Martedì 19 Dicembre 2000




 

 


The end

Dalla Rete, le ultime scintille: una campagna per influenzare i Grandi Elettori a favore di Gore

di Wanda Marra

È finita. I membri del Collegio Elettorale americano si sono riuniti ieri in ogni Stato dell'Unione e hanno nominato Bush Presidente. La Rete è stata l'ultima ad arrendersi. Negli scorsi giorni, infatti, Internet ha lanciato una campagna - dal valore più che altro politico e simbolico - per tentare di rovesciare il risultato e far sì che Al Gore fosse eletto Presidente degli Stati Uniti. Ma perché? E con quale coraggio è stato possibile rimettere in discussione un risultato, raggiunto in più di un mese?

Gli organizzatori della campagna , che si dichiarano a favore del suffragio universale diretto, hanno motivato la loro iniziativa, con il fatto che Gore, anche se ha ottenuto più voti popolari, ha perso le elezioni. Se fosse accaduto il contrario, hanno precisato, la stessa campagna sarebbe stata organizzata per Bush.

Le vicende post-elettorali di queste presidenziali hanno reso di nuovo d'attualità il sistema previsto dalla costituzione americana. A dispetto delle apparenze, infatti, quella del presidente degli Stati Uniti d'America non è un'elezione diretta. In ciascuno Stato i cittadini sono chiamati a indicare sulla scheda elettorale il candidato di loro preferenza, ma il loro voto serve in realtà a nominare una serie di grandi elettori collegati al nominativo del candidato. L'elezione formale del Presidente spetta poi a questi ultimi. Per le presidenziali, il territorio degli Stati Uniti è suddiviso in 51 collegi elettorali, corrispondenti ai 50 Stati dell'Unione più Washington D.C. A ciascun collegio spetta un numero di grandi elettori proporzionale alla popolazione dello Stato; il candidato che ottiene il maggior numero di voti popolari si aggiudica tutti i grandi elettori del collegio, indipendentemente dal margine di vantaggio sugli sfidanti. Il numero complessivo di grandi elettori è 538. Per essere eletto Presidente, un candidato ne deve ottenere la metà più uno, cioè 270.

Nelle elezioni di ieri, 271 elettori avevano promesso di votare per Bush, 267 per Gore. Dunque, almeno in teoria, se tre degli elettori di Bush avessero cambiato idea, votando per Gore, quest'ultimo sarebbe stato eletto Presidente. Non è successo, nonostante il tentativo da parte di un'organizzazione politica, Citizens for True Democracy, di organizzare lo scambio. Per questo era stato creato un sito apposito, VotewithAmerica con i nomi, gli indirizzi e i numeri di telefono di 172 degli elettori Repubblicani che avevano promesso di votare per Bush e con l'invito agli internauti a tempestarli di mail e telefonate con lo slogan ''Votate per l'America, votate Gore''. In particolare, il gruppo indicava 4 elettori che, a giudicare dalle loro affermazioni, apparivano propensi a cambiare i loro voti. In alcuni Stati, infatti, gli elettori non hanno l'obbligo di votare per il vincitore. Ed è anche già successo in passato: nel 1960, per esempio, sei elettori dell'Alabama sostenitori di John F.Kennedy vennero convinti a dare il voto al senatore Harry Byrd, un democratico della Virginia.

Sono state le ultime scintille dalla Rete, che in più modi ha tentato di influenzare queste contrastatissime e lunghissime elezioni, inventando non solo nuovi modi di propaganda politica, ma anche escogitando sistemi al limite del lecito come lo scambio di voti digitale, una vera e propria mobilitazione online per garantire il 5% dei voti al verde Ralph e 4 anni alla Casa Bianca ad Al Gore. E non sono mancate le trovate ironiche: dal sito per le elezioni infinite PerpetualElection.com, al sito dedicato al ri-voto www.revoteonline.com.

E mentre cala definitivamente il sipario su questa storia infinita, la danza di Bush e Gore continua.

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