Cripta il codice e butta la chiave
Un ricercatore di Harvard sostiene di aver ideato
un sistema crittografico matematicamente sicuro
di Georgia Garritano
Codici
impenetrabili, messaggi che non possono essere decifrati neanche
dalle più sofisticate tecnologie. Un sogno per gli utenti
preoccupati della riservatezza delle informazioni che circolano
in rete. Una minaccia per i pirati informatici. Un'utopia per i
ricercatori più scettici, convinti che per ogni tecnologia
messa a punto per garantire la protezione dei dati ne verrà
subito escogitata un'altra che risponde al fine opposto. Una prospettiva
preoccupante per le forze dell'ordine perché diventerebbero
inviolabili anche i codici dei messaggi scambiati dai criminali.
Un traguardo raggiungibile, invece, per il professor Michael Rabin.
Questo studioso americano, docente di informatica nella prestigiosa
università
di Harvard, sostiene che esiste la possibilità di realizzare
codici infrangibili e ha dichiarato all'autorevole quotidiano "New
York Times" che è in grado di provarlo. Nel sistema
da lui ideato, in collaborazione con un suo studente di dottorato,
Yan Zong Bing, il codice utilizzato per criptare e decriptare i
messaggi si basa su una serie di numeri casuali che non vengono
mai immagazzinati nella memoria del computer e spariscono non appena
le operazioni di criptazione o decriptazione sono state compiute.
La stringa di numeri viene generata da un satellite o da un'altra
sorgente esterna alla rete e trasmessa a una velocità di
10 milioni di milioni di dati al secondo. Mittente e destinatario
del messaggio si accordano su una certa sequenza numerica, "catturano"
dal flusso dei numeri quelli prestabiliti e li usano per criptare
e decriptare il messaggio. A operazione eseguita le cifre scompaiono
e nessun altro può decriptare il messaggio. Infatti, per
forzare il codice si dovrebbe disporre di un numero infinito di
combinazioni e nessun sistema informatico, per quanto potente, può
conservare nella sua memoria una quantità illimitata di dati.
L'idea, in fondo semplice, non è nuova: in pratica si tratta
di realizzare un codice con una chiave che svanisce appena è
stata usata, un po' come accade in "Mission impossible".
Secondo Rabin, però, è la prima volta che qualcuno
può riuscire a metterla in pratica e, contemporaneamente,
dimostrarne scientificamente la validità. In commercio, infatti,
esistono sistemi che assicurano un elevato grado di affidabilità
ma nessuno può garantire la certezza matematica dell'indecifrabilità.
Gli attuali sistemi prevedono l'uso di chiavi, cioè di formule
matematiche, che teoricamente possono essere svelate. Il modello
pensato da Rabin - uno schema matematico che il ricercatore si appresta
a presentare alla comunità scientifica e che afferma di non
aver ceduto ancora a nessuna industria - è impenetrabile:
la chiave si usa una volta e poi svanisce e nessuno, neanche con
una disposizione del tribunale, può risalirvi.
Università
di Harvard
New
York Times
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