Stop all'Uranio 238
Dal 15 al 21 gennaio, una settimana per fermare le
armi all'uranio impoverito. In Rete la campagna dura da anni.
di Eleonora Giordani
Il
popolo di Internet conosce e denuncia già da parecchi anni i rischi
derivanti dall'impiego di armi all'uranio impoverito. Navigando in Rete
è facile rendersi conto che lo scandalo legato alle morti sospette ed
ai casi di leucemia dei soldati italiani che avevano preso parte alle
missioni in Bosnia, non è che la punta di un enorme iceberg.
L'ultimo passaparola del web è la preparazione di una settimana di
mobilitazione internazionale, dal 15 al 21 gennaio 2001, per
l'abolizione delle armi costruite con l'uranio impoverito (in inglese:
depleted uranium, Du). L'invito parte dal sito del Military
Toxics Project , un movimento che riunisce attivisti, organizzazioni
ambientaliste e della società civile nella lotta all'inquinamento
prodotto dalle attività militari.
Negli stessi giorni dieci anni fa iniziava la guerra del Golfo, dove
per la prima volta i soldati britannici e statunitensi hanno usato
questo tipo di armamenti. Passata la Tempesta del deserto, molti
veterani alleati e ancora più civili iracheni, hanno cominciato ad
accusare strani sintomi: alcuni si sono ammalati di leucemia, di cancro
e altri sono morti. Queste patologie furono etichettate come
"sindrome del Golfo", ma il governo americano le ha sempre
volute considerare conseguenze dell'uso di armi chimiche segrete da
parte di Saddam Hussein. Ora ci si accorge che anche i militari delle
forze Nato reduci dalla più recente guerra in Kossovo presentano la
stessa sintomatologia - o fanno la stessa tragica fine. Si comincia a
parlare di "sindrome dei Balcani" e si punta il dito sulle
componenti a base di Uranio 238 delle armi in dotazione ai nostri
soldati.
In Italia, il gruppo più impegnato nel problema è l'Osservatorio
Etico Ambientale un'organizzazione non governativa nata nel 1999
grazie alla Rete, dove i Comitati "STOP all'Uranio 238!"
organizzavano forum di discussione tra cittadini preoccupati per l'uso
indiscriminato delle sostanze radioattive. Il sito è continuamente
aggiornato e rimanda a tutto il materiale disponibile in rete
sull'argomento. Anche Peacelink.it
dedica un dossier molto approfondito (e interamente prelevabile in
formato .zip) alla questione uranio. Si va dall'analisi chimica
dell'elemento, ai suoi usi civili e militari, soprattutto in Kossovo;
dalle implicazioni mediche e sanitarie alle posizioni del governo
italiano e della Nato.
Leggendo la documentazione comparsa su Internet all'indomani della
guerra del Golfo, è difficile dire "non sapevamo". Non era un
segreto il fatto che i velivoli da combattimento A10, che partivano
dalla base Nato di Aviano per bombardare i Balcani, fossero in grado di
usare munizioni all'uranio impoverito. E neanche che la Commissione Onu
per i diritti umani avesse approvato due risoluzioni (la 1996/16 e la
1997/36) che includevano questo tipo di armi tra quelle di
"distruzione indiscriminata, o di massa", incompatibili con le
leggi umanitarie internazionali e quelle sui diritti umani.
Basta poi dare un rapido sguardo alla vastissima bibliografia sugli
effetti di questo metallo tossico e radioattivo sull'uomo nel sito del Network
europeo contro l'uranio impoverito: il primo titolo è addirittura
lo studio di un medico tedesco dell'Ottocento. Ma senza andare così
lontano nel tempo, si trova online ormai da qualche anno il libro di
riferimento in materia: "The metal of disonhour", il metallo
del disonore, pubblicato nel 1997 dall'International
Action Center, il movimento fondato dall'ex ministro della giustizia
degli Stati Uniti Ramsey Clark. Si tratta di una raccolta di saggi ed
articoli sull'uranio impoverito che documentano "il genocidio degli
indiani americani e degli iracheni a causa delle radiazioni militari, la
connessione tra il Du e la sindrome del Golfo e la mobilitazione
internazionale contro queste armi" (Il volume è edito in Italia da
Asterios).
E a maggio del 99 la ''Laka
Foundation'', centro di ricerca e documentazione olandese che si
occupa dal '92 della questione del Du, ha messo in Rete il rapporto ''Depleted
uranium: a post-war disaster for environment and health''. Qui si legge
che le ricerche e le sperimentazioni intorno all'uso dell'uranio
impoverito, al posto del tungsteno, al centro delle bombe anti-carro,
sono iniziate alla fine degli anni cinquanta negli Stati Uniti e che le
prime munizioni di questo tipo furono testate dall'esercito israeliano,
sotto la supervisione degli americani, durante la guerra dello Yom
Kippur nel 1973.
Un'altra serie di rapporti scientifici è consultabile nella sezione
dedicata all'uranio dal Military
Toxics Project, mentre sul sito dell'Uranium
medical project si trovano i risultati dei "Deplated uranium
test" presentati il 3 settembre scorso a Parigi, alla conferenza
dell'Associazione europea di medicina nucleare. Questi test sono stati
effettuati su un campione di quindici veterani della guerra del Golfo,
inglesi e canadesi, dal dottor Assaf Durakovic, direttore dell'Ump,
un'organizzazione scientifica indipendente fondata nel 1998
appositamente per stabilire le possibili connessioni tra i sintomi dei
reduci del Golfo e la presenza di uranio impoverito nei loro corpi.
condurre questa analisi. Lo studio ha analizzato in modo comparativo
l'uranio impoverito contenuto nelle urine dei soldati sottoposti al test
e nelle ossa di un militare deceduto, dimostrando che tutti erano
contaminati internamente dal Du. Poiché le conclusioni del laboratorio
corrispondono alla presenza clinica di disturbi assimilabili a quelli
della "sindrome del Golfo", i medici hanno concluso che
l'uranio impoverito potrebbe essere uno dei fattori che provocano la
malattia e si impegnano a continuare le ricerche.
Ma non sono solo i militari a doversi preoccupare. Se loro sono stati
contaminati dalle esalazioni solo maneggiando le armi, figuriamoci gli
effetti sulla popolazione che abita nelle aree in cui le bombe con
l'anima d'uranio si sono andate a conficcare. Significativa in proposito
è la storia di Andrea, un ragazzo che da qualche settimana ha aperto un
sito sulla "sindrome
dei Balcani". Nell'estate del 1998 era in Bosnia per aiutare
nella ricostruzione di una scuola e da allora accusa sintomi simili a
quelli della sindrome del Golfo, che tuttavia non gli è stata
diagnosticata. Sul suo sito invita chi avesse problemi analoghi a
riempire un formulario online. Una sorta di censimento dunque, che
"vuole essere una raccolta di problematiche riscontrate dai
volontari civili al rientro o durante la permanenza in zone che si
sospetta siano state contaminate da Uranio impoverito"
Intanto, anche l'amministratore del sito di Peacelink.it
lancia un appello: "stiamo cercando aiuto per allestire un servizio
interattivo che sia un riferimento per tutte le persone - abitanti,
volontari, militari - che subiscono gli effetti dei bombardamenti della
Nato degli anni scorsi. Ci mancano soprattutto medici e traduttori in
lingua: albanese, bosniaco e serbo-croato".
L'informazione che corre in Rete dimostra ancora una volta che può
valere la pena dare spazio anche alle voci fuori dal coro. Per chi ha la
pazienza di trovarle e il coraggio di ascoltarle.
Military Toxics Project
Osservatorio
etico ambientale
PeaceLink.it
- dossier Uranio
European Network Against Depleted
Uranium
International Action Center
WISE Uranium
project
Rapporto Laka
Foundation
Rapporti scientifici:
Uranium medical project
Sindrome dei Balcani
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