Per
pochi dollari potrebbe essere vostro un appezzamento di terra
sulla Luna. Insieme al 'pezzo di luna' i compratori avrebbero
anche un certificato di registrazione dell'acquisto, una mappa
della locazione precisa del terreno acquistato e i diritti sulle
possibili giacenze minerarie. L'originale offerta ha destato
l'attenzione di radio e televisioni che subito hanno
intervistato l'imprenditore e ideatore del sito Web che ospita
l'idea, l'inglese Francis Williams. Il sito si chiama www.moonestates.com,
e il suo creatore dichiara di avere "l'esclusiva nel Regno
Unito sui diritti di vendita di terreni sulla Luna". Ma
Francisc Williams, secondo gli inglesi, ha tralasciato un punto
importante a monte del suo progetto: come dicono esperti legali
e scienziati, egli non puo' vendere qualcosa che non gli
appartiene Lo stesso vale per Dennis Hope, un cittadino
californiano di 52 anni, che ha iniziato a meta' degli anni '90
questo tipo di business in Usa. Fu proprio lui ad invitare
Williams ad intraprendere la carriera di rappresentante e
venditore di terre sulla Luna per il Regno Unito. Le Nazioni
Unite dicono che Hope ha gli stessi diritti sulla superficie
lunare di quanti ne abbia sui gioielli della corona. La ragione
per cui egli non e' stato ancora denunciato legalmente e' che
nessuno riesce a prenderlo veramente sul serio.
Hope pero' non la pensa allo
stesso modo. I suoi affari lo hanno portato ad avere una villa
con piscina, tre aeroplani ed una scuola di volo. "Contiamo
al momento 273.000 proprietari in tutto il mondo, alcuni dei
quali sono della personalita' molto in vista - dichiara Hope -
credetemi, le persone che comprano pezzi di Luna vogliono essere
dei pionieri."
Ma quali sono le radici storiche
che hanno portato alla conquista di un posto al sole sulla
superficie lunare? Tutto e' iniziato dalla necessita' di una
legislazione americana, che, all'inizio degli anni sessanta
garantisse dalla possibilita' di una nuova forma di controllo
territoriale in seno alla guerra fredda tra Usa e Urss. La
pressione dovuta alle manovre politiche e militari tra i due
blocchi storici rese urgente una legislazione che prevenisse
dalla evenienza di far diventare lo spazio un nuovo teatro di
guerra. Cosi', nel 1967, e' entrato in vigore l'Outer Space
Treaty, modellato sulla base del documento che regola le
attivita' militari e di ricerca in Antartica e che stabilisce,
ancora oggi, "i principi che governano le attivita' degli
stati nell'esplorazione e nell'uso dello spazio, Luna e altri
corpi celesti inclusi".
Il documento, chiamato a volte
"Magna Carta dello Spazio", suona, nei suoi punti
principali, piu' come un'opera di fantascienza che come un
accordo di intenti di ordine politico legislativo.
Ciononostante, a dispetto dell'attivita' imprenditoriale dei
signori Williams e Hope, la carta dichiara, nell'articolo II,
che "lo Spazio, inclusa la Luna e gli altri corpi celesti,
non e' soggetto ad appropriazione nazionale attraverso una
dichiarazione di sovranita' ne' attraverso la sua occupazione,
ne' per mezzo di qualsiasi altro strumento."
Il signor Hope gioca le sue carte
proprio in forza di una interpretazione alternativa
dell'articolo II che sancisce appunto la questione concernente
la proprieta' relativa alla Luna. Egli infatti si giustifica:
"la carta dice che nessuna nazione puo' avere la sovranita'
sulla Luna, ma non fa menzione di una proprieta' da parte dei
singoli individui" In base a cio' nel 1980 Hope ha stilato
una dichiarazione di proprieta' indirizzata alle Nazioni Unite,
articolando in dettaglio il suo intento di vendere terreni
lunari. Per cautelarsi ha proclamato se stesso possessore
assoluto di ogni altro corpo celeste presente nel sistema solare
per un ammontare totale di circa 763.000 miliardi di lire.
"La realta' e' che ne' gli Stati uniti ne' tanto meno
L'Unione Sovietica hanno il diritto di fermarmi. Non ho fatto io
la legge. Semplicemente, traggo vantaggio da un buco
legislativo"
Come giustamente fa notare Philip
Mc Dougal, portavoce legale delle Nazioni Unite, Hope ha male
interpretato il Trattato dal momento che la constatazione che lo
spazio e' di tutti, come il mare aperto, non implica, di fatto,
che qualcuno possa impossessarsene. "La ragione per cui
nessuno interviene a bloccare Hope risiede nel fatto che egli
viene visto come un eccentrico indifeso." Ognuno di noi
potrebbe aprire un sito dichiarando di mettere in vendita i
gioielli della corona ma, per il solo fatto che la regina non
interviene, non significa che accondiscenda a questo tipo di
azione.
Hope dal canto suo continua ad
affermare la legittimita' della sua attivita' domandando persino
una sedia, alle Nazioni Unite, per rappresentare non la voce dei
proprietari lunari. Si propone inoltre di donare il 50% di ogni
vendita all'Unicef che, solo l'anno passato, corrispondeva a
26.000 dollari, circa 52 milioni di lire. Il signor Williams si
fa pubblicita' sostenendo, contro ogni querela di inganno, il
bassissimo costo della vendita, introno ai 15 dollari, e dicendo
che questa forma di compravendita e' come un divertimento a
basso costo che non danneggia nessuno, dal punto di vista
economico. Nel frattempo Hope conta, per l'anno a venire, di
fatturare piu' di 8 miliardi, e di avere nel mondo oltre un
milione e mezzo di possessori di fette di Luna. Non meraviglia
il suo buon umore quando, scherzando, dice che alla morte di
Donald Trump il finanziere americano verra' ricordato come il
Dennis Hope della Terra.
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