In
prima pagina sul Messaggero e nelle
pagine interne su tutti i principali
quotidiani gli sviluppi delle indagini
sull’origine del virus informatico “I love
you” che ha infettato in tre giorni 45
milioni di computer attraverso la posta
elettronica. È stato accertato che il virus
è partito dal computer di una ragazza
filippina, la quale, però, potrebbe anche non
esserne l’autrice. Identificando il luogo di
origine del virus, infatti, non si identifica
automaticamente il responsabile. Oltretutto,
è molto probabile che il pirata non abbia
agito da solo. La giovane donna sotto
sorveglianza vive a Manila in una famiglia
benestante, ha ventitre anni e frequenta un
corso di informatica.
Il
panico provocato dal virus offre uno spunto ad
Alberto Oliviero per riflettere su vantaggi e
pericoli delle nuove tecnologie informatiche e
“su alcuni limiti del sistema in cui
viviamo: non per tornare indietro ma per
renderci conto dei suoi punti deboli”. Il
disagio e la paura generati dai virus,
infatti, non sono legati solo ai danni
concreti che essi possono produrre ma al fatto
che essi rivelano la nostra dipendenza da
forme di memoria che “nel giro di poco più
di un decennio, hanno sovvertito i
tradizionali modi di archiviare e utilizzare
l’informazione”.
Le contromosse
di Bill Gates
Tutti
i principali quotidiani riferiscono le
proposte avanzate da Bill Gates per evitare lo
scioglimento della sua azienda chiesto dal
Dipartimento di Giustizia e da 17 stati
americani. I contenuti del documento, che verrà
inviato al giudice Jackson mercoledì, sono
stati anticipati dal Washington Post. Il
gigante del software è disposto ad approntare
una versione del suo sistema operativo Windows
senza il programma di navigazione Internet
incorporato. La compagnia, inoltre, è pronta
a concedere l’accessibilità ai propri
codici di programmazione.
Secondo
Affari & Finanza, tuttavia,
l’ipotesi della divisione del colosso di
Redmond è sempre più accreditata. Potrebbero
nascere due società: una, di circa 10
miliardi di dollari (20 mila miliardi di lire)
che si muoverebbe sul fronte dei sistemi
operativi, l’altra, di 14 miliardi (28 mila
miliardi di lire), specializzata nello
sviluppo di applicazioni per Internet.
È difficile, tuttavia, prevedere se la
scissione possa riaprire il mercato alla
concorrenza. Secondo molti, infatti,
la soluzione arriva in ritardo ed è
improbabile che qualche concorrente possa
recuperare posizioni rispetto a Microsoft.
Polemiche
sulla gara per l’Umts
Il
supplemento economico di Repubblica Affari
& Finanza fa il punto sulle polemiche
sulla gara per l’Umts. La materia del
contendere è uno spazio di un centinaio di
megahertz su un totale utilizzato di circa 25
mila in cui passano decine di servizi diversi,
pubblici e privati, dal segnale orario ai
radar dei controllori di volo. A pagare di più
oggi sono gli operatori telefonici, che danno
il 3 per cento dei loro ricavi. Per le
televisioni, invece, l’aumento scatterà a
partire da quest’anno. In questo contesto -
tra le esigenze di cassa dello Stato e il peso
che la massimizzazione degli introiti sulle
frequenze può avere sullo sviluppo del
settore – si colloca la gara per
l’assegnazione delle licenze Umts. Le
posizioni dei partiti, anche nell’ambito di
uno stesso schieramento, sono varie. Premiare
chi offre di più o valutare anche altri
aspetti, come ad esempio la disponibilità a
investire nella cablatura? Il centro sinistra
è ancora alla ricerca di una posizione
comune. Nel centrodestra, invece, se Forza
Italia sposa le proteste degli imprenditori
per la lievitazione dei prezzi, per An lo
Stato deve cercare di incassare il più
possibile.
In
prima pagina sul Corriere della Sera un
editoriale di Francesco Giavazzi sulla gara
per le licenze Umts. Nei prossimi giorni
l’esecutivo deciderà le modalità di
assegnazione. In Gran
Bretagna il governo ha incassato
dall’asta per cinque nuove licenze quasi 75
mila miliardi. In Germania, il cui mercato è
simile a quello italiano, nell’asta ancora
in corso le offerte hanno già raggiunto quota
100 mila miliardi. Tim ha recentemente pagato
5 mila miliardi per acquistare la terza
licenza Gsm in Turchia. “Non vi è dubbio”
– scrive Giavazzi – “che la procedura
migliore sia un’asta competitiva: nessuno
meglio dei concorrenti stessi è in grado di
calcolare il valore economico di una
licenza… Rinunciare all’asta competitiva,
ad esempio introducendo un tetto al prezzo
delle licenze, significa impedire che sia il
mercato a decidere… sorprende che questa sia
la soluzione sostenuta dalla Confindustria”.
Per bandire un’asta competitiva, però,
sarebbe necessario modificare la legge, che
prevede attualmente la procedura della
licitazione privata. Tuttavia, anche “una
licitazione privata ben disegnata può dare lo
stesso risultato di un’asta competitiva” a
condizione che vengano invitate a partecipare
tutte le imprese (anche quelle non in possesso
di una licenza Gsm), che la selezione sia
fatta sulla base del prezzo e che venga
offerta la possibilità di rilanciare.
Sullo
stesso argomento il commento di Mario Giordano
in prima pagina sul Giornale. D’Alema
aveva scelto di intraprendere la strada della
trattativa privata. “Risultato: cinque
licenze da concedere (come in Gran Bretagna),
incasso previsto 5 mila miliardi (cioè 69
mila in meno della Gran Bretagna). I conti,
evidentemente, non tornano. Italia e Gran
Bretagna, dal punto di vista telefonico, sono
assai simili, anzi forse l’Italia è persino
un po’ più interessante: e allora perché
dobbiamo buttare 69 mila miliardi nel web?…
deve aver pensato Amato”, calcolando di
poterci ricavare almeno 25 mila miliardi.
“Come mai” – domanda Giordano –
“D’Alema si apprestava a cedere tanto
bendiddio (valutato da Goldman Sachs 60 mila
miliardi) al prezzo di saldo di 5 mila
miliardi? Perché questo meccanismo, come
spiegano gli amici dell’ex premier, consente
di ‘far vincere chi offre più garanzie’…
A voler essere rigorosi queste garanzie si
chiamano in un altro modo: svendita del
patrimonio pubblico. Amato fa bene, dunque, a
voler incassare più soldi… allora perché
non adotta decisamente il sistema dell’asta
pubblica?”.
In breve
Da
questa settimana i due inserti del lunedì del
Corriere della Sera, Economia e Soldi, si
fondono nella testata E CorrierEconomia,
uno strumento per raccontare la new economy.
Ampio risalto, in questo primo numero,
all’irresistibile ascesa di Lawrence Ellison,
fondatore di Oracle, divenuto l’uomo più
ricco del mondo. Ellison, soprannominato Bad
boy, ragazzaccio, ha raggiunto, infatti, un
patrimonio personale di 53 miliardi di dollari
(114 mila miliardi di lire), superando Bill
Gates.
Internet
paga bene i suoi dirigenti. La classifica dei
compensi dei manager, infatti, vede al primo
posto Timothy Koogle, amministratore delegato
di Yahoo!, che ha guadagnato lo scorso anno 10
miliardi al giorno (festivi compresi) tra
stipendio e stock option. Segue, distanziato,
Steve Case di America Online, che ha
guadagnato un miliardo di dollari (2000
miliardi di lire) nel ’99. Lo stipendio di
Bill Gates è di “soli” 623 mila dollari
(un miliardo e 200 milioni di lire) e quello
di Jeff Bezos di 83 mila dollari (160 milioni
di lire), ma entrambi possono consolarsi col
loro pacchetto azionario. Per la prima volta
entra nella top ten una donna, Ellen Hancock,
amministratore delegato di Exodus
Communications.
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