Speciali

Presentazione


"Informazione, valori, democrazia"

   

 


ROMA, 7 SET 2000

Mario Arcelli. La democrazia nell'era dell'accesso

L'intervento di apertura del convegno tenuto dal professor Mario Arcelli, Rettore della LUISS, ha teso a mettere in luce le prospettive che il mondo della multimedialità apre in senso sia sociale che economico. " La Rete permette di collegarsi in tempo reale con il resto del mondo e di avere accesso ad una quantità di dati e informazioni prima impensabile. Il sapere, quindi, lungi dall'essere un bene personale e strettamente privato, diventa un bene economico tout court. La nuova divisione di classe che si profila non è più quella tra i capitalisti e i proletari ma, per dirla con le parole dell'economista Jeremy Rifkin, tra chi ha possibilità di accesso alle informazioni e chi non le ha. In questo contesto risulta chiaro come il problema della democrazia si giochi a livello di opportunità di accesso alle informazioni e si connette in modo stretto con la necessità di impostare un nuovo rapporto tra società dell'informazione e formazione" Oltre ad una serie di considerazioni più generali il Rettore ha messo l'accento sulla funzione che i nuovi media hanno nel ribaltare una prospettiva tradizionalmente consolidata secondo la quale il cittadino mediatico avrebbe il solo ruolo di uditore - spettatore nella catena delle informazioni: "Il privilegio di passare dalla mera funzione di uditore-spettatore di informazioni a quella ben più attiva di creatore di ideee che producono innovazione e progresso rappresenta una grande opportunità offerta dalla rivoluzione multimediale." A conclusione dell'intervento Arcelli ha dichiarato che occorre, però, un'etica della responsabilità che tuteli e sorregga la trasformazione in atto.

Michel Mathien. Il ciclo socio-culturale della comunicazione nel contesto mondiale dell'opulenza mediatica

Michel Mathien, nato nel 1947 a Berlino, ex giornalista, è professore di scienze dell'informazione e della comunicazione all'Università Robert Schumann di Strasburgo dal 1988. Insegna inoltre all'Istituto francese della stampa presso l'Università Paris II. Le sue ricerche vertono sul giornalismo come elemento della psicologia sociale. Va in tale senso il suo intervento in questo convegno, ovvero: come si può considerare la rappresentazione dell'attività dei media nel contesto della nostra società complessa. In cosa consiste il ciclo socio culturale della comunicazione? Alla base di tutto vi sono le attività innovative dei creativi, che vengono diffuse nel micro-ambiente cui appartengono gli spazi di creazione. Grazie ai media queste innovazioni entrano nel circuito generale del sistema sociale, entrando a far parte della cultura comune, della memoria collettiva, grazie ad un processo di sedimentazione. Evidentemente i media operano un criterio di selezione non casuale delle informazioni che trasmettono. A loro volta i media in quanto tali hanno costituito un micro ambiente portatore di innovazione, occupando un posto di rilievo anche nello sviluppo economico prodotto dalla globalizzazione (pensiamo per esempio al mercato della pubblicità). I mezzi d'informazione e le nuove tecnologie quindi incidono sui comportamenti culturali e collettivi, ma la loro rapidissima evoluzione esclude in un certo senso la distanziazione e la riflessione critica. Bisognerebbe pensare maggiormente al problema della ricezione dei messaggi diffusi dai media, soprattutto rispetto alle minoranze e alle differenze culturali. E cercare anche di non coltivare certi miti, come la libertà assoluta, l'oggettività assoluta, la trasparenza assoluta. La trasmissione indiscriminata di contenuti da parte della cultura occidentale, per esempio, da spesso luogo a conflitti di valori che possono provocare " reazione, contestazione, opposizione.

Tibor Palankai. Il futuro dell'identità delle singole nazioni nell'era della globalizzazioni

Oltre che di interesse per le riflessioni di carattere economico e socio - politico la prima sessione del convegno ha dato importanza a quelli che sono gli aspetti socio-antropologici in relazione alla rivoluzione informatica del nuovo millennio. Il professor Tibor Palankai, Rettore dell'Università di scienze economiche di Budapest, se in qualità di economista rileva i cambiamenti che la new economy ha apportato in termini di flussi monetari, servizi, capitali, come cittadino di un piccolo paese europeo, promuove una riflessione sul futuro dell'identità delle singole nazioni in un mondo in cui la globalizzazione spinge verso un azzeramento delle identità culturali in favore di una omogeneizzazione di certi valori culturali. Tenendo fermo che "la gente non dovrebbe abbandonare la propria identità nazionale, pur essendo costantemente coscienti dei loro agganci ad una crescente comunità globale" Palankai afferma che " un senso di comunità tra stati è funzione del livello di comunicazione tra loro. Tutti gli obiettivi assumono che debba esserci libertà di comunicazione e che questa libertà sia supportata dalla varie politiche nazionali. In ogni caso è fondamentale capire che le identità etniche o nazionali devono essere difese, e come forma di protezione verso le minoranze culturali e come modo di ridurre gli effetti negativi del rischio di un monopolio mediatico."

Roger Laughton, Direttore Media School, Bournemouth University (Gran Breatagna) Il servizio pubblico nell'era digitale

La questione morale è al centro dell'intervento del professor Roger Laughton. "L'emittenza è importante per aiutare le società ad educarsi. Il mercato libero non basta: si rischierebbe una supremazia delle società più ricche a discapito delle più povere. Gli Stati devono finanziare trasmissioni che rafforzino la cultura nazionale e regionale." E' questo il senso di un servizio pubblico nel terzo millennio in tutti i settori della comunicazione, dalla tv analogica, a quella digitale, a Internet: fornire gratuitamente quei contenuti informativi ed educativi pluralisti ed imparziali che il privato non può offrire, perché vincolato dalle sue logiche di profitto. E al tempo stesso l'emittenza pubblica ha un ruolo di garante e deve vegliare a che si osservi un codice etico e morale che rifletta le norme della società.

Jo Groebel. "Servono sistemi e strumenti per la selezione dell'informazione"

Abbiamo intervistato il Professor Jo Groebel, direttore generale dell'Istituto Europeo dei Media all'Università di Dusseldorf sui nuovi scenari inerenti la comunicazione in bilico tra nuove tecnologie ed esigenze di mercato.

Professor Groebel, parlando del futuro dei media ha puntato la sua riflessione sul fatto che la crescente quantità di informazioni diffuse nel mondo porta con sé il pericolo di creare un unovo tipo di uomo, un Homo Nollens, in opposizione all'Homo Sapiens, proprio perché diventa ogni giorno più difficile gestirle. Cosa suggerisce per evitare questo rischio?

"Innanzitutto penso che non sia tanto cresciuta la quantità di informazioni ma la loro disponibilità. All'età della pietra noi conoscevamo le informazioni relative ai nostri parenti, agli amici, ai vicini di casa. Pian piano la rivoluzione dei mass media, dapprima e poi quella legata ad Internet ed alla multimedialità ha comportato la nascita del problema di come sia possibile gestire tutta la messe di informazioni cui ogni giorno un individuo può accedere. Bisogna, a mio avviso, avere strumenti che fungano da filtro selezione dell'informazione, così da permettere ad ogni cittadino della comunità mediatica un corretto accesso ad esse."

Mettendo l'accento sul ruolo del giornalismo nel nuovo contesto del multimediale lei ha detto, nell'intervento, che il giornalista ha oggi pesanti responsabilità circa il pubblico. Come bilanciare, allora, un'alta qualità dell'informazione con le caratteristiche connesse ai nuovi media che implicano, tra le altre, la possibilità di dare una diffusione veloce ed immediata dell'informazione cosicché diventa sempre più difficile controllarne la veridicità? "I giornalisti si sono da sempre trovati nella delicata condizione di dover fare notizie garantendo una correttezza dell'informazione. E' difficile poter parlare di oggettività dell'informazione perché persino un uso particolare delle telecamere o un modo di porre la notizia a partire dal titolo, condizionano l'informazione nel senso che ne influenzano, ne modificano il contenuto sostanziale, dando maggior importanza a certi aspetti dell'evento anzicché altri, giusto per fare un esempio. Allora il punto non è più quello di consegnarsi ad un etica dell'imparzialità o della oggettività nella diffusione di notizie ma di essere supportati da sistemi istituzionali, statali che supportino la produzione di notizie e programmi strutturati in base alla necessità di coprire un ampio spettro di esigenze, di modo che sia possibile coniugare le leggi di mercato a principi etici che garantiscano la correttezza delle informazioni."