Martedì 29 Maggio 2001


 

Ecco chi sono i guru
del movimento per i codici aperti

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I dieci apostoli del software libero

I principali sostenitori del free software uniti contro Microsoft: Shared source non è il vero open source.

di Georgia Garritano

Microsoft ha finalmente svelato la filosofia "Shared source". La voce circolava da tempo e se la maggior parte degli osservatori aspettava l'annuncio con diffidenza, non pochi avevano cominciato a chiedersi: la multinazionale si è forse decisa a liberalizzare i propri codici? Il "monopolista di fatto" inizia a sentirsi incalzato, almeno in alcuni settori, come ad esempio quello dei server aziendali, dalla concorrenza ed è pronto a scendere a patti con un'ideologia, quella "open" e "free", che ha sempre avversato?

A chiarire in cosa consista la nuova strategia e in che cosa si distingua dall'Open source software (Oss) ci ha pensato Craig Mundie, vice presidente della società di Bill Gates. Si tratta, a suo dire, di "un approccio equilibrato che consente alle imprese di condividere il codice sorgente con i loro soci e clienti rispettando al tempo stesso i diritti di proprietà intellettuale".

Le affermazioni del manager deludono quanti speravano nella "conversione" di Microsoft e in un maggio rivoluzionario per il mondo del software e danno, invece, ragione a chi non aveva mai creduto all'ipotesi che la compagnia potesse aprire all'open source. "L'approccio equilibrato" proposto da casa Microsoft - consentire ai propri clienti lo sviluppo dei programmi - non chiude la battaglia - "politica" e culturale prima ancora che tecnica, economica e giuridica - col fronte antagonista dei fautori dell'apertura dei codici ma, al contrario, la riaccende.

Mundie, infatti, critica il modello di licenze sostenuto da molte organizzazioni pro open source, il Gpl o General public license; ribadisce il rifiuto verso un'innovazione senza tutela dei diritti di proprietà intellettuale e difende il Commercial software model come l'unico modello in grado di determinare una crescita economica reale in un settore che impiega 1,35 milioni di persone e produce 175 miliardi di dollari all'anno di utili in tutto il mondo.

Secondo l'esponente della società di Redmond, "le imprese e gli investitori hanno bisogno di modelli di business sostenibili a lungo termine" e la crisi dell'ultimo anno mostra che "un elemento comune alle aziende fallite è l'offerta gratuita dei loro prodotti".

La proposta di Microsoft è, pertanto, quella del modello commerciale, che poggia su cinque elementi: l'apporto di una comunità di sviluppatori, la promozione di standard, la ricerca del profitto, l'investimento nell'innovazione e la tutela della proprietà intellettuale.

La replica non si fa attendere e reca dieci firme: quelle di Bruce Perens, Richard Stallman, Eric Raymond, Linus Torvalds, Miguel de Icaza, Larry Wall, Guido van Rossum, Tim O'Reilly, Bob Young e Larry Augustin.

Chi sono costoro? Forse alcuni di questi nomi sono poco noti al grande pubblico ma appartengono tutti a personaggi divenuti ormai di culto per i professionisti e gli appassionati di informatica che credono nella necessità della trasparenza dei codici sorgente. Ora questi personaggi hanno deciso di fare gruppo.

"Il sistema Shared source potrebbe essere riassunto" - dicono - "come Guarda ma non toccare - e noi controlliamo tutto". L'accostamento al naufragio delle dotcom e l'idea che il modello "free" sia fallimentare dal punto di vista del mercato vengono respinti: "Free" - affermano - "si riferisce alla libertà e non alla gratuità" (la lingua inglese usa la stessa parola per gli aggettivi "libero" e "gratuito"). Essi rivendicano il fatto che "il modello di mercato dell'Open source consiste nel ridurre i costi di sviluppo e manutenzione del software, distribuendoli fra molti collaboratori". "Un'intera industria è stata costruita attorno al Free software" - proseguono - "ed essa sta crescendo rapidamente nonostante le sfavorevoli condizioni del mercato. Il successo di case produttrici quali Red Hat, e i benefici a vendor quali Dell e Ibm, dimostrano che il Free software è tutt'altro che incompatibile con il business".

Quanto alla licenza Gpl, viene specificato che "essa non implica, come Microsoft sostiene, che un'azienda che usa questi programmi sia legalmente costretta a 'liberalizzare' tutto il suo software". Infatti, "i requisiti legali della Gpl si applicano solo ai programmi che incorporano codice protetto dalla Gpl - non ad altri programmi sullo stesso sistema". Insomma, concludono: "se scegliete di incorporare del codice Gpl in un programma, vi sarà obbligatorio rendere l'intero programma Free software. Questo è un onesto scambio fra il nostro codice ed il vostro".

I sostenitori del free software rispondono duramente anche alle accuse di favorire le violazioni e le incompatibilità. "Molte più persone si trovano a violare le licenze Microsoft, dal momento che Microsoft non permette la copia, la modifica e la ridistribuzione, al contrario della Gpl". Quanto alla proliferazione di codici incompatibili, "Microsoft è il vero motore dell'incompatibilità: deliberatamente fa sì che le nuove versioni siano incompatibili con le precedenti, per costringere gli utenti ad acquistare ogni aggiornamento". Essi, infine, rinviano al mittente anche le critiche riguardanti la vulnerabilità dei programmi: "Microsoft afferma che il nostro software è insicuro, ma gli esperti di sicurezza sostengono che dovreste fidarvi del Free software proprio per questioni di sicurezza. Sono i programmi di Microsoft ad essere noti per spiare gli utenti, essere vulnerabili a virus, e per la possibilità che contengano delle 'back door' nascoste".

Shared source, quindi, non convince gli esponenti più autorevoli del free software che invitano Microsoft a percorrere fino in fondo la strada dell'open source e promettono: "la strategia di Microsoft è tenerci divisi e colpirci uno per volta" ma "noi faremo gruppo, e ci difenderemo a vicenda".