Digital library (interview) RAI Educational

Francesco Muzzioli

Rome, 04/06/97

"Art and new technologies: reflections on the relationship between the avant-garde and communication"

SUMMARY:

  • The idea of the avant-garde must be seen in the context of the problems to which it was a response. It was an artistic and literary phenomenon which developed in Europe at the end of the last century. The avant-garde writer raises the problem of language itself: the avant-garde author does not merely represent alienation but believes that even the language which we use to describe alienation is in itself alienated (1).
  • The relationship between avant-garde writers and communication can seem almost paradoxical, because their eccentricity and the difficulty of their texts gives the impression that they do not want to communicate as a matter of principle. However, the avant-garde, for example in futurist evenings or Dadaist cabaret, have always sought the collective moment, and thus the moment of communication (2).
  • The avant-garde has always sought to destroy the "singularity" of forms, have always been open to new forms of expression, including technological innovation. The new forms of technology which are emerging could also be used by the avant-garde of the future (3).
  • Walter Benjamin's essay, "The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction", could be seen as predicting these new forms of communication which now make available to all of works of art which previously were accessible to a privileged few (4).
  • We need to reflect to what extent surfing the Internet allows us to live the experience of shock in the same way that the Benjamin's "flaneur" who wanders around Paris experiences it. Muzzioli fears that surfing the Internet only reproduces a "minor totality", a hedonistic fruition which ignores anything difficult (5).
  • Benjamin saw that technological innovation could move in two opposing directions: it could be used revolutionary sense, but could also be potentially destructive, depending on how it was used. This is even more valid today in the age of digital technology (6).

homepage

lezioni


digital library

authorities
subjects
biblioteca digitale

autori

cerca

aiuto

INTERVIEW:

Domanda 1
Può darci una definizione del concetto si di 'avanguardia'?

Risposta
Credo che la nozione di avanguardia vada inserita nel complesso dei problemi a cui essa risponde. È un fenomeno artistico e letterario che si è sviluppato soprattutto nell'ultimo secolo, nel '900 in Europa, e naturalmente non è stata l'unica risposta alla situazione nuova dell'intellettuale e dello scrittore. Credo sia utile confrontare la posizione dell'avanguardia rispetto a quelle che sono state le linee principali della scrittura e dell'arte nel '900, che possiamo probabilmente riassumere nell'idea del "modernismo", con un termine molto usato dalla cultura americana. Per quanto riguarda l'Italia questa categoria può sintetizzare l'opera di scrittori come Pirandello, Svevo, lo stesso Montale; di fronte a un mondo che non dà più certezze, lo scrittore si pone nella posizione della scrittura dell'angoscia, della crisi, della perdita dell'identità. E questo lo fa lo scrittore modernista riprendendo, in fondo, il linguaggio che trova nella tradizione. L'avanguardia fa un passo avanti, ponendosi il problema del linguaggio stesso; l'autore d'avanguardia non rappresenta l'alienazione ma sostiene che anche il linguaggio che può raccontare l'alienazione, che può parlare dell'alienazione, è a sua volta alienato. Questo determina diversi meccanismi di messa in questione del linguaggio; le prime avanguardie, le avanguardie storiche dal futurismo al surrealismo, cercano nuovi linguaggi. I futuristi russi cercano addirittura un linguaggio transmentale che si ponga al di fuori dell'alienazione del parlare comune. Questi sono tentativi eroici, che oggi appaiono ingenui, come quello dei surrealisti di avere una scrittura automatica che metta immediatamente a contatto con l'inconscio, come zona più autentica della propria individualità. Le avanguardie hanno, in seguito, avuto uno sviluppo nella seconda metà del '900, in cui agli aspetti provocatori di quella che è stata, se vogliamo dir così, la "prima ondata", si sono sostituiti degli aspetti più riflessivi delle nuove avanguardie; tuttavia, queste ultime, non sono un fenomeno soltanto italiano, ma si possono collegare ad altri gruppi francesi, si possono collegare alle esperienze tedesche, come quelle di Gunter Grass e a uno scrittore come Beckett. C'è un grande fermento di nuove avanguardie in cui l'aspetto principale che emerge è un tentativo di maggiore riflessione analitica sul problema del linguaggio, e anche di rilettura delle avanguardie precedenti. C'è stato, inoltre, il tentativo, in queste avanguardie, di fare maggiormente i conti con l'alienazione del linguaggio nella società di massa. Anche le avanguardie di cui stiamo parlando hanno avuto, ovviamente, dei limiti, e sicuramente oggi ci troviamo di fronte alla necessità di una "terza ondata" di avanguardia che affronti un problema che, forse, è più stringente di questo recente periodo. Detto molto in sintesi, il problema è quello dell'importanza della comunicazione all'interno della società, l'importanza della comunicazione sia come mezzo di produzione, sia anche come pratica molto vicina alla creazione delle merci: è attraverso la comunicazione che spesso un prodotto diventa merce.

In funzione di ciò la parola assume un valore molto importante anche dal punto di vista pratico-economico, e rende molto più difficile l'intervento di una avanguardia che si trova sicuramente emarginata, perché tanto più è importante il potere sulla comunicazione, tanto più diventa importante che non si creino dei disturbi a questa trasmissione di informazioni e, spesso, anche di ordini di linguaggio alienante.

Back

Domanda 2
Può approfondire questa relazione tra avanguardia e comunicazione?

Risposta
Il rapporto tra avanguardia e comunicazione può sembrare quasi paradossale, perché nel senso comune gli autori d'avanguardia, con le loro eccentricità e con i loro testi non immediatamente comprensibili, passano per essere degli autori che quasi per principio non vogliono comunicare. Il lettore comune sostiene: "ma qui non si capisce nulla". In realtà questa difficoltà dello scrittore d'avanguardia di farsi comprendere non nasce da una volontà di ritirarsi in una sorta di Olimpo della incomprensione. Se si vuole, ciò è stato vero per alcune esperienze, ma più proprie del modernismo, in cui questa sorta di autore aristocratico si chiude nella indecifrabilità del proprio linguaggio. Le avanguardie -lo dimostrano anche le occasioni pubbliche che esse hanno sempre cercato, dalle serate futuriste ai cabaret dadaisti, fino ai convegni delle nuove avanguardie del gruppo 63-, hanno cercato il momento collettivo, quindi il momento della comunicazione. Tale comunicazione, però, è una comunicazione che parte dalla percezione che il pubblico non costituisca un dato assoluto, ma che, viceversa, esso sia qualcosa di diviso, di socialmente diviso, rispetto al quale lo stesso messaggio -chiamiamolo così- deve produrre divisione. Ci deve essere una sorta di scontro con il pubblico in cui devono nascere diverse posizioni, in un affrontamento di posizioni nel pubblico. Questo aspetto provocatorio nelle prime avanguardie è abbastanza evidente; nelle seconde avanguardie, quelle che hanno cercato la riflessione -tant'è vero che la loro forma organizzativa è stata soprattutto quella del convegno, non più quella della serata, quindi non più quella dell'affrontamento, d'urto con il pubblico- si tende a creare una comunicazione che, però, non definirei difficile, quanto del "disturbo", di disturbo del senso comune. Il senso comune non si accorge che la comunicazione di cui si ciba è una comunicazione disturbata perché produce soltanto il ripetersi, la conferma di nozioni povere e di nozioni già possedute. L'avanguardia, viceversa, tende a suscitare problemi; questo disagio, dunque, è un disagio essenzialmente di tipo produttivo e vitale proprio nel senso della comunicazione. Non dimentichiamo che il termine comunicazione significa mettere qualcosa in comune, e questo "qualcosa" in comune deve avvenire da entrambe le parti; non è semplicemente la trasmissione in cui qualcosa avviene come in una catena, cioè trasmesso, dato al destinatario e, in qualche modo, imposto al destinatario. Ho l'impressione che, molto spesso, quando si parla di comunicazione si parli esattamente di questa trasmissione che impoverisce, appunto, il rapporto comunicativo.

Back

Domanda 3
Attraverso la sua lettura delle avanguardie come fenomeno artistico-letterario che vogliono produrre una "poetica del disturbo", ritiene che possa determinarsi un parallelo con le nuove tecnologie che attraverso uno smontaggio del sistema tradizionale di comunicazione, interrompono una normale fruizione delle informazioni?

Risposta
L'avanguardia ha sempre avuto di mira l'innovazione rispetto alle forme consacrate della scrittura e dell'arte, ed in questo senso ha sempre cercato di pluralizzare la sua espressione. Spesso l'arte si è feticizzata, si è legata, cioè, ad una sola forma espressiva che diventava canonica. L'avanguardia vuole rompere questa unicità della forma, e per questo sceglie il plurilinguismo, la pluralità dei linguaggi. In questo senso le avanguardie hanno sempre avuto come scopo quello di creare un rapporto con delle nuove forme di espressione, anche tratte dalle innovazioni tecniche. Esse dovevano infatti rapportarsi con la nuova situazione culturale del presente determinata dalle nuove situazioni sociali ed economiche, ma anche con una innovazione tecnologica che in queste sfere diventava sempre più importante. In questa prospettiva è abbastanza interessante quello che può essere avvenuto nella sfera teatrale: la mescolanza di momenti espressivi, il rapporto, per esempio, che, in un certo teatro d'avanguardia, è stato fatto dei filmati ha contribuito a destrutturare l'unicità espressiva. Probabilmente anche le nuove forme di comunicazione tecnologica che attualmente vediamo potranno essere utilizzate da una avanguardia del futuro, ed io credo che sarebbe molto interessante vedere le ipotesi di avanguardia che utilizzino in maniera straniata queste nuove possibilità tecniche, utilizzarle anche al di là della loro unicità di cui sono portatrici. Noi vediamo anche che alcune forme, le stesse reti informatiche, tendono ad essere dei luoghi in cui c'è tutto e in cui, in fondo, l'utente tende ad essere rinchiuso. Probabilmente questi mezzi tecnici hanno delle potenzialità nella misura in cui potranno essere usati anche al di fuori di questa tendenza alla chiusura; con una inversa tendenza, anzi, alla apertura e alla mescolanza con altre forme.

Back

Domanda 4
Benjamin definì l'opera d'arte come riproducibile, almeno intuì nella riproducibilità tecnica dell'opera, una forma dell'opera nel contemporaneo. Cosa era per lui la riproducibilità tecnica dell'opera d'arte, e quanto rimane adesso di questa sua intuizione, proprio in questo periodo in cui le tecnologie digitali portano al loro estremo la possibilità di riproduzione degli oggetti artistici fino a creare dei veri e propri cloni?

Risposta
Il saggio di Benjamin "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" può essere visto sicuramente quasi come una prefigurazione di queste nuove tecniche di riproduzione che possono ormai rendere disponibile, se non a tutti, comunque in larga misura, alcune opere d'arte che invece prima, come dice lo stesso Benjamin, potevano essere soltanto ammirate nel loro originale e là dove esse erano. E il discorso che Benjamin fa nel saggio è mosso soprattutto dalla contestazione della sacralità dell'arte, ciò che lui chiama il valore "cultuale" al quale Benjamin contrappone il valore espositivo; il momento in cui l'arte è messa a disposizione di tutti non ha più questa lontananza inattingibile rispetto al suo fruitore e, in qualche modo, può essere passibile di una fruizione democratica. Questa elaborazione beniaminiana sicuramente ci può far riflettere sulla situazione odierna; si può, in qualche modo, proiettare sulla situazione odierna, la quale, però, è diventata abbastanza diversa da quella in cui Benjamin si muoveva. Vale a dire che, da un lato, noi abbiamo un valore artistico sacrale, che in qualche modo sopravvive e in un certo senso accentua addirittura la propria distanza dal presente e si offre quasi come un rifugio rispetto alla barbarie del presente. Dall'altra parte noi abbiamo una riproduzione che soltanto apparentemente sembra rivolta a tutti, addirittura potrebbe arrivare molto presto alla manipolabilità dell'opera in cui la differenza tra l'originale e la copia verrebbe addirittura annullata: chiunque potrebbe farsi la sua opera a partire da una determinata copia, e in fondo, i baffi della Gioconda che fecero i Dadaisti chiunque li potrà realizzare su qualsiasi opera. Io credo che non si dovrebbe neanche cadere in una eccessiva importanza di questa disponibilità e di questa libertà, poiché credo che questa libertà di intervento e di manipolazione contenga ancora dei forti limiti, e sia una libertà soltanto apparente perché non si danno nello stesso tempo i mezzi per operare una vera critica del passato; anzi, in fondo, si annulla la stessa storicità dei materiali che vengono utilizzati. Si tratta di una operazione che rischia di essere un invito non alla consapevolezza ma, al contrario, all'incoscienza dei valori con cui ci si trova ad avere a che fare. Su questo punto si ricrea una sorta di nuova aura tecnologica per cui il valore di queste manipolazioni è dato dall'avere potuto utilizzare dei mezzi tecnici quasi miracolosi riproponendo un'aura diversa da quella a cui pensava Benjamin, ma forse un valore cultuale che non è più riferito all'oggetto quanto esattamente al mezzo che si adopera. In questa prospettiva è necessario, credo, operare una nuova trasposizione della prospettiva benjaminiana proprio per vedere dove e in quale punto noi riusciamo a rendere esattamente produttivo il nostro rapporto con l'arte, con il patrimonio artistico e anche con il passato, senza cadere né in una sorta di venerazione tutta quanta nostalgica del passato e neppure in questa illusione che non esista più differenza e alterità storica e che nel presente siamo in grado, illusoriamente, di manipolare tutto con una libertà che in realtà non abbiamo.

Back

Domanda 5
Sempre a proposito di Benjamin, negli Stati Uniti si sta rivalutando l'opera e la figura di Walter Benjamin, probabilmente in chiave diversa da quella a cui Lei fa riferimento, soprattutto nella possibilità di associare il frammento benjaminiano con questa frammentazione dell'informazione che è intrinseca, probabilmente, a questo mezzo di comunicazione che è Internet, che è la rete. È corretta questa associazione, e se ci sono delle differenze quali sono?

Risposta
Riguardo alla ripresa di Benjamin da parte degli americani, c'è da dire che questo pensatore, scrittore, critico, è talmente eccentrico e, se posso dire, talmente grande che è possibile ritagliarlo in diversi modi. E ciò è avvenuto molto spesso, non solo in questi ultimi tempi, non solo da parte del decostruzionismo americano. Per quanto mi riguarda, l'aspetto di Benjamin che più mi interessa è proprio questa sua spinta a cercare nella discontinuità della storia e anche nella discontinuità delle cose nel presente, dei momenti che siano produttivi, cioè vitali, che producano degli effetti di scontro e di innovazione.

Per quanto riguarda il parallelo del frammento Benjamiano con la navigazione in Internet, sicuramente ci possono essere delle analogie e sono le analogie che nascono da una certa percezione del moderno, della città moderna, e che si riverberano nelle nuove tecniche che non sono nate dal nulla, ma che, esattamente da questa modernizzazione, provengono, si prolungano e intensificano i dati di essa. Nel frammento benjaminiano, per quanto riguarda la percezione della città che Benjamin ha inserito nella sua lettura di Baudelaire e quindi della Parigi capitale del XIX° secolo, vista attraverso le poesie di Baudelaire, esattamente c'era questo accorgersi che Benjamin leggeva in Baudelaire che la città moderna si trasforma e forse è la prima volta in cui l'uomo si trova a vivere tutta la vita in uno spazio che cambia, quindi non ha più questa sorta di solidità del proprio luogo. La lettura della città, a quel punto, è esattamente una lettura degli strati diversi, storicamente diversi della città, in cui dei residui, delle parti possono venire come incontro all'osservatore, che quindi li scopre esattamente come segni della discontinuità dello spazio che corrisponde a quel punto anche a una discontinuità del tempo. E lo sforzo benjaminiano è quello di raccogliere il significato di questi frammenti e in qualche modo di riattualizzarli, cioè di renderli di nuovo efficaci attraverso appunto l'immaginario, attraverso lo scontro poi che questi frammenti hanno nell'immaginario dell'osservatore. Infatti poi Benjamin parla di un'esperienza dello shock, quindi di urti continui che ha questo personaggio che passeggia, che cammina nella città. E parla anche poi in questa grande ricerca su Parigi, esattamente di una sorta di strategia del risveglio. Ecco, i frammenti sono questi oggetti ridotti in pezzi, ma questi pezzi che attendono di essere risvegliati. In un altro foglio che Benjamin scrisse riprendeva la favola de La Bella addormentata, è come se appunto l'oggetto stesso fosse in questo sonno e attendesse il risveglio. Nel caso della navigazione su Internet nostro compito è quello di domandarci fino a che punto ci sia questa strategia degli urti e questa strategia del risveglio. Il frammento del messaggio informatizzato si collega sicuramente ad una esperienza che ormai si può fare soltanto attraverso parti miniaturizzate senza avere subito questa illusione della totalità. Temo che questa navigazione possa ricostituire in qualche modo una sorta di totalità minore, semplicemente scartando tutto ciò che le può creare delle difficoltà. Occorre che anche in questa navigazione ci siano dei segnali direzionali che aiutino ad andare incontro a una sorta di strategia del risveglio, aiutino a cercare i frammenti rimossi, quello che nel sapere ufficiale è stato nascosto, è stato fatto ammutolire. Ecco, senza una strategia di questo tipo, c'è il rischio che ciò che appunto ha poca voce in questa sorta di immensa galassia, rimanga in qualche modo nascosto, non venga toccato da questi percorsi se questi percorsi sono guidati semplicemente da una sorta di fruizione edonistica, che quindi si rifiuta al negativo, si rifiuta a quello che può disturbare la sua delibazione, in qualche modo, del già noto.

Back

Domanda 6
Quale può essere il rapporto fra le diverse tecniche in rapporto alla modernità. Anche in questo campo la riflessione di Benjamin fu oltremodo puntuale e acuta.

Risposta
Benjamin ha della tecnica l'idea che essa offra una chance rivoluzionaria. Ma questo non vuole dire che la tecnica sia, in quanto tale e nella sua stretta logica, rivoluzionaria. Significa che può essere utilizzata in modo rivoluzionario e quindi produttivo, può essere sviluppata nel senso del valore espositivo, cioè di una comunità di intenti, può incarnare un uso democratico. Benjamin però vedeva anche un uso distruttivo della tecnica, che per lui in quel momento, appunto negli anni '30 era costituito soprattutto dalla minaccia della guerra. Egli vedeva il rischio che le forze messe in campo dalla tecnica siano deviate nei fiumi delle trincee, creando quindi morte e distruzione. La realtà gli darà una tristissima conferma. Quindi c'è questa sorta di doppia strada che dalle scoperte tecniche si diparte e la scelta di uno dei due percorsi è data dalla decisione della società di privilegiare alcune funzioni piuttosto che altre. Un altro punto che Benjamin mette in luce è la possibilità che questi ritrovati tecnologici portino ad una estetizzazione della politica alla quale contrappone proprio nelle righe conclusive del suo saggio, la politicizzazione dell'arte. Questo sarebbe esattamente il riformarsi attorno alle meraviglie della tecnologia di un'aura sacrale, sia pure diffusa e quindi anche una estetizzazione, cioè un prendere semplicemente come momenti percettivi queste innovazioni della tecnica. Sicuramente anche la navigazione nella rete informatica può essere presa come la ricerca di nuove percezioni, la curiosità magari per incontri nuovi. Benjamin mette in guardia verso questa estetizzazione e, probabilmente, c'è da cercare una dialettica tra questa percezione del nuovo e la riflessione sul nuovo. Un semplice abbandono percettivo può poi portare una sorta di indifferenza, qualsiasi tassello di questa immensa rete è uguale e noi ci perdiamo, naufraghiamo all'interno di questa molteplicità. Invece sarebbe necessaria una dialettica tra il momento riflessivo, quindi l'apporto della coscienza, e il momento del risveglio e il momento della percezione.

Back

back to the top