Digital library (interview) RAI Educational

Aldo Mastropasqua

Rome, 04/06/97

"The Avant-guarde and New Technologies. The Theories of Walter Benjamin"

SUMMARY:

  • The theme of the city is very present in the reflections of Walter Benjamin. His navigation of the city of Paris was carried out primarily through literature and was destined to form a monumental work centred on Paris and Baudelaire (1).
  • Benjamin was able to write his seminal essay "The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction", because he was immersed in the innovation represented by the most advanced forms of communication of the time: cinema and radio. Today, with the Internet and other new forms of communication, reflections on the change in man's perception of reality brought about by the machine are even more relevant. The problem is whether the use of these new means will lead to the homogenisation and unconditional acceptance of the existing reality or to the critical discussion of alternative and not merely virtual projects (2).
  • Benjamin believed that traditional narration could no longer communicate experience. Today, the continuous flux of information brought by the new technologies tends to saturate individual experience and thus sterilise the experience which should be communicated through literary forms (3).

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INTERVIEW:

Domanda 1
C'è una relazione tra l'elemento della città delle riflessioni benjaminiane e Internet come entrambi luoghi in cui l'individuo fa esperienza?

Risposta
Il tema della città è molto presente nella riflessione di Benjamin. Il Flaneur è un protagonista della sua opera monumentale sui 'passaggi parigini', quindi gli avvicinamenti recenti all'opera di Benjamin, soprattutto negli Stati Uniti, come antesignana delle forme di comunicazione più avanzate attraverso Internet, potrebbero avere un fondo di giustificazione anche se è necessario riconoscere che la navigazione di Benjamin avviene essenzialmente nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Benjamin è innanzi tutto un navigatore attraverso un universo che oggi viene definito universo del supporto cartaceo. Questo è testimoniato dalla quantità veramente notevole di materiali che possiamo trovare in quello che resta nei frammenti dell'opera sui 'passaggi parigini'. Spesso sono dei sorprendenti reperti di un lavoro di lettura di esplorazione che partendo da Baudelaire e dalla Parigi del secolo XIX, sono stati poi montati ed erano destinati a far parte di un'opera complessiva molto ambiziosa che avrebbe avuto al centro, appunto, Parigi e Baudelaire e poi successivamente verso il Liberty. Le trasformazioni della città di Parigi, la stratificazione della città, la sua stratificazione storica, è una sedimentazione di eventi, contraddittori anche conflittuali, che trovano poi un riscontro, una presenza nell'opera letteraria. Il lavoro di Benjamin si viene a comporre in qualche modo intorno al tema della città, tenendo presente anche le trasformazioni che la città ha subito nell'epoca nella quale lui appunto lavorava e scriveva. Benjamin quindi non fa una navigazione virtuale nella città di Parigi, ma lavora e si muove, è lui stesso un Flaneur nell'universo parigino degli anni '30, in questa megalopoli abitata anche da movimenti letterari, da presenze forti dell'avanguardia europea appunto del '900. Quindi è un lavoro estremamente interessante questo di osservazione e di sperimentazione anche delle nuove forme di comunicazione.

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Domanda 2
Qual è il contributo di Walter Benjamin rispetto al rapporto dell'arte con le nuove strumentazioni tecnologiche?

Risposta
Benjamin può scrivere una opera fondamentale come L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, perché riesce in qualche modo a immergersi nell'innovazione rappresentata dalle forme di comunicazione all'epoca più avanzate che sono appunto il cinema ma anche la radio. Sappiamo che Benjamin è autore di radio-drammi, quindi di forme di comunicazione innovative sul piano anche della testualità letteraria. E il lavoro sul cinema, di riflessione sul cinema, è un lavoro che è alla base de L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, di questo breve saggio ma densissimo di conseguenze, e appunto, è l'opera, forse ancora oggi, più citata soprattutto sul versante americano della conoscenza, dell'esplorazione di questo pensatore tedesco. Il lavoro teorico ha alla base anche un elemento che potrebbe essere di grande attualità oggi che si parla di navigazione in Internet, di comunicazione multimediale, che è quello di un cambiamento di percezione attraverso le macchine. La macchina è al centro della riflessione di questo testo teorico di Benjamin; sia la macchina cinematografica che frappone un diaframma, e più ancora la macchina fotografica che consente anche di esplorare in maniera impensata in precedenza l'universo reale, il mondo. Egli si pone, quindi, il problema di un adeguamento di questo nuovo modo di percepire la realtà che deve trovare un equivalente anche nei linguaggi artistici contemporanei. E questo equivalente Benjamin lo individua nettamente nell'opera d'arte d'avanguardia. Una sua frase sembra estremamente indicativa, allorché sostiene che l'opera d'arte dadaista sembra essere un proiettile sparato verso il pubblico, spostando lo stesso pubblico in funzione delle sue coordinate mentali rispetto all'opera d'arte. Questa capacità di provocazione dell'arte d'avanguardia trova la sua attuazione a livello d'arte di massa nel cinema. Ritengo questo un punto molto importante, perché rappresenta un altro assunto che ricaviamo dall'opera di Benjamin: quello che l'arte pone delle esigenze, esprime delle esigenze che la tecnica solo in un secondo momento riesce a soddisfare. Allora ci si potrebbe porre il problema di quali siano le esigenze e quale tipo di arte abbia espresso le esigenze che oggi la tecnica in parte riesce a soddisfare attraverso, per esempio, l'universo del telematico o delle reti di Internet. Probabilmente la questione potrebbe essere anche quella di un ritorno di importanza, di attenzione alla produzione d'avanguardia perché, di fatto, l'avanguardia già al suo nascere ha puntato su una complessità di interferenza e anche di complementarietà di linguaggi provenienti da ambiti artistici tradizionalmente separati, quindi la musica, l'arte, la letteratura e in un secondo momento anche il cinema; oppure, pensiamo al teatro espressionista degli anni '30 nel quale era anche prevista la proiezione di determinate sequenze cinematografiche. Tutto questo sembra, poi, convergere in una forma di arte che potrebbe essere realizzata oggi, ma qui ci muoviamo in un ambito che ci pone numerosi punti interrogativi anche sul senso di questo tipo di operazione, attraverso mezzi tecnologici ipermoderni come l'informatica e le reti, il Cd Rom o il DVD. Il problema è quello di vedere anche l'uso che può essere fatto di questo tipo di configurazione dell'opera d'arte che va molto al di là, ovviamente, del valore tradizionale di culto, 'cultuale', come sostiene Benjamin, che avvolgeva in questa guaina il testo o anche l'opera d'arte visiva tradizionale. Da questo punto di vista mi sembra molto importante una considerazione che può essere ritrovata anche in altri autori. Oggi pensiamo alle esperienze di Edoardo Sanguineti, per esempio: c'è un manifesto del teatro elettronico che è in rete e consultabile in Internet realizzato da Edoardo Sanguineti e Andrea Liberovici. Ci sono interviste in rete di esponenti, per esempio, della neo-avanguardia italiana, limitandoci ad un ambito strettamente nazionale. Il problema è quello di vedere se l'uso che può essere fatto di queste nuove potenzialità vada in una direzione di omologazione o di accettazione incondizionata dell'esistente, oppure di discussione critica di intervento anche progettuale, alternativo e non puramente virtuale dell'esistente. L'elemento di interazione fine a se stesso può essere anche un elemento che non ha sbocco, che non ha futuro, mentre, oggi, le riflessioni più avvertite -penso per esempio alla Critica della ragione informatica di Thomàs Maldonado, un volume uscito di recente e molto importante-, pongono la questione se sia possibile utilizzare le reti, l'informatica e la telematica anche per un risveglio di coscienza critica. Maldonado pone anche il problema di chi sia il soggetto di questo nuovo mezzo tecnologico, quale sia il problema dell'identità di chi prende la parola scrivendo o, in qualche modo, interagendo con la rete e se la comunicazione interpersonale o individuale che si attua nella rete, sia una discussione, o sia semplicemente un confronto mediato e quindi schermato, nel quale le personalità sono nascoste anche da identità secondarie, da identità fittizie. Questo è un problema di democraticità: c'è spazio per una discussione democratica all'interno delle reti oppure no? Ed è un problema centrale che si riconnette anche a un uso creativo, alternativo di queste reti.

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Domanda 3
La narrazione: Benjamin sosteneva che la narrazione tradizionale, nell'epoca in cui scriveva, non poteva più comunicare "esperienza". Può spiegarci le ragioni? E, oggi, in che modo è possibile comunicare esperienza attraverso un'opera d'arte?

Risposta
Un altro dei punti della riflessione di Benjamin che mi sembra molto interessante e che si leghi a questo saggio centrale su L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, riguarda la questione della narrazione. C'è un famoso saggio su Nicolai Liescov, un autore russo dell'Ottocento, che è intitolato appunto 'Il narratore', nel quale Benjamin si interroga sulla possibilità, per la narrazione, -nell'epoca in cui scriveva ma questo è ancora più vero al giorno d'oggi- di comunicare esperienza. E la risposta è, ovviamente, negativa, se questo avviene nelle forme tradizionali, per il semplice motivo che la comunicazione -non diciamo la trasmissione- ma la comunicazione dell'esperienza, è resa inutile, è sterilizzata, per quanto riguarda la letteratura nella contemporaneità, dal flusso incessante di informazioni che "piombano" sul soggetto attraverso i mezzi di comunicazione. Oggi questo discorso è ancora più vero: questo flusso continuo di informazione tende a saturare, in qualche modo, l'esperienza individuale e, quindi, a sterilizzare l'esperienza personale che dovrebbe essere comunicata attraverso anche le forme letterarie. Mi sembra che questo punto possa essere collegato in maniera molto diretta con l'opera di Paolo Volponi, ed in particolare con testi più stratificati e complessi da un punto di vista narrativo, quali possono essere Corporale, o Le mosche del capitale. In particolare, la questione della possibilità della narrazione, del racconto ed esplicitamente in un brano metanarrativo come Le mosche del capitale, è tirata in ballo da Volponi quando si domanda -ed è una domanda retorica-, se ha ancora senso e se c'è ancora la possibilità di raccontare la propria esperienza in un universo nel quale c'è una omologazione di massa delle esperienze individuali. La narrativa alla Flaubert, la Madame Bovary, sarebbe oggi impossibile, in quanto quell'esperienza narrata da Flaubert è ormai vissuta a livello di massa nella contemporaneità da un numero impressionante di individui. Il cambiamento di passo che è molto interessante e che si può registrare nella narrativa di Volponi, prevede l'utilizzazione di forme nuove, sperimentali di narrazione, nelle quali l'esperienza viene fatta raccontare, per esempio in Le mosche del capitale, addirittura dagli oggetti. Gli oggetti prendono la parola e raccontano, essendo oggetti che hanno accumulato un valore d'uso, quelli della fabbrica, degli uffici, la poltrona del direttore o il calcolatore elettronico o anche le piante, che sono decorative degli interni e degli uffici della fabbrica; questi oggetti possono raccontare e scambiarsi le loro esperienze, i loro punti di vista. Questa è una soluzione estremamente originale che tende ad aprire notevolmente anche in senso allegorico il tessuto narrativo del romanzo di Volponi proiettandolo su una dimensione impensata e sorprendente. La possibilità di comunicare l'esperienza è importante; Le mosche del capitale sono un riepilogo di una esperienza vissuta in prima persona da chi scrive la narrazione, e questa esperienza riesce ad arrivare anche al lettore in maniera molto più sorprendente e spiazzante rispetto ai canoni della narrazione tradizionale. La sperimentazione di Volponi, che si lega alle forme di innovazione anche nella scrittura poetica di libri come Con testo a fronte o Il silenzio campale, segna proprio questo punto di ampliamento e, in un certo senso, di proiezione del percorso letterario di Volponi in una direzione che oggi andrebbe ripresa e forse anche sviluppata, essendo molto strettamente vicina a delle linee anche di ricerca d'avanguardia alle quali oggi si dovrebbe tornare a guardare con una certa attenzione.

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