Venerdi' 5 Gennaio 2001




 

 


Stop all'Uranio 238

Dal 15 al 21 gennaio, una settimana per fermare le armi all'uranio impoverito. In Rete la campagna dura da anni.

di Eleonora Giordani

Il popolo di Internet conosce e denuncia già da parecchi anni i rischi derivanti dall'impiego di armi all'uranio impoverito. Navigando in Rete è facile rendersi conto che lo scandalo legato alle morti sospette ed ai casi di leucemia dei soldati italiani che avevano preso parte alle missioni in Bosnia, non è che la punta di un enorme iceberg.

L'ultimo passaparola del web è la preparazione di una settimana di mobilitazione internazionale, dal 15 al 21 gennaio 2001, per l'abolizione delle armi costruite con l'uranio impoverito (in inglese: depleted uranium, Du). L'invito parte dal sito del Military Toxics Project , un movimento che riunisce attivisti, organizzazioni ambientaliste e della società civile nella lotta all'inquinamento prodotto dalle attività militari.

Negli stessi giorni dieci anni fa iniziava la guerra del Golfo, dove per la prima volta i soldati britannici e statunitensi hanno usato questo tipo di armamenti. Passata la Tempesta del deserto, molti veterani alleati e ancora più civili iracheni, hanno cominciato ad accusare strani sintomi: alcuni si sono ammalati di leucemia, di cancro e altri sono morti. Queste patologie furono etichettate come "sindrome del Golfo", ma il governo americano le ha sempre volute considerare conseguenze dell'uso di armi chimiche segrete da parte di Saddam Hussein. Ora ci si accorge che anche i militari delle forze Nato reduci dalla più recente guerra in Kossovo presentano la stessa sintomatologia - o fanno la stessa tragica fine. Si comincia a parlare di "sindrome dei Balcani" e si punta il dito sulle componenti a base di Uranio 238 delle armi in dotazione ai nostri soldati.

In Italia, il gruppo più impegnato nel problema è l'Osservatorio Etico Ambientale un'organizzazione non governativa nata nel 1999 grazie alla Rete, dove i Comitati "STOP all'Uranio 238!" organizzavano forum di discussione tra cittadini preoccupati per l'uso indiscriminato delle sostanze radioattive. Il sito è continuamente aggiornato e rimanda a tutto il materiale disponibile in rete sull'argomento. Anche Peacelink.it dedica un dossier molto approfondito (e interamente prelevabile in formato .zip) alla questione uranio. Si va dall'analisi chimica dell'elemento, ai suoi usi civili e militari, soprattutto in Kossovo; dalle implicazioni mediche e sanitarie alle posizioni del governo italiano e della Nato.

Leggendo la documentazione comparsa su Internet all'indomani della guerra del Golfo, è difficile dire "non sapevamo". Non era un segreto il fatto che i velivoli da combattimento A10, che partivano dalla base Nato di Aviano per bombardare i Balcani, fossero in grado di usare munizioni all'uranio impoverito. E neanche che la Commissione Onu per i diritti umani avesse approvato due risoluzioni (la 1996/16 e la 1997/36) che includevano questo tipo di armi tra quelle di "distruzione indiscriminata, o di massa", incompatibili con le leggi umanitarie internazionali e quelle sui diritti umani.

Basta poi dare un rapido sguardo alla vastissima bibliografia sugli effetti di questo metallo tossico e radioattivo sull'uomo nel sito del Network europeo contro l'uranio impoverito: il primo titolo è addirittura lo studio di un medico tedesco dell'Ottocento. Ma senza andare così lontano nel tempo, si trova online ormai da qualche anno il libro di riferimento in materia: "The metal of disonhour", il metallo del disonore, pubblicato nel 1997 dall'International Action Center, il movimento fondato dall'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsey Clark. Si tratta di una raccolta di saggi ed articoli sull'uranio impoverito che documentano "il genocidio degli indiani americani e degli iracheni a causa delle radiazioni militari, la connessione tra il Du e la sindrome del Golfo e la mobilitazione internazionale contro queste armi" (Il volume è edito in Italia da Asterios).

E a maggio del 99 la ''Laka Foundation'', centro di ricerca e documentazione olandese che si occupa dal '92 della questione del Du, ha messo in Rete il rapporto ''Depleted uranium: a post-war disaster for environment and health''. Qui si legge che le ricerche e le sperimentazioni intorno all'uso dell'uranio impoverito, al posto del tungsteno, al centro delle bombe anti-carro, sono iniziate alla fine degli anni cinquanta negli Stati Uniti e che le prime munizioni di questo tipo furono testate dall'esercito israeliano, sotto la supervisione degli americani, durante la guerra dello Yom Kippur nel 1973.

Un'altra serie di rapporti scientifici è consultabile nella sezione dedicata all'uranio dal Military Toxics Project, mentre sul sito dell'Uranium medical project si trovano i risultati dei "Deplated uranium test" presentati il 3 settembre scorso a Parigi, alla conferenza dell'Associazione europea di medicina nucleare. Questi test sono stati effettuati su un campione di quindici veterani della guerra del Golfo, inglesi e canadesi, dal dottor Assaf Durakovic, direttore dell'Ump, un'organizzazione scientifica indipendente fondata nel 1998 appositamente per stabilire le possibili connessioni tra i sintomi dei reduci del Golfo e la presenza di uranio impoverito nei loro corpi. condurre questa analisi. Lo studio ha analizzato in modo comparativo l'uranio impoverito contenuto nelle urine dei soldati sottoposti al test e nelle ossa di un militare deceduto, dimostrando che tutti erano contaminati internamente dal Du. Poiché le conclusioni del laboratorio corrispondono alla presenza clinica di disturbi assimilabili a quelli della "sindrome del Golfo", i medici hanno concluso che l'uranio impoverito potrebbe essere uno dei fattori che provocano la malattia e si impegnano a continuare le ricerche.

Ma non sono solo i militari a doversi preoccupare. Se loro sono stati contaminati dalle esalazioni solo maneggiando le armi, figuriamoci gli effetti sulla popolazione che abita nelle aree in cui le bombe con l'anima d'uranio si sono andate a conficcare. Significativa in proposito è la storia di Andrea, un ragazzo che da qualche settimana ha aperto un sito sulla "sindrome dei Balcani". Nell'estate del 1998 era in Bosnia per aiutare nella ricostruzione di una scuola e da allora accusa sintomi simili a quelli della sindrome del Golfo, che tuttavia non gli è stata diagnosticata. Sul suo sito invita chi avesse problemi analoghi a riempire un formulario online. Una sorta di censimento dunque, che "vuole essere una raccolta di problematiche riscontrate dai volontari civili al rientro o durante la permanenza in zone che si sospetta siano state contaminate da Uranio impoverito"

Intanto, anche l'amministratore del sito di Peacelink.it lancia un appello: "stiamo cercando aiuto per allestire un servizio interattivo che sia un riferimento per tutte le persone - abitanti, volontari, militari - che subiscono gli effetti dei bombardamenti della Nato degli anni scorsi. Ci mancano soprattutto medici e traduttori in lingua: albanese, bosniaco e serbo-croato".

L'informazione che corre in Rete dimostra ancora una volta che può valere la pena dare spazio anche alle voci fuori dal coro. Per chi ha la pazienza di trovarle e il coraggio di ascoltarle.

Military Toxics Project
Osservatorio etico ambientale
PeaceLink.it - dossier Uranio 
European Network Against Depleted Uranium 
International Action Center 
WISE Uranium project 
Rapporto Laka Foundation 
Rapporti scientifici:
Uranium medical project 
Sindrome dei Balcani

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