INTERVIEW:
Domanda 1
Professore, lei sta sperimentando l'educazione a distanza all'università di Milano, ce ne
può parlare ?
Risposta
Si tratta di un progetto in corso già da tre anni e che ha seguito una serie di percorsi
in cui abbiamo utilizzato, per rispondere allesigenza di parlare a più studenti,
diversi mezzi. Per dare un'idea dei numeri: io tengo un corso al quale partecipano dai
cinquanta ai cento studenti, a seconda degli anni; però eseguo circa settecento esami
all'anno. Ciò vuol dire che esiste una porzione abbastanza grande di studenti che non mi
vedono mai. Questa è una premessa importante. Direi che come rapporto è abbastanza
normale, non è una cosa eccezionale: quasi tutti i corsi della mia facoltà hanno questo
rapporto. Premetto anche che all'università di Milano esiste un centro che si chiama CTU,
un centro di tecnologie educative che è un vero e proprio istituto; senza strutture
queste esperienze non si possono fare. Tre anni fa abbiamo cominciato con l'idea di
registrare un corso della mia materia, sociologia urbana, e di mandarlo in onda attraverso
una televisione privata. Poi lidea non è stata realizzata e siamo passati a creare
dodici videocassette; ciò, naturalmente, per me ha rappresentato un enorme aggravio di
lavoro, perché ha significato rifare il corso praticamente: bisognava andare in studio e
voi sapete che per registrare un'ora ci vuole un giorno. Comunque, è stata un'esperienza
interessante e ci ha spinto a fare altre esperienze. Abbiamo realizzato un CD ROM con un
ipertesto, e l'anno scorso abbiamo sperimentato un seminario multimediale, ma -diciamo-
testuale, in rete, per dodici studenti attraverso dei semplici calcolatori, e questo
istituto ha dato dei modem agli studenti che non l'avevano. Questa è stata la prima
esperienza.
Domanda 2
Quali sono i risultati di questa esperienza ?
Risposta
I risultati sono stati molto interessanti, perché, innanzi tutto, gli studenti hanno
partecipato con enorme entusiasmo. Non tutti erano alfabetizzati dal punto di vista
informatico, era un seminario limitato, ed era seguito da un collaboratore del mio corso,
Nicolò Leotta; erano presenti anche due tutor del centro CTU, e con loro abbiamo messo a
punto lo strumento. La cosa importante è che alla fine di questo seminario gli studenti
potevano essere valutati con grande facilità. La valutazione è implicita nel metodo di
insegnamento, e comincia a cadere quel meccanismo un po' efferato per cui il professore fa
le ore di lezione e successivamente l'esame. L'esame forse non è più necessario, ma la
valutazione invece è necessaria. Non fare l'esame, però, non vuole dire non dare il voto
di valutazione. La valutazione si può dare durante il percorso. Ho ottenuto dalla mia
facoltà l'autorizzazione a provare di fare tutto il corso l'anno prossimo. Questa è una
innovazione radicale, perché non si tratta più di un seminario integrato nel corso, ma
di un corso vero e proprio. Abbiamo pensato di sperimentare tutto il corso di sociologia
urbana senza lausilio di un aula, e stiamo lavorando alla preparazione del corso.
Questo progetto costituisce una grandissima novità nella struttura dell'insegnamento.
Domanda 3
C'è un rapporto interattivo con gli studenti?
Risposta
Si, certamente. Il docente parla con gli studenti attraverso una rete che in parte è
interna all'università, e in parte è invece esterna. Vi si può accedere con una normale
telefonata urbana. Il costo dell'operazione per il singolo studente è quello di pagare la
linea telefonica urbana per un certo periodo di tempo. Il docente invia il testo della
lezione (quest'anno speriamo che sia anche corredato di immagini, ma non so se riusciremo
a farlo), e, in un momento interattivo del corso, gli studenti rispondono al testo facendo
delle domande. C'è un software che si chiama first class che serve a gestire. Non
è sufficiente un normale modem, ma è necessario anche uno strumento adatto per questo
tipo di rapporto interattivo, e si tratta dello stesso strumento che usano le reti
civiche, tanto per intenderci. Gli studenti devono naturalmente studiare e poi consegnare
dei loro elaborati. Possono anche lasciare delle domande in una casella di posta
elettronica, e il docente le può verificare anche al di fuori di queste ore di lezione
interattiva. Saranno presenti, inoltre, tre tutor, delle persone che, sempre in rete ma
volendo anche fisicamente, sono disponibili per spiegare agli studenti i problemi, cercare
di risolvere dei problemi e farli uscire dalle difficoltà.
Domanda 4
Dunque, il suo rapporto con gli studenti è migliorato ?
Risposta
Direi di si. Abbiamo parlato della proposta nel Consiglio di Facoltà, che lha
accolta con un certo entusiasmo; però, come sempre, bisogna sottostare a delle critiche.
Le critiche sono interessanti per capire qual è il tipo di percezione. La prima obiezione
che mi è stata posta è: " ...ah, ma allora tu stai a casa...!" Come sapete
tutti, per un professore universitario poter stare a casa è l'ideale! Allora io ho
risposto ai miei colleghi: "no, io non sto a casa, non lo saprete dove sarò; forse
alle Bahamas oppure a Boston o a casa mia o a casa di chissà chi!"; non si sa,
naturalmente, dove sia il docente quando compie questa operazione. L'unico aspetto
importante è che quando risponde deve avere accesso ai libri, ad una documentazione, ad
una biblioteca: non si può avere tutto in testa. Comunque, questo problema, è stato
superato. E chiaro che, dal punto di vista dell'impegno il docente lavora più delle
tre ore canoniche di lezione: egli deve essere lì, a rispondere, durante ore fissate come
fossero ore di ricevimento. In più, però, deve leggere la posta elettronica, quando ci
sono cinquanta messaggi che chiedono delle risposte a dei problemi: ciò vuole dire, per
il docente, impegnare ore ed ore nel lavoro. Ma queste ore di lavoro sono perfino più
utili che spendere molto tempo in esami. Quindi, in parte, questa procedura sostituirà
l'esame. Seconda obiezione: "...ma tu perdi il contatto con gli studenti...".
Questo è un aspetto molto interessante. Chi non ha usato Internet soprattutto nella
modalità interattiva, ai gruppi di discussione, ai chat line, non sa che cosa succede e
non riesce a capire una cosa molto importante: quel momento di interazione, anche se è,
come si dice, virtuale, perché non si conoscono le persone, (non si sa nemmeno che faccia
abbiano, se hanno dei nomi o dei soprannomi), diventa, però, un momento in cui
l'interazione è molto profonda, perché è molto difficile evadere dall'interazione. Si
è molto concentrati, si ha uno schermo davanti, si deve parlare con la persona che ti
pone una domanda. Cosa fai? Mica si può evadere. In una classe ci sono molte tecniche
evasive. L'attore o il professore sanno perfettamente che davanti ad un pubblico se non si
vuole rispondere ad una domanda può farlo benissimo attraverso tecniche oratorie,
motorie, può farsi vedere sorridere, può cavarsela, insomma. Mi è successo più di una
volta di trovarmi in difficoltà durante una lezione. Queste tecniche evasive sono
praticamente impossibili con Internet, perché la relazione è molto, molto intima. In
realtà, con gli studenti, io verifico continuamente che anche solo con l'e-mail si
stabilisce un contatto molto più profondo con il docente. Ma la cosa più importante è
che si stabilisce un contatto molto più profondo proprio fra di loro. Gli studenti fanno
gruppo in Internet, mentre, invece, in una classe spesso arrivano, si salutano e allo
stesso modo se ne vanno. Ci sono dei gruppetti che sono, però, di solito, configurati
altrove. Quindi, la conclusione provvisoria del discorso, è che questo strumento non
soltanto ha una funzione strumentale per parlare con gli studenti, anche con quelli che
non vengono a lezione; ma si tratta, veramente, di uno strumento che nel momento in cui
viene adottato nelle sue formalità complete, radicali, in un certo senso, cambia
profondamente la natura del rapporto fra il docente e gli studenti e anche il modo di
imparare. Questo è il punto che bisogna capire.
Domanda 5
Come si deve aggiornare un docente che deve imparare ad usare le nuove tecnologie? Cambia
il modo di insegnare?
Risposta
Io penso di si. Innanzi tutto bisogna prepararsi. Di solito io preparo la lezione; però
posso essere anche in grado di fare una lezione di un'ora senza essere preparato perché
conosco la materia. Se, viceversa, un docente deve fare un'ora di trasmissione testuale,
non può non averla preparata, e quanto meno deve averla scritta. Ciò significa che è
necessaria una preparazione maggiore, perché quando si scrive si è più attenti di
quando si parla, dal punto di vista dell'approfondimento. Noi faremo l'anno prossimo un
esperimento e, alla fine del corso, credo che potrò rispondere molto meglio di quanto non
possa adesso, perché le risposte che le do ora sono provvisorie e basate sul seminario.
Posso però dire, che, certamente questo strumento impone un cambiamento molto radicale
delle tecniche di insegnamento e anche di apprendimento.
Domanda 6
Lei crede che in futuro ci saranno classi con allievi virtuali e professori virtuali che
staranno altrove? Diminuirà sempre di più il fenomeno delle università come la
conosciamo adesso, o delle classi?
Risposta
Io penso che quello che si stia creando un sistema molto misto, in cui certe attività si
faranno lì e io penso che il 'lì' rimane importante: il luogo. Lo possiamo vedere in
tanti modi e per tante ragioni e anche fuori dell'università; però, sempre di più, una
parte importante dell'interazione avverrà con queste nuove tecnologie. Queste tecnologie
ci sono, non solo non ne possiamo fare a meno, ma sarebbe un delitto farne a meno perché
sono tecnologie importanti che migliorano la qualità della comunicazione, non sono un
surrogato più basso della comunicazione. Quindi, sicuramente, nei prossimi anni noi
vedremo una straordinaria diffusione di tentativi, magari alcuni anche sbagliati, ma,
certamente, un fiorire di iniziative. L'università del futuro e la scuola del futuro,
anche fra pochi anni - di questo sono convinti tutti coloro che lavorano in questo campo,
e ormai non siamo più pochi -, sarà profondamente diversa da quella che è l'immagine
soprattutto, e anche la realtà della scuola quotidiana.
Domanda 7
A Suo avviso cosa offre, in più, il supporto digitale rispetto al libro? E che
caratteristiche possiede?
Risposta
Innanzi tutto, a differenza del libro che quando si toglie dallo scaffale poi bisogna
rimettercelo, il supporto digitale si può togliere molte volte. Quindi, non c'è più
quel vincolo della distribuzione fisica dell'oggetto. Poi, si può smontare e rimontare.
Il libro, invece, è praticamente obbligatorio. E vero che sul libro noi possiamo
anche riflettere, immaginare, ma questo avviene molto di più con un romanzo,
naturalmente. Con un libro scientifico quel che è scritto è scritto. Invece, in un libro
digitale con lo stesso contenuto digitale noi possiamo ricostruirlo in molti modi diversi.
E questo è un modo per imparare; infatti, Levy oggi parla proprio di attività
ricostruttiva. Istruzione costruttiva e non solo istruzione imperativa, che riflette un
po' la struttura attuale. Questo aspetto, a parer mio, rappresenta un elemento di
grandissimo cambiamento nel modo di apprendere. Esiste una differenza profonda con il
libro; il libro, per quanto ci si possa ragionare sopra è un prodotto fisso; lo stesso
tipo di informazioni, in un sistema digitale, è un prodotto altamente mobile e quindi si
può veramente trasformare in un progetto di apprendimento.
Domanda 8
A Suo avviso quali sono le materie che si adattano meglio ad essere studiate sul supporto
digitale?
Risposta
Dipende. Nella mia facoltà, l'esperimento di studio attraverso le tecnologie digitali è
stato fatto con me che insegno Sociologia Urbana, piuttosto che con un docente che insegna
Diritto Internazionale o Diritto Privato. La sociologia urbana si presta molto più
facilmente. Io uso già, normalmente, delle slide, dei trasparenti, delle illustrazioni
perché la città ha anche un aspetto visuale. E' chiaro che alcune materie possiedono una
propensione maggiore verso le tecnologie digitali. Papert ha proposto un bellissimo
esempio sulla possibilità di studiare la matematica attraverso questi nuovi strumenti, di
come si può essere stimolati a studiare questa materia. Se un ragazzo deve disegnare un
omino che salta un'ostacolo, immediatamente, ad un certo punto, si pone il problema di che
cos'è il "salto", la curva; e, per porsi questo problema e poterlo programmare
deve immediatamente imparare che cosa è una parabola, cosa è la gravità, e così via.
Quindi, luso della matematica è automatico. Bisogna usare le capacità implicite in
quello strumento, lì dentro, che sono molte per imparare la matematica.
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