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"Come nascono le idee nuove". 
Un Convegno a Roma organizzato dalla Fondazione Agnelli
di Giuseppina Rossi

Siamo sicuri di avere ancora bisogno di idee nuove?, può ancora avere un ruolo di guida la figura dell'intellettuale nel mondo di oggi, dominato dalle tecnologie informatiche? Queste alcune delle domande centrali, e forse un po' provocatorie della relazione introduttiva di Peppino Ortoleva al Convegno "Come nascono le idee nuove. Innovazione culturale, scienze sociali e organizzazione della ricerca in Italia" promosso da Cliomedia, società attiva nella realizzazione di prodotti multimediali nel settore culturale, insieme alla Fondazione Giovanni Agnelli e a Rai - Direzione Teche e Servizi Tematici/Educativi.

Peppino OrtolevaAl di là della risposta affermativa, ma non ovvia, che è possibile dare alle domande poste da Ortoleva, il Convegno si proponeva di dare voce a esigenze sempre più urgenti in un momento in cui il mondo intero sembra dominato dall'innovazione tecnologica. "Sullo sfondo dei problemi che pone il fenomeno della globalizzazione" è necessario ridefinire il compito di produrre e discutere le idee nuove, che in passato veniva svolto dalla figura isolata dell'intellettuale. Oggi la produzione culturale è diventata più "collettiva", ma sarebbe pericoloso dare per scontato che questa socializzazione, in gran parte dovuta alla diffusione dei mezzi informatici, sia un bene in sé. Dalla figura dell'intellettuale di fronte al mondo che cambia al ruolo dei mass media. Di critica aperta gli interventi sia di Michel Crozier, membro del parigino Istituto di Francia, sia di Alberto Martini, docente presso l'Università del Piemonte Orientale. Il noto sociologo francese ha puntato duramente l'indice contro i media che privilegiano lo sfruttamento immediato delle risorse culturali e non innescano processi atti a produrne di nuove, mentre Martini rilevava polemicamente la scarsa attenzione dei media verso chi si occupa della diffusione e produzione di cultura.

CliomediaQuattro i compiti centrali - emersi nel corso del dibattito - a cui le istituzioni culturali sono chiamate a rispondere: favorire il dialogo tra posizioni differenti, fornire strumenti di riflessione all'opinione pubblica, valorizzare le potenzialità innovative dei singoli e consentire la formazioni di gruppi autenticamente produttivi.

Nel panorama attuale dell'iniziativa privata nella produzione di cultura due sono stati i modelli proposti. Il primo modello presentato da Alberto Martini proponeva l'esempio americano dei think tank sottolineandone "l'impegno nel dare un contributo originale di idee eFondazione Giovanni Agnelli proposte al dibattito pubblico". Forse il tentativo di esportare e diffondere il modello think tank fuori dagli Stati Uniti non è del tutto attuabile ma sicuramente può essere inteso come interessante e positivo esempio di globalizzazione. Il secondo modello esaminato, l'unico think tank in versione italiana, è stato proprio quello della Fondazione Giovanni Agnelli. Marcello Pacini, direttore da ventitré anni della Fondazione, ha illustrato i punti fondamentali su cui si è incentrato il suo lavoro nel corso degli anni: programmi di ricerca concreti, la creazione di un sistema di valori come fondamento della sua attività, pluralismo dei saperi. Dell'esperienza della Fondazione Agnelli si è parlato anche seconda sessione del Convegno, "L'innovazione culturale in Italia: ricerca e applicazione delle scienze sociali negli ultimi trent'anni". I relatori, dai diversi punti di vista forniti dalla particolare esperienza di ciascuno - dall'analisi più teorica di GuidoGuido Martinotti Martinotti come sociologo a quella storica di Renato Giannetti - hanno messo in luce le difficoltà di far nascere in Italia esperienze analoghe a quella della Fondazione Agnelli, per efficacia e continuità dell'azione propositiva e di realizzazione dei progetti culturali. La diagnosi della situazione italiana è stata pressoché unanime: mancanza di una concreta legittimazione per le istituzioni culturali e di ricerca indipendenti, arretratezza sul piano normativo e soprattutto fiscale che di fatto impedisce il diffondersi di questo tipo di istituzioni, monopolio delle risorse umane e finanziarie da parte di una struttura universitaria statale obsoleta e priva di stimoli.

Teche RAIProprio da una radiografia delle condizioni attuali dell'Università italiana e delle recenti riforme nella direzione di una maggiore autonomia, ha preso il via la tavola rotonda conclusiva, "Politiche per l'innovazione culturale: obiettivi, strategie, strumenti". Le relazioni di Dino Cofrancesco e Gaetano Quagliarello non hanno però lasciato intravedere la possibilità, in un futuro prossimo, che l'Università giochi un ruolo di primo piano nell'innovazione culturale del Paese. Opinione condivisa è che "l'autonomia non riuscirà a risolvere i troppi problemi del sistema universitario italiano" almeno fino a quando mondo della ricerca e sistema politico rimarranno legati da vincoli di natura burocratica e clientelare. Rivendicare un nuovo ruolo dell'Amministrazione Pubblica nel permettere alle istituzioni culturali di innovare, di creare cultura è stato il tema dell'interessante intervento di Vera Boltho del Consiglio d'Europa, che ha anche sottolineato l'impossibilità per certe forme tradizionali di istituzioni culturali (come ad esempio i grandi musei) di rinunciare al sostegno pubblico: "lo Stato deve mantenere una sua forma di intervento nel senso però che deve essere creatore di processi non di prodotti culturali". In sintonia con la Boltho, l'intervento di Barbara Scaramucci, direttore della Direzione Teche e Servizi Tematici/Educativi della Rai, che ha sottolineato il ruolo dell'azienda televisiva pubblica come motore propulsivo nel far nascere idee nuove, per nulla in crisi di creatività come vorrebbe invece far apparire la stampa . In particolare la Scaramucci ha voluto indicare tra i meriti della Rai, in passato, la funzione di diffusiore della lingua italiana e per il futuro un possibile e auspicabile ruolo di primo piano nell'alfabetizzazione informatica. Le conclusioni, affidate a Domenico Fisichella - vice presidente del Senato della Repubblica - hanno ribadito l'impegno delle istituzioni politiche statali verso "la sburocratizzazione e la globalizzazione, i due temi cruciali sui quali si giocherà la credibilità dell'Italia nell'immediato futuro".