Roma, 22 Maggio 2000
La rete delle comunità fredde

Il sociologo De Rita parla delle comunità virtuali. Economia di rete per i distretti industriali italiani. Piccole bioimprese crescono. I siti Internet scelgono la semplicità. Una rete con 59 mila ramificazione per il tabacco. La cucina del futuro

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Economia dei media
Il popolo della Rete
Commercio e servizi in rete 

Internet genera nuove comunità ma si tratta di comunità fredde, con minore appartenenza rispetto a quelle tradizionali. Così il sociologo Giuseppe De Rita, intervistato dall’Unità, interpreta i cambiamenti sociali indotti dalla rivoluzione telematica. “La rete ha portato alla luce nuove comunità, ne sono nate e ne nascono un’infinità. Però, pensiamo ad esempio alla comunità di quelli che sanno tutto su Dante o su un certo cantante rock e si scambiano e-mail tra loro, fanno forum virtuali… Insomma, queste comunità contengono alla fine molto meno appartenenza e meno identità rispetto a quelle del passato, alcune sono addirittura meramente commerciali; a me pare che si tratti in molti casi di comunità fredde. Detto questo, però, noto che ce ne sono sempre di più, mentre fuori le vecchie appartenenze, il sindacato o il centro sociale, sono in declino”.  De Rita riconosce che Internet ha collegato anche un movimento nuovo e planetario come quello di Seattle e che a farne uso sono stati anche i rivoluzionari zapatisti del Messico, e osserva che le comunità virtuali hanno la necessità, prima o poi, di uscire allo scoperto. “Queste comunità” – spiega il sociologo – “ hanno comunque bisogno di tradurre in fisicità la loro azione, non possono fermarsi alle relazioni via e-mail, devono scendere in piazza e fare casino, devono sdraiarsi per terra, devono vestirsi in maniera particolare.  Le altre community, quelle che non escono mai da Internet, non hanno fisicità, salvo qualche bizzarra convention ogni tanto”.

 

La rete dei distretti

La piccola e media impresa, soprattutto quella caratterizzata dalla specializzazione produttiva territoriale, si sta organizzando per rispondere alla sfida globale di Internet. Nei distretti, cioè nelle aree specializzate, si stanno, infatti, imponendo dei nuovi livelli di organizzazione tra imprese che prefigurano modelli di new economy. In effetti, i distretti industriali, che sono reti di imprese e costituiscono la spina dorsale dell’economia italiana, sono, sotto molti aspetti adatti a un’economia di rete. Essi, ad esempio, si fondano su un mercato del lavoro non fordista ma flessibile, che fa ricorso al part-time, alle prestazioni saltuarie e a quelle a domicilio. Le piastrelle modenesi, i divani di Bari e Matera, le cucine del Friuli, di Pesaro e di Como, il pellame di Vicenza e Pisa, le lane di Prato e Biella, gli occhiali di Belluno… a queste reti di imprenditori fortemente orientati all’esportazione la Rete, abbattendo i costi, può dare un vantaggio sul mercato internazionale. CorrierEconomia dedica a questa realtà un ampio reportage. Nel distretto friulano della sedia, diciotto comuni tra Manzano, San Giovanni Natisone e Corno di Rosazzo, un’area di cento chilometri quadrati con 1200 aziende e 15 mila occupati, si producono centomila sedie al giorno, un terzo della produzione mondiale. Qui si sta sviluppando una strategia Internet aggressiva che punta non tanto a vendere sedie in rete ma a collegare i fornitori: segherie, aziende di essiccazione, di curvatura, di levigatura, di imballo… Punta a sviluppare una rete business to business anche il distretto dei casalinghi del Lago d’Orta.

Lagostina sta lavorando, infatti, a un portale che raggruppi le 150 aziende del settore che hanno sede nella zona. 

 

Biotech italiano, piccole imprese per grandi progetti

Nel Rapporto Biotecnologie di Affari & Finanza, tutti i numeri del settore in Italia illustrati dal presidente dell’AssoBiotec Sergio Dompè. Nel nostro paese la bioindustria è formata da circa 200 aziende. Il 40 per cento svolge attività nel campo della cura della salute, il 30 per cento in quello delle strumentazioni, il 16 per cento su chimica e ambiente e il 14 per cento in campo agroalimentare. Si tratta, quasi esclusivamente di piccole e medie imprese, il 90 per cento delle quali ancora nella fase di start-up. A questo proposito Dompè osserva che “la finanza legata allo start-up e/o al venture capital non fa ancora parte del nostro sistema bancario. Da questo punto di vista il gap, anche culturale, con gli Stati Uniti, ad esempio, è notevole anche se ormai in tutti i paesi europei i governi hanno indicato nel biotech il settore da incentivare con decisione. A parte qualche eccezione, poi, la nostra organizzazione universitaria è sempre stata poco interessata allo sviluppo, anche commerciale, delle proprie scoperte e il collegamento tra università e mondo delle imprese è ancora ai primi passi”.      

 

Basta coi siti belli e impossibili

La nuova parola d’ordine nella progettazione dei siti Internet è semplicità. Basta, quindi, con la grafica sofisticata, con la proliferazione di sezioni e sottosezioni, con l’abuso di cornici e fotografie. La sezione MultiMedia del CorrierEconomia rileva che il primato dell’usabilità è la nuova filosofia del Web. Jakob Nielsen, il più convinto propugnatore dei principi di immediatezza e facilità, guadagna fino a 40 milioni al giorno in consulenze. Le sue regole fondamentali sono: caricamento entro 10 secondi, niente applicazioni all’ultimo grido, evitare i frame, limitare le animazioni e lo scorrimento delle pagine, aggiornare  frequentemente, scegliere indirizzi semplici, fornire una mappa del sito e la possibilità di tornare all’homepage da ogni pagina.

 

Siti e tabacchi

L’Eti, l’Ente dei tabacchi di Stato, si ristruttura e, entro l’anno, avrà una rete di distribuzione on line seconda per dimensioni solo a quella delle Poste. Al progetto dedica ampio risalto il supplemento della Repubblica Affari & Finanza. Saranno informatizzati due depositi centrali, 15 secondari, 350 magazzini che costituiscono l’anello intermedio della distribuzione, e quasi 59 mila punti vendita. Per realizzare il network, che comporterà un investimento di un centinaio di miliardi, l’Ente tabacchi e la Fit, la Federazione italiana tabaccai, stanno per costituire una joint venture in cui l’Eti avrà tra il 60 e il 70 per cento. L’evoluzione dell’ente da gruppo manifatturiero ad azienda “puntocom” rientra in un processo di ristrutturazione più ampio che comporterà la chiusura di sei stabilimenti di premanifattura su dieci e la ridefinizione dell’immagine della società. L’obiettivo finale è quello della privatizzazione.

 

Dialogo in cucina. Tra elettrodomestici

In prima pagina sul Sole 24 Ore la cucina del futuro. Il forno a microonde programma da solo la cottura dei cibi. Il frigorifero conosce ciò che contiene e invia ai commercianti le richieste dei prodotti mancanti. Niente code e attese per la spesa  perché i carrelli  del supermercato registrano l’importo del loro contenuto e gli scaffali sono in grado di gestire automaticamente il flusso delle scorte. Questo scenario è più vicino da quando i laboratori del Massachussets institute of technology (Mit) di Boston hanno messo a punto un microchip di un millimetro quadrato detto radio frequency chip (Rdif) dotato di un’antenna per collegarsi a Internet e mettere in comunicazione tra loro abitazioni e punti vendita. Al progetto collabora un consorzio di sette imprese guidato dalla multinazionale Procter & Gamble. Il nuovo standard di autoidentificazione dei prodotti, che sostituirà l’attuale codice a barre, sarà sperimentato negli Stati Uniti entro un anno.