I dieci apostoli del software libero
I principali sostenitori del free software
uniti contro Microsoft: Shared source non è il vero open
source.
di Georgia Garritano
Microsoft ha finalmente svelato la filosofia "Shared
source". La voce circolava da tempo e se la maggior parte
degli osservatori aspettava l'annuncio con diffidenza, non pochi
avevano cominciato a chiedersi: la multinazionale si è
forse decisa a liberalizzare i propri codici? Il "monopolista
di fatto" inizia a sentirsi incalzato, almeno in alcuni settori,
come ad esempio quello dei server aziendali, dalla concorrenza
ed è pronto a scendere a patti con un'ideologia, quella
"open" e "free", che ha sempre avversato?
A chiarire in cosa consista la nuova strategia e in che cosa
si distingua dall'Open source software (Oss) ci ha pensato Craig
Mundie, vice presidente della società di Bill Gates. Si
tratta, a suo dire, di "un approccio equilibrato che consente
alle imprese di condividere il codice sorgente con i loro soci
e clienti rispettando al tempo stesso i diritti di proprietà
intellettuale".
Le affermazioni del manager deludono quanti speravano nella "conversione"
di Microsoft e in un maggio rivoluzionario per il mondo del software
e danno, invece, ragione a chi non aveva mai creduto all'ipotesi
che la compagnia potesse aprire all'open source. "L'approccio
equilibrato" proposto da casa Microsoft - consentire ai propri
clienti lo sviluppo dei programmi - non chiude la battaglia -
"politica" e culturale prima ancora che tecnica, economica
e giuridica - col fronte antagonista dei fautori dell'apertura
dei codici ma, al contrario, la riaccende.
Mundie, infatti, critica il modello di licenze sostenuto da molte
organizzazioni pro open source, il Gpl o General public license;
ribadisce il rifiuto verso un'innovazione senza tutela dei diritti
di proprietà intellettuale e difende il Commercial software
model come l'unico modello in grado di determinare una crescita
economica reale in un settore che impiega 1,35 milioni di persone
e produce 175 miliardi di dollari all'anno di utili in tutto il
mondo.
Secondo l'esponente della società di Redmond, "le
imprese e gli investitori hanno bisogno di modelli di business
sostenibili a lungo termine" e la crisi dell'ultimo anno
mostra che "un elemento comune alle aziende fallite è
l'offerta gratuita dei loro prodotti".
La proposta di Microsoft è, pertanto, quella del modello
commerciale, che poggia su cinque elementi: l'apporto di una comunità
di sviluppatori, la promozione di standard, la ricerca del profitto,
l'investimento nell'innovazione e la tutela della proprietà
intellettuale.
La replica
non si fa attendere e reca dieci firme: quelle di Bruce Perens,
Richard Stallman, Eric Raymond, Linus Torvalds,
Miguel de Icaza, Larry Wall, Guido van Rossum,
Tim O'Reilly, Bob Young e Larry Augustin.
Chi sono costoro? Forse alcuni di questi nomi sono poco noti
al grande pubblico ma appartengono tutti a personaggi divenuti
ormai di culto per i professionisti e gli appassionati di informatica
che credono nella necessità della trasparenza dei codici
sorgente. Ora questi personaggi hanno deciso di fare gruppo.
"Il sistema Shared source potrebbe essere riassunto"
- dicono - "come Guarda ma non toccare - e noi controlliamo
tutto". L'accostamento al naufragio delle dotcom
e l'idea che il modello "free" sia fallimentare dal
punto di vista del mercato vengono respinti: "Free"
- affermano - "si riferisce alla libertà e non alla
gratuità" (la lingua inglese usa la stessa parola
per gli aggettivi "libero" e "gratuito").
Essi rivendicano il fatto che "il modello di mercato dell'Open
source consiste nel ridurre i costi di sviluppo e manutenzione
del software, distribuendoli fra molti collaboratori". "Un'intera
industria è stata costruita attorno al Free software"
- proseguono - "ed essa sta crescendo rapidamente nonostante
le sfavorevoli condizioni del mercato. Il successo di case produttrici
quali Red Hat, e i benefici a vendor quali Dell e Ibm,
dimostrano che il Free software è tutt'altro che incompatibile
con il business".
Quanto alla licenza Gpl, viene specificato che "essa non
implica, come Microsoft sostiene, che un'azienda che usa questi
programmi sia legalmente costretta a 'liberalizzare' tutto il
suo software". Infatti, "i requisiti legali della Gpl
si applicano solo ai programmi che incorporano codice protetto
dalla Gpl - non ad altri programmi sullo stesso sistema".
Insomma, concludono: "se scegliete di incorporare del codice
Gpl in un programma, vi sarà obbligatorio rendere l'intero
programma Free software. Questo è un onesto scambio fra
il nostro codice ed il vostro".
I sostenitori del free software rispondono duramente anche alle
accuse di favorire le violazioni e le incompatibilità.
"Molte più persone si trovano a violare le licenze
Microsoft, dal momento che Microsoft non permette la copia, la
modifica e la ridistribuzione, al contrario della Gpl". Quanto
alla proliferazione di codici incompatibili, "Microsoft è
il vero motore dell'incompatibilità: deliberatamente fa
sì che le nuove versioni siano incompatibili con le precedenti,
per costringere gli utenti ad acquistare ogni aggiornamento".
Essi, infine, rinviano al mittente anche le critiche riguardanti
la vulnerabilità dei programmi: "Microsoft afferma
che il nostro software è insicuro, ma gli esperti di sicurezza
sostengono che dovreste fidarvi del Free software proprio per
questioni di sicurezza. Sono i programmi di Microsoft ad essere
noti per spiare gli utenti, essere vulnerabili a virus, e per
la possibilità che contengano delle 'back door' nascoste".
Shared source, quindi, non convince gli esponenti più
autorevoli del free software che invitano Microsoft a percorrere
fino in fondo la strada dell'open source e promettono: "la
strategia di Microsoft è tenerci divisi e colpirci uno
per volta" ma "noi faremo gruppo, e ci difenderemo a
vicenda".
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