Lunedì 4 Giugno 2001




 

 


Webcam in cella, sceriffo in tribunale

L'organizzazione non-profit Middle ground chiede tremila miliardi di risarcimento per le immagini in rete dei detenuti

di Georgia Garritano


Detenuti spiati da una webcam 24 ore su 24. Uomini e donne ripresi mentre vivono la loro esistenza di reclusi, colti nei loro gesti quotidiani, nei momenti, già poco intimi in una prigione, in cui si spogliano o vanno in bagno. Immagini messe in rete per esporre i condannati a un'ulteriore pena.

L'idea è venuta a Jo Arpaio, sceriffo della contea di Maricopa in Arizona dal 1993, che ha pensato che una visita virtuale in carcere potesse servire a scoraggiare i crimini. Ora l'organizzazione Middle ground prison reform, che si batte per riformare il sistema carcerario degli Stati Uniti, gli ha intentato causa per chiedere che le trasmissioni siano bloccate e che alle persone esposte alla "gogna telematica" venga riconosciuto un risarcimento danni di 25mila dollari. E siccome i detenuti dati in pasto ai navigatori dal novembre del 2000 sono, secondo l'associazione, circa 55mila, l'azione legale potrebbe costare all'amministrazione penitenziaria quasi un miliardo e mezzo di dollari, tremila miliardi di lire.

Le immagini catturate nei locali spogliatoio e toilette della casa circondariale di Madison street, nella giurisdizione dello sceriffo Arpaio, sono state rimosse ma il resto del triste spettacolo è ancora visibile su Crime.com, un indirizzo specializzato nella cronaca giudiziaria e nell'intrattenimento di genere "poliziesco".

Il sito si premura di avvertire il pubblico che, secondo la costituzione degli Stati Uniti e dello Stato, un cittadino è innocente finché il contrario non è stato provato da un tribunale e, nel contempo, mostra le immagini della stanza in cui vengono convogliate le persone sottoposte a carcerazione preventiva e in attesa dell'udienza preliminare mentre altre webcam riprendono l'ingresso nel carcere, l'ambiente in cui vengono scattate le foto segnaletiche e quello in cui vengono eseguite le perquisizioni.

Quanto alla privacy, un portavoce dell'ufficio dello sceriffo, Jack MacIntyre, che ha giudicato l'azione legale "fantasiosa", ha sostenuto che una barriera c'è dal momento che "le telecamere sono posizionate all'esterno delle celle e guardano all'interno".
Ma oltre che sulla violazione della riservatezza, gli attivisti di Middle ground denunciano gli interessi commerciali legati all'iniziativa. Sul sito, infatti, è stato messo in vendita un video intitolato "Un giorno con lo sceriffo Joe". La "diretta dal carcere", inoltre, avrebbe incoraggiato anche altri tipi di speculazioni: quelle di siti pornografici e razzisti che utilizzano le immagini dei detenuti per i loro scopi.