INTERVIEW:
Domanda 1
Quali trasformazioni porta la telematica nell'arte?
Risposta
La telematica ha, in qualche modo, introdotto delle conseguenze riguardanti non soltanto
il quotidiano, la comunicazione, l'informazione, ma finanche lo sviluppo della storia
dell'arte contemporanea. Ha creato quella che io vorrei chiamare "l'anoressia
dell'arte"; un fenomeno di smaterializzazione del prodotto, un passaggio sempre più
accentuato dall'oggetto al concetto. Che cosa significa anoressia? Significa proprio quel
processo (riprendendo un termine che, come sappiamo, riguarda una certa tentazione
dell'ultima generazione al dimagrimento costante), quella tentazione verso la scomparsa,
verso l'assottigliamento, non solo del corpo, ma direi del corpo dell'arte e quindi anche
della forma artistica. Attraverso la telematica, attraverso il computer, l'arte digitale,
noi possiamo produrre immagini, segni, segnali, forme e processi creativi che non hanno
bisogno del luogo fisico, ma si affidano ad un tragitto e alle dinamiche dell'Internet, ad
una comunicazione, appunto, telematica. Naturalmente, l'anoressia dell'arte sviluppa una
potenzialità enorme per artisti giovani e meno giovani, sono permessi collegamenti tra
luoghi lontanissimi, quindi ciò significa riduzione delle distanze geografiche,
accelerazione del tempo. Nello stesso tempo introducono una virtualità estetica che prima
l'arte non conosceva. L'arte anoressica è, in qualche modo, il frutto non negativo (al
contrario di quella che è la malattia che sembra segnare il desiderio dell'uomo o della
donna di avvicinarsi allo standard delle modelle sempre più bisessuali, sempre più
legate ad un'idea androgina come identità) perché sviluppa segnali e forme estetiche che
colpiscono non solo l'occhio, ma il cervello dello spettatore. E' un'arte che si insinua
nella casa, negli spazi della contemplazione, è un'arte che sostanzialmente, però,
produce anche una conseguenza positiva: scardina la cornice obbligata del museo o della
galleria, i luoghi deputati dove normalmente l'arte può essere contemplata, e la
degustazione, in qualche modo come a tavola, può avvenire in ogni spazio domestico, in
ogni camera della nostra abitazione, nei luoghi più inusitati. Ecco, dunque, che
l'anoressia dell'arte attraverso la telematica non è una contrazione, una riduzione, un
assottigliamento del corpo, ma, anzi, paradossalmente, attraverso l'assottigliamento
ottiene il massimo della dilatazione, di penetrazione capillare che la forma dell'arte
può realizzare uscendo dal luogo di propulsione, laddove l'artista ha mosso la propria
mano elettronica arrivando nei luoghi più disparati di tutto il mondo. La tecnologia, in
questo senso, diviene una sorta di sostanza estetica che con i suoi vapori e le sue
atmosfere può produrre effetti positivi e quindi è una sorta di declinazione ecologica
della fantasia che, invece di danneggiare, migliorerà sicuramente il mondo.
Domanda 2
Potrebbe darci una definizione di ciò che viene chiamato trash?
Risposta
Un grande artista americano, Andy Warhol, star della Pop Art, ma anche artefice
dell'introduzione in Italia del termine trash, spazzatura, titolo di un suo film, una
volta ha affermato: "se avessi avuto più forza sarei rimasto in casa a fare le
pulizie"; ovvero l'artista, in fondo, non riesce a frenare la propria vanità, il
proprio narcisismo e si catapulta fuori dal proprio spazio domestico. Incontra un mondo
dominato dallo standard, dal multiplo, dal grattacielo sempre uguale a se stesso, da una
società di massa. Questa massificazione è il prodotto di che cosa? Dello sviluppo
tecnologico, e anche della telematica, quindi il trash è un fenomeno di modelli alti
applicati da personaggi che tendono, in qualche modo, ad assomigliare a questi modelli
senza avere una grande vocazione personale verso ciò che vanno a produrre. Si manifesta,
dunque, una sorta di imitazione senza pagare il copyright, quello che io vorrei chiamare
il "sosialismo reale". Paradossalmente, il capitalismo nella sua fase più
avanzata, nel suo sviluppo tecnologico più esasperato, produce "sosialismo
reale", il bisogno del sosia , la copia moltiplicata, la fotocopia del comportamento;
atteggiamenti ripetitivi che trovano, in qualche modo, conferma attraverso l'applicazione
di modelli a cui l'uomo-massa cerca di rassomigliare. Potremmo fare anche degli esempi in
questa direzione; per esempio, Zeffirelli è trash rispetto a Luchino Visconti, Vittorio
Sgarbi è trash rispetto a Marianini, i fratelli Vanzina rispetto a Dino Risi, Vittorio
Feltri rispetto a Leo Longanesi, o Gervaso rispetto a Pitti Grilli, Elio e le Storie Tese
rispetto a Freak Antoni, la Tamaro rispetto a Liala.
Dunque, il trash non è fenomeno di per sé disprezzabile, il termine spazzatura è un
termine, naturalmente, forzato, che vuol dire sostanzialmente ciò che resta dopo il
consumo. Ed allora abbiamo una società di massa in cui i sosia, i portatori di
"sosialismo reale", dopo aver consumato i modelli alti, in qualche modo,
espellono da sé ammirazione verso questi modelli producendo scorie, producendo forme,
libri, parole, musiche, letteratura, teatro, cinema, giornalismo, e, sostanzialmente, si
tratta solo dell'applicazione di modelli alti, di un'applicazione che viaggia senza
copyright, il che vuol dire senza un'avventura personale, ma sull'onda della
moltiplicazione e della ripetizione.
Domanda 3
Una domanda di carattere retrospettivo: qual è stato il rapporto tra tecnologia e arte
nel '900? Alcuni critici sostengono che l'avanguardia non si spiega se non in relazione al
fatto che la tecnologia ha modificato il nostro modo di vivere.
Risposta
Diciamo che tutta l'arte contemporanea, dalla metà dell'800 in avanti, è conseguente al
forte sviluppo della tecnica; l'artista si rende conto che attraverso la tecnica è
possibile la riproduzione meccanica dell'immagine, che all'occhio fisiologico si
sostituisce l'occhio meccanico della fotografia, poi del cinema e poi della televisione.
Dunque corre ai ripari e sviluppa una controffensiva sperimentale utilizzando i materiali
che non sono più quelli canonici che portano all'adozione dell'oggetto quotidiano, della
scultura, dell'elemento tecnologico, fino all'uso che interiorizza cinema, fotografie e
video nella produzione estetica. Perciò, evidentemente, c'è un forte legame tra il
concetto di avanguardia e tecnologie, in questo manipolo di artisti che anticipa il grosso
della produzione creativa della massa di artisti, che sente il bisogno di sperimentare per
sensibilità un rapporto più adeguato, capace di agganciare una società di massa che
vive una vita accelerata sotto i colpi ed il ritmo della macchina. Il futurismo è un
movimento che nasce in Italia per merito di Marinetti, Balla, Boccioni, Severini, De Pero;
sono artisti che sostanzialmente sostengono il primato della tecnica e dello sviluppo
tecnologico per una vita migliore. C'è la famosa dichiarazione di Marinetti che dice che
è più bella una macchina in corsa della Nike di Samotracia, ovvero è più bella la
forma di una macchina che si muove nello spazio di una forma archeologica di una grande
scultura greca. Quindi, il futurismo è quel primo movimento che esalta il futuro
conseguente allo sviluppo della tecnica. Anche il dadaismo, il surrealismo, l'automatismo
psichico, ovvero tecniche che introducono il movimento meccanico del gesto, della mano,
del braccio, del corpo, che ricordano il movimento ripetitivo della macchina. Nel
dopoguerra abbiamo artisti legati al New Dada ed alla Pop Art, specialmente che utilizzano
immagini frutto della riproduzione meccanica prodotta dai mass-media; cinema, televisione,
fotografia, vengono adottate come standard nell'opera di Andy Warhol, Liechtenstein per il
fumetto; dunque, tutte immagini riprodotte in cui, nell'installazione, appaiono elementi
in movimento; pensiamo anche ad artisti come il Gruppo Fluxus, pensiamo a Tingeli che crea
delle macchine con pezzi scoordinati di altri macchinari, assemblati insieme, che
producono un movimento strambo, fantastico, non produttivo, solamente estetico. Ecco
l'emancipazione della macchina che si sottrae all'uso, all'impiego, al suo essere
strumentale e si emancipa fino ad un protagonismo producente e produttivo di un movimento
a sé, inutile, e quindi per il piacere dell'occhio e del coinvolgimento del pubblico.
Direi che tutta l'arte contemporanea vive sotto questo rapporto ed anche la telematica, la
computerizzazione, l'elettronica, la televisione, sono state, in qualche modo, già prese
e assunte nell'ansia sperimentale degli artisti di oggi per vedere che cosa può
sviluppare l'arte a partire da questi spunti e da questi stimoli, sempre con l'intento di
emancipare la tecnica e destinarla ad un uso di immagini capace di ingrandire il
deterrente iconografico dell'antropologia dell'uomo.
Domanda 4
Dunque il processo di sviluppo della storia dell'arte è stato una costante
risposta all'avanzamento dei media nel territorio della comunicazione?
Risposta
Questa è una domanda che corrisponde ad un quesito che già si pose Hegel a suo tempo, e
mi scuso della citazione: la morte dell'arte; l'arte che si trasforma, assume le vesti
della filosofia o dell'investigazione astratta sotto l'incalzare della trasformazione
della tecnica e quindi della vita moderna. In effetti è un problema che bisogna porsi, ma
io credo che anche la realtà virtuale, conseguendo allo sviluppo della telematica, non
potrà sostituire quello che è il processo di formazione dell'arte. Perché la realtà
virtuale, lo dice la parola stessa, è una finzione, è una protesi di una fantasia che
perde di corporeità. L'arte, invece, non è realtà virtuale, è una controrealtà, è un
processo di formalizzazione di un impulso creativo a partire da materiali concreti che
l'artista assume, modella, assembla e unisce per poi presentarci una controforma, un modo
diverso di apparire delle cose che ci circondano caoticamente, questa volta riordinate
secondo un sistema costruttivo che contrappone ordine al disordine del mondo.
Domanda 5
Dunque ritiene che la multimedialità, la telematica, Internet specialmente, possano dare
luogo a forme di espressione estetica diversa?
Risposta
Diciamo che Internet ed i nuovi media possono dare forme di espressione estetica finanche
involontaria, direi quasi una riproduzione dell'arte attraverso un uso estemporaneo di
questi mezzi, ma non ad una produzione artistica. La produzione artistica è l'effetto di
un'intenzionalità di chi partecipa a quest'idea di formalizzare un impulso creativo ed
utilizza i materiali e le tecniche come protesi e non come fine. Io ho un po'
l'impressione che per il momento Internet sia come un feticcio che inquieta la fantasia
dell'artista. Ma la rete ancora non è stata portata, con altri materiali e tecniche, ad
una tranquilla strumentazione; le nuove tecnologie sono ancora, evidentemente, dei mezzi
che sfuggono di mano e che quindi necessitano una decantazione.
Domanda 6
Una riflessione che viene in mente guardando questo tipo di esperienze è che nell'uso del
computer (per esempio nella computer grafica, cioè nella creazione delle immagini
artistiche) la macchina assume parte del processo creativo. In questo caso l'artista che
ruolo ha nella realizzazione dell'opera?
Risposta
Io credo che l'arte (quando parlo di arte parlo di quell'attività creativa che riguarda i
livelli alti) scavalchi il presente e cavalchi il futuro. In questo senso ciò che produce
oggi la telematica, ovvero una realizzazione a partire da un concetto, da un'idea, da un
progetto, è ciò che gli artisti cosiddetti concettuali avevano già negli anni '60
indicato; ricordo di mostre fatte per telefono collegate con i musei, ricordo di opere di
Boetti realizzate da operai che vivevano in Afganistan e partivano da un luogo visivo che
lui presentava; ma potrei parlarvi, oltre che dell'Art and Language, di opere che hanno
avuto bisogno della collaborazione di molti altri soggetti al di fuori dell'artista che
progetta inizialmente l'immagine, il segno, il messaggio. L'arte contemporanea in questo
senso è d'avanguardia, in quanto ha anticipato, nella mentalità comune, la
considerazione che produrre arte in una società avanzata significhi adeguarsi alla
mentalità della tecnica che ci assiste ogni giorno nel nostro vivere.
Domanda 7
In questo tipo di deduzione, a questo punto, c'è da chiedersi chi sia il responsabile
dell'oggetto estetico. Ovvero, se la macchina contribuisce alla creazione nel processo,
paradossalmente potrebbe diventare autonoma creatrice di immagini che hanno valenza
estetica?
Risposta
Fino a quando non si dimostrerà che la macchina può ribellarsi all'uomo e fino a quando
noi non scopriremo una cultura di macchine che di notte si mettono d'accordo, si collegano
fra di loro, contraddicendo quelli che sono gli input diurni di chi le usa, dobbiamo dire
che la responsabilità è sempre di chi progetta. Questo vale anche per chi progetta i
grattacieli, per Mies van der Rohe che progetta la National Gallery di Berlino, per Philip
Johnson che progetta il suo grande grattacielo a New York; non a caso, quando sappiamo che
il grattacielo sfolgora nella sua forma il nome o il referente, quello del suo
progettista, quando crolla ne è responsabile non l'operaio, ma come sappiamo bene, chi lo
ha progettato. Nel bene o nel male, l'importante è il progetto, è colui che inventa
l'idea. E nella mentalità della civiltà occidentale, il concetto precede l'oggetto; ma
questo è un secolo che tende a spostarsi dall'oggetto al concetto.
Domanda 8
Dunque, ritiene che queste forme di esperienza comunque diano luogo ad una nuova estetica?
Risposta
Sicuramente tutto questo incide ed inciderà progressivamente, noi lo vediamo anche per
quanto riguarda il discorso di quello che chiamo "l'anoressia dell'arte", la
smaterializzazione. Ci sono già delle mostre in corso su questo tema, pensiamo all'ultima
biennale, la XXIII edizione della biennale di San Paolo a cui ho collaborato curando la
parte sull'Europa occidentale, che portava come tema la dematerializzazione dell'arte.
Questo riguarda anche il problema del corpo dell'arte in quanto oggetto, forma, quadro,
scultura, che tendono sempre più ad assottigliarsi in quanto, in realtà, la telematica
ci permette una trasmissione del linguaggio dell'arte in maniera più veloce e rapida;
più è smaterializzato il contesto, più il viaggio è rapido ed arriva a destinazione.
Il concetto di arte si trasformerà, ma le difficoltà per farla rimarranno inalterate. In
realtà, come sappiamo, le piramidi che troviamo in Egitto sono belle come i grattacieli
che troviamo a New York; i tempi sono passati, ma le forme definitive sono quelle che
resistono alla distruzione del tempo.
Domanda 9
Quale funzione positiva o negativa potranno avere i nuovi media - mi riferisco ai CD ROM
ed Internet - nella diffusione e nella divulgazione dell'arte?
Risposta
Senza dubbio, la telematica al servizio dell'informazione è utilissima; direi che da
Gutenberg in avanti, dalla scoperta della stampa ad oggi, c'è stata una diffusione
culturale che ha alfabetizzato la gran parte dell'umanità sottraendo la cultura al chiuso
della corte, all'arbitrio di pochi, al silenzio del monastero, una cultura che è quindi
arrivata fino al rumore delle piazze diffondendosi in maniera capillare. La telematica
può portarla di nuovo al chiuso, ma al chiuso di tutte le case, in una società di massa
in cui, poi, è possibile interagire, collegarsi, contattarsi. Trovo che tutto questo, in
sé, sia positivo e non può essere limitato, normalizzato se non dalla consuetudine e
dalla civiltà che dovrebbero accompagnare i contatti e la diffusione culturale.
Sicuramente, la virtualità assicurata dal mezzo può anche dilatare e capovolgere il
concetto di museo fino adesso referente di un luogo fisico, di un contenitore materiale in
cui si depositavano le tracce ed i capolavori dell'arte e che comportava il bisogno di un
trasferimento, di un viaggio, come andare a Lourdes: vedere la Madonna significava andare
a toccare la qualità dell'opera mettendosi in fila nei musei. Ora questa fila viene
superata, ribaltata nella solitudine del rapporto col computer da parte di un qualsiasi
soggetto che con un uso digitale può portare dentro casa propria questo museo virtuale.
Se da una parte, quindi, arriva l'informazione, nasce un problema; senza dubbio la
contemplazione è dimezzata, è come se l'opera perdesse un concetto globale ed assumesse
solo le vesti del fantasma. E' come quei matrimoni dell'emigrante in Australia che si
sposava con la fotografia della fidanzata che veniva dall'Italia, si sposava prima ancora
di incontrarla (matrimoni per procura), prima di vedere e di toccare il corpo della
propria fidanzata. Tutto questo creerebbe, in qualche modo, anche un rapporto un po'
perverso: accontentarsi di ciò che l'occhio vede, percepisce e sospetta, invece del corpo
a corpo, del contatto, della frontalità che il rapporto dell'arte può dare a chi la
contempla. Mi viene in mente un libro straordinario di Bioy Casares che si chiama
L'invenzione di Morel, che narra di un fuggiasco inseguito dalla polizia, vive in
un'isola, si nasconde nei cespugli di un palazzo, comincia a sospettare della vita che ha
intorno e a guardare di nascosto ciò che avviene davanti al cespuglio: la vita in un
palazzo fatta di climi notturni e diurni, di feste, di baci, di abbracci, di urla, e ogni
volta il fuggiasco si avvicina sempre più al palazzo, assiste a delle scene e a un certo
punto si accorge improvvisamente che malgrado abbia fatto dei passi pericolosi perché si
è avvicinato troppo a queste persone, queste persone non lo percepiscono; eppure lui si
sente di carne ed ossa, e man mano, incuriosito, entra nel palazzo e vede che nessuno lo
nota, scende nelle cantine e si accorge che la vita soprastante, gli incontri e scontri
diurni e notturni del palazzo sono frutto del movimento di una macchina mossa al ritmo
delle maree del mare. Quindi, L'invenzione di Morel è un'invenzione di una vita che si
prolunga nel tempo dopo la morte dei suoi protagonisti. Ecco: non vorrei che L'invenzione
di Morel diventasse il paradigma di un rapporto con l'arte fantasmatico, anoressico e
dunque teso verso l'entropia, verso la scomparsa e verso la morte..
Domanda 10
Quali sono le esperienze più vitali nel settore artistico? Rientra in quest'esperienza
vitale qualche autore che sta sperimentando la strada della tecnologia?
Risposta
La tecnologia viene impiegata dagli artisti non in maniera sistematica, ma, direi, a
seconda delle opere che si trovano a realizzare, sono artisti che usano il video come
Bruce Newman; altre volte Newman usa altri materiali più correnti, più statici, meno
tecnici, e questo vale per tutti gli artisti. Io direi che oggi non esiste, nella ricerca,
un uso sistematico della tecnologia proprio perché è stato smaltito il concetto di
avanguardia come sperimentazione di nuove tecniche e di nuovi materiali ed è ripreso un
concetto che è quello, più che della sperimentazione, della esperienza creativa, e,
direi, frutto proprio (questo posso riconoscerlo e dichiararlo) di ciò che io ho
autorizzato con la "transavanguardia": il superamento del darwinismo
linguistico, dell'evoluzionismo dell'arte, sperimentazione a tutti i costi, del feticismo,
dell'adorazione della tecnologia (fotografia, video, cinema) che negli anni '70 aveva
creato una sorta di accademia del concettuale. Una ripresa dunque del corpo dell'arte, una
risposta anche alla telematica, ma non pateticamente antagonista, quanto controrealtà
capace di ritotalizzare l'esperienza creativa in un oggetto che ingloba, oltre che l'idea
anche la materia, oltre che l'immagine anche l'eros plastico delle forme e dei materiali.
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