INTERVIEW:
Domanda 1
Professor Cerri, ci può spiegare che cos'è l'università a distanza?
Risposta
L'università a distanza è una realtà in molti paesi del mondo, in particolare in
diversi paesi europei, che consiste in una variante dell'università tradizionale.
L'università tradizionale è una istituzione che ha come obiettivi la formazione della
cultura, quindi la ricerca - scientifica, umanistica - e la didattica a livello terziario.
Ora, l'università a distanza consiste di istituzioni, che hanno esattamente lo stesso
mandato, ma l'opportunità di erogare la formazione terziaria con modalità a distanza, e
cioè integrando strumenti di formazione non residenziale con momenti di vita
universitaria collegiale, questi ultimi ristretti nel tempo. L'università a distanza
nasce sostanzialmente all'inizio degli anni Settanta, in Inghilterra, come "Open
University", e più o meno nello stesso periodo anche in Spagna. In ognuno di questi
due paesi conta in questo momento su novantamila studenti.
Domanda 2
Quali sono le tecnologie attuali che vengono utilizzate nell'insegnamento a distanza, e
quali prospettive si aprono per il futuro?
Risposta
Le tecnologie per la formazione a distanza, per l'università a distanza sono tecnologie
"generiche", come si dice tecnicamente, il che significa "utili per
qualsiasi tipo di applicazione". Quello che è interessante della università a
distanza, e in particolare di quella che funziona meglio di tutte, cioè la "Open
University" inglese, è che la formazione non viene intesa come una applicazione
tecnologica, ma viene intesa esattamente come era intesa prima, come è intesa adesso
nelle università tradizionali. E cioè i docenti costruiscono comunque dei corsi. La
differenza sta nella ipotesi che ogni docente fa sui metodi di fruizione dei corsi, per
ottenere un dialogo serrato, una comunicazione bidirezionale. Questi docenti di fatto
hanno l'autonomia didattica o formativa esattamente di tutti gli altri docenti delle
università tradizionali, solo che hanno un compito didattico che consiste nel produrre
con una periodicità di due o tre anni dei pacchetti-corso. Cioè, invece di fare delle
lezioni per due o tre anni, loro si costituiscono in gruppo, preparano un pacchetto-corso
che poi viene erogato nei due o tre anni successivi, e collaborano solo in momenti
concentrati dell'anno - di solito nel periodo estivo, per la valutazione degli studenti o
per dei contatti diretti su argomenti specialistici che richiedono la presenza del
docente. I pacchetti-corso includono oltre ai testi di studio, programmi di elaboratore,
manuali su come utilizzare i computer per accedere ai testi, guide per gli studenti e
anche per i tutori che sono dislocati sul territorio. Perché l'università a distanza
comunque prevede un centro dove sono residenti i professori di vario ordine e grado e
dove, di solito, sono residenti anche gli studenti di dottorato, i quali non sono più a
distanza proprio perché devono concentrarsi sulla ricerca. Però a questa sede centrale
vengono associate molte sedi di riunione, dislocate sul territorio, all'interno delle
quali vengono scelti dei tutori, i quali sono dei facilitatori all'apprendimento. Quindi
gli studenti dei vari corsi periodicamente si possono recare in questi luoghi decentrati
per avere contatto con i docenti piuttosto che con gli altri studenti, o per essere
aiutati da questi tutori. Questo ottimizza fortemente il prodotto del processo formativo,
quindi la qualità della formazione in generale, soprattutto se confrontata con una
impossibilità di entrare nel ciclo formativo terziario, perché gli studenti in gran
parte sono studenti lavoratori, piuttosto che studenti che per loro dislocazione non
potrebbero accedere a una università residenziale classica.
Domanda 3
L'università a distanza non è soltanto un problema tecnologico, naturalmente, ma anche
organizzativo e politico in senso lato. Qual è il modello che lei ritiene migliore per
realizzare questo tipo di istituti formativi?
Risposta
Ho sempre riflettuto a fondo sul perché in alcuni casi la formazione dell'università a
distanza funziona e ha funzionato e perché in altri non funziona e non ha funzionato. Io
credo che il successo della formazione a distanza dipenda molto dal concetto iniziale di
università a distanza. Quando l'università a distanza è stata intesa come un centro di
elaborazione dati oppure come un centro audiovisivi, di solito ci sono stati dei grossi
fallimenti. Un servizio del genere può essere utile per del "training", della
formazione professionale concentrata, limitata, in cui la motivazione ed anche le
tecnologie non subiscono, non debbono subire continuamente una revisione, un
aggiornamento, un feedback, cioè un rinforzo dai casi positivi, e un rinforzo negativo
dai casi negativi. Difatti, lì dove - dagli Stati Uniti alla Francia, all'Italia, ahimè
- questo è stato il modello adottato, lì si sono registrati solo dei fallimenti. Invece,
in Paesi come Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Germania, Olanda, e molto probabilmente
in Australia, e Nuova Zelanda - perché sono anglofoni e quindi hanno un modello inglese -
l'università a distanza non è stata semplicemente un centro-servizi, ha avuto dignità
accademica, proprio per la sinergia fra l'erogazione della formazione e l'attività
parallela di ricerca nelle varie discipline, e quindi i risultati sono stati sempre
positivi. Tanto è vero che in Canada, le varie istituzioni che fanno parte della
formazione a distanza, ovvero di "Teleuniversité", nel caso del Quebec, e di
"Distance University" nel caso della parte anglofona, oggi spingono per avere
laboratori di ricerca compatibili con la ricerca universitaria e quindi per passare da una
situazione di "centro servizi" a una situazione di "università" vera
e propria. Quindi il problema politico, secondo me, sta nel punto di partenza.
Domanda 4
Qual è la situazione dell'insegnamento a distanza in Italia?
Risposta
In Italia i progetti di formazione a distanza sono fondamentalmente due: uno del
"Consorzio Nettuno" e l'altro, precedente a questo, è quello del "C.U.D. -
Consorzio Università a distanza", localizzato a Cosenza. E proprio in questi giorni
mi risulta sia stato firmato un protocollo fra la Rai. e il Ministero della Pubblica
Istruzione, non per identificare un progetto di formazione a distanza, ma per mettere a
disposizione delle scuole italiane un canale con un certo numero di ore al giorno di
trasmissioni dedicate alla formazione. Penso che queste iniziative siano tutte molto utili
per aprire la strada ad una transizione seria verso una situazione in cui la formazione a
distanza sia istituzionalmente allo stesso livello della formazione tradizionale.
Domanda 5
Con l'insegnamento a distanza non c'è il rischio di perdere la capacità di interagire
con gli altri? Come si può sopperire a queste eventuali carenze?
Risposta
Io sono favorevole all'accoppiamento dei metodi e delle tecniche a distanza con quelli
tradizionali. E questo per un'osservazione storica molto elementare. Duecento anni fa,
quando non c'erano le scuole pubbliche, c'era il tutore che andava a casa di chi poteva
permettersi di pagarlo. Quando furono introdotte le scuole pubbliche, e la formazione
divenne obbligatoria, poteva esserci chi riteneva che la formazione del proprio figlio in
una scuola, quindi in un rapporto meno diretto che col tutore, potesse essere meno
efficace. In realtà ciò che si perdeva da un parte, si guadagnava dall'altra.
Analogamente, tecnologia a distanza, informatica, telecomunicazioni sono strumenti che
possono arricchire, non necessariamente arricchiscono, ma possono arricchire la
formazione. Naturalmente, non esiste una ricetta per dire esattamente quando arricchiscono
e quando no. E però, si può dire con sicurezza che se queste scelte non saranno fatte, e
anche con una certa rapidità, molte persone non avranno opportunità formative, anche nei
paesi "avanzati" come il nostro. Insomma, la scelta contraria significa lasciar
fuori dalla formazione di base e soprattutto dal "re-training", della
"formazione continua", grandi fasce di popolazione, perché non ci sono altre
possibilità per coprire questi bisogni di continuo aggiornamento, di continua formazione.
Sul problema dei contatti umani, io credo che la persona, cioè il docente,
sostanzialmente, sia insostituibile solo in due momenti formativi. Il primo è quello
motivazionale: il docente è come uno psicologo, ma non lo dico io, lo diceva anche
Platone quando parlava di Socrate e della "maieutica", cioè della capacità di
far nascere i concetti e quindi di far imparare qualcun altro. L'altro aspetto in cui il
docente è insostituibile, secondo me, è la valutazione del risultato. Sicuramente
l'insegnante o comunque una persona esperta è meglio di qualsiasi macchina per valutare
una persona. Mentre tutte le altre componenti del percorso formativo - cioè la
comunicazione di informazione, la verifica dell'apprendimento sotto forma di test, la
possibilità di costruire oggetti o concetti complicati da concetti più semplici, cioè
la sperimentazione - sono e saranno sempre più sostituibili, almeno in gran parte, da
sistemi automatici, le altre no, la motivazione e la valutazione no. Ma guardiamoci in
faccia: è vero che con le tecniche a distanza si rischia di isolare i nostri studenti. Ma
quanto lo sono già oggi! Quanto sono già autodidatti questi studenti! Quindi guardiamo
la realtà. Nelle aule dove ci sono quattrocento persone e c'è un signore in fondo, che
fra l'altro non si vede neanche bene e si sente peggio, che dice qualcosa, e poi indica
una lista di testi da imparare, e poi ti valuta o ti fa valutare da un assistente dopo un
anno e mezzo, non si verifica già un processo di autoformazione? Questo è il punto.
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