Internet
genera nuove comunità ma si tratta di
comunità fredde, con minore appartenenza
rispetto a quelle tradizionali. Così il
sociologo Giuseppe De Rita, intervistato
dall’Unità, interpreta i
cambiamenti sociali indotti dalla
rivoluzione telematica. “La rete ha
portato alla luce nuove comunità, ne sono
nate e ne nascono un’infinità. Però,
pensiamo ad esempio alla comunità di quelli
che sanno tutto su Dante o su un certo
cantante rock e si scambiano e-mail tra
loro, fanno forum virtuali… Insomma,
queste comunità contengono alla fine molto
meno appartenenza e meno identità rispetto
a quelle del passato, alcune sono
addirittura meramente commerciali; a me pare
che si tratti in molti casi di comunità
fredde. Detto questo, però, noto che ce ne
sono sempre di più, mentre fuori le vecchie
appartenenze, il sindacato o il centro
sociale, sono in declino”.
De Rita riconosce che Internet ha
collegato anche un movimento nuovo e
planetario come quello di Seattle e che a
farne uso sono stati anche i rivoluzionari
zapatisti del Messico, e osserva che le
comunità virtuali hanno la necessità,
prima o poi, di uscire allo scoperto.
“Queste comunità” – spiega il
sociologo – “ hanno comunque bisogno di
tradurre in fisicità la loro azione, non
possono fermarsi alle relazioni via e-mail,
devono scendere in piazza e fare casino,
devono sdraiarsi per terra, devono vestirsi
in maniera particolare.
Le altre community, quelle che
non escono mai da Internet, non hanno
fisicità, salvo qualche bizzarra convention
ogni tanto”.
La rete dei
distretti
La
piccola e media impresa, soprattutto quella
caratterizzata dalla specializzazione
produttiva territoriale, si sta organizzando
per rispondere alla sfida globale di
Internet. Nei distretti, cioè nelle aree
specializzate, si stanno, infatti, imponendo
dei nuovi livelli di organizzazione tra
imprese che prefigurano modelli di new
economy. In effetti, i distretti
industriali, che sono reti di imprese e
costituiscono la spina dorsale
dell’economia italiana, sono, sotto molti
aspetti adatti a un’economia di rete.
Essi, ad esempio, si fondano su un mercato
del lavoro non fordista ma flessibile, che
fa ricorso al part-time, alle
prestazioni saltuarie e a quelle a
domicilio. Le piastrelle modenesi, i divani
di Bari e Matera, le cucine del Friuli, di
Pesaro e di Como, il pellame di Vicenza e
Pisa, le lane di Prato e Biella, gli
occhiali di Belluno… a queste reti di
imprenditori fortemente orientati
all’esportazione la Rete, abbattendo i
costi, può dare un vantaggio sul mercato
internazionale. CorrierEconomia
dedica a questa realtà un ampio reportage.
Nel distretto friulano della sedia, diciotto
comuni tra Manzano, San Giovanni Natisone e
Corno di Rosazzo, un’area di cento
chilometri quadrati con 1200 aziende e 15
mila occupati, si producono centomila sedie
al giorno, un terzo della produzione
mondiale. Qui si sta sviluppando una
strategia Internet aggressiva che punta non
tanto a vendere sedie in rete ma a collegare
i fornitori: segherie, aziende di
essiccazione, di curvatura, di levigatura,
di imballo… Punta a sviluppare una rete business
to business anche il distretto dei
casalinghi del Lago d’Orta.
Lagostina
sta lavorando, infatti, a un portale che
raggruppi le 150 aziende del settore che
hanno sede nella zona.
Biotech
italiano, piccole imprese per grandi
progetti
Nel
Rapporto Biotecnologie di Affari
& Finanza, tutti i numeri del
settore in Italia illustrati dal presidente
dell’AssoBiotec Sergio Dompè. Nel nostro
paese la bioindustria è formata da circa
200 aziende. Il 40 per cento svolge attività
nel campo della cura della salute, il 30 per
cento in quello delle strumentazioni, il 16
per cento su chimica e ambiente e il 14 per
cento in campo agroalimentare. Si tratta,
quasi esclusivamente di piccole e medie
imprese, il 90 per cento delle quali ancora
nella fase di start-up. A questo
proposito Dompè osserva che “la finanza
legata allo start-up e/o al venture
capital non fa ancora parte del nostro
sistema bancario. Da questo punto di vista
il gap, anche culturale, con gli
Stati Uniti, ad esempio, è notevole anche
se ormai in tutti i paesi europei i governi
hanno indicato nel biotech il settore da
incentivare con decisione. A parte qualche
eccezione, poi, la nostra organizzazione
universitaria è sempre stata poco
interessata allo sviluppo, anche
commerciale, delle proprie scoperte e il
collegamento tra università e mondo delle
imprese è ancora ai primi passi”.
Basta coi
siti belli e impossibili
La
nuova parola d’ordine nella progettazione
dei siti Internet è semplicità. Basta,
quindi, con la grafica sofisticata, con la
proliferazione di sezioni e sottosezioni,
con l’abuso di cornici e fotografie. La
sezione MultiMedia del CorrierEconomia
rileva che il primato dell’usabilità è
la nuova filosofia del Web. Jakob Nielsen,
il più convinto propugnatore dei principi
di immediatezza e facilità, guadagna fino a
40 milioni al giorno in consulenze. Le sue
regole fondamentali sono: caricamento entro
10 secondi, niente applicazioni all’ultimo
grido, evitare i frame, limitare le
animazioni e lo scorrimento delle pagine,
aggiornare
frequentemente, scegliere indirizzi
semplici, fornire una mappa del sito e la
possibilità di tornare all’homepage da
ogni pagina.
Siti e
tabacchi
L’Eti,
l’Ente dei tabacchi di Stato, si
ristruttura e, entro l’anno, avrà una
rete di distribuzione on line seconda per
dimensioni solo a quella delle Poste. Al
progetto dedica ampio risalto il supplemento
della Repubblica Affari & Finanza. Saranno
informatizzati due depositi centrali, 15
secondari, 350 magazzini che costituiscono
l’anello intermedio della distribuzione, e
quasi 59 mila punti vendita. Per realizzare
il network, che comporterà un
investimento di un centinaio di miliardi,
l’Ente tabacchi e la Fit, la Federazione
italiana tabaccai, stanno per costituire una
joint venture in cui l’Eti avrà
tra il 60 e il 70 per cento. L’evoluzione
dell’ente da gruppo manifatturiero ad
azienda “puntocom” rientra in un
processo di ristrutturazione più ampio che
comporterà la chiusura di sei stabilimenti
di premanifattura su dieci e la
ridefinizione dell’immagine della società.
L’obiettivo finale è quello della
privatizzazione.
Dialogo in
cucina. Tra elettrodomestici
In
prima pagina sul Sole 24 Ore la
cucina del futuro. Il forno a microonde
programma da solo la cottura dei cibi. Il
frigorifero conosce ciò che contiene e
invia ai commercianti le richieste dei
prodotti mancanti. Niente code e attese per
la spesa
perché i carrelli
del supermercato registrano
l’importo del loro contenuto e gli
scaffali sono in grado di gestire
automaticamente il flusso delle scorte.
Questo scenario è più vicino da quando i
laboratori del Massachussets institute of
technology (Mit) di Boston hanno messo a
punto un microchip di un millimetro quadrato
detto radio frequency chip (Rdif)
dotato di un’antenna per collegarsi a
Internet e mettere in comunicazione tra loro
abitazioni e punti vendita. Al progetto
collabora un consorzio di sette imprese
guidato dalla multinazionale Procter &
Gamble. Il nuovo standard di
autoidentificazione dei prodotti, che
sostituirà l’attuale codice a barre, sarà
sperimentato negli Stati Uniti entro un
anno.