L'immissione del
virus "I Love You" nel maggio scorso ha messo in ginocchio Casa Bianca e
Pentagono, paralizzando inoltre migliaia di sistemi di posta
elettronica in tutto il mondo L'individuazione del presunto
responsabile, Onel de Guzman, cittadino delle Filippine, ha
posto con forza la questione giuridica di un adeguamento delle
leggi che regolino le azioni informatiche. L'adeguamento
legislativo dei paesi industrializzati deve preliminarmente
passare pero' attraverso la riflessione critica di che cosa si
intenda per azione penale in relazione ad un nuovo concetto di
spazio in evoluzione, come quello di Internet, prendendo in
considerazione i cyber crimini.
Le caratteristiche
peculiari della Rete modificano nozioni classiche come quelle di
"azione" o di "luogo del fatto", esigendo
una riarticolazione della legislazione internazionale in merito ai cyber crimini. Una riflessione sul peso giuridico e
penale delle azioni in relazione ai luoghi in cui esse si 'dislocano',
attraverso il Web, cerca di orientare i navigatori nella
comprensione di come evolvono gli ordinamenti giuridici e i
concetti relativi di spazio e agentita'.
L’uscita
dell’Atto n. 8792 è costato alla Repubblica delle Filippine
piu’ di 8 miliardi di dollari in danni ai computer. L’atto,
che riguarda il commercio elettronico, concerne il modo in cui i
crimini di “hacking and cracking”
dovrebbero essere puniti nelle Filippine.
Anche
se nel caso del virus “I love you” Onel de Guzman, il
presunto responsabile, non risponderà penalmente del suo
crimine, l’implementazione di una nuova legge da parte del
governo delle Filippine solleva la più ampia questione di che
tipo di leggi debbano essere emanate di modo che si indirizzino
alle telecomunicazioni ed in particolare alla Rete
nell’affrontare i cyber crimini.
Oggi
le norme esistenti in molti paesi possono coprire i crimini
quali la frode, la violazione di proprietà, la diffusione di
virus, la detenzione abusiva di codici d’accesso e crimini che
comunque provocano un danno attraverso il Web (queste leggi sono
state introdotte nell’ordinamento giuridico italiano dalla
legge n° 547 del 21.12.1993). Ciononostante esistono dei
crimini sul Web che esigono
un miglioramento ed una rielaborazione delle “cyber leggi”
in vista di una omogeneizzazione dei criteri decisionali in un
contesto in cui la dimensione intersoggettiva della Rete e la
sua potenziale apertura alla comunità mondiale si pongono a
fondamento di una globalizzazione in termini di comunicazione,
trasmissione dati, economia e, non ultimo, diritto in materia di
regolamentazione sia dell’uso della Rete che delle violazioni
che all’interno di essa possono avere luogo. Non è un caso se
Paolo Fois, che si occupa di diritto in materia di
telecomunicazioni, mette l’accento sul fatto che “sono le
nuove tecnologie informatiche, in ultima analisi, che hanno
influito in modo determinante sulla costruzione di un mercato e
di un villaggio globali, contraddistinti dal superamento delle
precedenti barriere politiche e territoriali e dall’adozione
di regole uniformi per l’intera comunità internazionale”
(Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, n°2, A.
Giuffré Editore, pg265).
Il
reato inafferrabile: dove si colloca il reato nella spazio Web?
Uno
dei nodi cruciali connessi all’attuale mancanza di regole di
diritto internazionale che risolvano o coordinino i conflitti
nell’applicazione delle leggi riguarda il problema della
collocazione spaziale del crimine in relazione alla struttura
aperta della Rete.
Cimentiamoci in un esempio assolutamente paradossale ma che ci
permette meglio di capire i conflitti che emergono tra una
azione compiuta in un luogo e l'effetto che ricade in un luogo
diverso da quello di provenienza dell'azione suddetta.
Immaginiamo
che sia oggi possibile commettere un reato come l’omicidio in
differita attraverso un sofisticato sistema di diffusione di
virus informatici usando il Web e che sia punibile con la pena
di morte nello stato dell’Alabama, Usa, mentre in Italia lo
stesso reato venga punito al massimo con l’ergastolo.
Immaginiamo inoltre che l’autore dell’immissione del virus
killer, mister X, intenzionalmente diffonda questo virus
dall’Italia e che, in maniera programmata, causi la morte di
un individuo che si trova in Alabama.
Nel
caso in cui le pene applicabili allo stesso tipo di reato
differiscano da Stato a Stato quale pena si dovrebbe applicare
al soggetto colpevole di tale reato?
Le
caratteristiche del cyber spazio e le differenze tra gli
ordinamenti giuridici dei vari paesi.
E’
una caratteristica della Rete quella di non consentire alcuna
delimitazione territoriale dell’accesso o della diffusione dei
dati immessi. Inoltre, la creazione del concetto di cyber-spazio
come spazio delocalizzato che, essendo transnazionale e
transfrontaliero, dovrebbe appellarsi ad una sovra sovranità,
cade in conflitto con la ripartizione decisionale dei singoli
ordinamenti giuridici e, nello stesso tempo, pone problemi di
diritto internazionale per individuare quali possano essere
le condizioni e i princìpi comuni che rendano
assimilabili i vari criteri decisionali.
Il problema del conflitto tra due ordinamenti diversi
nell’applicare una pena sottostà, di principio, al problema
teorico ove si chiede se considerare come luogo per la
determinazione della legge applicabile quello dell’immissione
in rete dei dati da parte dell’autore o al contrario si debba
dare importanza al luogo di ricezione dove, di fatto, viene
commesso il delitto, nel caso dell’esempio in questione. Per
ritornare al nostro esempio, i parenti della vittima in Alabama
contesterebbero una pena differente da quella prevista nel loro
Stato, ossia la pena di morte, considerandola iniqua se non di
grado inferiore e quindi non sufficientemente punitiva. Decidere
di optare per una pena relativa al luogo di immissione del
virus, nonostante ci si appelli al principio dell’azione, cade
in conflitto con i diversi contesti e le diverse culture in cui
tale azione di fatto ricade, con un inevitabile aumento dei
conflitti tra sistemi giuridici.
Inoltre,
essendo la Rete un sistema “aperto, molteplice e continuo”,
come evidenziato dal socio-informatico Giorgio De Michelis, la
sua apertura implica una nozione estesissima di “luogo del
fatto”, nello stesso senso in cui una azione non può essere
circoscritta al momento della digitazione, ad esempio, di una
stringa di codici ma deve essere estesa ad abbracciare il
processo di elaborazione, immissione e diffusione dei dati
stessi, la qual cosa farà si che si considerino come unitari
momenti diversi della stessa azione che avvengono in luoghi
fisici differenti. Il continuum della Rete per una
concatenazione di fatti impedisce concretamente, se non in
maniera strettamente normativa, un discrimine tra azione ed
effetto dell’azione facendo sì che si consideri come “locus
delicti” sia quello dell’azione che quello dell’evento. Il
giurista Picotti rileva che “nell’attuale mancanza di regole
di diritto internazionale che risolvano o coordinino i conflitti
nell’applicazione delle leggi dei diversi ordinamenti
interessati, appare impossibile escludere l’applicabilità
della legge del luogo della effettiva ricezione finale dei dati
o delle informazioni da parte dei destinatari e del pubblico”.
La Convenzione di Berna del 1995 riconosce infatti la competenza
territoriale del luogo in cui il crimine si è effettivamente
manifestato in aggiunta a quella del giudice del luogo di
provenienza dell’azione.
Verso
una globalizzazione legislativa
Il
sapore di utopia che suscita l’idea della Rete come di uno
spazio libero dal diritto appare nel frattempo
stemperato da una opinione pubblica che spinge verso una
globalizzazione legislativa.
"Io penso che la maggior parte dei governi siano
sinceramente interessati a far passare una legislazione che
aiuti a proteggere le compagnie ed i clienti da tali abusi"
ha detto alla CNN Vint Cerf, vicepresidente dell’Internet
Architecture & Technology alla WorldCom Inc., (www.cnn.com/2000/TECH).
Nell’ambito della nuova legge sul commercio elettronico da
poco varata i legislatori delle Filippine sottolineano infatti
l’esigenza di “penalities” per l’accesso non autorizzato
o l’interferenza con un sistema di computer, un server o un
sistema di comunicazioni. Queste pene, applicabili in seguito a
corruzione, furto o distruzione di un sistema informatico, si
adeguano al nuovo sistema di mercato cercando di tutelare sia i
consumatori che le compagnie che nella Rete svolgano attività
di carattere finanziario. Nel caso delle Filippine, se ritenuti
colpevoli dei reati suddetti, i criminali sono punibili con un
risarcimento in denaro o con un mandato di arresto che prevede
fino a tre anni di detenzione. Se da un lato l’evoluzione dei
sistemi giuridici riflette i mutamenti di una economia non più
basata su sistemi di scambio tradizionali, dall'altro diventa
terreno di scontro del dislivello economico presente nei vari
paesi.
Lee McKnight, professore associato per le telecomunicazioni
internazionali alla Tufts University’s Fletcher School of Law
and Diplomacy, suggerisce che si potrebbero prendere altri
significativi eventi del tipo del virus “I love you” come
esempio di conseguenze giuridiche per portare i paesi sulla
strada dello sviluppo di leggi Internet. McKnight pero’ pone
l’accento sul fatto che oggi, nonostante nei trenta paesi
piu’ industrializzati del mondo si discuta
l’esigenza di leggi specifiche per la Rete, la priorità
dei paesi in via di sviluppo consiste invece nel consentire ai
cittadini l’accesso ad Internet. Le compagnie multinazionali
dovrebbero quindi prendere in considerazione questo punto in
relazione ad uno screening più ampio sulle condizioni in cui
versano attualmente i paesi in via di sviluppo, cosa che
richiederebbe almeno un decennio di lavoro e non avverrebbe nel
giro di una notte.
Sono attualmente in corso numerosi sforzi da parte dei paesi
industrializzati per combattere sinergicamente il cyber crimine.
A maggio infatti, alcune rappresentanze del G8, espressione dei
maggiori paesi industrializzati insieme con la Russia, si sono
incontrati a Parigi e hanno convenuto di istituire una
cooperazione ufficiale per far fronte al cyber-crimine. I
partecipanti hanno dato il loro appoggio a sostegno degli sforzi
del Consiglio di Strasburgo per l’organizzazione di una
Convention sui cyber crimini, dalla quale dovrebbe essere
emanato il primo trattato internazionale che si occupi di
differenti forme di attività criminali nel cyberspazio. Il
consiglio, formato da 41 nazioni, ha aperto la sua membership a
Giappone, USA, Sud Africa, Canada ed Israele per lo sviluppo del
trattato. Il trattato richiederebbe ai paesi membri di approvare
e rinforzare quelle leggi che riguardano l’intercettazione di
dati, l’interferenza con sistemi di computer, la frode e la
contraffazione via Internet. Secondo il Consiglio d’Europa il
Consiglio dei Ministri potrebbe
adottare il testo della Convention, rivederlo e
approntarlo per una sua approvazione al più presto il settembre
2001.
Accanto
alla crescente sensibilizzazione dei governi che incominciano ad
avviarsi sulla strada di una legislazione, tenendo conto della
necessità di regolamentare la Rete in conformità ai
cambiamenti di un sistema di mercato sempre più legato
all’uso delle nuove tecnologie, alcuni problemi, come quello
dell’inesistenza di confini territoriali e spaziali nel Web,
lasciano aperto uno spazio di riflessione circa le nuove
relazioni che il diritto deve instaurare con un sistema sociale
che passa per un sistema economico neo-strutturato ed affondare
così le lame della comprensione nel cuore di una realtà
in continua evoluzione.
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