Il trading on line si rimette… in moto
In un momento di crisi del mercato virtuale,
c'è chi guarda al futuro delle transazioni on line. Giorgio di
Paolo, consulente finanziario di Partner Accenture, ci guida nel
mondo delle banche in Internet, e ci rivela che presto il mercato
azionario somiglierà a Napster, e che per acquistare azioni non
dovremmo accendere il pc, ma la nostra auto…
Un anno fa sembrava che il trading on line fosse la
"killer application" dei servizi finanziari in Internet.
Ora questa applicazione ha subito una forte flessione a causa del
crollo del listino tecnologico Usa, il Nasdaq, e ha ridotto un po'
l'interesse e la voglia degli investitori di borsa. Siamo alla fine
di un ciclo o andrà ancora avanti?
Non credo sia generoso valutare un'applicazione particolare in un
momento in cui è tutto il mercato ad essere in crisi. Il trading on
line non è una moda ma un fenomeno destinato a rimanere, ad
evolversi, perché è una applicazione particolarmente felice della
tecnologia a un problema: si vuole che le transazioni siano sicure,
veloci, affidabili, trasparenti, disponibili più o meno sempre e
più o meno dovunque. Quindi, al di là delle difficoltà delle
singole implementazioni, credo che il trading on line sia il trading
come deve essere. Credo che nel futuro questa classe d'applicazioni
sia destinata a continuare a giocare il ruolo di pesce pilota per le
transazioni finanziarie in Rete, date le sue caratteristiche di
modello quasi ideale di concorrenza perfetta.
Quindi cosa potrebbe diventare?
Potrebbe succedere che il trading evolva in una modalità
peer-to-peer. Una specie di Napster in cui gli utenti collegati si
scambino per un prezzo, non certo gratuitamente, dei file in formato
standard. Non si tratterà, naturalmente, di brani musicali, ma di
file che siano rappresentativi di certificati azionari e finanziari.
Direi che è un'ipotesi molto suggestiva: chi potrebbe
garantire questo meccanismo?
Potrebbero essere istituzioni finanziarie o per esempio organismi
vari come la Borsa.
Qual è il futuro?
Io credo che le istituzioni finanziarie, sia quelle totalmente
virtuali che quelle più tradizionali che si affacciano adesso in
questo mondo, si troveranno presto ad affrontare un problema
profondo e strutturale: l'accesso alla Rete non sarà più
effettuato attraverso un PC ma da una serie di oggetti che hanno una
loro funzione specifica (navigatori satellitari, Playstation,
cellulari e così via). Questi oggetti si contenderanno l'attenzione
dei clienti, lasciando un tempo marginale all'esplicita intenzione
di accendere un PC e collegarsi al sito della Banca. Faccio un
esempio: il navigatore satellitare della mia auto, dopo centomila
chilometri potrebbe segnalare la mia situazione ad un istituto di
credito, che potrebbe propormi un prestito per l'acquisto di una
nuova auto, o anche una migliore situazione assicurativa o di
pagamento del bollo. Questo credo che sia un problema molto
rilevante per le istituzioni finanziarie.
La banca quindi avrà bisogno di fare accordi con i gestori di
queste apparecchiature?
Quello che si pensava un tempo, cioè che per le istituzioni
finanziarie potessero essere un vantaggio avere a che fare con
prodotti totalmente virtuali, si rivela essere uno svantaggio,
significativo perché rende difficile competere per l'attenzione e
il tempo dei propri clienti; quindi le istituzioni finanziarie
dovranno cercare di essere sul mercato con apparecchiature propri,
come il "Broker" di Schwab, o facendo alleanze strategiche
con chi ne ha il controllo.
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