Venti contro Internet
Allarme di Reporters sans frontieres: venti paesi censurano
Internet, quarantacinque ne controllano l'accesso
di Georgia Garritano
Internet ha
venti nemici mortali e quarantacinque fieri oppositori. Secondo l'ultimo
rapporto di Reporters sans frontieres,
l'organizzazione di giornalisti che si batte in tutto il mondo a difesa
della libertà di stampa, sono una ventina, infatti, i paesi nei quali
l'accesso alla rete viene impedito o filtrato e più del doppio quelli
che impongono vari tipi di restrizioni alla connessione telematica.
Internet dà la possibilità ai cittadini di scambiare le loro
opinioni e di mettersi in contatto con fonti straniere: è questo che ne
fa un mezzo pericoloso per i regimi illiberali. La globalizzazione
dell'informazione rischia, infatti, di minacciare quel controllo del
flusso delle notizie e quell'isolamento su cui si fondano i sistemi
politici oppressivi. Il confronto con culture e stili di vita diversi,
reso possibile dalla rete, preoccupa gli apparati di potere
antidemocratici ancor più che l'accesso a "informazioni
riservate". D'altra parte, Internet è un fattore di sviluppo
economico cui anche i governi autoritari non vogliono rinunciare e che
cercano di tenere sotto controllo con misure censorie o restrittive.
La mancanza di libertà e di effettive possibilità di scelta
interessa anche l'Europa. In Bielorussia, per esempio, esiste un solo
fornitore di accesso a Internet che appartiene allo stato. La situazione
è particolarmente grave nel mondo arabo. L'Iran impone alla rete lo
stesso tipo di censura degli altri organi di stampa: controllo rigido
sui temi della religione, della politica e della sessualità; vietato
ogni riferimento a Israele e agli stati Uniti. In Arabia Saudita gli
Internet service provider sono numerosi ma dei filtri impediscono di
accedere a informazioni contrarie ai valori islamici. In Iraq pochi
dispongono di un computer a causa dell'embargo ma la connessione diretta
al web non esiste: i siti ufficiali iracheni hanno i loro server in
Giordania. In Siria i privati non possono collegarsi alla rete. Il paese
più vicino all'Occidente, la Tunisia, ha solo provider privati ma, di
fatto, gestiti da persone vicine al potere. Forti anche le limitazioni
imposte in molti paesi asiatici. In Cina gli operatori devono
registrarsi presso le autorità e la loro attività è continuamente
monitorata; alcuni siti sono del tutto inaccessibili. I pochi siti
ufficiali nordcoreani hanno i loro server in Giappone; gli utenti non
hanno accesso ad altro che alla propaganda governativa. I vietnamiti che
vogliono collegarsi a Internet devono ottenere l'autorizzazione del
ministero degli interni; comunque i siti delle organizzazioni per i
diritti civili non sono visibili. Per quanto riguarda l'America latina,
infine, a Cuba esistono una decina di agenzie di stampa on line
indipendenti ma sono illegali.
Contro le nuove forme di censura il diritto internazionale non basta.
Alcune di queste nazioni, infatti, come ad esempio l'Arabia Saudita, la
Cina e Cuba, non hanno mai ratificato l'articolo 19 dei Patti
internazionali per i diritti civili e politici sulla libertà di
espressione secondo il quale "ogni persona ha diritto di ricevere e
diffondere informazioni e idee di ogni tipo senza distinzione di
frontiere". Altri paesi, invece, pur essendone firmatari non
l'hanno mai applicato. A questo proposito il senatore dei Verdi Stefano
Semenzato ha presentato un'interrogazione al ministro degli Esteri per
avere dal governo risposte su come attivarsi nei confronti di questi
paesi. "Lo stato del dibattito su questi temi è ancora molto
arretrato" - denuncia il senatore, che già l'anno scorso aveva
presentato un'interrogazione analoga - "non c'è ancora una
percezione adeguata di quello che può voler dire la censura di Internet
in certi paesi". Semenzato chiede, inoltre, se sia il caso di
valutare la possibilità di non stipulare accordi coi paesi che non
sottoscrivono o non rispettano l'articolo 19 ma anche la via della
pressione internazionale si prospetta difficile da percorrere. La
questione della libertà della rete, infatti, non era contemplata
all'epoca della firma dei Patti, e tuttora la censura dei siti non
rientra tra i parametri indicativi del grado di libertà di una nazione
contrariamente, ad esempio, a quella sui libri. Pertanto è difficile
sanzionare certi interventi di controllo decisi dalle sovranità
nazionali.
Lunedi' 13 Novembre 2000
Top
|