Webcam in cella, sceriffo in tribunale
L'organizzazione non-profit Middle ground chiede
tremila miliardi di risarcimento per le immagini in rete dei detenuti
di Georgia Garritano
Detenuti
spiati da una webcam 24 ore su 24. Uomini e donne ripresi mentre
vivono la loro esistenza di reclusi, colti nei loro gesti quotidiani,
nei momenti, già poco intimi in una prigione, in cui si
spogliano o vanno in bagno. Immagini messe in rete per esporre
i condannati a un'ulteriore pena.
L'idea è venuta a Jo Arpaio, sceriffo della contea di
Maricopa
in Arizona dal 1993, che ha pensato che una visita virtuale in
carcere potesse servire a scoraggiare i crimini. Ora l'organizzazione
Middle
ground prison reform, che si batte per riformare il sistema
carcerario degli Stati Uniti, gli ha intentato causa per chiedere
che le trasmissioni siano bloccate e che alle persone esposte
alla "gogna telematica" venga riconosciuto un risarcimento
danni di 25mila dollari. E siccome i detenuti dati in pasto ai
navigatori dal novembre del 2000 sono, secondo l'associazione,
circa 55mila, l'azione legale potrebbe costare all'amministrazione
penitenziaria quasi un miliardo e mezzo di dollari, tremila miliardi
di lire.
Le immagini catturate nei locali spogliatoio e toilette della
casa circondariale di Madison street, nella giurisdizione dello
sceriffo Arpaio, sono state rimosse ma il resto del triste spettacolo
è ancora visibile su Crime.com,
un indirizzo specializzato nella cronaca giudiziaria e nell'intrattenimento
di genere "poliziesco".
Il sito si premura di avvertire il pubblico che, secondo la costituzione
degli Stati Uniti e dello Stato, un cittadino è innocente
finché il contrario non è stato provato da un tribunale
e, nel contempo, mostra le immagini della stanza in cui vengono
convogliate le persone sottoposte a carcerazione preventiva e
in attesa dell'udienza preliminare mentre altre webcam riprendono
l'ingresso nel carcere, l'ambiente in cui vengono scattate le
foto segnaletiche e quello in cui vengono eseguite le perquisizioni.
Quanto alla privacy, un portavoce dell'ufficio dello sceriffo,
Jack MacIntyre, che ha giudicato l'azione legale "fantasiosa",
ha sostenuto che una barriera c'è dal momento che "le
telecamere sono posizionate all'esterno delle celle e guardano
all'interno".
Ma oltre che sulla violazione della riservatezza, gli attivisti
di Middle ground denunciano gli interessi commerciali legati all'iniziativa.
Sul sito, infatti, è stato messo in vendita un video intitolato
"Un giorno con lo sceriffo Joe". La "diretta dal
carcere", inoltre, avrebbe incoraggiato anche altri tipi
di speculazioni: quelle di siti pornografici e razzisti che utilizzano
le immagini dei detenuti per i loro scopi.
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