Venerdì 13 aprile 2001




 

 


Il mercato globale alla prova delle cure salvavita 

In Sudafrica, un processo storico contrappone interessi commerciali e cure per la sopravvivenza. E la Rete scende in campo con forza

di Wanda Marra

Ricomincia il 18 aprile a Pretoria il processo intentato da 39 case farmaceutiche contro il governo sudafricano, accusato di violare gli accordi sul commercio mondiale, per impedire al Sudafrica di importare medicine a basso costo contro l'Hiv. E la Rete, ancora una volta in prima fila, si schiera. A partire dall'8 marzo Medici senza Frontiere, www.msf.it ha messo online una petizione internazionale per chiedere alle 39 società farmaceutiche di ritirare l'accusa. L'iniziativa, che fa parte di una campagna per consentire alle popolazioni povere l'accesso ai farmaci essenziali, si concluderà ufficialmente il 15 aprile. La raccolta delle firme, che per ora sono circa 200.000, continuerà "dal vivo" durante il processo, nei corridoi del tribunale di Pretoria, mentre per il 18 aprile è stata dichiarata la giornata mondiale di protesta per l'accesso ai farmaci anti-Aids nei paesi del terzo mondo. Una campagna dell'organizzazione umanitaria Oxfam chiede la riduzione del prezzo dei farmaci per i paesi in via di sviluppo.

Il processo, che era cominciato il 5 marzo, è stato aggiornato per permettere alla Treatment Action Campaign (Tac), una delle organizzazioni più attive nella battaglia per i farmaci sostenibili, di raccogliere le prove per dimostrare che il metodo con il quale le case farmaceutiche stabiliscono i prezzi dei medicinali nei vari paesi è un abuso dei brevetti.

Si tratta di un processo storico, che ha il compito di stabilire se la globalizzazione dei mercati debba avere dei limiti e quali: in sostanza, in tribunale si discuterà su cosa è più importante, se l'interesse commerciale delle aziende o i diritti di chi cerca di sopravvivere.

In Sudafrica l'emergenza Aids è attualmente maggiore che in qualsiasi altro paese al mondo: secondo i dati forniti da Medici senza frontiere, i malati sono oltre 4 milioni, i morti, solo dal 1997 a oggi, 400mila. Più in generale nei paesi in via di sviluppo, sono oltre 32 milioni i sieropositivi, che potrebbero sopravvivere grazie a farmaci antiretrovirali fondamentali come l'Azt e il 3tc, che però costano circa 20-30 milioni all'anno. Una terapia a base di copie a basso costo di farmaci salvavita (i cosiddetti farmaci generici), fabbricate da un'azienda thailandese, indiana o brasiliana, costa, invece, meno di 300 mila lire.

Secondo le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc), questi salvavita sono illegali: i Trips, (Trade related intellectual property rights), gli accordi internazionali siglati nel 1994, che stabiliscono i diritti della proprietà intellettuale, vietano la produzione locale dei farmaci e ne vincolano l'importazione, l'uso e la vendita all'autorizzazione del titolare del brevetto. Ma mentre i paesi industrializzati si sono adeguati immediatamente a tali norme, a quelli in via di sviluppo è stato concesso tempo fino al gennaio del 2000, e un periodo di transizione fino al 2005, che si allunga al 2008, per i 48 paesi più poveri.

Ciò significa che di fronte a un'emergenza nazionale, tali paesi possono venir meno agli accordi. È questo il caso del Medical Act (Medicines and Related Substances Control Amendment Act), una legge, firmata nel 1997 dal Presidente sudafricano Nelson Mandela, che intendeva rendere più sostenibile il prezzo delle medicine. Si introducevano misure come le importazioni parallele che consentono di importare un farmaco dal paese che offre le migliori condizioni economiche e le licenze obbligatorie, che permettono la produzione locale di un farmaco generico senza pagare i diritti di brevetto.

A causa dell'opposizione dell'industria farmaceutica, il Medical Act non è mai stato applicato, ed è l'oggetto principale della causa 4183/98 dell'Alta corte del Sudafrica. In un articolo del Guardian, At the mercy of drug giants che analizza la questione nei suoi diversi aspetti, si legge che le case farmaceutiche, tra le quali ci sono anche le maggiori del mondo, come la Merck, la Eli Lilly e la GlaxoSmithKline, affermano che questa legge costituirebbe la violazione di tutti gli accordi internazionali sul commercio e sostengono che il Sudafrica ha rifiutato di avvalersi di offerte vantaggiose avanzate dai produttori. Il governo sudafricano, d'altra parte, sostiene che anche a prezzi ridotti, il costo dei farmaci è troppo alto.

Questa causa ha creato preoccupazioni e provocato reazioni anche nelle istituzioni. Il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione di emergenza chiedendo alle case farmaceutiche di ritirarsi dal processo, mentre l'Organizzazione mondiale del commercio ha sentito l'esigenza di correre ai ripari e di cercare soluzioni, sostenibili non solo a livello economico, ma anche dal punto di vista umanitario.

Si è svolto negli scorsi giorni (8-11 aprile) a Høsbjør, in Norvegia, un seminario organizzato insieme all'Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel corso della riunione, alla quale hanno partecipato rappresentanti di governi, dell'industria farmaceutica e di gruppi di pressione, sono state analizzate due questioni contrapposte: la necessità di rendere i farmaci salvavita più alla portata dei paesi poveri e la difesa della proprietà intellettuale. Come si legge sul sito del Wto, l'introduzione di prezzi differenziati per i paesi poveri e per quelli ricchi, la possibilità da parte dei paesi in via di sviluppo di utilizzare le forme di tutela previste dai Trips, come le licenze obbligatorie e gli importi paralleli, l'opportunità ricorrere a dei finanziamenti esterni, sono alcune delle proposte elaborate.

Per far seguire fatti valutabili alle parole, si tratta, adesso, di vedere quali strategie saranno elaborate.

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