INTERVIEW:
Domanda 1
Siamo abituati a vedere i caschi e i guanti per questo nuovo fenomeno chiamato realtà
virtuale, considerata dal grande pubblico una sorta di gioco. Ma la realtà virtuale, può
essere veramente anche uno strumento di conoscenza?
Risposta
Credo che al di là del fascino iniziale di queste nuove tecnologie, nel quale la
componente di meraviglia, di novità e di gioco finisce col prevalere nell'immagine, così
come viene trasmessa dai media, la realtà virtuale è uno strumento di conoscenza, è
forse uno dei più potenti strumenti di conoscenza che la tecnologia ci mette a
disposizione in questa fine del millennio.
Domanda 2
Non a caso un ricercatore di psicologia al CNR di Roma, Francesco Antinucci, porta avanti
la sua esplorazione del mondo attraverso la realtà virtuale. Come?
Risposta
Per capire perché la realtà virtuale è un potentissimo strumento di conoscenza, bisogna
capire due cose molto semplici. La prima è che cos'è la realtà virtuale. Al di là di
ogni complicazione tecnica, la realtà virtuale è questo: io posso riprodurre un ambiente
o un oggetto. Lo faccio attraverso una tecnologia di computer, ma l'importante è che lo
faccio in una maniera e con degli strumenti, che mi permettano di presentarlo allo
spettatore, in un modo che tende a essere non distinguibile dalla realtà. Io posso
muovermi in questo ambiente, osservarlo e lavorarci così come se fosse un ambiente
fisico, reale. Se si raggiunge questo livello, possiamo dire che la percezione viene
ingannata, la mia azione si svolge come se io stessi nella realtà e non lavorando
attraverso uno strumento. Noi siamo abituati a lavorare attraverso gli strumenti, dei
computer adesso, prima le macchine da scrivere, prima ancora strumenti materiali, e
sappiamo che imparare a lavorare con queste macchine non è facile, richiede certi
adattamenti, certi aggiustamenti. Dal punto di vista psicologico abbiamo due modi di
conoscere le cose: io posso, per esempio, andare in un posto, guardarlo, questo mi dà
delle sensazioni e mentre faccio questo lavoro di guardarlo, di muovermici dentro e di
toccarlo, in realtà io lo sto conoscendo, lo sto analizzando, lo sto classificando, sto
facendo tutte cose che sono inconsce, di cui io non m'accorgo, le faccio naturalmente, ma
in realtà con queste assumo conoscenza. Pensate quando siete bambini molto piccoli:
imparate tutto in questo modo, lo imparate nel periodo da zero e tre anni, in cui prima
non sapete fare assolutamente nulla, alla fine dei tre anni siete in grado di conoscere il
mondo in cui vi muovete. Lo avete studiato? No. Lo avete coscientemente, qualcuno ve l'ha
coscientemente raccontato, l'avete capito? No. L'avete imparato muovendovi. L'altro modo
di conoscere, che poi, per una strana evoluzione storica che abbiamo avuto, è finito con
l'essere nella nostra coscienza l'unico modo di conoscere, è invece quello per cui
qualcuno mi spiega le cose, poi magari me le scrive su un libro. Questo lavoro funziona lo
stesso, ma è molto più difficile, è molto più faticoso, molto più complicato, non è
naturale, non è intuitivo, ci sono delle ragioni biologiche per questo. E' un lavoro
faticoso da fare, è un lavoro selettivo. Qualcuno lo sa fare, qualcuno non lo sa fare.
Per impararlo bisogna studiare e fa fatica farlo e quindi non tutti ci riescono e non
tutti vanno lontano. L'altro modo, no, lo abbiamo tutti, lo usiamo tutti nella stessa
maniera. La combinazione di queste due cose, fa sì che la realtà virtuale possa essere
un potente strumento di conoscenza. Nella nostra cultura, conoscenza è sinonimo di
lettura di libri e di fatica. Non ce le siamo inventate perché eravamo particolarmente
perversi e ci piaceva inventare un modo difficile per apprendere le cose, ma fino ad oggi,
fino all'avvento della realtà virtuale, quello era l'unico modo che avevamo per conoscere
alcuni tipi di cose molto importanti: ci sono cose che non si vedono, cose che non si
sentono e cose che non si toccano. Tutto ciò che si riferisce a distanze enormi, per
esempio al di fuori della nostra terra, tutto ciò che si riferisce a mondi infinitamente
piccoli, cioè a tutto ciò che in realtà non possiamo percepire direttamente e non
possiamo toccare direttamente, non può essere conosciuto e studiato in quel modo naturale
che dicevo prima. Per questo motivo, nel corso dei secoli, a mano a mano che le nostre
conoscenze si approfondivano, noi abbiamo dovuto tradurlo in questi simboli, che a volte
sono belle metafore di visione, come il viaggio, il diventare piccoli, ma l'abbiamo dovuto
tradurre. Non possiamo vederlo direttamente, non possiamo toccarlo direttamente, possiamo
lavorarci solo con la mente, pensando.
Domanda 3
Facciamo un esempio di visualizzazione scientifica, che oggi è resa possibile dalla
realtà virtuale.
Risposta
Pr esempio, ci sono visualizzazioni di fenomeni - noi stessi ne abbiamo costruita una. I
concetti, nella fisica, per esempio, i concetti di forza, è tutta roba che studiamo e poi
dobbiamo immaginarcela, non la possiamo vedere operare fisicamente. Il bello della realtà
virtuale, è che mi permette di costruire ambienti simulati. Abbiamo costruito uno di
questi ambienti in cui le forze le vedete con i vostri occhi, non solo, ma le toccate,
cioè potete interagire con la vostra mano e vedere che effetto fa. In questa maniera io
riesco a farvi capire e conoscere il comportamento di questi fenomeni di nuovo nel primo
modo, in modo naturale, cioè guardandolo con gli occhi e toccandolo con la mano. Questo
è il vero potere della realtà virtuale. Nasce per riprodurre il mondo, ma una volta che
abbiamo imparato a riprodurre, noi possiamo fabbricare mondi che non ci sono, mondi che
non possiamo vedere, mondi che non possiamo toccare. E possiamo vederli, possiamo metterli
a disposizione dell'uomo.
Domanda 4
Quindi significa che il progresso delle tecnologie, l'aumento di potenza e di velocità
riporta finalmente le macchine al servizio dell'uomo e della sua comunicazione naturale?
Risposta
Paradossalmente sì. Più si va avanti, più la tecnologia diventa sofistica, più ha
questo compito, io lo trovo meraviglioso, di tornare alla natura, ma tornare addirittura
alla natura più semplice. Naturalmente ci torniamo da una posizione di forza, perché
altrimenti sembra un circolo vizioso. Il telefono, per esempio, che tutti conoscete, è
stato una grande invenzione. Non ha toccato la capacità di parlare. Noi continuiamo a
parlare come parliamo faccia a faccia con le persone, la nostra parola è lì, ma ci ha
permesso di trasportarlo su una scala impensabile. Io posso parlare con la mia voce in
tempo reale, nel momento, con gente che non sta vicino a me, sta lontanissima. Quindi il
telefono mi ha permesso di tornare alla forma naturale, perché prima del telefono io
dovevo scrivere messaggi, l'altro doveva riceverli e leggerli. Sono tornato alla natura:
non ti scrivo un messaggio, ti parlo. Ma con un potere molto più grande.
Domanda 5
Lei viene ora da una videoconferenza tra il Politecnico di Milano e l'Università del
Canada. Vediamo questo crescendo, dal telefono alla videoconferenza. Cosa succede oggi?
Risposta
Siamo ancora in una fase un po' sperimentale - comunque abbiamo cercato di completare
questo sviluppo: il telefono è uno splendido strumento finché si tratta di trasmettere
la voce, però io quando sto a faccia a faccia con una persona, la vedo, vedo i suoi
movimenti, lei mi può indicare qualcosa e io porto la mia attenzione sulla cosa che mi
indica. Il telefono, questo non lo permette. Bene nel caso di questa teleconferenza
abbiamo provato a mettere in campo un po' di questi strumenti. Più che una
teleconferenza, si è trattato di una vera e propria interazione. Io ho parlato con il
conferenziere perché gli ho fatte le domande e lui ha avuto bisogno di farmi vedere dei
suoi disegni, delle sue cose. L'abbiamo fatto tutto restando io a Milano e lui in Canada e
in tempo reale, proprio come se stessimo nello stesso, spazio. La realtà virtuale è
anche un potenziamento di questa stessa tecnologia. Un domani io creo un ambiente
virtuale, uguale per me e per lui, e quindi staremmo letteralmente seduti su due sedie,
uno di fronte all'altro, non avremo più nemmeno lo schermo in mezzo.
Domanda 6
Al CNR avete realizzato delle applicazioni importanti di realtà virtuale, ce le descrive?
Risposta
Si tratta di un progetto che abbiamo fatti in tanti, perché fare questi progetti con
tecnologie così sofisticate è molto difficile, quindi hanno partecipato il CNR,
l'E.N.E.L., l'Infobyte, una parte è stato fatta con il Goethe Conservation Institut.
Cioè cerchiamo di collaborare con le istituzioni che sono aperte a questo tipo di
innovazione e ci vuole una certa dimensione per poter affrontare questi progetti. Abbiamo
realizzato una serie di applicazioni nel campo artistico, perché si presta meglio al
discorso che facevo prima. Vi faccio un esempio semplicissimo. Andate a visitare un sito
archeologico, e ditemi che conoscenza potete ricavarne. Lì si vede se avete studiato, se
siete un archeologo, con grande fatica, e pazienza, e studiando, riuscite a immaginarvi
com'era questo monumento di cui magari resta la pianta o pochi muretti. Per molte persone
è difficile farlo, significa poco, la conoscenza è così. Quindi questo è proprio uno
di quei campi in cui uno pensa: ma se io lo restituisco com'era? Di nuovo siamo nel caso
di prima, allora io lo vedo come se esistesse oggi. Bisogna stare attenti, perché
funzioni quel sistema percettivo e motorio, quello del vedere e toccare, ci vogliono delle
condizioni molto particolari, altrimenti l'occhio non si fa ingannare facilmente, e
nemmeno l'azione. Ci vogliono degli strumenti in cui la resa della realtà sia molto,
molto buona, che abbia una grande velocità nel cambiare. Se io cambio il mio punto di
vista debbo immediatamente cambiare l'immagine, non me ne devo accorgere, altrimenti non
scatta quell'altro sistema. Io continuo a ragionare con la mia mente, perché dovrò
capire che cosa è successo e non concentrarmi sull'oggetto. Quindi stiamo attenti,
perché tutta questa roba potenzialmente può andare sulle reti, che non sono altro che
connessioni, ma la capacità di rete che abbiamo oggi non è ancora sufficiente. La
"banda" come diciamo noi, cioè la "quantità" di materiale da inviare
in questo tempo reale è troppo elevata. Però possiamo farlo localmente. E farlo
localmente è anche molto pratico, perché in fin dei conti una di queste realizzazioni è
un nastrino, che uno si mette in tasca e si porta, dove c'è la macchina lo infila e vede.
La tomba di Nefertari è una realizzazione che abbiamo fatto noi con il CNR, con
l'E.N.E.L., con il Goethe Conservation Institut e con l'Infobyte. Abbiamo preso la tomba,
che esiste fisicamente in Egitto, e l'abbiamo riprodotta virtualmente, perché c'è un
gravissimo problema di conservazione per quel monumento. Il monumento aperto al pubblico
si è deteriorato terribilmente. E' stato restaurato recentemente da un'équipe
internazionale e la raccomandazione unanime è stata: chiudiamolo, perché altrimenti
questo monumento non arriverà al prossimo secolo, sarà completamente distrutto. Il
monumento è splendido. E d'altra parte, però, le persone non possono più vederlo. La
soluzione c'era: riprodurlo in realtà virtuale. Significa riprodurlo con una tecnologia
che permette di sentircisi dentro, di muoversi dentro a piacimento, così come se si
stesse nella tomba, e di guardarlo a vostro piacere. E quindi l'utilizzo è stato subito
ed immediato. Questa realizzazione virtuale ci ha permesso di fare qualcosa in più della
realtà, perché una volta che abbiamo ricostruito la tomba, abbiamo potuto ricostruire
anche com'era la tomba quando fu aperta la prima volta dall'archeologo Schiapparelli, nel
1904. L'archeologo italiano la documentò molto bene, noi abbiamo tradotto tutto quello
che lui documentava nelle immagini che sono dentro la tomba. Così è possibile anche
avere l'esperienza di visitare la tomba così com'era quando fu aperta.
Domanda 7
E le Basiliche di San Pietro?
Risposta
"Le Basiliche di San Pietro" è una realizzazione di realtà virtuale e cioè la
costruzione al computer di un ambiente liberamente percorribile e navigabile, che dà
l'impressione di essere dentro questo ambiente. Realizzato con l'E.N.E.L. e con
l'Infobyte, oltre alla bellezza di poter riprodurre questa straordinaria costruzione,
questo straordinario monumento, lo rende adesso disponibile ovunque nel mondo, anche a
persone che non possono venirci. Sono inoltre possibili delle viste di San Pietro, che non
potreste vedere nemmeno andando a San Pietro, perché vi posso, per esempio, far alzare in
volo dentro San Pietro, cosa che non potete fare nella realtà. La Basilica di San Pietro
che noi conosciamo ha cinque secoli, ma prima di quella ce n'era un'altra, che risale
addirittura all'Imperatore Costantino e che è forse il più famoso monumento
dell'antichità fino al 1500, perché era la meta di tutti i pellegrinaggi, è in tutte le
cronache, in tutte le descrizioni: si veniva a San Pietro, a Roma. Questa chiesa è
ininterrottamente esistita dal IV secolo fino al 1500. Non ce n'è più traccia, non ne è
rimasta più neanche una pietra, perché é stata distrutta per costruire la nuova. Bene,
sulla base della documentazione, dell'archeologia, degli studi fatti, noi l'abbiamo
ricostruita, rimessa in piedi e adesso, mentre voi girate dentro San Pietro, con il
premere un pulsante, potete tornare mille anni indietro nel tempo e trovarvi esattamente
nello stesso punto, ma nella Basilica antica.
Domanda 8
Ci parli della Città di Giotto.
Risposta
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l'E.N.E.L. e l'Infobyte si sono messi insieme per
realizzare questo programma, che mira ad esplorare le possibilità della tecnologia
virtuale. La Città di Giotto è la nostra prima realizzazione di realtà virtuale, quella
con cui abbiamo cominciato. Si tratta di una ricostruzione della Basilica superiore di San
Francesco di Assisi, una basilica molto bella, non solo importante, perché la chiesa di
uno dei santi più importanti, ma perché racchiude un ciclo straordinario di affreschi di
Giotto, uno dei nostri grandi maestri della pittura. Abbiamo riprodotto la Chiesa nella
sua interezza e quindi attualmente è visitabile anche senza andare ad Assisi e si possono
ammirare tutti i particolari delle pitture, degli affreschi, e così via. Realtà virtuale
significa appunto essere liberi di fare un percorso, non di vedere un film, liberi di
girare in questo ambiente e, attraverso dei sistemi di visione, avere l'impressione di
esserci veramente. Per esplorare le possibilità della realtà virtuale, e soprattutto
questa possibilità di costruire anche mondi che non esistono, abbiamo realizzato una cosa
particolare. Nella Città di Giotto potete fare un'esperienza impossibile nella realtà,
un'esperienza assolutamente fantastica: potete entrare dentro i quadri di Giotto e vedere
le architetture disegnate da Giotto, che compongono una specie di strana città, è
difficile descriverlo, dovete vederlo, dovete entrarci, per avere quest'impressione e, se
vi fa la stessa impressione, che fa a me, vi fa l'impressione di conoscere il mondo di
Giotto un po' meglio.
Domanda 9
Ci può spiegare come funziona la realtà virtuale?
Risposta
E' difficile spiegarlo in poco tempo. Occorre innanzi tutto un computer grafico molto
potente, per avere l'impressione di essere in un luogo. Che cosa succede tipicamente in un
luogo? Succede che io mi guardo intorno o mi muovo. Quindi la mia vista di questo luogo
cambia istantaneamente, momento per momento. Devo avere un computer grafico, che una volta
che ha il modello ricostruito, cioè la vista possibile di tutto l'ambiente, prende il mio
punto di vista e me lo restituisce immediatamente. Se io mi muovo e lui se ne accorge
attraverso un sensore - a volte questi sensori sono indossati sulla testa o sono portati
in mano -, se lui si accorge che io ho cambiato il mio punto di vista, deve immediatamente
ridisegnare l'intero modello dal mio punto di vista - e immediatamente qui significa in
meno di un quindicesimo di secondo. E' questo che rende la realtà virtuale complessa e
difficile tecnologicamente. Un modello può essere molto difficile da disegnare, se in
più io voglio una macchina che lo disegni venti, trenta volte al secondo, sto ponendo dei
requisiti molto duri, alla capacità delle macchine di operare. Ma se non ho questi, non
ho il realismo, cioè non riesco ad ingannare la percezione.
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