Digital library (interview) RAI Educational

Roberto Barzanti

Rome, 22/04/96

"The European Union and new communication technologies"

SUMMARY:

  • To see copyright as an obstacle to developing the mass communications market offered by new technologies would be a grave error. If copyright is not respected, we risk reducing the resources which enrich an information society, which depends not only on the circulation of private messages and existing audiovisual products, but new products created especially for the new media, which cost money. There are two schools of thought in Europe: one believes material should be regulated through the right of the author, actor or creator; the other,simpler and more pragmatic, is "copyright", i.e. the right is attached to the work, through the producer (1).
  • The idea of the moral right of the author is a very European notion, which recognises that the creator of a work has a relationship with it which goes beyond its mere commercial aspects. This includes the right to prevent manipulation or incorrect use of the work, which is a much greater risk now with new digital technologies (2).
  • With the new communications networks, borders cease to exist, which means that efficient copyright protection depends on harmonising certain fundamental institutions. During the transition phase, which may be very long, the laws of the state from which the message is transmitted and that where it is received must both be applied (3).
  • The market alone cannot guarantee the pluralism of cultures, because the strongest will always win in the end. If this happens, Europe will lose its cultural variety. Therefore, we must promote the circulation of European works. The European Union recognises that cultural works cannot be treated like other products because the survival of our culture depends on them (4).

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INTERVIEW:

Domanda 1
L'odierna evoluzione delle tecnologie sembra aprire nuove opportunità al mercato dei mezzi di comunicazione di massa. E però, da più parti, il diritto d'autore viene considerato come uno dei possibili freni allo sviluppo di questo mercato. Si arriva così a ipotizzare una sua eliminazione. Qual è la sua opinione in proposito?

Risposta
In effetti, la questione del diritto d'autore rischia d'essere vista come un problemaccio, un ostacolo, perché chi teorizza una società dell'informazione nella quale tutte le opere, i prodotti dell'ingegno, dell'invenzione circolino senza freni, nella maniera più rapida e con una sempre più larga possibilità d'accesso, crede di individuare nel diritto d'autore, cioè nella necessità di corrispondere compensi, sia agli autori che agli interpreti, agli esecutori di un concerto, di un film, o di qualsiasi altra opera, una sorta di freno, di inibizione, alla realizzazione piena di questi obiettivi, che vengono propagandati anche con molta euforia. Non credo però che le cose possano essere impostate così, perché se impoveriamo l'industria culturale, se non teniamo conto dei diritti degli autori, rischiamo in realtà di impoverire proprio le risorse che alimentano una società dell'informazione nella quale sarebbe opportuno che circolassero, non solo messaggi privati, oppure riprendessero a circolare film o produzioni audiovisive viste e riviste, ma cose nuove, cose fatte per i nostri tempi, e cioè cose che costano. Di conseguenza è importante equilibrare la liberalizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione e la connessione che queste hanno con l'emittenza televisiva, con la telefonia, con una serie di diritti che devono essere riformulati, ma non spazzati via. Da questo punto di vista, il dibattito che si va svolgendo in Europa oppone due scuole. Da un lato, c'è chi considera la materia regolabile attraverso il diritto degli autori, degli interpreti, degli esecutori, ritenendo l'opera come un qualcosa che prolunga l'invenzione, l'intelligenza delle persone che le hanno dato vita - ed è appunto il diritto dell'autore sull'opera che, in questo caso, viene esaltato. Dall'altro, si propugna invece una impostazione più semplificata, pragmatica, di timbro anglosassone, che ha i suoi aspetti positivi appunto perché è più facile anche ad enunciarsi: quella del "copyright". In questo caso il diritto è dell'oggetto, della merce in quanto tale. E, come merce, quel prodotto viene riferito al produttore, a chi lo ha finanziato, regolando per suo conto la questione dei compensi agli autori. Tra le due tendenze è in atto un confronto molto serrato.

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Domanda 2
Di fronte alla possibilità di automatizzare la duplicazione di oggetti sottoposti a proprietà intellettuale, qual è oggi la figura moderna del diritto morale dell'autore?

Risposta
Il diritto morale dell'autore è una categoria molto europea. Negli Stati Uniti se ne comincia a parlare solo adesso. Diritto morale sta a significare che, al di là delle questioni del compenso, al di là dei problemi più riferibili al mercato, un autore instaura con la sua opera un legame che va oltre gli elementi materiali. Di conseguenza, un autore può interdire che una certa opera sia mal utilizzata o che sia manomessa, il che oggi è estremamente facile, perché - se mi si consente un'espressione un po' retorica - quell'opera continua a presentarsi come una sua creatura vivente, non come una merce, che si può trattare come una patata o come un mobile. Questa è la filosofia sottesa al diritto morale degli autori. E penso che essa avrà una forte espansione, proprio perché la manipolabilità dei messaggi e la possibilità di un loro uso scorretto oggi è molto maggiore che in passato.

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Domanda 3
Con Internet si pone il problema dell'applicazione del diritto. E' difficile individuare esattamente qual è il paese, qual è la legislazione di riferimento. Sembra sempre più necessaria un'armonizzazione legislativa tra i vari Stati, proprio perché la rete non ha confini tecnicamente proteggibili. E si presentano nuovi problemi, come quello, per esempio, di uno Stato dissenziente in un ambito di rete globale. Qual è il suo parere?

Risposta
Finora la filosofia alla quale si è ispirata l'Unione Europea è molto semplice, almeno in termini di principio. Perché? Perché si diceva che, come per ogni altro prodotto, anche per l'opera dell'ingegno, anche per i beni artistici, si doveva applicare la legge dalla quale essi provenivano, anche se la loro provenienza era affidata a tecnologie immateriali, come una trasmissione televisiva, ad esempio. Si aggiungeva che, perché le cose funzionassero, si doveva semplicemente procedere ad una armonizzazione abbastanza forte delle varie legislazioni. Una volta che i vari Stati dell'Unione Europea avessero reso omogenee le loro leggi sui diritti degli autori, ed anche, in generale, sulla circolazione di queste opere, il discorso sarebbe stato estremamente facile. Ma di fronte ad una situazione nella quale un messaggio, un'opera, un'esecuzione musicale ci può piovere addosso - per nostro piacere, il più delle volte, magari sulla base di una nostra volontà, sulla base cioè di un'interattività sempre più diffusa - da ogni parte del mondo, anche da una parte del mondo con leggi estremamente diverse dalle nostre, come ci si regola per determinare il compenso, per determinare la gestione di queste opere? Ecco che nascono interrogativi enormi. Ma le esigenze sono immediatamente individuabili e chiare. Da un lato, cioè, bisognerà fare in modo che ci sia un'armonizzazione sempre più ampia di alcuni istituti fondamentali, che debbono essere di garanzia ovunque, non solo in grandi aree, com'è appunto l'area europea. Dall'altro lato, però, nella fase di transizione - che può essere anche lunghissima o interminabile, perché dei divari esisteranno sempre - se vengono compiute delle infrazioni, bisognerà applicare in modo combinato le leggi degli Stati dai quali i messaggi partono con le leggi del Paese di ricezione, sia perché è difficilissimo individuare l'origine di questi messaggi, sia perché si ha diritto, ad esempio, su grandi questioni morali, ma non solo morali, a far valere un'etica, una cultura, una sensibilità, che è quella del paese di ricezione. Per proteggere l'infanzia, per impedire il dilagare di una violenza sempre più inumana e sempre più aggressiva, che ha richiamato anche l'attenzione anche di grandi filosofi - penso a Karl Popper - e recentemente ha provocato un monito del Papa, un monito altissimo, che credo non possa rimanere senza ascolto. Dunque ci vuole un una combinazione, per quanto riguarda l'applicazione della legge, tra le leggi di partenza, se così si può dire, e le leggi che sono vigenti nel punto d'arrivo. Proprio considerando tutto questo, ad esempio, in una direttiva del 1989, che ora dovrebbe essere rivista, l'Unione Europea chiarisce che, per quanto riguarda le trasmissioni televisive tradizionali, uno Stato membro dell'Unione può anche interrompere, con procedura accelerata, il segnale che provenga da un'emittente estera, salvo evidentemente denunciare il fatto alla Commissione Europea, allorché essa leda - articolo 10 della Convenzione Internazionale dei Diritti dell'Uomo, 1950 - principi fondamentali che riguardano la sicurezza pubblica, la morale di un certo paese.

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Domanda 4
Oggi, come per il cinema in passato, con le nuove tecnologie della comunicazione, si ripropone il problema della promozione delle culture e delle produzioni europee. Il mondo della rete è dominato da una cultura di tipo anglosassone, dalla lingua inglese, e quindi c'è un nuovo scenario, davanti al quale è necessario agire.

Risposta
Non c'è dubbio. Noi crediamo che il mercato, che si va sempre più globalizzando, come ripetiamo ogni momento, di per sé non riesca a garantire il pluralismo, il pluralismo delle culture, delle tradizioni, delle scuole, dei linguaggi. Perché nel mercato il più forte finisce inevitabilmente per dominare. Ma se questo accade, l'Europa è destinata a impoverirsi nella varietà delle sue tradizioni, che deve essere invece tutelata e rafforzata. Per questo c'è bisogno di promuovere la circolazione delle opere europee con uno spirito di "solidarietà". Voglio dire che l'Europa deve presentarsi sulla scena internazionale con una volontà in grado di far sì che le opere europee circolino molto al suo interno e siano proposte anche agli altri, con prezzi e contenuti che le rendano più appetibili. C'è un problema di promozione, in altri termini, che finora è stato sottovalutato. Gli americani, quando fanno il budget di un film, dedicano alla promozione un'importanza almeno pari alle spese della produzione, della post-produzione, della distribuzione nelle sale. Se l'Europa non fa uno sforzo congiunto in questi termini, rischia di essere sbaragliata da un mercato che ha leggi impietose. Noi, come Unione Europea, abbiamo invocato la necessità di trattare i prodotti artistici, culturali, con un'attenzione diversa, sua propria, rispetto a quella che riserviamo ad ogni altro prodotto. Perché? Perché a questi prodotti ormai si lega la stessa possibilità di sopravvivenza della nostra cultura, la stessa possibilità di formazione dei nostri ragazzi, del loro immaginario, delle loro sensibilità. Ecco perché, votando da poco la revisione della cosiddetta direttiva "Televisione senza frontiere" che regolamenta alcuni punti delle legislazioni degli Stati- membri sui sistemi televisivi, abbiamo detto che una parte maggioritaria del tempo, almeno delle televisioni generaliste, deve essere dedicata a opere europee, di origine, di concezione europea. E abbiamo ritenuto, nel far questo, di non peccare, come molti dicono, di protezionismo, perché non è protezionismo economico, quello che ci ispira, ma la volontà di salvaguardare identità, modi creativi, qualità di messaggi, che non possono essere sacrificati sull'altare del profitto dei grandi gruppi internazionali. Affermare le ragioni della cultura, non significa ignorare quelle dell'economia, ma inventare un'economia della cultura, che ha sue leggi, senza le quali la commercializzazione e la banalizzazione finiranno per imperare, mutilando, a partire dall'infanzia, la possibilità di pensare e di inventare di tutti noi.

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