Il mercato globale alla prova delle cure salvavita
In Sudafrica, un processo storico contrappone
interessi commerciali e cure per la sopravvivenza. E la Rete scende
in campo con forza
di Wanda Marra
Ricomincia il 18 aprile a Pretoria il processo intentato da 39
case farmaceutiche contro il governo sudafricano, accusato di
violare gli accordi sul commercio mondiale, per impedire al
Sudafrica di importare medicine a basso costo contro l'Hiv. E la
Rete, ancora una volta in prima fila, si schiera. A partire dall'8
marzo Medici senza Frontiere, www.msf.it ha messo online una petizione
internazionale per chiedere alle 39 società farmaceutiche di
ritirare l'accusa. L'iniziativa, che fa parte di una campagna
per consentire alle popolazioni povere l'accesso ai farmaci
essenziali, si concluderà ufficialmente il 15 aprile. La raccolta
delle firme, che per ora sono circa 200.000, continuerà "dal
vivo" durante il processo, nei corridoi del tribunale di
Pretoria, mentre per il 18 aprile è stata dichiarata la giornata
mondiale di protesta per l'accesso ai farmaci anti-Aids nei paesi
del terzo mondo. Una campagna dell'organizzazione umanitaria Oxfam
chiede la riduzione del prezzo dei farmaci per i paesi in via di
sviluppo.
Il processo, che era cominciato il 5 marzo, è stato aggiornato
per permettere alla Treatment Action Campaign (Tac), una delle
organizzazioni più attive nella battaglia per i farmaci
sostenibili, di raccogliere le prove per dimostrare che il metodo
con il quale le case farmaceutiche stabiliscono i prezzi dei
medicinali nei vari paesi è un abuso dei brevetti.
Si tratta di un processo storico, che ha il compito di stabilire
se la globalizzazione dei mercati debba avere dei limiti e quali: in
sostanza, in tribunale si discuterà su cosa è più importante, se
l'interesse commerciale delle aziende o i diritti di chi cerca di
sopravvivere.
In Sudafrica l'emergenza Aids è attualmente maggiore che in
qualsiasi altro paese al mondo: secondo i dati forniti da Medici
senza frontiere, i malati sono oltre 4 milioni, i morti, solo dal
1997 a oggi, 400mila. Più in generale nei paesi in via di sviluppo,
sono oltre 32 milioni i sieropositivi, che potrebbero sopravvivere
grazie a farmaci antiretrovirali fondamentali come l'Azt e il 3tc,
che però costano circa 20-30 milioni all'anno. Una terapia a base
di copie a basso costo di farmaci salvavita (i cosiddetti farmaci
generici), fabbricate da un'azienda thailandese, indiana o
brasiliana, costa, invece, meno di 300 mila lire.
Secondo le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc),
questi salvavita sono illegali: i Trips,
(Trade related intellectual property rights), gli accordi
internazionali siglati nel 1994, che stabiliscono i diritti della
proprietà intellettuale, vietano la produzione locale dei farmaci e
ne vincolano l'importazione, l'uso e la vendita all'autorizzazione
del titolare del brevetto. Ma mentre i paesi industrializzati si
sono adeguati immediatamente a tali norme, a quelli in via di
sviluppo è stato concesso tempo fino al gennaio del 2000, e un
periodo di transizione fino al 2005, che si allunga al 2008, per i
48 paesi più poveri.
Ciò significa che di fronte a un'emergenza nazionale, tali paesi
possono venir meno agli accordi. È questo il caso del Medical Act (Medicines
and Related Substances Control Amendment Act), una legge, firmata
nel 1997 dal Presidente sudafricano Nelson Mandela, che intendeva
rendere più sostenibile il prezzo delle medicine. Si introducevano
misure come le importazioni parallele che consentono di importare un
farmaco dal paese che offre le migliori condizioni economiche e le
licenze obbligatorie, che permettono la produzione locale di un
farmaco generico senza pagare i diritti di brevetto.
A causa dell'opposizione dell'industria farmaceutica, il Medical
Act non è mai stato applicato, ed è l'oggetto principale della
causa 4183/98 dell'Alta corte del Sudafrica. In un articolo del
Guardian, At
the mercy of drug giants che analizza la questione nei suoi
diversi aspetti, si legge che le case farmaceutiche, tra le quali ci
sono anche le maggiori del mondo, come la Merck, la Eli Lilly e la
GlaxoSmithKline, affermano che questa legge costituirebbe la
violazione di tutti gli accordi internazionali sul commercio e
sostengono che il Sudafrica ha rifiutato di avvalersi di offerte
vantaggiose avanzate dai produttori. Il governo sudafricano, d'altra
parte, sostiene che anche a prezzi ridotti, il costo dei farmaci è
troppo alto.
Questa causa ha creato preoccupazioni e provocato reazioni anche
nelle istituzioni. Il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione
di emergenza chiedendo alle case farmaceutiche di ritirarsi dal
processo, mentre l'Organizzazione mondiale del commercio ha sentito
l'esigenza di correre ai ripari e di cercare soluzioni, sostenibili
non solo a livello economico, ma anche dal punto di vista
umanitario.
Si è svolto negli scorsi giorni (8-11 aprile) a Høsbjør, in Norvegia, un seminario
organizzato insieme all'Organizzazione
Mondiale della Sanità. Nel corso della riunione, alla quale
hanno partecipato rappresentanti di governi, dell'industria
farmaceutica e di gruppi di pressione, sono state analizzate due
questioni contrapposte: la necessità di rendere i farmaci salvavita
più alla portata dei paesi poveri e la difesa della proprietà
intellettuale. Come si legge sul sito del Wto,
l'introduzione di prezzi differenziati per i paesi poveri e per
quelli ricchi, la possibilità da parte dei paesi in via di sviluppo
di utilizzare le forme di tutela previste dai Trips, come le licenze
obbligatorie e gli importi paralleli, l'opportunità ricorrere a dei
finanziamenti esterni, sono alcune delle proposte elaborate.
Per far seguire fatti valutabili alle parole, si tratta, adesso,
di vedere quali strategie saranno elaborate.
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