Digital library (interview) RAI Educational

Pierre Levy

Venice, 07-03-1997

"The evolution of the concept of knowledge in the computer age"

SUMMARY:

  • The new communication and computer technologies are transforming our relationship with knowledge, increasing the speed of cognitive processes and creating a continuous and never-ending need to keep up to date. With the new media the notion of the "collective intelligence" as a new process of managing knowledge is becoming ever more tangible (1).
  • The Internet was born in universities and is not at all extraneous to the academic world; but teachers must adjust to the fact that it makes a vast quantity of information available to all and that they must transform themselves from "holders" to "animators" of information" (2).
  • The Internet offers everyone the possibility of putting anything onto the network. This is a marvellous communication tool that opens the culture to all (3).
  • The absence of a controlling authority on the Internet does not mean that there is a state of anarchy (4).
  • Multimedia technologies will be extremely useful for academic studies, although they will never completely replace the book. It is in academic studies that Internet communication will encourage the socialising aspect of learning (5).
  • Historically, four phases of knowledge can be identified: the oral, the book before it was widespread and available to all, that of the printing press which made books part of the common heritage and that of Internet communication (6).
  • The new technologies can certainly encourage development, but there is the risk that they will increase the gap between north and south (7).
  • The latest tendency on the Internet is to make research more selective and personal through new search engines, such as intelligent agents. Useful information on how to navigate more quickly can also be found through forums and newsgroups. therefore, the Internet does not necessarily mean being submerged in useless information, but can be a means of selecting information more effectively (8).

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INTERVIEW:

Domanda 1
Come sta cambiando il rapporto con il sapere in funzione dello sviluppo di nuovi strumenti di conoscenza e di comunicazione?

Risposta
Quello che sta cambiando è il nostro rapporto con la conoscenza. Il primo elemento è la velocità: mai come oggi le conoscenze si sono sviluppate così velocemente, né hanno subìto una così rapida obsolescenza, rimpiazzate dalle nuove. Il patrimonio di conoscenze di cui una persona dispone all'inizio della sua carriera è destinato a diventare, al termine della sua vita professionale, in tutto, o in parte obsoleto. Non si può più trasmettere il proprio sapere ai giovani apprendisti o ai nuovi arrivati. Sotto questo aspetto ci troviamo in una situazione del tutto nuova nella storia dell'umanità, che si è verificata negli ultimi venti o trent'anni. E' una mutazione di grande importanza di cui dobbiamo prendere assolutamente coscienza. E' una situazione in cui è necessario, ormai, apprendere continuamente e in cui il fenomeno della formazione permanente non è più riservato ad una élite di ricercatori o di specialisti della conoscenza, ma concerne tutti i campi del sapere. Questo è un primo aspetto del nuovo rapporto con il sapere. Un altro elemento importante è costituito dalle nuove tecniche, specialmente digitali, informatiche, che forniscono i supporti delle tecnologie intellettuali, che trasformano ed estendono le nostre capacità cognitive: la nostra memoria con le banche-dati, gli ipertesti e gli iperdocumenti; la nostra immaginazione con tutti i sistemi di simulazione, la nostra percezione con gli strumenti per produrre immagini a partire dai dati, come si vede in medicina, e così via. Adesso, abbiamo a nostra disposizione un gran numero di tecnologie intellettuali che trasformano i nostri modi di pensare. L'altro approccio, o meglio, l'altra dimensione del cambiamento è che non abbiamo soltanto strumenti per estendere le nostre capacità cognitive individuali, ma le tecnologie digitali, l'interconnessione mondiale dei calcolatori, costituiscono anche un nuovo spazio di comunicazione particolarmente propizio a ciò che io chiamo "intelligenza collettiva". L'intelligenza collettiva è la messa in comune delle capacità mentali, dell'immaginazione, delle competenze che permettono alla gente di collaborare, di lavorare e di apprendere insieme. Se guardiamo, al tempo stesso, alla velocità con cui le conoscenze si evolvono, all'estensione delle capacità cognitive individuali mediante le tecnologie, e alle nuove possibilità di apprendimento cooperativo e di collaborazione tra la gente, al livello intellettuale, io credo che ci troviamo davanti a un paesaggio completamente nuovo nel rapporto con il sapere e siamo obbligati a constatare che molte nostre concezioni pedagogiche circa l'apprendimento e l'insegnamento, molte delle nostre istituzioni scolastiche e dei nostri metodi per riconoscere o convalidare le competenze sono stati elaborati in un periodo in cui il rapporto con la conoscenza era molto diverso da quello che è adesso. Dunque, c'è molto lavoro da fare, perché i nostri concetti, le nostre istituzioni, i nostri modi di organizzazione si adattino a questa nuova fase.

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Domanda 2
Dunque, a Suo avviso, ci dovrebbe essere una rivoluzione nel sistema scolastico e universitario? Lei pensa che ci dovranno essere veramente dei forti cambiamenti?

Risposta
Sì, lo credo; anzi, a parer mio è una rivoluzione che nasce proprio nel sistema scolastico e universitario. Non bisogna dimenticare che Internet si è sviluppato, all'inizio, tra ricercatori e universitari. Dunque non è qualcosa che arriva nella scuola dall'esterno. C'è una mutazione tecnologica e noi, nella scuola e nell'università, siamo costretti a cambiare. E', in altri termini, un fenomeno endogeno, di autotrasformazione. Ma resta il fatto che molte cose, a questo punto, devono cambiare. Poiché non abbiamo molto tempo mi limiterò al punto essenziale: deve cambiare in particolare il ruolo, la funzione dell'insegnante. Tradizionalmente, l'insegnante è colui che diffonde, che dispensa le conoscenze. Oggi, con il fenomeno della interconnessione mondiale dei calcolatori, con la grande accessibilità dell'informazione online, si può entrare in contatto con specialisti che si trovano dalla parte opposta del pianeta, ci si può inserire in comunità virtuali di persone che si interessano a tale o tal altro soggetto: comunità di ricerca, comunità di apprendimento. Anche il ruolo del professore che si trova sulla cattedra, in classe, dovrà necessariamente cambiare: è il fenomeno della "disintermediazione", che riguarda, del resto, anche giornalisti, i medici, gli avvocati. Vuol dire che non c'è più bisogno di passare per l'intermediario che serve le informazioni belle e pronte o che indica quello che è importante sapere. Si può accedere direttamente ad uno spazio in cui non ci sono più barriere disciplinari, in cui non ci sono più barriere gerarchiche, né frontiere tra i diversi paesi. Allora, entro qualche anno, è probabile che in tutte le scuole si avrà accesso ad Internet e sarà offerta, ai giovani che non potranno averlo a casa, la possibilità di connettersi anche fuori della scuola, presso punti di accesso pubblici. In questo quadro credo che il ruolo dell'insegnante sia destinato a cambiare in quello di animatore dell'intelligenza collettiva nei suoi allievi. Dovrebbe incitarli ad apprendere, a sapersi orientare nella navigazione dentro questo nuovo spazio di conoscenze, incitarli a cooperare, stimolare il loro desiderio di apprendere, destare la loro curiosità. Gli insegnanti del futuro saranno manager della conoscenza e animatori, piuttosto che persone che detengono e impartiscono un sapere. Dovranno insegnare ai loro studenti come andarselo a cercare, perché quegli studenti, quegli allievi dovranno continuare a farlo per tutto il resto della loro vita sociale e professionale, e non ci sarà sempre un professore che li metterà davanti ad un'informazione bell'e pronta. Dunque, bisogna prepararsi ad un apprendimento continuo, e, per questo, bisogna usare strumenti idonei alla creazione di riflessi intellettuali e relazionali nuovi, cioè imparare ad apprendere dagli altri, a cooperare, a cedere le proprie conoscenze e a trasmetterle.

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Domanda 3
Ma questa è una rivoluzione intellettuale, perché non ci sarà più una classe intellettuale detentrice del sapere. Che cosa succederà?

Risposta
Non c'è stata mai una classe intellettuale detentrice del sapere. Ci sono state classi detentrici del potere, che dicevano: il nostro sapere è "il" sapere, e squalificavano così il sapere degli altri. Dunque, se Lei si esprime in questo modo, presta loro fede. Io credo, invece, che non si debba credere a questo discorso. Secondo il mio modo di vedere tutti sanno qualcosa e ognuno è potenzialmente, per chiunque altro, una fonte di apprendimento. E' proprio quello che succede in rete. Molta gente dice: su Internet ci sono siti completamente stupidi dove si trovano solo delle sciocchezze. Sono sciocchezze per loro, ma forse per quelli che le hanno inserite non lo erano, forse altri le potranno trovare interessanti. La gente comincia a comunicare reciprocamente e a scambiarsi le informazioni che ritiene interessanti. Si sta andando verso una situazione in cui il mercato della conoscenza sarà un mercato libero e aperto, mentre finora eravamo in una situazione di monopolio, in una situazione estremamente chiusa, in cui non c'era libero scambio.

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Domanda 4
Dunque Lei è per la libertà totale, per l'anarchia su Internet?

Risposta
No, no. Bisogna stare attenti a parlare di anarchia: tutto dipende da come ci si rappresenta il problema. Direi che il funzionamento di Internet non sia anarchico nel senso del disordine, ma cooperativo, cosa molto diversa e assai più civile di una situazione in cui esiste un'autorità centrale che decide di tutto.

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Domanda 5
Internet e le nuove tecnologie possono offrire, ad un ragazzo che studia, qualcosa di più dei libri e dei luoghi istituzionali in cui il ragazzo ha sempre studiato?

Risposta
Può essere. Ad ogni modo, in primo luogo, io penso che i libri continueranno ad esistere, specialmente i romanzi, e soprattutto i libri illustrati per ragazzi, esisteranno sempre su carta. E' importante il contatto con l'oggetto-libro, è assolutamente insostituibile. Se pensiamo alle enciclopedie vediamo che una enciclopedia può essere usata, spostata, consultata assai meglio quando è si trova su un supporto digitale. Su un CD ROM, per esempio, si trova immediatamente tutto quello che si cerca, si può mettere da parte quello che interessa per usarlo di nuovo; vi sono possibilità di ricerca full-text, cioè, nell'insieme del testo, che non è possibile su carta. Penso che i ragazzi prenderanno confidenza assai presto con questi strumenti di ricerca documentaria molto più potenti di qualsiasi enciclopedia chiusa, che funzionano come ipertesti in cui si passa da un documento all'altro in funzione dei nessi di senso con cui gli autori li hanno collegati Ed infine, soprattutto, non bisogna dimenticare che Internet è uno strumento di comunicazione tra le persone. Non è solo un immenso data base, un ipertesto mondiale, è anche un luogo in cui c'è la possibilità di tenere una corrispondenza tra individui: mediante la posta elettronica, c'è la possibilità di comunicare all'interno di un gruppo, di costituire comunità di lavoro tra gente che si occupa dello stesso soggetto. Ed infine è uno strumento di apprendimento, di accesso alla conoscenza estremamente importante, perché non c'è apprendimento senza una corrispondente socializzazione, senza che si stabilisca, contemporaneamente, una relazione sociale. Dunque, Internet è anche uno dei luoghi in cui oggi si tessono i rapporti sociali intorno ad uno scambio di conoscenze, intorno all'interesse condiviso per un certo campo della conoscenza, e questo è importante.

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Domanda 6
Lei ha parlato di quattro fasi del sapere: il libro, la biblioteca e quella biblioteca senza territorialità che è Internet.

Risposta
Un momento! Nell'enumerare le quattro fasi bisogna cominciare dall'oralità, dall'epoca anteriore alla scrittura, in cui il supporto del sapere era la comunità stessa. Una cultura poteva registrare solo il sapere che i vivi, specialmente i più anziani, avevano conservato. C'è un noto proverbio africano che dice: "Quando muore un vecchio, brucia una biblioteca". In seguito, il supporto del sapere è costituito dal Libro, il libro con la 'L' maiuscola, come la Bibbia o il Corano, o Aristotele, o i classici cinesi; opere, intendo, in cui era racchiusa la verità e dalle quali si poteva ricavare tutto il sapere mediante il lavoro dell'interpretazione. Poi è arrivata la stampa e, con la biblioteca, l'idea di ipertesto. Se prendiamo la Grande Encyclopédie di Diderot e D'Alembert, per esempio, in cui i soggetti sono classificati per ordine alfabetico e una serie di rinvii collegano un articolo all'altro, concettualmente ci troviamo già in un ipertesto. Il concetto di ipertesto non è affatto nuovo. Nuova è la sua materializzazione tecnica. Direi che oggi non è scomparso nessuno dei precedenti rapporti con la conoscenza o con i supporti della conoscenza, perché c'è sempre un saper fare legato al corpo e ai nervi di una persona; c'è sempre, specie nelle tradizioni religiose, il rapporto con il "libro sacro", c'è sempre la grande biblioteca-ipertesto, che è in enorme espansione. Ed infine, esiste un quarto spazio di conoscenze, che si è aperto con il cyberspazio, appunto, nel quale è avvenuta una specie di fusione della comunità e della grande biblioteca ipertestuale. Con Internet non si accede solo a tutti i libri e a tutti i documenti, ma anche alle persone. Tutte queste persone vive, organizzate in comunità sono portatrici di sapere. Perciò penso che si possa, che si debba considerare il cyberspazio come il luogo dell'intelligenza collettiva. Questo è quanto di meglio si possa fare nel cyberspazio in una prospettiva umanista, se si persegue il programma dell'Illuminismo. Si possono fare anche molte altre cose: si può fare del video on demand o qualsiasi altra operazione, ma quando si formula un progetto complessivo per il cyberspazio, si incontra l'intelligenza collettiva. Il cyberspazio è una grande fonte di attrazione. La gente lo trova così esaltante perché sente che qui è in giuoco l'intelligenza collettiva dell'umanità.

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Domanda 7
Lei crede che le tecnologie e il saper fare legato alle tecnologie, potrebbe approfondire la separazione tra paesi ricchi e paesi poveri, paesi che hanno il potere (informatico) ed altri paesi che non lo posseggono?

Risposta
Sì. Ma la risposta è necessariamente ambigua, ambivalente: da un lato, è chiaro che qui abbiamo degli strumenti di sviluppo, perché come ho appena detto si possono imparare parecchie cose su Internet, ci si può costituire e ci si può organizzare localmente in collettivi intelligenti. Per esempio, gli Africani potrebbero servirsene non solo per collegarsi con le banche-dati americane, ma per mettere in sinergia le loro risorse, i loro progetti, le loro competenze, su base locale. Dunque, sotto numerosi aspetti, si tratta di strumenti di sviluppo. Ma, d'altro lato, se non useranno questi strumenti o li useranno esclusivamente in una prospettiva di informazione commerciale, questo aumenterà ulteriormente la dequalificazione del loro sapere tradizionale in rapporto al sapere scientifico dell'Occidente. E da quel momento si scaverà una distanza ancora più grande tra quei paesi e noi. Come ogni innovazione veramente potente può portare a un progresso o a un regresso.

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Domanda 8
Noi viviamo in un mondo in cui esiste un'enorme quantità di informazione, e le persone che usano Internet hanno la possibilità di aumentarla continuamente. Non si corre il rischio, in fin dei conti, di non poter operare più una selezione dell'informazione, di fermarsi ad una conoscenza superficiale?

Risposta
Sul World Wide Web si passa il tempo a selezionare. L’utente pone una domanda, va su un motore di ricerca e chiede quello che è di suo interesse. Gli vengono, poi, indicati i siti su cui si trova. Allora, l’individuo, comincia a passarli rapidamente in rassegna e a selezionarli. Tutto il lavoro del navigatore consiste in un filtraggio, in una scelta, in una selezione. E adesso sta per uscire una nuova generazione di strumenti: i famosi "agenti intelligenti", che aiuteranno ancora di più a fare questa operazione di filtraggio, di selezione, e poi, addirittura, qualcosa di cui abbiamo solo una vaga idea oggi, una specie di cartografia dinamica dell'informazione, che ci permetterà di dirigerci verso le zone del Web in cui si trova l'informazione che ci interessa. Io penso che tutti questi strumenti di filtraggio e di selezione si svilupperanno rapidamente. Ma non ci sono soltanto i motori di ricerca, gli agenti intelligenti, le cartografie dinamiche dell'informazione: ci sono anche gli altri internauti. Se Lei partecipa ad un forum o a un newsgroup, troverà persone specializzate in un certo campo che le indicheranno che cosa c'è di interessante su un determinato soggetto. Poi, dal momento che comincia a entrare nel vivo di un argomento, a partecipare ad un newsgroup, a conoscere i siti migliori, man mano che si familiarizza con un certo argomento, si orienta sempre meglio, perché sa quali sono i siti utili e, partendo da quei siti può stabilire le connessioni giuste. Non bisogna immaginarsi di poter avere tutto subito e facilmente. Come in qualsiasi altro campo ci vuole tempo per entrare in contatto, per apprendere e per familiarizzarsi con questi mezzi. Così si può operare una buona selezione. Ciò che conta - e che gli utenti devono capire- è che la selezione è operata dall'individuo: è lui che ha in mano gli strumenti per farla. Con i media tradizionali - giornali, radio, televisione, e anche scuola- la selezione la fa un centro, o un'autorità gerarchica o persone specializzate che la operano per un vasto pubblico, non per una persona o per un piccolo gruppo specializzato in questo o quel campo. Dunque, poiché la selezione è operata dall'individuo, è lecito pensare che sarà meno sommerso dall'informazione se la riceverà già selezionata da altri. Quando si è nella condizione di ricevere, di essere bersagliati da una massa enorme di informazione, come succede con i media tradizionali, ci si sente perduti. Dunque, io chiedo alla gente di diffidare anche delle cose che ho detto, se non può controllarne la veridicità.

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