Digital library (interview) RAI Educational

Enrico Ghezzi

Bologna, Futur-show, 11/04/97

"The evolution of the television language"

SUMMARY:

  • Generalist TV has always been controlled by a few economic and political powers. However, it responds to some kind of religious need in the individual and, therefore, will not be superseded by the Internet (1).
  • The Internet does not really offer any greater freedom of expression. In fact, it is a means of communication which questions the very usefulness of communication, promising instantaneous communication, but failing to deliver it (2).
  • Interactivity does not offer the user greater liberty (3).
  • Thematic channels are merely a banal reorganisation of the market and the most successful themes will be those that are popular on generalist TV, such as sport. Thematic channels would have made sense if they had arrived when TV was at its height, not now that it is in decline. What is lacking on TV is "intensity", the fascination of the danger of television (4).
  • The means of communication will create an underclass of those excluded from television and the Internet. However, these will be privileged by being free from the social duty to communicate (5).

homepage

lezioni


digital library

authorities
subjects
biblioteca digitale

autori

cerca

aiuto

INTERVIEW:

Domanda 1
Ci sono sempre più dei legami fra la televisione e Internet. Su Internet si possono già trovare dei servizi che cercano di avvicinarsi alla televisione. Lei crede, come sostiene George Gilder, che la televisione è destinata a morire per essere sostituita da Internet?

Risposta
E' un problema che non mi pongo mai perché credo che la televisione sia già morta; lo penso anche del cinema, nel senso che entrambi i mezzi sono nati morti. Se pensiamo a questa televisione, ovviamente forzatamente e fisicamente controllata da pochi poteri economici e/o, di solito, governativi, la risposta dovrebbe essere superata; da sempre la televisione, ma anche il cinema ci hanno fatto entrare in un universo del sentire più ancora che del comunicare, un universo che va alla velocità della luce in rapporto alla lentezza dei governi e alla pesantezza leggera del capitale. In questa prospettiva, la risposta, ripeto, alla sua domanda dovrebbe essere affermativa. Invece credo che non morirà, perché anche questa televisione, la più vecchia, quella generalista è quella paradossalmente più vicina al tipo di desiderio indistinto dell’individuo. Credo, inoltre, che proprio questa sorta di bisogno religioso che si solidifica nella vecchia televisione sia attivo nel nostro desiderio verso questo orizzonte di rete dove dovrebbero essere inghiottite parte di queste pesantezze da essere dissolte.

Back

Domanda 2
La televisione che si avvicina ad Internet crede che possa offrire una maggiore libertà per l'utente?

Risposta
Questa presunta "libertà" è qualcosa a cui credo pochissimo, una libertà che un individuo si dà anche contro le costrizioni e contro i poteri. E' vero che Internet ci offre una impressione di maggiore flessibilità, però si sostituisce, probabilmente, alla libertà che non possediamo realmente, che altrettanto realmente non abbiamo su Internet e che non possediamo in generale. In questo senso, di nuovo, la televisione è così palese che il "poterino", il giochino di libertà del telecomando è pressoché nullo, poiché la libertà televisiva è più palesemente inesistente e nello stesso tempo, però, pur essendo così vecchia, sembra eccedere le capacità, per esempio, dei regimi democratici di giudicarsi. Non credo molto nel discorso: "più libertà, meno libertà". A mio avviso, il senso della rete può essere quello di un orizzonte e soprattutto una zona di linguaggio dei linguaggi, quello, cioè, di mettere il linguaggio come vogliamo, oltre la pubblicità, oltre il visivo; anche se adesso ci si riprecipita, con Internet, dentro con tutto il visivo, con tutto il televisivo, con tutto il filmico, con tutte le forme di scrittura possibili, dovremmo, comunque, dubitare di tutto il linguaggio che abbiamo potuto parlare fino ad oggi, in una sorta di azzeramento, più ancora che di superamento, appunto, dell’illusione di nuovi valori, di nuove libertà, nuove comunità. La vera illusione che abbiamo, e a volte è insita anche nelle domande che ci poniamo su Internet, è quella sull'importanza della comunicazione: finché ci poniamo in un universo di comunicazione, certo che Internet risulta più potente di altri mezzi, certo che concentra tutti i modi usati fino ad oggi per comunicare. E’ più interessante riflettere su quello che non è Internet di quello che è; quello che non è, è sbarazzarci anche della necessità di dovere accedere a una rete, sentirsi in rete, senza abbonarsi, senza avere i mezzi, superare questi mezzi che sono leggeri, ma che invece sono ancora pesanti e io la pesantezza la trovo tutta nei tempi, in questi due, tre, quattro, cinque secondi di attesa che sono insopportabili perché quello che ti promette la rete è l'istante, essere all'istante in rete, all'istante ovunque, e poi, invece, questi due secondi sono quelli che ti allontanano dall'eternità del presente.

Back

Domanda 3
L'interattività può nascondere una limitazione, in realtà, della libertà?

Risposta
Non c'è dubbio che l'interattività idolatrata come linguaggio, come parola non ha alcun senso; direi, anzi, che nel suo senso più spinto sia una sorta di negazione della libertà. E' come quando avvertiamo - perfino in televisione in certi stacchi, in certi piani d'ascolto, in programmi tradizionalissimi, nei talk show più pesanti nazional- popolari, nelle prime serate di Santoro - un piano di ascolto che non ci aspettiamo, e poi scompare. Oppure il piano di ascolto della persona che ha un trasalimento vedendosi un attimo nel monitor di controllo che c'è in studio e si vede inquadrata: c'è un momento di incertezza; in quel momento è come se la persona stessa, e noi che guardiamo, sentissimo il potenziale anche solo in quello studio, ci sembra assurdo che non ci siano tanti canali, o tante inquadrature, più banalmente, o tante telecamere quante sono le persone presenti nello studio. Poi, ognuna di queste persone ne meriterebbe e ne sopporterebbe migliaia, milioni di telecamere, tante quanti sono i modi infiniti di perforare lo spazio. Allora, se uno si sente trafitto dall'infinito possibile della comunicazione, ha almeno qualche possibilità di sentirsi nudo, di non sapere cosa sia la libertà. Cosa è la libertà di scegliere quando un individuo può intravedere due o tre di questi canali (sottolineo "canali"), o di questi modi di essere sapendo che sei attraversato da migliaia, milioni di altri che non controlli, che non conosci, che non sai come funzionano? E’ lo stesso discorso della comunicazione. Quello che mi interessa molto e mi affascina, e forse mi spaventa anche, di questo orizzonte della rete, è, invece, questo riportarci a quel grado zero che dicevo, per cui non si ha bisogno di volere comunicare ma, in qualche modo, si comunica automaticamente. Io credo che tale automatismo sia sempre esistito nella storia dell'umanità, ma adesso, avendone coscienza, crea in me una fortissima sensazione di disagio, il disagio della tecnologia vita, della vita che in parte, forse in toto, è tecnologia essa stessa; però, non ho più bisogno di accedere a una schermata: muovo velocemente la testa e sono collegato con milioni di altri esseri, di altri soggetti, di altre parti di macchine, di altri sistemi comunicanti. Personalmente sono più portato a vedere e a sentire questo lato, che è il lato, se vogliamo, dell'esperienza estetica in sé, in cui si risolve o, se qualcuno pensa che sia troppo nichilistico il dirlo, si ridissolve tutta la vita. La comunicazione è frenetica. Rispetto a quale scala sia frenetica io non lo so dire... Ma mi sembra troppo aspettare un secondo in questa dimensione, mentre mi piace aspettare sette ore angosciato una persona amata. Mi piace o mi terrorizza.

Back

Domanda 4
Adesso si parla molto di TV tematica. Quali sono i settori su cui si deve puntare per avere dei canali tematici di successo?

Risposta
I canali tematici di successo, purtroppo, si può intuire quali siano. Ci sono diverse gamme di "canali nostalgia" che potrebbero avere un ottimo successo, anche di nostalgia dell'immediato, nostalgia dell'anno prima, addirittura canali indicati dall'anno, in un certo senso. E poi è sufficiente scegliere i, le discipline più preesistenti in diversi settori; nel campo televisivo, per esempio, può essere lo sport. Io credo che esistano diverse forme di collezionismo che sopporterebbero e supporterebbero un canale tematico, e trovo che il canale tematico arrivi tardissimo non solo in Italia, ma, in generale, come servizio. Il canale tematico aveva senso nel momento di trionfo della televisione generalista, non nel momento del suo declino. Nel momento del declino, viceversa, questo sviluppo è in ritardo rispetto a quello che i mezzi già vecchi ci avevano fatto intravedere. Ripeto: il canale tematico è vecchio rispetto alla TV generalista, perché si tratta, ora, di spezzettare, di sistemare, mettere, sugli scaffali, in vendita quello che prima era un po' più confusamente venduto. Credo che si tratti di una banale risistemazione del mercato. A mio avviso ciò che manca è l'intensità televisiva, il fascino del pericolo televisivo. La televisione, di nuovo, è abbastanza indifferente all’intensità come io la intendo. Se io avessi in mano un canale tematico cercherei di inventare, di scrivere un'altra televisione, già sapendo, però, che ho in mano un vecchio strumento di comunicazione, una cosa tramontata prima ancora di apparire.

Back

Domanda 5
Non crede che con queste tecnologie, sia delle forme di televisione più avanzata, sia Internet, rischino di creare una classe di esclusi?

Risposta
Sicuramente! E ciò anche prescindendo dalla formazione culturale e dalle stratificazioni di classe. Per rispondere esattamente alla domanda, credo che gli esclusi sarebbero, paradossalmente, i privilegiati, i privilegiati e gli esclusi si toccherebbero, si darebbero davvero la mano. In un futuro immediato, neanche prossimo, il privilegio dei potenti o di individui particolarmente liberi rispetto agli obblighi della comunicazione e alla comunicazione come obbligo, come dovere sociale (che è veramente l'idolo più orripilante del nostro tempo), trovo, sia quello di non dovere comunicare, di essere liberi da quest’obbligo. Naturalmente, per altri la cosa terribile sarà non potere neanche accedere a quei quindici minuti o secondi "warholiani" di celebrità, di sicurezza del passaggio televisivo che dà il senso d'identità o che conferma il bollino sulla carta di identità. Mi piace pensare che tra dieci anni si richiedano case senza cavi di nessun genere, poiché, in maniera forse utopica, ridicola o fantascientifica, non si ha bisogno di cavi! Così come, in qualche modo e con alcune persone, quelle che si amano o si odiano di più, si ha un contatto che prescinde dalle lettere, dalle telefonate; non si ha bisogno del telefono, non si ha bisogno del cavo. A volte sembra davvero di essere in contatto; rarissimamente, ma succede. Io credo che di ciò Internet sia il simulacro, non delle nostre forme di reazioni già avvenute, storicamente depositate, ma di qualche cosa che non conosciamo bene ancora: di un tipo di comunione, comunanza più che comunicazione dove non c'è bisogno del mezzo, del feticcio.

Back

back to the top