Mercoledì 21 febbraio 2001




 

 


Cripta il codice e butta la chiave

Un ricercatore di Harvard sostiene di aver ideato un sistema crittografico matematicamente sicuro

di Georgia Garritano

Codici impenetrabili, messaggi che non possono essere decifrati neanche dalle più sofisticate tecnologie. Un sogno per gli utenti preoccupati della riservatezza delle informazioni che circolano in rete. Una minaccia per i pirati informatici. Un'utopia per i ricercatori più scettici, convinti che per ogni tecnologia messa a punto per garantire la protezione dei dati ne verrà subito escogitata un'altra che risponde al fine opposto. Una prospettiva preoccupante per le forze dell'ordine perché diventerebbero inviolabili anche i codici dei messaggi scambiati dai criminali. Un traguardo raggiungibile, invece, per il professor Michael Rabin. Questo studioso americano, docente di informatica nella prestigiosa università di Harvard, sostiene che esiste la possibilità di realizzare codici infrangibili e ha dichiarato all'autorevole quotidiano "New York Times" che è in grado di provarlo. Nel sistema da lui ideato, in collaborazione con un suo studente di dottorato, Yan Zong Bing, il codice utilizzato per criptare e decriptare i messaggi si basa su una serie di numeri casuali che non vengono mai immagazzinati nella memoria del computer e spariscono non appena le operazioni di criptazione o decriptazione sono state compiute. La stringa di numeri viene generata da un satellite o da un'altra sorgente esterna alla rete e trasmessa a una velocità di 10 milioni di milioni di dati al secondo. Mittente e destinatario del messaggio si accordano su una certa sequenza numerica, "catturano" dal flusso dei numeri quelli prestabiliti e li usano per criptare e decriptare il messaggio. A operazione eseguita le cifre scompaiono e nessun altro può decriptare il messaggio. Infatti, per forzare il codice si dovrebbe disporre di un numero infinito di combinazioni e nessun sistema informatico, per quanto potente, può conservare nella sua memoria una quantità illimitata di dati. L'idea, in fondo semplice, non è nuova: in pratica si tratta di realizzare un codice con una chiave che svanisce appena è stata usata, un po' come accade in "Mission impossible". Secondo Rabin, però, è la prima volta che qualcuno può riuscire a metterla in pratica e, contemporaneamente, dimostrarne scientificamente la validità. In commercio, infatti, esistono sistemi che assicurano un elevato grado di affidabilità ma nessuno può garantire la certezza matematica dell'indecifrabilità. Gli attuali sistemi prevedono l'uso di chiavi, cioè di formule matematiche, che teoricamente possono essere svelate. Il modello pensato da Rabin - uno schema matematico che il ricercatore si appresta a presentare alla comunità scientifica e che afferma di non aver ceduto ancora a nessuna industria - è impenetrabile: la chiave si usa una volta e poi svanisce e nessuno, neanche con una disposizione del tribunale, può risalirvi.

Università di Harvard

New York Times

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