INTERVIEW:
Domanda 1
In questi giorni a Torino si sta svolgendo la Biennale dei Giovani Artisti dell'Europa e
del Mediterraneo. Che significato ha per la città un'operazione di questo tipo, che sta
coinvolgendo il tessuto cittadino?
Risposta
Dire che significato ha per la città è facile: la fa scorrere in una tensione molto
viva, molto benevola, molto intensa, coinvolge la gente, fa sentire tutti partecipanti e
questo in sé è, in generale, una buona cosa. Poteva essere un altro evento non
culturale, poteva essere un evento sportivo, qualche altra cosa. Qui c'è stata una
qualità in più che raramente tocca gli eventi culturali, ed stata la capacità di questa
biennale giovane di coinvolgere tutta una città: di partire da un dato generazionale - la
Biennale dell'Arte Giovane - ma di far sì che questo dato generazionale, non so bene se
calcolato o implicito o addirittura imprevisto, proprio per il fatto che partiva dal
dedicarsi all'arte giovane ha immediatamente investito l'intera città. Perché? Perché,
ovviamente riguarda i giovani, riguarda i genitori dei giovani, riguarda gli insegnanti
dei giovani e in modo molto naturale si espande a tutti perché è perfettamente naturale
che i più anziani vogliano voltarsi indietro per vedere quello che fanno i più giovani,
anzi è molto più tipico del contrario. Dunque, proprio partendo da questa intuizione la
città è coinvolta. Questo in sé è un fatto che va ricordato perché c'è una idea
notevole in questa biennale di Torino. In secondo luogo, qualunque spazio si dia ad
attività creative in un periodo della storia che è prevalentemente distruttivo - e per
distruttività non si deve intendere soltanto la guerra o la violenza ma anche lo
scaricare le cose e dire che non contano, che non servono che non c'è niente da fare, che
tanto le cose vanno male comunque - questo semplice fatto di aprire un grande spazio
creativo, di per sé ha una valenza positiva molto grande. Infatti la sta avendo. In
questo senso non riguarda solo Torino, ma questa Biennale dei giovani è un fatto
nazionale, forse di più, è un fatto Europeo. Sappiamo benissimo che gli eventi europei,
nel sistema della comunicazione di massa che esiste oggi nel mondo Internet o non
Internet, non vanno al di là dell'oceano. Ma in Europa sì, e in Europa è un fatto di
massa che riguarda tutti. Mi rendevo conto dal tipo di persone che incontravo ieri in giro
per Torino, che in varie lingue chiedevano informazioni, un happening creato da un gruppo
di francesi che onestamente e sinceramente non riconoscevano più la piazza in cui avevano
lasciato la loro automobile e dovevano, quindi, attraverso conversazioni con vari
cittadini, tentare di descrivere dove avevano lasciato la macchina per riconoscere, essere
riportati nel posto in cui l'avevano lasciata. Tutto questo mi stava dicendo che la città
c'è, che la biennale c'è, che la comunicazione trans-cittadina e trans-europea c'è.
Dunque, un fior di evento!
Domanda 2
Si può pensare che probabilmente esiste una rete di connessioni che, in un certo senso,
è all'esterno ma è mimetica di quella che Internet, in qualche modo, cerca di far vivere
come collegamento culturale fra realtà differenti?
Risposta
Non c'è dubbio. Internet sta alla comunicazione come il sistema neurologico di una
persona sta ai suoi umori. Il sistema neurologico è quello in base al quale muoviamo le
dita o coordiniamo movimenti e strutture di pensiero, ma il contenuto del pensiero ce lo
diamo da noi ed è attraversato da fiumi di inconscio e subconscio: subliminale,
persuasione aperta, persuasione occulta che rappresenta il nostro salire e scendere di
umore, comunicare meglio o peggio, esprimersi in modo più aperto o più surrettizio. Per
queste ragioni Internet è il terminale nervoso ma intorno al terminale nervoso ci deve
essere vita, ci deve essere umore, ci deve essere pensiero, ci deve essere qualche cosa
che accade per poterlo comunicare.
Domanda 3
Lei recentemente è intervenuto su una notizia di per sé marginale, a cui i quotidiani
italiani non hanno dato spazio, tranne "La Repubblica": La Microsoft di Bill
Gates ha chiuso per un paio di giorni la posta per manutenzione. Le si chiede qual è il
vero significato di questa porta chiusa che neppure il Presidente degli Stati Uniti
potrebbe riaprire prima del tempo deciso a Seattle. Ha una risposta a queste domande.
Risposta
No, non ho una risposta, altrimenti non avrei lasciato la domanda senza risposta. Intendo
dire che grandi fatti avvengono che sono al di fuori dei controlli tradizionali. Non è un
grido d'allarme, ma è un porre sulla mappa un punto, un segno che non c'era. Su Internet
ci dividiamo in tre grandi gruppi: uno è quello di coloro che sapendo tutto si dedicano
però alla cura dei dettagli e della precisione fattuale dei dettagli e detestano che si
entri nel loro campicello. Ogni volta che si vagli una piccola precisazione di qualche
dettaglio si scandalizzano. Certo, sono addetti ai lavori, però non vedono l'insieme del
fenomeno, lo esaltano ma non lo vedono. Poi ci sono i religiosi, coloro che vedono nella
nuova comunicazione inter-computer l'arrivo di una nuova vita. Si tratta di una
esaltazione monastica, e a questa esaltazione monastica preferisco la concezione religiosa
di tipo, diciamo così, tradizionale. Come dice la famosa storiella spagnola, preferisco
credere nel Dio unico e vero, piuttosto che in un altro inventato. Quindi non vedo perché
dovrei credere a Bill Gates o Negroponte. Poi c'è la terza strada che è quella del
qualcosa di molto importante, di molto rilevante anche dal punto di vista sociale,
politico. Tanto vale fare continuamente lo sforzo di ambientare il dentro e il fuori, di
impedire che si formi da un lato una confraternita di praticanti interni che non si curano
e non vedono l'ambientazione sociale e politica del fenomeno, e dall'altra di una
situazione sociale e politica che non vede le componenti e la realtà tecnica, tecnologica
di quello che sta accadendo. Bisogna congiungere le due parti e liberarci dall'esaltazione
mistica perché qui non c'è niente di mistico; si tratta di un fatto tecnologico che può
entusiasmare più o meno, ma che non è affatto la religione nuova di cui ci sta parlando
Negroponte per esaltazione sua personale e Bill Gates perché vende molto e da buon
venditore ci dice che quello che lui vende è il meglio del mondo.
Domanda 4
Quali sono le strade possibili?
Risposta
Le strade non partono da Internet o dal computer. Le strade partono da dove siamo noi
adesso, nella vita, sulla strada, negli incontri, nella vita politica, nella vita sociale,
nella vita d'impresa, nei ragazzi che cercano lavoro. Si tratta di domandarsi, a partire
da adesso, da oggi, da questo momento, da questa strana epoca in cui tante cose a cui
eravamo abituati non accadono più, per esempio, di dove vanno e cosa portano tante cose
che non prevedevamo e che stanno accadendo. Qual è la nostra responsabilità? Per
esempio, una rivelazione che viene fuori bella e chiara, se si vuole fare una relazione
tra Bill Gates e Bill Clinton, è che Bill Clinton ha molto meno potere di Bill Gates. Il
Presidente degli Stati Uniti oggi ha poco potere. Mentre stiamo parlando il Presidente
della Repubblica francese sta annunciando lo scioglimento delle camere. Pur avendo la
maggioranza scioglie le sue camere, pur avendo la maggioranza nelle camere! Perché si
rende conto che non riesce a far agire il potere come vorrebbe. Se fosse un po' più
avvertito, un po' meglio consigliato, gli direbbero che sta compiendo una fatica disperata
e inutile perché il potere non lo riavrà. E' tipico anche della nuova tecnologia, e lo
vediamo nella testimonianza dell'arte così come oggi essa si manifesta: il potere si è
molto diffuso e molto frammentato e non è più la dove si aspetta che sia. Per esempio
non è più nella politica. E' curioso che molta gente non si sia accorta di questo fatto,
ovvero, se ne è accorta inconsciamente. Il disprezzo che molti dedicano alla politica
viene dall'accorgersi che essa è priva di potere e non darà un calcio all'indietro per
difendersi o per affermare se stessa. Non può, non ha il potere di farlo! Notate che cosa
succede in queste mini elezioni amministrative: tutti coloro che intendono diventare
sindaci e che ancora non lo sono, svolgono la campagna elettorale su progetti che non
potranno realizzare, non perché fanno false promesse, spostano semplicemente il discorso
su terreni di poteri che non ci sono. Promettono che il sindaco ripristinerà l'ordine
pubblico quando tutti sanno che l'ordine pubblico è esattamente una responsabilità che
un sindaco non ha, perché egli non controlla la polizia. In Texas il sindaco ha questo
potere, ma non in Italia. Non sono i vigili urbani, è la polizia di stato che deve
controllare l'ordine pubblico. Dunque promettono cose che non possono mantenere, e lo
sanno, mica sono sciocchi; però sentono il bisogno di dare una risposta alla domanda
popolare: "Dove è il potere?" Arriva il nuovo candidato e dice: "Sono
io". Poi diventa, se per caso gli va bene, il titolare di quella particolare carica e
scopre o dimostra o si accorge o deve ammettere che il potere non ce l'ha. Questa non è
una catastrofe, è un cambiamento della vita. Il potere in certi momenti della storia è
stato molto in alto e molto lontano. In certi momenti è stato assoluto, in certi momenti
è stato dispotico, in certi momenti è stato democratico ma sufficientemente forte,
pensiamo alla maggior parte della storia americana di questo secolo, e in certi momenti è
molto diffuso ed è piccolo e si trova un po' dovunque. Dovunque qualcuno inizia a fare
qualcosa con altre persone che fanno questo qualcosa. Due testimonianze in questa città
in questo momento: una è proprio la biennale dell'arte, un'infinità di punti luminosi
disseminati lungo un orizzonte in cui nessuno è Leonardo ma nessuno è zitto, nessuno
tace, nessuno rimane sepolto in un angolo di buio. L'altro è il luogo da cui stiamo
parlando, in questa stanza e dentro il serving. Il serving è questa realtà poco
credibile per chi non la visita, per chi non vive a Torino che si chiama l'Arsenale della
Pace, un ex orrendo quartiere diventato splendido che ospita migliaia di persone
attraverso il lavoro di centinaia di volontari. Una volta si diceva "nasce il secolo,
nasce l'impresa". Bene, adesso finisce il secolo, nasce quest'altro tipo di impresa:
una grande quantità di partecipazione di cittadini a ciò che è possibile fare. Non è
un tramonto, è un inizio.
Domanda 5
E non è possibile che invece il potere sia in mano a chi ha le tecnologie e i mezzi di
comunicazione, o entrambi gli strumenti, come il caso di Bill Gates che comunque
stabilisce l'interfaccia con cui si guarda il mondo, il mondo della rete però, e
stabilisce anche quello che c'è per certi versi?
Risposta
Il potere è sempre altrove; una delle caratteristiche di questa epoca è proprio quella
della fuga del potere verso punti difficilmente identificabili. Per esempio, gli
spostamenti attraverso il mondo dei grandi capitali che non chiedono il permesso a nessuno
per muoversi, che non diventano fabbriche mai più come nel passato ma diventano soltanto
miglioramenti di posizione attraverso la borsa che è passata da Wall Street a Tokio, da
Tokio a Singapore, da Singapore ad Amsterdam, da Amsterdam a Londra ritornando a Wall
Street, senza lasciare traccia di sé ma semplicemente migliorando, ingigantendo la
propria ricchezza. Questa è certamente una forma di potere che però sfiora ben poco la
terra, ha ben poco interesse a impigliarsi nei nostri eventi. E certamente esiste un
potere tecnologico e Bill Gates e le persone come lui lo eserciterebbero molto volentieri
se glielo lasciassimo esercitare. Per questa ragione alcuni di noi hanno fin dall'inizio
levato una protesta molto forte contro il clima di religiosità e di esaltazione che si
stava creando, di misticismo intorno alla nuova civiltà digitale. Quando Negroponte
scriveva nel suo libro un po' folle ma molto celebrato da tanti intellettuali che bisogna
liberarsi di tutto ciò che è analogico - che saremmo noi, il nostro corpo e la nostra
fisicità -, e bisogna invece vivere e impostare una vita tutta basata sul digitale - che
sarebbe l'ineffabile, la vita astratta e senza peso che avviene all'interno della
comunicazione dei computer -, diceva qualcosa di assurdo; che Negroponte lo volesse o no,
la follia della sua affermazione sottintendeva un messaggio subliminale, che era:
"disinteressatevi del resto, che qualcuno ci penserà". Bene: se noi usiamo il
computer con passione, con intelligenza, con bravura ma non ci disinteressiamo del resto,
il potere di Bill Gates certo resta quello di farci pagare dei pedaggi. Ma non più di
tanto.
Domanda 6
Lo scorso anno ci soffermammo sulla legge delle telecomunicazioni. Una cosa che Lei disse
è: "Tutto è permesso a tutti", nel senso che le società elettriche potevano
stendere cavi ed essere partecipi alla comunicazione. Cosa è successo, facendo un
bilancio a distanza di un anno?
Risposta
Attenzione: quella frase si riferiva alle comunicazioni statunitensi e alla riforma di
quelle comunicazioni così come è stata fatta negli Stati Uniti, da Bill Clinton
Presidente democratico e discendente del New Deal e quindi di Roosevelt, di Kennedy, di
Johnson e di Carter, ma nelle mani di un senato e di una camera repubblicani che hanno
imposto quest'altra religione che avanza appassionatamente e che pretende troppo da se
stessa, quella che dice che il mercato cura tutti i mali. Se fosse vero che il mercato
cura tutti i mali uno scrittore come Dickens sarebbe esistito invano e avrebbe raccontato
una Londra che non esisteva e una esplosione del mondo industriale che non aveva senso,
avrebbe raccontato una favola. Invece "Tempi difficili" non era una favola,
"Oliver Twist" non era una favola, "David Copperfield" non era una
favola. Quindi, il mercato è stato profondamente corretto nel corso dei decenni, nel
corso di tre secoli di civiltà industriale. L'idea americana è stata, all'improvviso -
con una splendida ingenuità che in realtà era soprattutto la bravura di pochi grandi
operatori -, quella di dire: restituiamo tutto al mercato e smontiamo tutto l'apparato di
controllo che i governi hanno costruito fino ad ora. Può darsi che vengano delle epoche
di esasperazione in cui si rompe tutto per rifare tutto. Credo che la regolamentazione, in
qualche modo, tornerà, perché quello che sta succedendo negli Stati Uniti una volta che
tutto è stato permesso a tutti è che, ovviamente, se uno è molto bravo ad attraversare
quella grande piazza vuota che è il mercato, fa molto bene gli affari suoi. Per quale
ragione gli affari suoi dovrebbero essere gli affari degli altri? Nel fare gli affari suoi
porta via molti affari degli altri! Per esempio, il fenomeno che sta succedendo in America
è l'aggregazione di due-tre grandi colossi che controllano, mettendosi d'accordo tra
loro, quasi tutto. Basta che stiano appena attenti a non violare le leggi anti-trust e per
il resto tutta quella immensa polverizzazione di tante impresine vitalissime che si
immaginava sarebbero state il prodotto, come la pioggia per i funghi, della
liberalizzazione del mercato e della deregolamentazione del mercato, non sono mai nate.
Dunque, senza volere proporre un buon senso di maniera, è evidente che la troppa
regolamentazione è una specie di ingessatura che può arrivare fino a bloccare la
circolazione della creatività, della capacità di fare, delle capacità di inventare e di
quella di innovare. Ma la libertà totale trasforma una serie di percorsi in un deserto
senza tracce in cui solo coloro che ne hanno i mezzi possono tracciare il proprio
percorso: non sarà, questa, la soluzione, non lo è affatto. Riprova ne sia che i costi
dei due grandi settori che sono stati radicalmente deregolamentati negli Stati Uniti, le
linee aere e la telefonia, sono in aumento e non in diminuzione. Lo sono perché, per
esempio, pensate a questo piccolo trucco delle linee aeree, ci serve per analogia parlando
di comunicazioni: le linee aeree si sono accordate fra loro invece di farsi guerre sui
prezzi per chi li abbassa di più; questa avrebbe potuto essere o dovuto essere o era, in
passato, la tecnica di mercato: si sono accordate fra loro per fare meno voli. In questo
modo, con meno voli, più gente cerca posto, più gente non ne trova; di conseguenza più
gente è disposta a pagare un prezzo più alto per il sedile più raro sull'aereo che
parte a due ore di distanza invece che a un'ora di distanza l'uno dall'altro o a tre ore.
Il risultato della deregolamentazione delle linee aere negli Stati Uniti è che dieci anni
fa costava 500 dollari andare da New York a San Francisco, adesso costa tremila dollari,
quasi cinque milioni per andare da New York a San Francisco, da New York a Los Angeles,
perché ci sono meno voli esattamente con lo stesso conforto di prima. Anzi, direi un po'
più sobri come trattamento: una coca cola e via, e ad un prezzo molto più alto perché
si riducono i voli mano a mano che cresce l'offerta. E cresce il prezzo diminuendo le
spese per il vettore, il quale, tra le altre cose, si inventa anche l'ora di partenza e
l'ora di arrivo, magari le più scomode possibile: tanto c'è solo quell'aereo, fate un
po' voi! E perché non viene avanti il pioniere che dice: "Faccio io la linea giusta
con gli orari giusti e con il prezzo giusto"? Ma perché basta predisporre le
condizioni per cui attraverso aggregazioni di capitali io faccio in modo che il pioniere
venga con me invece che andare da solo, oppure lo espello senz'altro e rendo impossibili
le sue condizioni di accesso. Lo stesso fenomeno sta avvenendo nella telefonia e proprio
domenica scorsa il "New York Times" annunciava un aumento in vista nelle tariffe
per i prossimi tre anni, nel paese che prima era il più competitivo quando la
regolamentazione poneva elementi precisi di guida della competitività. Dunque: il mercato
da solo no, ingessatura da sola no. Che cosa ci sta in mezzo? In mezzo c'è il governare,
il governare bene, ovvero, la mediazione della politica. La politica è quella cosa che
media fra gli interessi di tutti i cittadini che non sono titolari di imperi aziendali e
coloro che sono titolari di imperi aziendali, che non vanno affatto puniti per questo ma
vanno messi in condizioni di servire i cittadini. E i cittadini devono essere in
condizioni di raggiungere e di toccare - come il famoso uomo che tocca il dito di Dio
nella Cappella Sistina -, con un contatto mutuamente rispettoso e dignitoso, i grandi
servizi che i grandi sistemi organizzativi imprenditoriali sono in grado di offrire.
Domanda 7
E l'Italia, in generale l'Europa, come si pongono nei riguardi di una situazione nella
quale finiscono per essere schiacciati non soltanto nel confronto con gli statunitensi, ma
anche con le culture economicamente non così forti, a tutelare il proprio patrimonio?
Risposta
Io non credo che ci sia un problema "Italia" rispetto a questo tipo di
tecnologie. Non c'è perché in questo tipo di tecnologie non si rimane veramente
indietro; si poteva perdere un secolo rimanendo indietro nella tecnologia meccanica. Si
perde poco e si riguadagna subito restando indietro nella tecnologia elettronica, per
esempio. Il problema, di nuovo, è governare, governare bene nel senso di avere i
cittadini preparati dal punto di vista culturale, dal punto di vista delle buone scuole,
dal punto di vista dell'agibilità e della capacità di usare i nuovi strumenti. C'è da
domandarsi se e quali problemi noi possiamo avere nelle condizioni internazionali; mi
pare, però, che attraverso il cablaggio e attraverso gli aggiornamenti anche abbastanza
drammatici che sono avvenuti di recente, non siamo né tagliati fuori né rimasti
indietro. Quindi non corriamo rischi di quel genere. Certo, abbiamo accusato un brutto
colpo perdendo un grande centro di produzione di computer e di calcolatori, non c'è
dubbio. Sarebbe stato molto più bello e motivo di orgoglio la produzione concorrenziale
in questo settore, visto che, a parte l'Estremo Oriente e gli Stati Uniti, non ci sono
altri protagonisti del mondo. C'era questo grande centro italiano che in questo momento è
in passaggio di consegne, per così dire, e sta per diventare altra cosa benché ci
promettano che resta qui. Questi non sono fatti che danno un grande entusiasmo e sono
quelle le cose su cui bisognerebbe vigilare per far sì che tutte le risorse, quelle
private, quelle pubbliche, quelle di governo, quelle di intelligenza e quelle di talento
non vengano disperse o dissipate né da cattive avventure, né da leggi punitive che
rendono impossibili questa attività.
Domanda 8
Adesso si parla molto di intelligenza collettiva. Tenendo conto delle reti di intelligenza
connettiva, come giudica questa sorte di collettivizzazione dell'azione creativa del
sapere, della realizzazione di un CD-ROM, di un sito Internet; spesso entrano in gioco
più competenze, più intelligenze rispetto alla realizzazione di un libro, e il creatore
è un creatore multiplo.
Risposta
Ma i grandi fatti della civiltà sono sempre stati frutto di intelligenza collettiva e
connettiva, dalle piramidi ad Atene, a Roma, alle grandi tradizioni dell'agricoltura del
mondo. Quando si va in Perù e si scopre il tipo misterioso, quasi inspiegabile, di
terrazzamento delle coltivazioni, quando si percorre l'interno delle Filippine, si scopre
in che modo è stata resa possibile la coltivazione del riso e a quali altezze. Ci si
rende conto che è tutto frutto di immense correnti di passaggio di intelligenza
collettiva e connettiva. Quello che ci deve impressionare, adesso, è la istantaneità,
questa è la vera novità: che la connessione e la trasformazione da individuale, isolato,
solitario, a collettivo di ciò che stiamo compiendo, avviene all'istante, avviene
attraverso una strumentazione che ci permette di fare avvenire queste cose in tempo reale,
in una specie di diretta senza fine. Questo è un fatto nuovo sul quale possiamo fare
varie profezie, ma bisogna ammettere che non abbiamo ancora, veramente, sperimentato. E'
troppo sporadica la partecipazione alla rete nonostante i grandissimi numeri che ci
vengono dati, ed è troppo recente per sapere come e in che modo si alza, abbassa,
estende. Io credo che si possa essere ottimisti senza avere alcuna eccitazione o quelle
crisi mistiche alla Negroponte di cui parlavo prima. E perché si dovrebbe essere
ottimisti? Ma perché ognuno degli scarti all'insù della tecnologia, ognuno dei passi in
avanti, hanno portato in media, insieme a tanti problemi, grandi vantaggi. La media è
sempre stata: più bene che male. "Bene" qui è sostantivo, non più bene che
stai meglio; più bene che male: più cose buone che cose cattive. Oggi ci lamentiamo dei
trasporti per intasamento delle città, dell'inquinamento. Non possiamo dimenticare, e
dura tuttora, il fenomeno di liberazione individuale che è stato l'avere un mezzo, il
proprio mezzo di trasporto. Persino nella bomba atomica, se volete togliere l'orrore - e
non ci libereremo mai dall'orrore del pericolo che ha in sé -, esiste la parte positiva;
l'energia nucleare ha cambiato radicalmente certi percorsi della medicina, per esempio.
Qui ci troviamo di fronte ad una tecnologia soft che davvero di dati negativi sembrerebbe
portarne pochi e di dati positivi sembrerebbe prometterne molti. Perché la connessione
fra persone, essendo la comunicazione il nostro bisogno umano più prepotente, sembra
davvero un impegno, e un impegno è una promessa. E se ci saranno delle ricadute negative?
E' difficile dirlo. Siamo su questo terreno, ci avventuriamo nelle profezie perché non
abbiamo ancora sondato, studiato; i numeri non sono sufficienti, le esperienze sono
parziali. Ma siamo davanti a qualcosa di immensamente interessante.
Domanda 9
La rete, attualmente, è piena di siti sulla fine del millennio: la "profezia del
bufalo bianco", la profezia biblica, e via dicendo. Come commenta il fatto che uno
strumento di tecnologia avanzata contenga in maniera fortissima le manifestazioni più
paranoiche di paure ataviche, medievali?
Risposta
Se c'è una cosa che merita un commento positivo è questa. In che senso? Nel senso che
vuol dire che questa tecnologia esiste solo se riempita di contenuti umani, altrimenti non
esiste. E questa la rende diversa dalle tecnologie precedenti, che in un certo senso
avevano una loro consistenza dura, di hard technology; avevano una consistenza dura che
invece non c'è nella tecnologia soft, perché la tecnologia soft si interpreta. Un po'
come uno di noi, mettendo la mano nel guanto interpreta un burattino, per esempio, lo fa
nascere, lo fa muovere, gli dà delle connotazioni a seconda del modo in cui muove le dita
nell'interpretare la figura. La rete è interpretabile, è animata, è abitata da
sentimenti veri, passioni vere, paure vere, superstizioni vere. Possiamo scandalizzarci
del fatto che voli così basso? Vuol dire che noi voliamo basso nell'insieme! Prevalgono
le superstizioni sui grandi fatti che invece dovrebbero entusiasmarci? La fine di qualche
cosa è sempre l'inizio di qualche cosa. Per quale ragione ci dedichiamo con tanta
ossessione alla fine, invece di dedicarci al principio? Sarebbe come se qualcuno, alla
nascita di un bambino, si dedicasse ad una specie di panico della fine della gravidanza
invece di dedicarsi alla felicità per la nascita del bambino. E' bizzarra questa corsa a
una specie di paurosa tinteggiatura di nero della fine del millennio, è curiosa. A me è
sempre accaduto, è umano avere prima paura e poi gioia invece del contrario. In questo
caso la rete non è che un interprete.
Domanda 10
Quale sarà, a Suo parere, il futuro dei media tradizionali? Attualmente Internet sta, in
un certo senso, sconvolgendo da un canto la televisione e da un canto i giornali. Se la
sente di commentare lo stato attuale o di fare una previsione su quali strade potranno
prendere?
Risposta
Questa non è una previsione, ma una constatazione. Ci sono due percorsi e tutti e due
sono estremamente interessanti. Percorso uno: i giornali tornano, non vanno, perché tutta
la comunicazione di Internet è una comunicazione scritta; quindi c'è un forte ritorno
allo scrivere e leggere. Ed è un fatto che viene poco notato, come se Internet si
portasse via le biblioteche, e invece le restituisce; come se si portasse via le lettere e
invece le fa, come se si portasse via le pagine dei giornali e invece le moltiplica.
Dunque, la civiltà scritta, contro la profezia di Mc Luhan continua e anzi si rilancia.
Il destino della televisione è legato al computer. Una volta che il computer usa,
raggiunge come terminale non il suo schermino di lavoro ma lo schermo del televisore, il
televisore diventa uno strumento infinitamente più agile, e serve a una infinità di
rappresentazioni della realtà, a differenza della parziale e relativamente elementare
rappresentazione della realtà attraverso pochi canali, come accade adesso. Dunque non
solo cinquanta, non solo cinquecento, ma anche l'intero imprevedibile mondo
dell'interattivo. Ci aspettano due grandi avventure: il cambiamento radicale del
televisore come oggetto e della televisione come percezione, come strumentazione, come uso
dello strumento, e il rilancio della scrittura, della letteratura, della lettura del
giornale e della biblioteca, che è l'altro grande fenomeno in attesa dentro Internet, che
sta, in fondo, per nascere. Non è ancora veramente nato, stiamo appena appena vedendo i
primi passi.
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