Le eurospie di Enfopol, è di nuovo allarme
StateWatch denuncia alcune proposte della Commissione europea
di Giustizia e Affari Interni per combattere il cybercrimine
di Wanda Marra
È
di nuovo allarme presso i difensori della libertà della
Rete. Il sito britannico StateWatch,
indica, documenti alla mano, che le autorità europee si
appresterebbero ad accrescere la sorveglianza dei movimenti degli
internauti. Controllare e registrare "ogni chiamata telefonica,
fissa o mobile, ogni fax, ogni e-mail, il contenuto dei siti web,
l'utilizzazione di Internet, non importa dove o di chi".
Facilitare l'accesso all'indirizzo fisico ed elettronico (IP,
e-mail) degli utenti, alle password, agli estremi bancari, ai
numeri delle carte di credito. E - soprattutto - archiviare il
tutto per sette anni e autorizzarne la consultazione da parte
delle forze dell'ordine e dei servizi segreti, non solo nel caso
di delitti avvenuti, ma anche di inchieste relative a semplici
infrazioni, anche minime.
Ecco, in sintesi, le proposte in un documento pubblicato da StateWatch,
una Ong europea che si batte per la libertà d'espressione,
con l'approvazione di alcune associazioni attive nel campo della
protezione dei diritti umani, come Privacy International e Aclu
(American Civil Liberty Union), con l'appello "SOS
Europe", a cui danno risalto quotidiani stranieri di
primo piano come il Guardian e Liberation.
Questo documento è l'ultimo emesso dalla Commissione europea
di Giustizia e di Affari interni, con il codice Enfopol. Secondo
l'Unione europea, Enfopol sarebbe solo un acronimo usato per classificare
i documenti relativi alla cooperazione delle polizie e al rafforzamento
delle leggi che vengono distribuiti nell'ambito del Consiglio
dei ministri.
Ma secondo alcuni Enfopol è qualcosa di ben diverso. Per
la prima volta anni fa un documento della stessa StateWatch sosteneva
che la Ue, in collaborazione con l'Fbi, aveva attivato un "sistema
di sorveglianza globale delle telecomunicazioni", appunto
Enfopol, che dietro alla finalità di combattere crimini
gravi e di proteggere la sicurezza nazionale, presentrava un sistema
di controllo capillare. La stampa internazionale con vocazione
investigativa già da tempo paragona Enfopol a Echelon,
la "rete di intercettazione globale" creata dai servizi
segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova
Zelanda. I dati a disposizione non sono sufficienti a giungere
con certezza a una conclusione del genere, ma quel che appare
evidente è che tuttora è molto difficile ottenere
informazioni precise sui progetti e la natura dei documenti che
vanno sotto il codice in questione.
Secondo la ricostruzione di StateWatch, nel 1993 i ministri della
Giustizia e degli Interni comunitari si incontrarono a Bruxelles
e misero in programma una serie di seminari tra americani della
Fbi, servizi segreti inglesi e australiani e forze di polizia
europee, gli "Ilets" (International Law Enforcement
Telecommunication Seminar), che nel 1994 elaborarono il documento
"Iur" (International user requirements for communications
interception), con gli standard ai quali le aziende di telecomunicazioni
dovevano attenersi per consentire la più completa libertà
di investigazione e di intercettazione alle forze di polizia internazionali.
Negli Stati Uniti il codice "Iur" divenne legge nell'ottobre
del 1994; in Europa, il Consiglio dei ministri votò nel
1995 la risoluzione Enfopol 95, nella quale chiedeva alle aziende
di telecomunicazioni europee di adottare questi requisiti tecnici.
Nel settembre '98 partì il progetto Enfopol 98 che avanzava
una serie di proposte per autorizzare le forze dell'ordine europee
e la Fbi a intercettare anche le comunicazioni passanti su Internet,
sui satelliti, sul telefono. Ma il documento, dopo essere stato
approvato nel maggio 1999 dal Parlamento europeo, fu bocciato
pochi giorni dopo per ragioni mai rese pubbliche. Enfopol 98 aggiornato
(Enfopol 29), con le proposte sopra illustrate, doveva essere
approvato alla riunione del Consiglio per la Giustizia e gli Affari
interni che si è appena concluso. Questo non è successo,
ma le motivazioni non sono state rese note.
L'allarme sollevato da StateWatch riapre il dibattito in corso
- soprattutto a livello legislativo - sulla necessità di
trovare delle misure adeguate a combattere il cybercrimine, nel
rispetto della privacy individuale. I progetti in corso a livello
europeo sono numerosi e soggetti a continue trasformazioni.
Nella primavera del 2000, il Consiglio europeo dei ministri della
Giustizia e degli Interni ha approvato la Convenzione sulla mutua
assistenza in materie criminali, che deve essere ratificata dai
15 Stati e che include una serie di provvedimenti relativi all'intercettazione
e allo scambio dei dati in base a richieste specifiche, ma non
alla loro conservazione (se non in caso di richieste individuali
e autorizzate).
Anche il progetto di lotta al crimine digitale, presentato dalla
Commissione europea il 26 gennaio scorso al Parlamento europeo,
ribadisce che "le intercettazioni sono illecite salvo se
autorizzate dalla legge, nel caso siano necessarie in casi specifici
per scopi limitati" e ricorda che ai sensi delle direttive
dell' Unione europea i dati personali "devono essere eliminati
o resi anonimi immediatamente dopo la fornitura del servizio di
telecomunicazioni, salvo qualora la loro conservazione sia resa
necessaria ai fini della fatturazione". Agli Stati membri
viene data "la facoltà" di adottare misure legislative
che restringano l'obbligo di eliminare tali dati nel caso in cui
ciò costituisca un provvedimento essenziale per "prevenire,
investigare, accertare e perseguire i reati penali o l'uso non
autorizzato del sistema di telecomunicazioni".
Infine, lo scorso venerdì il Consiglio d'Europa, che raggruppa
43 stati, ha pubblicato la versione finale del suo progetto di
convenzione internazionale sulla cybercriminalità. In questo
trattato si parla di adottare legislazioni che obblighino alla
conservazione dei dati personali fino a un massimo di 90 giorni.
Progetti che pongono chiaramente le basi per rendere più
facili le intercettazioni e lo scambio dei dati su richieste specifiche.
Ma quello che - secondo la denuncia di StateWatch - verrebbe richiesto
soprattutto da 6 paesi (Germania, Belgio, Spagna, Francia, Paesi
Bassi, Regno Unito) è qualcosa di più: impedire
l'anonimato e la cancellazione dei dati, costituendo una sorta
di archivio generale "per ogni evenienza", con la motivazione
che non è possibile sapere prima quali sono le informazioni
che si renderanno necessarie per condurre a termine un'inchiesta.
I difensori della vita privata ribattono che la registrazione
permanente dell'attività degli internauti equivale a costituire
un sistema di sorveglianza generalizzato.
Una volta di più, la natura di Internet pone dei problemi
e degli interrogativi ai legislatori. Garantire un completo e
totale anonimato agli utenti in certi casi rischia di creare uno
spazio di totale assenza di diritto. Ma la Rete è una macchina
mostruosa, in cui tutti lasciano tracce e si può quindi
facilmente trasformare in uno strumento di controllo totalitario.
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