Giovedì 14 Dicembre 2000






Immagini da fonte Unicef

AIDS, guerre e miseria uccidono 11 milioni di bambini

Rapporto Unicef: i leader mondiali non si impegnano per sconfiggere la mortalità infantile

Di Wanda Marra

Ogni anno muoiono circa 11 milioni di bambini, sotto i 5 anni, la maggior parte per cause che si potevano facilmente prevenire. Il mondo entra nel nuovo millennio senza aver mantenuto molte promesse fatte ai suoi abitanti più piccoli. L'Unicef, nel suo "Rapporto 2000" su La condizione dell'infanzia nel mondo sottolinea la responsabilità dei leader mondiali, il cui scarso impegno verso l'infanzia di fatto consente il perpetuarsi di una inutile strage di bambini e la continua violazione dei loro diritti fondamentali. AIDS, guerre e miseria sono i tre nemici che attendono al varco i bambini alle soglie del nuovo millennio, che mettono in pericolo la loro vita, il loro sviluppo, il loro futuro. Per sconfiggerli, non bastano palliativi o programmi normali: occorre una mobilitazione straordinaria della comunità mondiale che impegni risorse pari alla pericolosità dei nemici in campo.

Un'adeguata assistenza ai bambini nei primissimi anni di vita, fondamentali per lo sviluppo, viene spesso sottovalutata in sede di programmazione politica ed economica dei paesi. Eppure tutto ciò che avviene durante i primi anni di vita di un bambino, da zero a tre anni, influenza il resto della sua infanzia e adolescenza. Infatti sin dalla nascita, e per i successivi tre anni, le cellule cerebrali di un bambino proliferano in senso esponenziale, creando sinapsi e circuiti che saranno i fondamenti delle funzioni cognitive più elevate quali il pensiero, il linguaggio, l'apprendimento.

Secondo i dati del Rapporto UNICEF la mortalità sotto i 5 anni continua a calare nell'insieme dei paesi in via di sviluppo, ma nell'Africa sub-sahariana è in aumento: lo scorso anno sono morti 4,1 milioni di piccoli africani, contro i 3,3 milioni del 1980. Molte delle cause di morte si potevano facilmente prevenire: malattie intestinali, cure perinatali insufficienti, infezioni respiratorie, malattie evitabili con una vaccinazione. I Paesi dove è più alta la mortalità infantile sono, dunque, quelli africani: Sierra Leone, Angola e Niger guidano la classifica, seguiti da Afghanistan, Liberia, Mali, Malawi, Somalia e Congo. L' Italia è fra gli ultimi venti Paesi, in fondo alla classifica. In 25 paesi del mondo (tutti africani tranne uno, l'Afghanistan) un bambino nato alle soglie del 2000 può sperare di vivere non più di 50 anni, contro i 78 di un bambino europeo.

In 56 dei 161 paesi in cui opera, l'UNICEF deve far fronte a disastri provocati dall'uomo. Guerre non dichiarate, conflitti e devastazioni che hanno ucciso negli ultimi dieci anni oltre 2 milioni di bambini, ne hanno feriti e mutilati 6 milioni, arruolati come piccoli soldati oltre 300.000.

E per di più l'Aids si diffonde a ritmi impressionanti: ogni minuto, nel mondo, contraggono l'HIV 5 bambini; entro la fine del 2000 gli orfani dell'AIDS saranno 13 milioni. 11 milioni di ragazzi hanno già contratto il virus. La larga maggioranza di loro vive in Africa e in Asia meridionale.

La miseria, nonostante la crescita complessiva dell'economia mondiale, rappresenta ancora un enorme problema:1,2 miliardi di persone continuano a vivere con meno di un dollaro al giorno. La metà di questi poveri sono bambini. Ogni anno avvengono circa 8 milioni di aborti spontanei e decessi neonatali a causa della malnutrizione materna e dell'inadeguata assistenza sanitaria durante il parto e al neonato. Circa 177 milioni di bambini presentano ritardi nella crescita soprattutto a causa della malnutrizione delle madri durante la gravidanza. E anche se oggi in 80 paesi il reddito pro capite è più basso di quanto non fosse lo scorso decennio, l'aiuto allo sviluppo continua a calare: dal 1992 al 1997 si è ridotto del 21%, o addirittura di un terzo nei maggiori paesi industrializzati. Nelle nazioni più povere, i fondi che potrebbero essere destinati all'istruzione, all'assistenza sanitaria e al miglioramento delle infrastrutture vengono assorbiti dal debito estero. I paesi in via di sviluppo devono oltre 2.000 miliardi di dollari alla Banca Mondiale, al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e ai paesi industrializzati. Anche le differenze tra poveri e ricchi nei paesi industrializzati si sono accentuate: in Gran Bretagna e in Italia, per esempio, oltre il 21 per cento dei bambini vive in famiglie povere (cioè con un reddito inferiore alla metà del reddito medio del paese). Circa 3 milioni di persone nei 15 paesi dell'Unione Europea sono senza tetto e negli Stati Uniti il 17 per cento dell'intera popolazione infantile cresce grazie a sussidi sociali.

Molto si può fare, come dimostrano i primi risultati raggiunti dai programmi contro l'AIDS in Uganda e Thailandia, come dimostrano i successi ottenuti nel campo dell'istruzione di base in 29 paesi dove l'UNICEF, d'intesa con i governi, ha sperimentato iniziative scolastiche innovative, come dimostra la diffusione di terapie a basso costo anche in alcuni dei paesi più poveri e privi di risorse. Nel settembre 2001 avrà luogo la Sessione Speciale sull'Infanzia dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in cui i capi di governo si confronteranno sui diritti all'uguaglianza e allo sviluppo umano. Ma per sconfiggere i tre grandi nemici dei bambini del 2000, AIDS, guerre e miseria, serve una scelta di campo precisa.

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