Banc@rotta?
Egg, la banca inglese solo Internet che
annuncia forti perdite, non è un caso isolato. Ma qual è il futuro
dell'Internet banking?
Di Wanda Marra
È
già finita l'avventura delle banche virtuali?
A sollevare le questione è il caso di Egg,
la pioniera delle banche solo-Internet. La Egg, fondata nel 1998
dalla Prudential, la più importante compagnia di assicurazioni
britannica, ha dichiarato qualche giorno fa che le sue perdite sono
in crescita. Nonostante abbia aggiunto nuovi servizi, tra i quali le
assicurazioni e i mutui, infatti, la Egg nel 2000 ha perso circa
155,3 milioni di sterline, rispetto ai 149,7 milioni del 1999.
D'altra parte, questa banca aveva visto il suo valore calare sin da
quando era stata quotata in Borsa la scorsa primavera. Quali le
ragioni del crack?
Il motivo primo ed evidente appare la difficoltà di rifarsi
degli investimenti necessari a lanciarsi nella Rete. L'inflazione
dei costi di produzione, infatti, rende estremamente difficile
ottenere dei profitti. La Egg per attirare i clienti, nel 2000 ha
speso 50,7 milioni di sterline, il doppio rispetto al 1999. Ma anche
se i segnali sono negativi, dalla Egg ribadiscono di aver raggiunto
i primi obiettivi (i clienti sono saliti da 790.000 a 1 milione e
350.000) e sostengono che i profitti arriveranno entro la fine del
2001.
Allora, è solo questione di tempo? O forse bisogna correggere il
tiro?
Il declino delle banche solo Internet è un fenomeno globale ed
è accompagnato dalla disillusione da parte delle banche
tradizionali che si sono affacciate in Rete. Zebank,
la banca online francese finanziata da Bernard Arnault che doveva
partire prima dell'estate del 2000, non è stata lanciata che il 13
febbraio. La WingspanBank,
la filiale Internet di Bank one, la quarta banca americana, sta
attraversando una crisi tale da arrivare a tassare i suoi servizi,
mentre secondo voci insistenti, i suoi azionisti stanno pensando
alla cessione. Questi, due casi illustri; ma in generale si assiste
un po' ovunque al taglio degli investimenti e al rallentamento e al
ridimensionamento dei progetti di Internet banking.
Che cosa è successo? Perché la rivoluzione dell'online ha
subito una battuta d'arresto così brusca?
Tanto per cominciare, con l'appannamento delle Borse mondiali che
dura ormai da un anno, è finita l'euforia legata al trading online,
che da una parte aveva portato molte banche tradizionali ad
allargare il proprio ventaglio di proposte, conquistando nuovi
clienti, dall'altra aveva consentito a molti istituti partiti con il
trading ad offrire altri servizi. Inoltre, dopo l'iniziale
entusiasmo per l'abbattimento dei costi e l'operatività in tempo
reale che le banche online promettevano, sono cominciati a venir
fuori i problemi. Tra i limiti delle banche elettroniche emerge
l'incapacità di confrontarsi realmente con le necessità dei
clienti, prima fra tutti la sicurezza. È difficile convincere un
utente che non deve preoccuparsi se qualcuno conosce i dettagli del
suo conto, perché non può sfruttarli in nessun modo. Senza contare
le problematiche relative alla mancanza di un rapporto umano: quasi
tutti preferiscono acquistare i fondi di risparmio, parlando con una
persona in carne ed ossa, piuttosto che con un operatore virtuale.
La stessa "convenienza", che doveva essere la grande
attrazione dell'Internet banking, si è rivelata un'illusione.
Spesso i server si bloccano e le connessioni sono lente, per parlare
di presunta comodità. E anche a livello economico, poi, scegliere
una banca online, non sembra più un grande affare: spesso queste
banche non offrono l'intera gamma dei servizi e i clienti sono
costretti a mantenere un conto in una banca tradizionale, con una
ovvia diminuzione dei vantaggi economici.
Ma in giro per il mondo, le banche Internet non si danno per
vinte e rivedono le proprie strategie, alla ricerca di un modello
possibile.
Quello che sembra emergere chiaramente è che l'Internet banking
- per funzionare - deve poter offrire al cliente la possibilità di
avere dei luoghi fisici, reali, di riferimento. Il banking online
sta crescendo, infatti, soprattutto nelle banche tradizionali, che
permettono ai clienti di usufruire di alcuni servizi in Rete, a
prezzi competitivi con quelli delle banche virtuali.
Una soluzione possibile è certamente la strategia "multicanale",
che consiste nella moltiplicazione dei canali fisici e virtuali
messi a disposizione della clientela: Internet, il telefono, ma
anche le filiali tradizionali e i negozi finanziari, strutture
polifunzionali dove è possibile sia ricevere consulenze, sia
compiere operazioni utilizzando gli strumenti informatici.
Un esempio di "multicanale" è Bipop
Carire, il gruppo italiano del quale fa parte Fineco,
che utilizza Internet come mezzo di relazione con i clienti, per
alcune transazioni semplici (come comprare azioni e obbligazioni,
fare dei versamenti, aver accesso al proprio conto) ma fa dispensare
i consigli finanziari da una persona in carne e ossa, presente e
disponibile. Un compromesso che sembra funzionare, se si pensa che
il gruppo si sta espandendo in Europa, con il controllo della
tedesca Entrium, con la prossima acquisizione della spagnola Safei e
con il lancio delle sue attività bancarie in Francia, previsto per
il 20 marzo.
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