Basta con le telefonate indesiderate

I cittadini hanno il diritto di non ricevere telefonate commerciali e le società il dovere di cancellare i dati se gli interessati lo richiedono. Lo stabilisce il Garante per la privacy

di Georgia Garritano

Chi non ha mai ricevuto una telefonata da parte di una scuola di lingue che, in occasione di un'irripetibile campagna promozionale, voleva offrire proprio a voi, il cui numero era stato scelto casualmente tra milioni, l'irrinunciabile occasione di un corso a prezzi stracciati? Chi, dopo aver cortesemente rifiutato, ha continuato a ricevere chiamate fino a sentirsi perseguitato in casa propria? Se vi è capitato, sappiate che il Garante per la protezione dei dati personali è dalla vostra parte.

"Se un cittadino non vuole ricevere telefonate commerciali, le società che lo hanno contattato, in base a dati ottenuti ed utilizzati correttamente, devono cancellare senza ritardo i dati in loro possesso. Non solo, devono anche fornire una precisa attestazione che la cancellazione è avvenuta ed è stata resa nota anche ad eventuali altre società alle quali i dati erano stati precedentemente comunicati". Così ha stabilito l'Autorità per la privacy accogliendo il ricorso di un cittadino che, stanco dell'assedio, ha deciso di ribellarsi alle telefonate indesiderate.

Questa persona, infastidita per essere stata contattata ripetutamente, ha chiesto alla società "molesta" che i suoi dati non venissero usati per scopi di informazione commerciale e invio di materiale pubblicitario. Nonostante le rassicurazioni dell'istituto che il nominativo sarebbe stato rimosso dal database aziendale, il telefono non ha smesso di squillare. Al malcapitato non è rimasta altra soluzione che il ricorso alle vie legali per tutelare i propri diritti. Il Garante ha disposto un riscontro, la società ha confermato di aver cancellato i dati sostenendo che, probabilmente, il recapito dell'interessato era rimasto annotato sull'agenda di un dipendente addetto al marketing diretto, e ammettendo, quindi, di aver adempiuto ai propri obblighi solo in parte.

L'Autorità ha pertanto imposto alla società di fornire un'attestazione che "l'operazione di cancellazione, oltre a essere avvenuta, era stata portata a conoscenza di coloro ai quali i dati erano stati precedentemente comunicati", attribuendole l'onere delle spese del procedimento. La sentenza ribadisce, dunque, che, nello spirito della legge 675/96, "il consenso espresso dell'interessato" è un requisito essenziale per la comunicazione e la diffusione dei dati personali da parte di privati e di enti pubblici economici.

Il problema dell'invadenza del marketing riguarda anche la posta elettronica. L'invio indiscriminato di messaggi e-mail a scopo pubblicitario viene definito spamming. Il termine indica un'azione di disturbo e deriva da una scena della serie televisiva "Monthy Python" in cui un gruppo di amici in un ristorante comincia a cantare a squarciagola ripetendo la parola "spam" (un tipo di carne suina in scatola diffuso negli Stati Uniti) e gettando lo scompiglio nel locale. Lo spamming è l'equivalente in rete dell'inserimento dei volantini nelle tradizionali caselle postali. La diffusione di informazioni commerciali rientra nella libertà d'impresa ma essere costretti a ricevere posta non richiesta e indesiderata è una limitazione della privacy: la legge 675/96 sulla tutela dei dati personali stabilisce, infatti, che l'interessato ha il diritto di "opporsi, in tutto o in parte, al trattamento di dati personali che lo riguardano, previsto a fini di informazioni commerciali o di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta".

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