Crisi in Medio Oriente:
è anche cyberguerra
Tra israeliani e palestinesi la guerra si combatte anche su
Internet. Mentre crescono i siti di informazione, si moltiplicano gli
attacchi degli hacker.
di Wanda Marra
Tra
ebrei e palestinesi, la guerra si combatte anche su Internet. È prima
di tutto una guerra dell'informazione, nella quale le due fazioni
tentano di far passare la propria prospettiva riguardo agli eventi. Ma
diventa una guerra tecnologica, combattuta dagli hacker, che fino ad
adesso ha reso inutilizzabili decine di siti.
La crisi in Medio Oriente sembra ben lontana dall'arrivare a una
soluzione. I media di tutto il mondo sono mobilitati per seguire questo
ennesimo tragico conflitto, che ha radici antichissime, e che pone non
poche difficoltà ai giornalisti, tenuti a mantenere un equilibrio forse
impossibile tra il pericolo di cadere nell'antisemitismo e l'esigenza di
fornire un quadro il più possibile obiettivo. Dal 28 settembre, quando
l'esercito israeliano intervenne contro i palestinesi scesi in piazza
per protestare contro la visita di Ariel Sharon, il capo della destra
israeliana, alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, si contano 224
morti, in maggioranza palestinesi.
La Rete svolge un ruolo essenziale, come possibilità di far
circolare le informazioni ufficiali, ma soprattutto quelle meno
ufficiali. Sono in Rete alcuni organismi come il Governo
israeliano, l'ambasciata di
Israele a Washington, il Parlamento
israeliano, l'Autorità
Nazionale Palestinese e la Croce
Rossa Palestinese.
Ma Internet pullula soprattutto di siti meno ufficiali e a volte
tutt'altro che ufficiali, che puntano su resoconti di forte impatto e su
immagini spesso molto violente. I siti israeliani tendono
sostanzialmente a sostenere che i media sono di parte ed evidenziano in
maniera unilaterale le violenze compiute dagli ebrei, mentre i
palestinesi si mobilitano nel fornire informazioni in tempo reale su
tutte le violenze compiute dalle forze armate israeliane - anche quelle
non riportate dai media - e nel dare un aggiornato bollettino dei
palestinesi uccisi.
Su Aish HaTorah, un network
internazionale ebreo "apolitico" con un'impostazione
sostanzialmente culturale, si trova una sezione dedicata al monitoraggio
dei media. Esplicitamente dedicato a questa operazione è il sito HonestReporting.com,
che sta cercando di creare una banca dati con tutti gli articoli che
offendono il popolo ebraico, o che hanno una prospettiva parziale. Molto
più esplicito e dichiaratamente fazioso è il sito
che "intende svelare la vera storia dei palestinesi in Giudea,
Samaria, e nella striscia di Gaza", la cui home page è costituita
da un lungo album di foto - alcune anche molto crude - di atti di
violenza compiuti dai Palestinesi.
Una vera e propria mobilitazione online vede protagoniste le
organizzazioni palestinesi nate per la difesa dei diritti umani. Tra le
altre, alcune fonti informative alternative rispetto a quelle ufficiali
sono: la rete delle organizzazioni palestinesi non governative (Pngo);
la sezione palestinese dell'organizzazione internazionale per la difesa
dei bambini, che ha un sito
speciale dedicato agli scontri; The
September 2000 Clashes Information Center,
lanciato dall'organizzazione non governativa Addameer,
che fornisce informazioni aggiornate quotidianamente sugli scontri e in
particolare diffonde le liste dei palestinesi uccisi. Ma molti di questi
siti sono visitabili con difficoltà e altri non sono visitabili
affatto, come due dei più importanti punti di riferimento palestinesi, Hezbollah
e Hamas. È in atto, infatti, anche
una cyberguerra, la cui violenza è venuta alla luce negli ultimi giorni
di ottobre, quando Hanthala Palestine, un gruppo che promuove i diritti
dei palestinesi, ha ingaggiato una battaglia online contro la AT&T,
denunciando la recente decisione di questa società di riparare il sito
del Parlamento di Israele, che aveva smesso di funzionare in seguito a
un'inondazione di e-mail provenienti dal Libano. La cyberguerra è
combattuta da hacker israeliani e palestinesi, che hanno trovato e
continuano a cercare una serie di tattiche per distruggere i siti,
penetrare nei sistemi, diffondere virus. La situazione è stata resa
nota proprio in questi giorni da iDefense, un gruppo internazionale che
monitora le attività degli hacker per conto di clienti pubblici e
privati. Dal 6 ottobre gli hacker pro- Palestinesi hanno cancellato
almeno 40 siti israeliani, mentre i siti palestinesi hackerati sono
circa 15. Gli hacker israeliani hanno addirittura creato appositamente
un sito - chiamato Wizel.com, - per condurre degli attacchi "FloodNet",
un sistema che rimanda a una determinata pagina Web moltissime volte in
pochi minuti, fino a rendere il sito non operativo. Una coalizione
formata da anonimi attivisti online di varie compagnie ebree, Israeli
Internet Underground, ha sviluppato il "progetto SODA" ("sod"
in ebraico sta per segreto) per fornire informazioni sulla cyberguerra e
cercare soluzioni per proteggere i siti.
E intanto la cyber-guerra ha cominciato a coinvolgere anche gli Stati
Uniti. Gli hacker della fazione pro palestinese, infatti, hanno
attaccato la Lucent Technologies, http://www.lucent.com/, società
leader nel mondo Internet, con sede nel New Jersey, il cui sito è stato
messo fuori uso; le motivazioni di tale attacco sono a detta degli
esperti da ricercarsi proprio nei grandi interessi che vedono coinvolta
Lucent in Israele.
Venerdi' 17 Novembre 2000
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