware
abbastanza ridotte, ma capaci di grandi operazioni. Il fenomeno della BBS, oggi in parte
declinante perché è sopravanzato dalla progressione di investimenti nel settore,
rappresenta il motore immobile su cui è cresciuto Internet, ed è un fenomeno, per la
più parte, amatoriale. Tali BBS funzionavano, grosso modo, come "rélais",
cioè come macchine appaiate, una in ricezione e laltra in trasmissione. E il
caso di citare David La Macchia, il famoso "haker" del MIT di Boston, che si è
reso responsabile, personalmente, per levasione del diritto dellautore del
copyright nordamericano di un milione di dollari. Ma David La Macchia non aveva interessi
economici in tutta questa vicenda. Certo, stornava limpiego di due grossi computers
del MIT, ma lo faceva semplicemente perché il gusto dell "haker" lo
portava a gestire questa folle BBS. Ora, David La Macchia è stato assolto dalla
giurisprudenza penale nordamericana. Perché? Possiamo immaginare poiché non traeva
profitto da questo tipo di attività. E vero che la decisione è fondata sulla
inestensibilità del "wire right" del 1934, ma tra le righe della sentenza si
coglie la chiara sensazione del giudice che una "bravata" del genere non debba
essere punita se non è stata funzionalizzata. Per quanto il soggetto sia responsabile di
un danno molto consistente per le software houses, egli non deve essere punito se non ha
agito con una chiara finalità di profitto. Dunque, al di là di questo, che potrebbe
essere considerato un caso limite, lattività del "sistem operator"
periferico, mi sembra non possa essere onestamente gravata di responsabilità, che
dovrebbero essere tipiche, invece, di una organizzazione. In altre parole: tutte le volte
in cui potessimo -a me piacerebbe, quanto meno- avere un approccio ad una disciplina o ad
un intervento disciplinare su questa materia, che si sapesse distinguere fra intervento
amatoriale -per cui la BBS è letteralmente un "bulletin", una lavagna, quasi
passiva, un "rélai", che riceve e ritrasmette senza capacità di monitoraggio,
senza possibilità di scrutinio dei materiali- e le BBS professionali, che divengono
"content providers", variamente organizzate. In questultimo caso esiste
una prassi organizzativa, vi sono dei responsabili vari che si prendono cura di seguire
ciò che avviene in rete, sia per quanto attiene alla responsabilità civile nella
diffamazione, sia per quanto concerne agli illeciti. Mi sembra che vi siano livelli
organizzativi e, di conseguenza, livelli di dibattito rispetto ad essi.
Domanda 4
Ecco perché è il fine, ancora una volta, che diventa la discriminante. Al provider non
si può far carico di un fine, è solamente un fornitore di servizio.
Risposta
Il provider fa essenzialmente circolare i contenuti. Snaturarerebbe il suo ruolo se gli si
chiedesse di fornire, oltre che il servizio, un contenuto, per il quale non ha assunto,
per definizione, una responsabilità. Credo che tutto si possa fare, ma, di conseguenza,
cambiano anche i ruoli. Non mi sorprendo di fronte ad ogni tentativo di intervenire in
questo settore per evitare che Internet diventi una terra di nessuno. Si immagini un
angolo di Hyde Park, dove ognuno sale sul suo cattedrino e, inascoltato, parli al pubblico
vomitando quello che crede. In realtà agisce in questo modo perché è inascoltato o è
ascoltato soltanto da chi vuole ascoltarlo. Identifico Internet in questa metafora. Ma se
abbiamo il sospetto che lo scopo del soggetto possa essere diverso da quello che
immaginiamo, temiamo che la rete, in realtà, possa funzionare come straordinario
meccanismo di rilancio e quindi di crescita esponenziale delleco delle informazioni.
In questo caso introduciamo un preoccupato controllo per quello che può essere il
risultato devastante di un cattivo uso dellinformazione. A questo punto, dobbiamo
necessariamente immaginare che Internet non sia più composta dai soggetti che la popolano
oggi. Si tratta di altri soggetti con altre responsabilità: dobbiamo attendere una
trasmutazione di questi soggetti. Certamente non saranno più sysop, ma grandi imprese
organizzate, con responsabili di settore. A questo naturale sviluppo di Internet sono
connessi molti pericoli. Se Internet è un veicolo di uninformazione che finalmente
riesce a sfuggire alla ristrettezza, vera o falsa che sia, delle frequenze, allora il
problema assume una forma più complessa. Il controllo della televisione ha storicamente
comportato lidea di un preciso esercizio di potere. Internet è stato il primo passo
verso listruzione di questa struttura di pensiero, perché quel virtuale Hyde Park
che possiamo immaginare, rappresenta la prima tappa verso una informazione affidata a
ciascuno di noi.
Domanda 5
Una delle forme tradizionali nella "common law", violazione del diritto alla
privacy, è lappropriazione del nome o dellimmagine e luso commerciale
di essa. Quale tutela vi è, al livello comunitario, in Europa e anche in Italia?
Risposta
Le linee affermatesi in Italia sono, grosso modo, corrispondenti a quelle vigenti negli
altri quadranti occidentali, ivi compresi gli Stati Uniti. In questultimo paese la
copertura della privacy è completa per quanto attiene alla ricaduta commerciale, ed è
meno completa -nel senso che le cinquanta giurisdizioni non sono tutte quante egualmente
schierate- quando si guarda alla privacy come valore puramente personalistico. La privacy
intesa come valorizzazione dellimmagine, o del nome, diventa, in realtà e
paradossalmente, "right of pubblicity". Non è più il "right to be let
alone", il "diritto di essere lasciatao in pace" -nella originaria versione
di Warner e Brandys che hanno fondato con il loro celebre articolo del 1890- contro i
giornalisti invadenti. Si tratta, invece del diritto di avere il controllo
sullutilizzazione commerciale della propria immagine e quindi non è più
suscettibile delle mediazioni tradizionali del diritto alla stessa. Affinché il discorso
non rimanga impenetrabile, propongo un esempio semplificatorio del problema in questione:
nel nostro diritto, stando alla lettera delle disposizioni di cui ci possiamo avvalere,
cioè dellarticolo dieci del Codice Civile e gli articoli 96 e 97 della Legge sul
diritto dautore, noi scopriamo che il personaggio pubblico non può opporsi alla
diffusione del proprio ritratto. Il "personaggio ritrattato", per usare il gergo
legalese, è in questo caso spogliato del controllo della propria immagine, perché è
interesse pubblico quello di conoscere le caratteristiche fisiche di chi occupa un posto
di tanto rilievo sociale. Ma se lo stesso personaggio pubblico - è una casistica recente,
abbastanza divertente per la verità -, viene "ritrattato" e la sua immagine
viene utilizzata in una campagna pubblicitaria (per esempio luomo politico che
sbadiglia clamorosamente in una bella immagine rubata in Parlamento e sotto un titolo che
richiama l head line di un giornale e che suggerisce che quel giornale sveglia
lItalia), ciò mette i giudici di fronte ad un caso difficile, perché il
personaggio ritratto è evidentemente un personaggio pubblico. Ma poiché limmagine
é utilizzata per portare avanti una campagna pubblicitaria, leccezione non può
più funzionare. In questa direzione ritorna il tema del "right of pubblicity",
il diritto del singolo al controllo sulla sua imamgine. Si può fare pubblicità con il
capitano di industria o con luomo politico soltanto se si riesce ad ottenere il suo
consenso. Altro problema è quello dellidentità personale, cioè
dellutilizzazione dellimmagine, poiché, come "testimonial", si può
rappresentare una linea di pensiero. Se ad un soggetto si attribuisce una specifica
posizione politica, senza che questa sia condivisa dal soggetto stesso, attraverso un
manifesto destinato alla campagna pubblicitaria, perché la faccia è in qualche modo
considerata affidante, in questo caso ci si può opporre, invocando il diritto
allidentità personale e ottenendo dal giudice una ordinanza inibitoria, che
impedisce luso di quel manifesto.
Domanda 6
Lei ritiene che questo problema di appropriazione del nome o dellimmagine a scopi
commerciali sia accresciuto a causa delle nuove tecnologie, da Internet. Crede che siano
necessari strumenti nuovi per questa tutela?
Risposta
Il problema, in questo caso, è più complesso. La risposta sarebbe: tecnicamente no. Io
credo che Internet ponga dei problemi serissimi che non possono essere risolti attraverso
il ricorso ad istituti preesistenti. E necessario adattarsi ad una realtà virtuale
diversa. Questi problemi riguardano la liquidità o la intangibilità dei riferimenti. Se
noi continuiamo ad interstardirci sullidea che le questioni riguardanti Internet si
possono risolvere con l applicazione e con laggiustamento della preesistenza
organica, credo che dobbiamo rassegnarci a navigare a vele spiegate verso un futuro senza
possibilità di soluzione. Detto questo, non vorrei arrivare allallarmismo inverso,
in ragione del quale tutte le volte in cui riusciamo a mettere in circolo Internet tutto
quello che era in nostro possesso diventa inutilizzabile. In circostanze del genere non
riesco a vedere un aggravamento del danno rispetto a quello che può essere tipico
dellutilizzazione massmediatica. Limmagine della diva di turno, che viene
utilizzata e bruciata per una campagna pubblicitaria, rappresenta lesempio della
perdita di una forte opportunità di guadagno. In un futuro potremmo immaginare che,
cambiando il modo complessivo delle telecomunicazioni, di concerto con l'informatica,
proprio in questi nuovi scenari si possa concentrare lattività economica,
attraverso la pubblicità, e che, di conseguenza, si possa ottenere la massima
concentrazione di interessi. Pertanto, se é vero che Internet per tanti versi mette in
crisi profonda lesistente giuridico, non si può altrettanto affermare che tutto
ciò che Internet ingloba si trasformi in qualche cosa di velenoso e insopportabile.
Domanda 7
Vorrei avere da Lei unultima precisazione riguardo al personaggio pubblico. Mi
riferisco al tema della diffamazione. La stampa che pubblica estratti di procedure
giudiziarie in corso, Lei la valuta come una possibile diffamazione o rientra nel diritto
della stampa quello di usare la valenza della notizia, di qualcuno che comunque diventa
personaggio pubblico, anche suo malgrado?
Risposta
Io temo che questo discorso richieda la quadratura del cerchio. Mi sembra piuttosto ovvio
che, dal punto di vista dellinquisito, la pubblicazione di atti, che dovrebbero
essere coperti dal segreto istruttorio, sia la cosa più deteriore che si possa
perpetrare. Questo comporta di essere trascinati nel pubblico ludibrio, marchiati in
qualche modo di infamia, con qualche lettera scarlatta, prima ancora che si sia persino
delineata una ipotesi di reato o che si sia pensato seriamente che è in gioco qualche
cosa di particolarmente serio. In realtà , si è trascinati in malo modo e senza
riguardo. Daltro canto non posso fare a meno di pensare che il giornalismo si muova
sempre secondo la logica del sottotitolo del New York Times, che mi pare suoni
"all that is fit to print", "tutto ciò che vale la pena di stampare".
Credo che, fra le cose che vale la pena di stampare, cè anche purtroppo il
pettegolezzo, che spesso e volentieri non coglie nel segno, fa male; altrettante volte,
allinsegna dell "on y soit qui mal y pense", in realtà, esso porta
alla luce avvenimenti che altrimenti resterebbero nascosti. Non credo che il problema
riguardi il giornalista il quale, trovandosi in possesso di materiali di interesse
pubblico, non può scegliere di non pubblicarli. Mi sembra eccessivo che egli debba
esercitare questo "self restrain". Nella misura in cui egli sente che il
materiale va stampato, è degno di essere stampato. Vi è un problema a monte, a mio modo
di vedere, perché io non credo che i verbali di interrogatori e altri documenti
istruttori abbiano una capacità di volatilità via Internet o in qualche altro modo
autonoma, per arte propria. Evidentemente qualcuno li fa muovere. Se cè un problema
a questo riguardo, io comincerei ad individuare la prima causa, piuttosto che prendersela
poi col secondo anello della catena: i giornalisti che, a questo punto, dovrebbero
dimenticarsi del loro mestiere.
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